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D'Alema: armi alla Cina, presto via l'embargo

Il ministro degli Esteri: hanno fatto passi avanti, tra noi collaborazione strategica
Fonte: Corriere della Sera - 14 novembre 2006


Italia e Cina provano a ricercare una via di collaborazione sui grandi temi di politica internazionale quale premessa di una più incisiva integrazione fra le rispettive economie. Le dichiarazioni del ministro degli Esteri Massimo D'Alema e del suo collega cinese Li Zhaoxing, che si sono incontrati ieri pomeriggio, sono orientate all'ottimismo. Un documento parla di approfondimento «della partnership strategica», ma il percorso non è semplice. I nodi principali sono tre, strettamente correlati fra loro: revoca dell'embargo sulla fornitura d'armi, riconoscimento dello status di economia di mercato, diritti umani. La Cina sollecita l'Europa a rivedere i veti e all'opposto l'Europa vuole dalla Cina un impegno sulla costruzione di un quadro legale a tutela delle libertà dell'individuo.
L'Italia, dentro questi contrasti, cerca uno spazio di mediazione che deve tenere conto sia della necessità di sollecitare Pechino a non lasciare la «modernizzazione incompiuta e dunque di accompagnarla con le trasformazioni del sistema politico» (parole di Massimo D'Alema) sia della parallela «occasione» che il rapporto con la Cina offre in termini di investimenti e di sviluppo. Gli incontri registrano una convergenza di attenzioni. Il governo cinese chiede all'Italia di convincere l'Europa a rimuovere le perplessità che permangono sulla rimozione dell'embargo sulle armi e sul riconoscimento dell'economia di mercato. L'Italia sottoscrive un testo che la vincola a «svolgere un ruolo ancora più attivo all'interno dell'Ue per assicurare lo sviluppo equilibrato delle relazioni sino-europee, affinché si realizzino le condizioni per arrivare alla rimozione dell'embargo e al pieno riconoscimento dello status di economia di mercato della Cina». Massimo D'Alema lo commenta così: «Non siamo più nel dopo Tienanmen, passi in avanti sono stati compiuti. La Cina ha cominciato a discutere della pena di morte e di una nuova legge sulle libertà sindacali, dunque si può pensare in tempi ragionevoli di levare l'embargo. Dipende dalla loro buona volontà. Noi continueremo a incalzarli». D'altro canto la Cina oltre a promettere di collaborare «in materia di diritti umani» offre all'Italia, che entrerà come membro non permanente all'inizio del prossimo anno e fino al termine del 2008 nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la piena disponibilità a intensificare «la cooperazione sui principali scenari di geopolitica», quindi a stabilire una linea di coinvolgimento per la soluzione dei conflitti nel quadro di una strategia multipolare e di «equilibrato governo della globalizzazione economica». Italia e Cina hanno discusso dei dossier Libano, Corea del Nord, Afghanistan e Iran trovando unità di intenti. Sull'Iran, Roma e Pechino hanno convenuto che la risoluzione Onu sulla sospensione dell'arricchimento di uranio trovi attuazione attraverso il dialogo e che le eventuali misure di dissuasione non possano che essere proporzionali e reversibili. Sull'Afghanistan la Cina ha condiviso l'opportunità di valutare la convocazione di una Conferenza internazionale di Pace.
Una buona base di partenza. Ma restano sullo sfondo un po' di problemi. Massimo D'Alema lo ha constatato quando il ministro degli Esteri cinese ha criticato l'Italia per l'accoglienza riservata al Dalai Lama. Un tema ancora sensibile per Pechino che ritiene il capo spirituale del buddismo tibetano un potenziale eversore secessionista. Il nostro ministro degli Esteri ha replicato: «Il Dalai Lama in Italia non ha mai parlato di indipendenza del Tibet, quindi non vi è motivo di preoccupazione». Unica nota stonata. Che dimostra però quanto sia lunga la strada di una intesa sui diritti umani.

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