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Le chiedono rappresentanti cristiani ed ebrei a un anno dalla strage di Newtown

Regole per chi vende le armi

Alessandro Trentin
Fonte: Osservatore Romano - 12 dicembre 2013

Adottare pratiche responsabili nella commercializzazione delle armi: è questo l’appello che un gruppo di rappresentanti religiosi ha lanciato in vista del primo anniversario della strage avvenuta il 14 dicembre 2012 nella scuola elementare «Sandy Hook» di Newtown, nel Connecticut (Stati Uniti). Un giovane, Adam Lanza, uccise una trentina di persone, tra cui numerosi bambini. La strage scosse il Paese ed è divenuta simbolo dell’allarmante rischio della diffusione delle armi portatili. In gran parte degli Stati Uniti, infatti, le autorità governative consentono ai cittadini, sulla base del “diritto all’autodifesa”, la detenzione di pistole, fucili, mitra e altri strumenti di morte e il mercato di vendita di queste armi non conosce crisi.

I leader religiosi sono attualmente impegnati in un viaggio tra Europa e Stati Uniti al fine di incontrare rappresentanti di autorità pubbliche e di aziende che commercializzano armi al fine di promuovere una più efficace politica di sicurezza per i cittadini e di contrasto alle illegalità. Si tratta del vescovo battista Douglas Miles, del reverendo battista David Brawley, del reverendo presbiteriano Patrick O’Connor e del rabbino Joel Mosbacher. I quattro sono membri dell’ufficio che governa la Metro Industrial Areas Foundation (Metro Iaf), una fondazione a cui fanno riferimento numerose organizzazioni di fede in una decina di Stati. Lo stesso rabbino Mosbacher — si ricorda in un comunicato — ha subito la morte del padre, quattordici anni fa, a causa di una rapina a mano armata avvenuta a Chicago. «Per tutti coloro che hanno amato mio padre, si tratta di una ferita che non è mai guarita — ha affermato il rabbino — e, se a ciò, si aggiungono altre 140.000 persone che sono morte come mio padre da quell’anno, allora si ha una ferita a livello nazionale che non guarisce mai».

Mappa commercio di armi I leader religiosi che fanno parte della Metro Iaf puntano il dito in particolare sulla commercializzazione di armi dall’Europa agli Stati Uniti. In pratica, i rappresentanti chiedono alle industrie private delle armi di adottare delle pratiche di vendita che garantiscano maggiori controlli per la sicurezza, in collaborazione con le forze di polizia, considerando i criteri più severi previsti dalle leggi europee rispetto a quelle statunitensi. Il nostro auspicio, ha affermato il reverendo Brawley, «è che i responsabili delle industrie delle armi considerino i problemi etici sollevati dalle loro attività». La delegazione, aggiunge Mosbacher, «confida di tornare dall’Europa con un’alleanza più forte contro la violenza».

Secondo alcune stime, negli Stati Uniti sono state vendute, nel 2012, armi per un valore di 4,15 miliardi di dollari, con un aumento del 48 per cento rispetto ai 2,8 miliardi del 2011. Tra gli Stati dove la vendita è più considerevole vi sono Pennsylvania, Kansas e Alabama. Dopo la strage di Newtown l’episcopato cattolico diffuse una nota nella quale si chiedeva al Governo e al Congresso provvedimenti per il controllo del mercato delle armi e, contemporaneamente, per migliorare l’accesso alle cure sanitarie per le persone con problemi di salute mentale. Nella nota si afferma inoltre la necessità di adottare misure «ragionevoli» per regolare la vendita e l’uso delle armi di più facile utilizzo, come le pistole. Da una ricerca pubblicata nell’agosto 2012 dal Public Religion Research Institute è emerso che il 62 per cento dei cattolici sono favorevoli a leggi restrittive in materia di armi. Preoccupa i vescovi anche l’allarmante fenomeno dell’aumento della criminalità fra i giovani che è strettamente legato alla facilità dell’utilizzo di armi da fuoco. Già nel 1994, in un messaggio pastorale dal titolo Confronting a Culture of Violence: A Catholic Framework for Action, la Conferenza episcopale aveva denunciato il fenomeno tra i giovani e il crescente aumento dei crimini, sottolineando che «la società ha bisogno di una rivoluzione morale per sostituire la cultura della violenza con una rinnovata etica della giustizia e della responsabilità». In un altro documento dell’episcopato, pubblicato nel 2007, dal titolo Forming Consciences for Faithful Citizenship, i vescovi hanno poi fatto esplicito riferimento alla necessità di prevedere «ragionevoli restrizioni» al libero accesso all’utilizzo di armi.

La comunità cattolica, sempre dopo la strage nella scuola, aveva aderito a un appello di leader di varie religioni riuniti in un’organizzazione chiamata Faith United Against Gun Violence. In un appello al Congresso, l’organizzazione ha posto in luce che gli atti di violenza «stanno facendo pagare alla nostra società un prezzo inaccettabile in termini di stragi e di morti insensate che si verificano giorno dopo giorno». Mentre «continueremo a pregare per le famiglie e gli amici delle vittime — prosegue l’appello — dobbiamo anche sostenere le nostre preghiere con i fatti. Dovremmo fare tutto il possibile per tenere le armi fuori dalla portata delle persone che possono far male a se stesse e agli altri». 

 

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