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15 miliardi per gli F35. Ma ne vale la pena?

Luca Liverani
Fonte: Avvenire - 07 gennaio 2012

Centotrentuno aerei per un costo di 15 miliardi di euro. Mentre anche il presidente americano Obama annuncia tagli pesanti alle spese militari - 487 miliardi di dollari in meno che incideranno anche sull’acquisto dei nuovi aerei - e molti parlamenti nazionali dibattono del costosissimo programma di armamenti, l’interrogativo comincia a farsi spazio nel mondo politico italiano. Trovando consensi a sinistra, ma disponibilità a discuterne anche a destra. La crisi economica sembra dare ragione a quella parte della società civile impegnata da qualche anno nella campagna «No F35» che coinvolge molte sigle del mondo cattolico. E alla vigilia dell’Epifania, il vescovo di Pavia, Giovanni Giudici, presidente di Pax Christi Italia, ha lanciato un forte appello contro la «follia d NOF35 ei 131 cacciabombardieri che costano quasi 150 milioni di euro l’uno» perché «anche le spese militari devono essere drasticamente tagliate».
 
Monsignor Giudici plaude alla «rottura del silenzio che copriva questo progetto: sempre più palese è l’assurdità di produrre armi investendo enormi capitali mentre il grido dei poveri, interi popoli, ci raggiunge sempre più disperato». Il vescovo presidente di Pax Christi ricorda che «i Magi per un’altra strada fecero ritorno. Anche per noi vale l’invito a intraprendere una strada diversa orientando ogni scelta alla via esigente e necessaria della pace. Per questo esigiamo un ripensamento di queste spese militari con un serio dibattito in Parlamento».
 
Guido Crosetto del Pdl, ex sottosegretario alla Difesa, non è contrario a discutere della riduzione del numero degli F35 Jsf, (Joint strike fighter), a patto che non si danneggi l’industria bellica italiana: «Dobbiamo metterci d’accordo – premette – se all’Italia serve una Difesa oppure no. Perché qualcuno sembra convinto del contrario». E i tagli di Obama? «I tagli americani non sono una cosa positiva – risponde – perché significa che ognuno dovrà pensare di più alla sua difesa. E io non vedo un mondo in evoluzione positiva». Crosetto non ritiene intoccabile il numero 131: «Già avevamo deciso di abbassare i costi del programma ordinandone 20 in meno a decollo verticale», quelli cioè con l’allestimento più caro.
 
E limitarsi a 80 o 100 velivoli? «È una discussione che ci può stare. Come la riduzione del modello di Difesa da 190 a 140mila uomini nell’ambito della discussione che porto avanti da tempo sulla riorganizzazione delle Forze armate». Ma se l’Italia si sfila dal progetto internazionale degli F35 «ne faremo le spese in termini di occupazione. E io difendo il posto dell’operaio che produce formaggini come quello di chi costruisce cacciabombardieri».
 
«Dateli a me 15 miliardi di euro che ne creo molti di più di posti di lavoro nella sanità, nella scuola, nel non-profit», replica Savino Pezzotta. Il deputato dell’Udc, che la notte del 31 dicembre era a JSF mobilitazione Brescia per la marcia organizzata da diocesi, commissione Cei per i problemi sociali, Caritas e Pax Christi, dice di non essere «radicalmente antimilitarista e contro una forza di difesa. Ma 131 cacciabombardieri non sono uno strumento per difendere l’Italia. Oggi poi le aggressioni contro il nostro Paese arrivano dalla speculazione finanziaria a colpi di spread». Il nodo, dice, «è che in Italia sembra sia vietato parlare di tagli alle spese militari. Capisco che il progetto F35 è stato sostenuto da governi di sinistra e di destra e oggi i partiti dovrebbero smentirsi da soli. Ma io voglio solo che se ne discuta: io sono contro, ma qualcuno mi convinca del contrario. Oggi va tanto di moda parlare della casta e dei costi della politica.
 
Benissimo, ma discutiamo di tutte le spese della pubblica amministrazione. Anche facendo le pulci alla Difesa, che ha più generali che soldati. Degli F35 Norvegia e Olanda ne parlano pubblicamente, solo in Italia non si può. Io la mia mozione non la ritiro».
 
I dubbi sul faraonico programma si fanno strada in Parlamento. Roberto Della Seta e Francesco Ferrante del Pd annunciano una mozione «per l’uscita dell’Italia dal programma Joint Strike Fighter», che «non comporterebbe oneri ulteriori rispetto a quelli già pagati per la fase di sviluppo e pre-industrializzazione», ricordando come già «Norvegia, Canada, Australia e Turchia hanno messo in discussione la loro partecipazione». «In un momento in cui si chiedono lacrime e sangue ai cittadini – fa eco il portavoce dell’Idv, Leoluca Orlando – una spesa pari quasi a una pesante manovra sarebbe inaccettabile». Dubbi li esprime anche il senatore del Pdl Esteban Juan Caselli: «Il ministro della Difesa ammiraglio Gianpaolo Di Paola farebbe bene a suggerire al professor Mario Monti di ridurre veramente i costi della Difesa non portando avanti questa spesa».

Note: Articolo al link http://www.avvenire.it/Economia/Pagine/f35-ne-vale-la-pena.aspx
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