ControllArmi

ControllArmi

RSS logo

Italia, la corsa agli armamenti non conosce crisi: 14 miliardi per l'acquisto di 131 cacciabombardieri F35

Paolo Salvatore OrrĂ¹
Fonte: Tiscali Notizie - 29 giugno 2011
Mentre Giulio Tremonti minaccia di dimettersi se la maggioranza non approva la Manovra che - secondo lui -  permetterebbe all’Italia di rispettare gli impegni assunti con l’Europa (“pareggio del bilancio entro il 2014”) un altro ministro, La Russa, si appresta a rifinanziare il programma Joint Strike Fighter (JSF), finalizzato alla realizzazione del F-35 Lightning II, caccia multiruolo capace di sfuggire ai radar. In tempi di vacche magre, un controsenso: “Sospendere fino al 2014 il programma di acquisizione dei 131 aerei e poi ridurlo almeno del 50% consentirebbe di ottenere nel triennio risparmi per 3,6 miliardi di euro. Risorse non trascurabili in un momento di crisi, com’è quello attuale”, commenta Luca Comellini, segretario del partito dei militari (Pdm).
Tutto questo accade, dopo che il ministro Ignazio La Russa - arrivato con sei ore di ritardo al vertice Nato - si è lasciato portare via dagli spagnoli il controllo dei sistemi radar nel Mediterraneo attraverso i quali passa la difesa aerea del nostro Paese.  Il rifinanziamento dell’JSF è dato per certo, mentre in Europa, per la prima volta dal 1998 – lo conferma l’istituto Archivio Disarmo - si sta registrando un calo - pari al 2.8% - della spesa militare. “La diminuzione, o l’aumento più lento, dei costi della guerra é una reazione alla crisi economica cominciata nel 2008”, conferma Luigi Barbato, autore del rapporto “La produzione di armi in Italia”.
JSF presentazione F35 Oltre che dal punto di vista economico, il problema assume rilievo anche dal punto di vista giuridico. Negli atti del governo del 24 marzo 2009 si legge che le principali missioni assegnate all’JSF saranno di “proiezione in profondità del potere aereo, soppressione dei sistemi di difesa anti-aerea avversari, supporto nell’ottenimento della supremazia aerea, supporto ravvicinato alle forze d terra, raccolta informazioni e dati”. Inoltre, il dossier redatto dal Servizio Studi del Dipartimento difesa chiarisce: “L’Italia sta costruendo un aereo d’attacco che può trasportare ordigni bellici convenzionali e nucleari”, introducendo un concetto di “offesa”, non previsto dall'articolo 11 della Costituzione ("L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa ... ). 
In sostanza, mentre il governo sta pensando di ritoccare le pensioni, di inasprire il prelievo fiscale e di potare - ancora una volta - il bilancio di molti ministeri, l’Italia vuol continuare la sua corsa agli armamenti, confermando un impegno di spesa di 20 miliardi di euro in 11 anni. Del resto, lo Stato è il primo produttore di armi del paese, essendo ben presente nell’azionariato dell’industria: “Infatti, la positività dei bilanci, sia di Finmeccanica sia di Fincantieri a decorrere dal 2001, ha consentito riconoscimenti di dividendi significativi al Ministero dell’Economia”, si legge nel rapporto di Barbato.
 Il velivolo da combattimento è il risultato di una cooperazione internazionale tra Stati Uniti, Regno Unito, Italia, Paesi Bassi, Canada, Turchia, Australia, Norvegia e Danimarca. Il programma era stato avviato negli Usa nella prima metà degli anni Novanta, nell’ambito del progetto Joint Advanced Strike Technology (JAST): prevedeva lo sviluppo di un aereo capace di nuova generazione che fosse in grado di combinare una tecnologia che garantisse un lungo periodo d’impiego con la possibilità di sostituire, con un unico aereo in più versioni, un’ampia gamma di velivoli della flotta militare statunitense (compresi quelli a decollo verticale). La costruzione dell’F35, dunque, non si ferma e sfrutta, ancora una volta, il ricatto occupazionale.
Il programma pluriennale, infatti, oltre all’acquisto dei velivoli, “prevede – si legge ancora negli atti del governo - la realizzazione, presso l’aeroporto militare di Cameri (Novara), di una linea di assemblaggio finale e di verifica (FACO) per i velivoli destinati ai Paesi europei”. Il ministero della Difesa riporta una previsione di “600 posti di lavoro (nella fase apicale) impiegati all’interno della struttura industriale che dovrebbe aggiungersi a una spinta occupazionale generale del programma (in aziende locali e nazionali) quantificata, secondo una stima industriale, in circa 10.000 posti di lavoro”.
Qualunque sia il rilievo morale che si vuol dare alla vicenda, un affare per Finmeccanica: le attività di gestione industriale della struttura sono state sub-contrattate dalla Lockheed Martin alla ditta Alenia (azienda aereonautica del gruppo Finmeccanica, appunto). La partecipazione dell’industria nazionale alle fasi di supporto logistico e di sviluppo successivo non sono ancora definite. Il progetto della Difesa non ha trovato molte resistenze né nella maggioranza, né fra i banchi della minoranza: il primo memorandum fu firmato il 23 dicembre del 1998 dall’allora presidente del Consiglio Massimo D’Alema.
 Il progetto, invece, è stato approvato da una commissione difesa di un governo Berlusconi il 14 maggio del 2002 e firmato dallo stesso governo al Pentagono il 24 giugno 2002. L’impegno è stato, infine, confermato dal primo governo Prodi. Più bipartisan di così.
 
Note: Articolo al link http://notizie.tiscali.it/articoli/cronaca/11/06/29/programma_aerei_jsf.html
.