Difesa, I'export decolla
I dati parlano chiaro. In tre anni export dell'industria della Difesa è salito del 60%. Nel 2004 le autorizzazioni all'esportazione hanno toccato 11.489 milioni di euro: come dire il 16% in più rispetto all'anno precedente. Le armi italiane sono tornate a tirare e la nostra industria, la quarta in Europa, sembra avere scongiurato il rischio di essere assimilata da inglesi, francesi, americani e, dopo una fase di riorganizzazione e di acquisizionì, ha invece avviato una fase di crescita: non era scontato. Il sottosegretario Filippo Berselli di An (nella foto), che ha la delega agli armamenti, attribuisce una parte non irrilevante del merito all'azione del governo. Che non si è limitato ad assistere passivamente ma si è sporcato e mani' diventando soggetto attivo. «Ero stato appena nominato - ricorda - e dovendo recarmi ad Ankara mi ricordo che un manager della Agusta mi segnalò che era in corso una gara internazionale per gli elicotteri. Quando mi recai lì appresi che per il consorzio russo si era mosso il presidente russo mentre per quello americano si era mosso Clinton: la nostra industria si trovava sola, stretta tra la forza industriale delle grandi aziende mondiali e le pressioni poliche». Quella gara, nonostante l'intervento di Berselli, andò male, «ma da allora - sostiene lui le cose sono radicalmente cambiate». «La nostra industria - spiega - allora non godeva dì nessun appoggio perché i governi che, si erano succeduti guardavano alla cosa o con disinteresse o con un certo fastidio, quasi che le decine di migliaia di addetti a quell'industria non contassero niente. Oggi il governo ha dato istruzione precise ai noslit ambasciatori che sono diventati strumenti fondamentali e preziosi per la promozione del nostro export, e i successi che la nostra industria ha consequito dimostrano che è a livelli mondiali. Il fatto che l'industria stia raccogliendo risultati importanti si giustifica per la bontà del prodotto ma anche per l'appoggio del governo: se il presidente degli Stati Uniti volerà con un nostro elicottero non è frutto del caso».
CERTO LA RICERCA DI UN MERCATO per 'export è resa ancora pìù necessaria dalla mancanza di un vero mercato domestIco, oggi ancora più piccolo per i consecutivi tagli di bilancio. Tasto dolente, visti anche i tanti impegni all'estero. «La situazione finanziaria internazionale - ammette Berselli - ha avuto pesanti ricadute in Italia e ci ha impedito di ottenere quell'1,5% del PII che era negli impegni del presidente del consiglio e del mìnìstro della Difesa, ma non nel programma della Cdl». «Se vinciamo però - promette - dobbiamo fare in modo che al termine della nuova legislatura si raggiunga l'1,5% con aumenti graduali sino dal primo anno E per essere priorità deve essere messo nel programma della Cdl». Oltre all'appoggio del governo nei successi dell'industria certo è pesato un cambio di approccio da parte delle
aziende, che, esserva il sottosegretario «sono diventate aggressive». E non solo: «Abbiamo capito, a differenza di francesi, britannici e americani che queste realtà emergenti non vogliono essere considerate un mercato ma un partner industriale con il quale si può cooperare anche trasferendo della tecnologia. E questa è la chiave di volta perché queste nazioni hanno tutta l'intenzione di far crescere la loro industria della difesa». Certo, c'è il problema delle necessarie aggregazioni perché «da soli non si va da nessuna parte». Ma in questo l'industria italiana da qualche anno si è mossa, basti pensare lo scorso anno la nascita di Selex, il comparto di elettronica per la difesa di Finmeccanica, che ha dato vìta al secondo operatore europeo e al sesto nel mondo nel settore. Dopo l'acquisizione della totalità dì Agusta Westland e la creazione di Space Allìance è un nuovo pilastro su cui Finmeccanica sta costruendo le sue strategie di crescita. Il nuovo approccio da parte del governo aiuta la crescita dì queste aziende e non è più considerato una cosa da fare discretamente, ma una azione a favore della
crescita del sistema paese. «Tante volte - rivela Berselli - siamo sollecitati a intervenire dalla nostra industria, che sa che i miei uffici sono a disposizione. E i nostri interlocutori stranieri, tutta gente a livello di ministri o capi dì stato maggiore, lo sanno bene. Risultato, il sistema paese viene percepito come un tutt'uno e la nostra industria acquisisce nuove fette dì mercato». Se il grosso dell'export (88,8%) è concentrato sui paesi Nato, crescono ache paesi come la Malaysia (che ha assorbìto il 5%) e persino Pakìstan e India. Unico grande buco nero, la Cina. Ma il Paese, basti pensare allle tensioni con Taiwan, è 'sensibile' e l'export deve essere valutato con gran cautela.