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Il nostro export anti crisi

Fucili a Gheddafi. Via Malta

Chiara Daina
Fonte: Il Fatto Quotidiano - 13 gennaio 2013

In Europa, mentre la crisi si mangia qualsiasi settore del mercato, il business delle armi rimonta: con il 18,3% in più di autorizzazioni per esportazioni belliche, che hanno fruttato oltre 37,5 miliardi di euro, si lascia alle spalle la contrazione subita nel 2010. E i clienti principali sono diventati i Paesi del Medio Oriente, non più gli Stati Uniti come in passato.

Italia Libia È QUELLO che emerge dal XIV Rapporto europeo sul traffico delle armi presentato lo scorso 14 dicembre di cui nessuno però sembra essersi preoccupato. Nessun comunicato stampa, del Consiglio o del Parlamento dell'Unione europea, per dare conto dei risultati del 2011 sulle esportazioni di attrezzature militari. Silenzio assoluto. Eppure di attenzione ne meriterebbe. Soprattutto se si osserva che alcuni Paesi tra i maggiori esportatori mondiali di armamenti, come Gran Bretagna e Germania, fanno orecchie da mercante, non hanno cioè fornito alcuna cifra agli organismi europei. E che l'Italia cambia le carte in tavola. Secondo l'ultima relazione ufficiale del Governo al Parlamento italiano, infatti, l'Italia ha consegnato armi verso altri Stati per un valore di oltre 2,6 miliardi di euro. Sul rapporto europeo invece l'export  di armi italiano vale solo un miliardo di euro. Ironia della sorte, un gioco di magia o cifre truccate? Di sicuro, c'è poca trasparenza. “La cifra segnalata all'Ue corrisponde alle esportazioni belliche a uso civile e sportivo (quindi non militare) riportate dall'Istat per il 2011” spiega Giorgio Beretta della Rete Disarmo. Quindi l'esecutivo Monti potrebbe aver tenuto nascosto all'Ue le armi militari vendute agli eserciti stranieri. Risultato: all'Algeria abbiamo fatturato 82 milioni di euro in armi contro gli 8,6 milioni dichiarati in sede europea; dall'Arabia Saudita, anziché 9,9 milioni ne abbiamo guadagnati 142. Dagli Emirati Arabi Uniti sono arrivati oltre 56 milioni e non 16. E così via. Ma non è uno stratagemma inventato dall'ultimo governo. “Anche con Berlusconi c'è stato lo  stesso trucchetto - continua Beretta -: non segnalare all'Ue le specifiche tipologie di armi esportate e quindi sentirsi liberi di omettere una parte consistente dei guadagni”.

Export italiano E POI LA SORPRESA : “Se l'Italia avesse comunicato all'Ue gli effettivi 2,6 milioni di euro di consegne - conclude Beretta - si piazzerebbe al secondo posto in Europa per esportazioni di armi, dopo la Francia (3,647 milioni) ma prima di Spagna (2,4 milioni) e Germania (1,2 milioni)”. Qualcuno se ne è accorto, come Augusto Di Stanislao, capogruppo Idv in commissione Difesa, da anni in prima linea nella battaglia contro le spese militari: “Il ministro Di Paola ha rivelato una smodata ambizione di farci diventare una potenza militare mondiale, contro l'art. 11 della Costituzione”. La legge 185/90 vieta la vendita di armi ai Paesi in conflitto. “Ma ignorando la distinzione tra armi civili e militari, non impedisce le triangolazioni” rimarca Stanislao. Il caso di Malta del 2009 è emblematico. “Più di 11 mila tra pistole e  fucili semiautomatici furono spediti via Malta al colonnello Gheddafi – ricorda Rete Disarmo – e l’Italia non riportò all’Ue i 7,9 milioni ricevuti dalla Libia, attribuiti invece a Malta”. È una coincidenza se dal 2009 il nostro governo tace all’Ue la vendita di armi militari agli eserciti stranieri?

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