Ancora una Finanziaria di guerra
Anche questa seconda Finanziaria del governo del centrosinistra ha dimostrato che alcuni settori di spesa ed alcune priorità politiche sembrano essere intoccabili, esenti da qualsiasi possibilità di inversione di tendenza. E' il caso delle spese militari, che anche quest'anno passano indenni, se non addirittura rafforzate dall'esame del Senato nonostante i tentativi dei partiti della sinistra e dei movimenti pacifisti di produrre qualche cambiamento significativo.
Eppure nel corso della discussione sul DPEF prima dell'estate, grazie alla forte iniziativa dei gruppi della sinistra (SD, PRC, VERDI, PDCI) la risoluzione di maggioranza aveva incluso un riferimento esplicito alla riconversione dell'industria bellica, su proposta della senatrice SD Silvana Pisa. Attraverso questa risoluzione il Senato impegnava il Governo a "escludere che il processo di ristrutturazione e potenziamento della efficienza delle strutture di supporto industriale e logistico della difesa e che gli investimenti ad nei settori ad alto tasso di innovazione tecnologica configurino, in alcun modo, aumenti della spesa per armamenti", ed a "prevedere infine norme a
sostegno della riconversione dell'industria militare al civile". Sulla base di questo importante impegno, sono stati avanzati emendamenti in Finanziaria volti a sostenere la costituzione di una Agenzia nazionale per la riconversione ed il disarmo, ipotesi scartata però come inaccettabile
dal Ministero della Difesa. Unico risultato di rilievo è stato un ordine del giorno che riafferma l'impegno del governo di prevedere la costituzione di un' Agenzia per la riconversione dell'industria bellica, già prevista da un ddl a mia prima firma che giace da mesi in Commissione Attività Produttive. L'alternativa sarebbe stata quella di sostenere una proposta del Governo che avrebbe del tutto stravolto il significato dell'Agenzia per la riconversione, trasformandola in una struttura presso Palazzo Chigi che avrebbe dovuto coordinare e monitorare i processi di riorganizzazione produttiva del comparto militare verso strategie coordinate a livello europeo. Insomma nulla a che vedere con la necessità di rivedere alla radice le finalità e le modalità di funzionamento dell'apparato industrial-militare nostrano, Anzi si sarebbe data ancor più dignità politica agli interessi dell'industria militare che avrebbe goduto di un sostegno specifico in sede di Presidenza del Consiglio.
Quest' ultimo sviluppo conferma come resti imperativo per la Sinistra sostenere una profonda revisione del modello di difesa, identificando gli strumenti necessari per tener fede ad una vocazione autenticamente pacifista, come quelle incarnata nell'articolo 11 della Costituzione, che veda nella diplomazia, nella mediazione, nella prevenzione civile dei conflitti i suoi cardini essenziali. Obiettivi che certamente non possono essere conseguiti con sistemi d'arma sofisticati dalla marcata connotazione offensiva, come ad esempio lo Joint strike fighter o altri sistemi d'arma che verranno finanziati in questa legge Finanziaria.
Ridiscutere le spese militari e la riconversione dell'industria bellica significa quindi anzitutto ridiscutere gli strumenti militari della nostra politica estera, fare chiarezza sull'intreccio tra interessi dell'industria e strategie militari del nostro complesso industriale militare e sostenere politiche industriali e sindacali di riconversione, nel movimento pacifista che non ci possiamo permettere di deludere.
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