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Armi, boom di export made in Italy: il mercato segna +220%

Le autorizzazioni all'esportazione del 2008 fissano un nuovo record. Ma sparisce l'elenco delle "banche armate"
L.F.
Fonte: Virgilio Notizie - 17 aprile 2009

C'è un made in Italy che non conosce crisi. Un'industria fiorente, competitiva e assai apprezzata dai mercati esteri, il cui fatturato quest'anno è letteralmente schizzato alle stelle. Dall'ultimo rapporto della Presidenza del Consiglio sulle esportazioni, importazioni e transito dei materiali d’armamento emerge che nel 2008, ad esempio, i pagamenti autorizzati (su commesse, va precisato, anche degli anni precedenti) hanno avuto un incremento di valore pari al 222% rispetto al 2007, passando da 1.329.810.000 euro a 4.285.010.000.

In particolare, vale la pena soffermarsi sul valore delle esportazioni definitive, per le quali è previsto il corrispettivo regolamento finanziario pari a 3.046.103.844,95 euro, mentre nel 2007 l'importo ammontava a 2.369.006.383 euro. Rispetto al 2007, si è avuto un incremento del valore delle autorizzazioni alle esportazioni, al netto delle "operazioni Intergovernative", pari al 28,58% (contro il l 9,4% dell’anno precedente).
Ed è proprio in questa fetta di autorizzazioni fuori dalle produzioni dirette degli Stati che si annidano le consegne più 'problematiche' del business.

Ma di quali problematicità si tratta, se in Italia la legge che stabilisce i confini legali delle transazioni internazionali d'armi (legge 185, 1990) vieta le esportazioni di armi ai Paesi belligeranti, a quelli i cui governi siano responsabili di accertate violazioni dei diritti umani e ai governi che destinano al proprio bilancio militare risorse eccedenti le esigenze di difesa del paese?
L'anello debole della normativa, peraltro assai scrupolosa, risiede nei paesi che vengono ritenuti idonei agli acquisti: una decisione presa con somma indulgenza da organi delle Nazioni Unite o dell’Unione Europea.

Succede pertanto, in modo assolutamente lecito, che il principale destinatario di armamenti italiani sia la Turchia, che con oltre 1 miliardo di euro si aggiudica da sola, nel 2008, una fetta di quasi il 36% delle autorizzazioni, nonostante l'ultimo rapporto di Amnesty International denunci il Paese mediorientale per continue violazioni dei diritti umani.
Viene esclusa dalla lista dei Paesi sotto embargo Onu o Ue anche la Cina, che esegue in media 22 condanne a morte al giorno (dati Amnesty) e continua la dura repressione delle minoranze etniche. E che dire delle armi a firma italiana esportate con imparziale par condicio contemporaneamente in India e Pakistan, anch'essi ritenuti paesi "non belligeranti"? Anche Israele risulta estraneo ai conflitti. A Tel Aviv sono destinate infatti aerei, armi, sistemi d'arma ad energia diretta, tecnologie e altro materiale parabellico per quasi 1,9 milioni di euro.
Nel Sud del mondo, l'Africa "spara" italiano. La parte del leone la fa l’Africa del Nord, in particolare svettano le cifre delle commesse con l’amico Gheddafi, per un valore complessivo superiore ai 93 milioni di euro. Subito dopo si collocano l'Algeria e altri paesi dell'Africa Subsahariana, come la Nigeria e il Kenya, squassati da anni di guerriglia.

La tabella 15 del Rapporto pubblicato sul sito del Governo è estremamente precisa: paese acquirente, valore delle autorizzazioni alla vendita, descrizione del prodotto (aeromobili, siluri, razzi, missili e accessori, armi di calibro uguale o inferiore a mm 12,7; munizioni, ecc.). Ma nel rapporto 2009 manca qualosa. Come l’anno scorso, anche quest’anno, infatti, latita la tabella che riporta le indicazioni delle singole operazioni autorizzate agli istituti di credito. Mancano cioé i nomi delle banche coinvolte nelle transazioni e l'importo delle loro transazioni.

«Apprezziamo la volontà e l'impegno a favorire una puntuale e limpida informazione sul tema della vendita di armamenti, espresso dalla presidenza del Consiglio nell’attuale Rapporto» spiega Giorgio Beretta, della Rete Italiana Disarmo - network di associazioni impegnato a monitorare l'export militare e promuoverne la trasparenza - «Ma l’assenza dei dati sulle banche d'appoggio mina una trasparenza che non si può assolutamente perdere in un ambito delicato come questo».
Un'omissione che contraria le associazioni della società civile e i singoli correntisti, che non possono più verificare se le direttive e policy emanate negli ultimi anni dagli istituti di credito sono effettivamente attuate. E che si rivela un boomerang anche per quelle banche che hanno scelto di non partecipare a operazioni commerciali che riguardino i sistemi di armamento o di farlo adottando un rigoroso codice etico, messo a punto con l'aiuto di alcune associazioni non governative.

Note: Articolo al link http://notizie.virgilio.it/economia/export_armi_made_in_italy.html
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