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L'Italia dichiara guerra alla crisi economica

Non è vero che l’economia italiana va così male. Nonostante la crisi, infatti, c’è un settore che non conosce recessioni e che a fine 2009 ha fatto registrare un incremento delle esportazioni del 61 %: l’industria degli armamenti.
Laura Pavesi
Fonte: Terranauta.it - 20 aprile 2010

La settimana scorsa a Brescia, in concomitanza con l’apertura di EXA (la Mostra Internazionale di Armi sportive, Security e Outdoor svoltasi dal 10 al 13 aprile 2010) OPAL - Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa - ha presentato il terzo rapporto annuale sulla produzione ed esportazione di armi. OPAL, nato a Brescia nel 2003 e formato da associazioni e singoli cittadini, è l’unico ente di ricerca in Europa avente lo scopo di monitorare la produzione e il commercio di armi che non riceve finanziamenti pubblici, ma vive grazie al volontariato e ai contributi dei privati e delle associazioni che ne fanno parte.
Bambini con armi
Sull’annuario di quest’anno, intitolato “Difendiamoci dalle armi”, ampio spazio è dato all’esportazione degli armamenti: nel 2009 l’export italiano di armi da guerra è stato di 4,9 miliardi di Euro, con un aumento del 61% rispetto al 2008. A tanto ammontano le autorizzazioni all’esportazione rilasciate dal Governo lo scorso anno, sulle quali la maggior parte dei media nazionali ha taciuto. A questi 4,9 miliardi però andrebbero sommati, secondo OPAL, gli altri 1,8 miliardi di Euro di autorizzazioni per le forniture di armi destinate ai Programmi Intergovernativi NATO-Unione Europea. E non va dimenticato che il 2008, a sua volta, era stato un anno record per le esportazioni di armamenti: +220%. Sì, avete letto bene: due anni fa, mentre l’Italia veniva travolta dalla crisi economica, il settore armiero registrava un incremento dell’export a tre cifre.

I più autorevoli istituti di ricerca a livello internazionale - quali il SIPRI in Svezia e il GRIP in Belgio, per citarne solo alcuni - danno l’Italia tra i primi cinque paesi esportatori di armi al mondo. Mentre secondo lo statunitense Congressional Research Service, come pubblicato nel suo Report del 4 settembre 2009, l’Italia si colloca addirittura al secondo posto per contratti di fornitura di armi siglati tra il 2008 e il 2009 a livello mondiale, dopo gli U.S.A. e prima della Russia - con un ammontare complessivo di 3,7 miliardi di Dollari di autorizzazioni all’export.

Stando al Rapporto della Presidenza del Consiglio sulla produzione dei materiali d'armamento e sulla loro esportazione (UCPMA), relativo all’anno 2009 e presentato il 29 marzo 2010, i principali clienti del nostro paese sono il Medio Oriente e il Nord Africa: al primo posto Arabia Saudita, seguita da Qatar, Emirati Arabi Uniti, Marocco e Libia. Ma va segnalato che una quota importante delle autorizzazioni governative (il 53% del totale circa) riguarda le esportazioni verso i paesi del sud del mondo, tra i quali spiccano India e Nigeria.

"Il comparto armiero italiano non conosce crisi, a differenza di tutti gli altri distretti produttivi nazionali"
“In questo contesto” ci dice Piergiulio Biatta, presidente di OPAL, “il distretto armiero bresciano fa la parte del leone”. “Brescia, insieme al New England (U.S.A.) per quanto riguarda la produzione di armi leggere” sottolinea Carlo Tombola, insegnante e coordinatore scientifico di OPAL, “è uno dei più importanti distretti armieri al mondo. Qui abbiamo la maggiore concentrazione di produttori armi di leggere ad uso civile e militare. Analizzando, inoltre, i dati forniti dal Banco Nazionale di Prova per le Armi da fuoco portatili e per le munizioni commerciali (che ha sede a Gardone Valtrompia, vicino a Brescia, e al quale sono demandati i compiti di collaudo e certificazione di tutte le armi prodotte sul territorio italiano e di quelle importate da paesi dove non esista un Banco di Prova riconosciuto a livello internazionale - n.d.a.) si evince che il comparto armiero italiano non conosce crisi, a differenza di tutti gli altri distretti produttivi nazionali”.

Un anno fa, dopo l’edizione di EXA 2009, sono arrivati cospicui sostegni finanziari di stato all’industria degli armamenti (per la prima volta riconosciuta come “entità economica”) pari a 2 milioni di Euro “per investimenti infrastrutturali”. Mentre tutti i nostri settori industriali - dai beni di consumo all’auto, dall’elettronica alla telefonia, ecc. - sono in piena fase recessiva, l’Italia sembra favorire proprio l’unico settore che non conosce crisi.

“Quest’anno ad EXA è stato organizzato un convegno. La mostra è dedicata solo ed esclusivamente alle armi leggere, di piccolo calibro e ad uso ricreativo - caccia e tiro sportivo”
Giorgio Beretta, membro di OPAL e giornalista di Unimondo, ci conferma che “quest’anno ad EXA è stato organizzato un convegno dedicato alle operazioni bancarie di finanziamento all’esportazione militare, alla quale hanno presenziato rappresentanti dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana) e dell’AIAD (Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza). Il tema scelto è, a nostro avviso, alquanto singolare, dal momento che gli organizzatori di EXA hanno sempre dichiarato che la mostra è dedicata solo ed esclusivamente alle armi leggere, di piccolo calibro e ad uso ricreativo - caccia e tiro sportivo”.

L’Italia sembra ricalcare, quindi, le orme degli Stati Uniti, dove la recente “piccola ripresa economica” tanto sbandierata dai media americani è guidata dal settore militare (+15% nel 2009) grazie alla domanda di armamenti del Pentagono, mentre tutti gli altri settori industriali civili sono crollati. “Non vorrei parlare esplicitamente di militarizzazione dell’economia” - dice ancora Tombola - “tuttavia è evidente che nel mondo occidentale esiste una ristrutturazione industriale che va in questa direzione. Dal 2000 ad oggi, negli U.S.A. la produzione di armamenti è aumentata del 23%, mentre la produzione di tutti gli altri beni durevoli è scesa complessivamente del 20%. Qui si tratta di scelte, non di fatalità. A livello internazionale l’industria militare è molto più forte di 10 anni fa e questo deve far riflettere tutta la società civile”.

Beretta sottolinea un altro tema fondamentale analizzato dall’annuario OPAL: il coinvolgimento delle banche. “Una cosa che riteniamo molto preoccupante è che dal Rapporto UCPMA della Presidenza del Consiglio manca, per il secondo anno consecutivo, un tassello fondamentale: la Tabella delle autorizzazioni rilasciate alle banche per le operazioni di appoggio all’export di armamenti”. Nel Rapporto compare solo l’ammontare complessivo ed è sparito l’elenco dettagliato delle singole autorizzazioni date agli istituti di credito, nonostante le proteste di Rete Italiana Disarmo, della Campagna Banche Armate e di tanti cittadini italiani.

“Da anni”, conclude Beretta, “abbiamo avviato una ricerca anche sugli istituti bancari che operano nella provincia di Brescia, con lo scopo di sapere quanti e quali sono impegnati nell’export di armamenti e, in caso affermativo, di conoscere quali misure sono state prese per garantire ai loro clienti la trasparenza di tali operazioni. Perché riteniamo che sia i singoli correntisti sia l’opinione pubblica devono essere consapevoli che anche i propri risparmi possono contribuire in maniera concreta all’esportazione di armi dall’Italia”.

Note: Articolo al link http://www.terranauta.it/a2032/pianeta_gaia/l_italia_dichiara_guerra_alla_crisi_economica.html
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