FINCANTIERI, PROVE DI VENDITA
L'azienda è controllata dal Tesoro con una quota dell'83 % e ha 9.500 dipendenti
P erché il ministro delle Politiche agricole Gianni Alemanno si è lanciato in una difesa preventiva dell'italianità della Fincantieri, aggiungendo che «se vendiamo a qualche partner europeo, rischiamo di vederla svuotata in uno scatolone commerciale»? A parte la dubbia pertinenza delle competenze agricole del ministro con l'argomento marittimo, l'uscita di Alemanno ovviamente non è stata casuale. La verità, passata inosservata ma non a lui, è che il ministero dell'Economia ha avviato una verifica informale sulla fattibilità di una privatizzazione del colosso della cantieristica italiana. Informale significa che la circostanza non viene ancora confermata dalle fonti ufficiali del governo e che le banche interpellate hanno sottoscritto un rigido protocollo di riservatezza: ma tutto è relativo, e dal ristretto gruppo di banchieri cui Domenico Siniscalco ha chiesto una valutazione preliminare sul valore dell'operazione, qualcosa è filtrato.
Per esempio, che le primissime, informali risultanze hanno messo ancor più appetito alle fameliche casse di via XX Settembre: si parla di un valore di mercato di circa 3 miliardi di euro per il 100% del capitale, oggi controllato all'83% dallo stesso Tesoro attraverso l'lri e da alcuni istituti finanziari per il restante 17%.
Questo non significa che sia facile realizzarli, tanti soldi. Anche perché cedere al mercato la produzione militare sarebbe, ovviamente, impossibile: ma nulla vieterebbe una scissione capace di lasciare il controllo della cantieristica da guerra allo Stato, anche se solo con il 30%, a fronte di una cessione totale della cantieristica civile. Ma l'operazione non sarà facile, sia per il peso sociale di Fincantieri in Italia (9.500 dipendenti sparsi in otto stabilimenti tra Monfalcone, Marghera, Sestri Ponente, Ancona, Palermo, Castellammare, Muggiano, Riva Trigoso) sia per l'ondata di neopatriottismo economico che sta invadendo la stessa maggioranza di governo.
Ma chi potrebbero essere gli acquirenti? Il boccone - grazie alle grandi affermazioni conseguite dall'azienda nella cantieristica civile, con gli accordi di fornitura alla Carnival Cruise e alla Cantieri Benetti - sembra ideale per i grandi fondi internazionali d'investimento, capaci di progetti a lungo termine. Ma anche qualche imprenditore italiano potrebbe avere intenzioni serie e costruire, magari in cordata, un «nocciolo duro» credibile per pilotare l'azienda su mari privati.