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Spese militari: ecco il codice etico firmato Veronesi

A Milano la terza conferenza mondiale del movimento “Science for peace” di Umberto Veronesi, promotore del Codice etico sul finanziamento all’industria delle armi. Interessate anche Intesa, Unicredit e Ubi Banca.
Luigina Venturelli
Fonte: L'Unità - 19 novembre 2011

Le armi: un investimento negativo Messa alle strette dall’emergenza, forse la finanza pubblica riuscirà a fare quello che non è mai stata in grado di fare finora: avviare un processo di razionalizzazione e di generale ripensamento delle spese militari. Per il momento, l’enorme flusso di denaro dalle casse degli Stati al settore degli annamenti ha risentito ben poco della crisi: nel 2010 le spese militari mondiali hanno superato per la prima volta i 1.600 miliardi di dollari complessivi, con una crescita in ter-mini reali dell’1,3% rispetto al 2008 e del 50% nel decennio iniziato nel 2001.
Tutto questo mentre continuano a diminuire gli investimenti per la ricerca scientifica e i fondi effettivamente spesi per la lotta alla povertà: secondo dati Ocse, ad esempio, nel 2010 le nazioni più sviluppate hanno stanziato meno di 130 miliardi di dollari in aiuti allo sviluppo. E L’Italia non fa differenza. «A causa della crisi eco_nomica, a fine 2011 probabilmente si registrerà una contrazione anche delle spese militari» spiega Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il disarmo «ma come semplice frutto di tagli lineari, non di una riorganizzazione ragionata>>. Così la compressione delle risorse disponibili porterà Finmeccanica a tagliare 1.200 posti di lavoro nella controllata Alenia, mentre Fincantieri, prima dello stop sindacale, aveva annunciato ben 2.500 esuberi. «Eppure numerose ricerche internazionali dimostrano che la riconversione civile delle industrie militari farebbe da volano all’economia e all’occupazione» sottolinea ancora Vignarca.

Per questo Science for Peace - il movimento per la pace fondato da Umberto Veronesi, che ieri ha inaugurato la sua terza conferenza mondiale con 37 relatori provenienti da 15 Paesi diversi, tra cui quattro premi Nobel – ha promosso l’elaborazione del primo Codice etico di responsabilità sul finanziamento all’industria degli armamenti. Un testo che fornisce strumenti e procedure per valutare le operazioni relative al settore, con particolare attenzione ai Paesi di destinazione delle armi, alla tipologia delle aziende produttrici, ed anche all’attività di supporto bancaria. E che finora, oltre all’adesione di gran parte delle organizzazioni non governative di solidarietà e cooperazione internazionale, ha convinto importanti gruppi bancari come Intesa Sanpaolo, UniCredit e Ubi Banca a «condivideme i principi e gli obiettivi» e a continuare la partecipazione al tavolo di lavoro «per l’evoluzione futura delle proprie procedure e la conseguente rendicontazio Spese militari ne».
Il che, se ancora non vuol dire adesione piena, promette nel tempo da parte degli istituti di credito politiche più trasparenti e responsabili in merito ai finanziamenti nel settore degli armamenti. E se - come sostiene lo stesso Veronesi – il codice «si diffonderà a macchia d’olio» anche grazie alla collaborazione dell’Abi, in futuro si potrà sapere quale banca ha finanziato armamenti, con quanti soldi e in che momento, in totale trasparenza sia verso gli investitori che verso l’opinione pubblica»?

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