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Una Finanziaria di pace

"Armi da taglio", un incontro organizzato a Roma da Sd per discutere la diminuzione delle spese investite nel settore difesa. Un obiettivo da garantire fin dalla prossima manovra economica, rispondendo così alle necessità di fondi che provengono da altri settori
9 ottobre 2007 - Francesco Vignarca


Un incontro per discutere come realizzare una vera politica di pace, che ha visto protagonisti deputati, senatori, sottosegretari e ministri della sinistra, ma anche associazioni. Un appuntamento caduto in un giorno non proprio casuale, quello dedicato a San Francesco di Assisi, da sempre simbolo della cultura pacifista, oltre che a ridosso della prossima marcia umbra prevista per domenica. E' nato con questo spirito e in questa cornice "Armi da taglio", un pomeriggio organizzato dalla Sinistra democratica a Palazzo Valentini a Roma, nel tentativo di arrivare già con il prossimo appuntamento della Finanziaria ad un' inversione di rotta sul tema della difesa.
Ad aprire i lavori è stata Silvana Pisa, senatrice di Sd e membro della Commissione difesa di Palazzo Madama. Nel suo intervento ha fotografato la situazione italiana legandola al quadro internazionale, per sintetizzare poi le proposte che da sinistra si avanzano al governo - che tutti hanno concordato a definire debole circa l'azione fin qui messa in campo sul tema- e che si vorrebbero fossero accolte fin dalla prossima manovra economica. La necessità prima è quella di arrivare ad una riduzione della spesa militare, perché al contrario di quanto sostenuto dal ministro Parisi, e cioè che il nostro paese destinerebbe "solo" l'1% del Pil al settore, collocandosi ai piani bassi della classifica europea, "l'Italia spende molto di più del resto dell'Ue, anche se un conteggio vero, che metta insieme tutte le voci in una visione unitaria, appare ancora difficile da ottenere", fa detto la Pisa. Seconda richiesta, la riconversione delle attività industriali e non dal militare al civile, garantendo naturalmente intatto il numero dei posti di lavoro. Altre necessità, poi, consistono nella rimozione delle armi nucleari che ci sono in Italia (90 ordigni disseminati sul territorio nazionale); un no netto del governo alla partecipazione allo scudo balistico antimissile voluto dagli Usa in Europa; la rinegoziazione della presenza americana e Nato, per mezzo delle basi, nel nostro paese, con la convocazione della II Conferenza sulle servitù militari, per altro prevista nel programma elettorale e indispensabile dopo il caso Vicenza. Ma anche, la riconfigurazione della missione in Afghanistan e l'istituzione di corpi civili di pace e di un Istituto di studio dedicato al tema.
Per ottenere questo, secondo il deputato verde Paolo Cento si potrebbe procedere, come accaduto già in altri ambiti, "con una azione unitaria dei quattro ministri e delle quattro forze a sinistra" perché "il cambiamento di marcia dopo le dichiarazioni di Parisi (che ha detto no ad una diminuzione della spesa militare, ndr) ha testimoniato come sia forte il condizionamento di certe lobby sulla politica".
L'esecutivo di Prodi ha dunque disatteso le speranza di gran parte del movimento pacifista, come ricordato da Francesco Vignarca, responsabile della Rete per il disarmo. A testimonianza di questo, il caso Finmeccanica, "un'azienda di stato che lo stato deve indirizzare a lavorare nel campo civile", ha sostenuto.
Il rischio infatti è che passi soprattutto la concezione di "una politica estera militarizzata", ha spiegato Elettra Deiana del Prc, aggiungendo poi che sul caso vicentino, appare necessario "rinegoziare gli accordi e desecretare i trattati" per porre fine all'uso strumentale che il ministro della Difesa ha fatto della segretezza.

Il punto, per tutti, è arrivare ad una contabilizzazione attendibile della spesa militare riunendo in un quadro unico tutte le voci di investimento dei vari ministeri, la Difesa come le Finanze. Una volta arrivati a questo, cioè a sapere la reale portata dei soldi investiti nel settore, sarà possibile stabilire anche come impiegarli in un modo diverso: appare infatti ingiustificabile la necessità di fondi lamentata in altri settori (in primis welfare), quando poi si storna una quantità esagerata di denaro in armamenti (F 35 americani docet), basi militari americane, industria bellica. A questo scopo, banco di prova sarà appunto la prossima Finanziaria da cui ci si attende una decurtazione delle spese, anche se i segnali non lasciano molto spazio all'ottimismo, soprattutto dopo l'entrata a gamba tesa nel dibattito del ministro Parisi che di tagli proprio non vuol sentir parlare.

Note:
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