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L'appello di Pax Christi: «Mai più banche armate»

Fonte: BresciaOggi - 31 dicembre 2011

Etica e finanza: realtà inconciliabili? In termini astratti e assoluti probabilmente sì: una banca è un operatore commerciale, punto. Ma come sempre esistono sfumature che rendono la questione più complessa, come hanno ben chiarito i partecipanti alla tavola rotonda dal titolo «armi, banche e responsabilità sociale», tenutasi ieri pomeriggio nel contesto del convegno nazionale di Pax Christi. L'intento era valutare l'operato delle banche che finanziano clienti implicati nel commercio delle armi, le cosiddette «banche armate», definizione coniata da diverse associazioni pacifiste che «ha avuto il merito di far interrogare gli istituiti di credito», ha valutato Giorgio Beretta, della Rete italiana per il disarmo e tra i protagonisti della compagna contro le banche armate. Beretta è intervenuto al dibattito assieme ai rappresentanti di due realtà tra loro apparentemente del tutto opposte, come Banca Etica e Ubi Banca, ma che invece hanno saputo rivelare comuni terreni di azione. Sull'eticità della prima banca non c'è molto da eccepire: il nome stesso la attesta. I problemi sono altrove: «Negli stessi principi che ispirano Banca Etica vi è l'esclusione del settore degli armamenti - ha chiarito Sabina Siniscalchi, in rappresentanza dell'istituto- per noi però vi è il rischio reputazionale che deriva dai nostri soci, banche con le quali collaboriamo. Pistola legata disarmo UN La nostra scelta è di non interrompere le relazioni, bensì di rappresentare un buon esempio per spingerle ad investire in progetti di sostenibilità della pace».


INTERLOQUIRE invece di rompere è una politica che «ha dato risultati importanti, come con la Popolare di Milano, nostra socia, che da un paio d'anni è uscita dalla lista delle banche armate». Diverso l'approccio di Ubi Banca che «non si pone da un punto di vista di etica ma di responsabilità dell'attore economico, convinta che nel lungo termine una società civile che si regge sulle armi non ha una prospettiva rosea», ha esordito Damiano Carrara di Ubi Banca. Un istituto di credito che resta «nel settore degli armamenti per cambiarlo dall'interno, anche perchè se tutte le banche italiane rifiutassero transazioni finanziarie legate alle armi, ce ne sarebbe una estera che prenderebbe subito il nostro posto». Interni al sistema ma con delle regole, stabilite sin dal 2007, che si articolano a due livelli: il primo, generale, che chiarisce «con quali armi non vogliamo assoluatmente avere a che fare - ha continuato Carrara -. Per esempio quelle di distruzione di massa: ad un cliente chiediamo di sottoscrivere una dichiarazione in cui garantisca che non lavora in quel settore». Ad un livello più specifico Ubi Banca pone tre quesiti a clienti che realizzano operazioni commerciali internazionali nel settore armiero: «quali commerci realizzano, verso quali paesi e a quali controparti, cioè se a governi o a privati. Il tutto escludendo le armi vietate dalle convenzioni internazionali e facendo attenzione al tipo di paese acquirente, valutato con i parametri di Amnesty International e Human Right Watch per quel che riguarda i diritti umani». In conlusione il rappresentate di Ubi Banca ha allargato la questione a tutta la società, togliendosi dal banco degli accusati e forse visto con una punta di ostilità dalla platea di Pax Christi: «Noi siamo ben disposti a finanziare fondi etici. Il problema è che non c'è richiesta. Questo dimostra che la responsabilità alla pace deve essere condivisa».

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