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Armi, gli sceicchi fanno shopping

E se in Europa i tagli colpiscono la Difesa, a Riyadh si costruisce un esercito ultra-moderno.
Davide Vannucci
Fonte: Europa Quotidiano - 15 luglio 2011

Sfogliando la mappa delle spese militari redatta ogni anno dal Sipri, l’Istituto internazionale di ricerche sulla pace con sede a Stoccolma, in coincidenza del Golfo Persico si nota una curva in ascesa. Arabia Saudita, Emirati Arabi, Oman, Kuwait: nell’ultimo decennio gli sceicchi hanno allargato i cordoni della borsa, facendo shopping di armamenti in occidente. Grazie al petrolio, infatti, i forzieri statali sono sempre più ricchi.
La sola Arabia Saudita ha riserve valutarie per oltre 500 miliardi di dollari. Il programma si potrebbe chiamare Oil for Arms: i proventi dell’oro nero vengono reinvestiti a tutela della sicurezza nazionale.
Tra i fornitori, Washington ha fatto la parte del leone. Tra il 2005 e il 2009 la quota americana nell’area è stata del 54 per cento. Il mercato mediorientale assorbe almeno un terzo dell’export militare a stelle e strisce. Alla testa degli acquirenti c’è proprio l’Arabia Saudita. Dal 2001 al 2009 le spese militari di Riyadh sono salite da 25 a 41 miliardi di dollari.
Nel 2010 gli Stati Uniti hanno annunciato la fornitura di armi all’Arabia pe sceicchi alla fiera armiera r 60 miliardi di dollari. L’ampia lista comprende 84 jet da combattimento F-15, 70 elicotteri da attacco Apache e un centinaio di altri velivoli.
Mentre in Europa i tagli di bilancio colpiscono inevitabilmente la Difesa, a Riyadh si costruisce un esercito ultra-moderno. In un primo momento, la spesa militare veniva fatta guardando a Teheran e al suo discusso programma nucleare. La primavera araba, che ha lambito il Golfo, ha aggiunto un ulteriore elemento. Ora il crescente budget militare dei Saud ha il preciso scopo di mantenere la stabilità interna e quella regionale. L’esercito saudita si è rivelato una formidabile arma di repressione intervenendo in Bahrein su mandato del Consiglio di cooperazione del Golfo, a sostegno della dinastia degli al Khalifa.
Riyadh ha compreso che la propria sicurezza non può più essere delegata ad altri, come sottolinea Anwar Eshki, direttore del Middle east institute for strategic studies: «L’Arabia Saudita deve fare affidamento su se stessa durante questo periodo critico, segnato oltretutto dal ritiro degli Stati Uniti dall’Iraq». In seguito ad un accordo con Bagdad, le truppe americane lasceranno il paese entro dicembre, anche se alcune forze potranno rimanere su richiesta delle autorità irachene.
L’Arabia non può più ripararsi sotto l’ombrello di Washington. Così, dopo le rivolte in Yemen e Bahrein, ha aumentato ulteriormente i propri investimenti militari, diversificando i fornitori. Non più soltanto americani ed inglesi.
Secondo il settimanale Der Spiegel, Riyadh sta negoziando con Berlino l’acquisto di duecento tank Leopard, per un totale di due miliardi di euro. Eshki conferma: «L’Arabia sta cercando armamenti in Germania e persino in Russia, ben sapendo che, per via del vuoto lasciato dagli Usa, l’Iran potrebbe estendere la sua influenza in tutto il Levante, fino al mar Mediterraneo».
Gli stessi sommovimenti che hanno sconvolto Manama, pur non avendo una marca confessionale, hanno visto alla testa gli sciiti, aumentando i timori sauditi di una longa manus iraniana. Il caos yemenita, in cui allo scontro tra le milizie del presidente Saleh e il vasto fronte dei suoi oppositori si è unita la minaccia di al Qaeda, è un altro motivo di preoccupazione per Riyadh.
Per tutte queste ragioni la politica estera del regno si è fatta più aggressiva. Malgrado i contatti con Berlino, gli Stati Uniti sono destinati a rimanere il partner privilegiato. Il declino del gigante americano e le spinte isolazioniste che aleggiano su Washington, però, sono due fattori con cui l’Arabia dovrà convivere. Guardandosi intorno e, soprattutto, imparando a fare da sé.

Note: Articolo al link http://www.europaquotidiano.it/dettaglio/128049/armi_gli_sceicchi_fanno_shopping
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