Onu, milioni di volti per dare battaglia alle «armi leggere»
Raccolti finora 600mila ritratti La Ue appoggia l’iniziativa, ma in giugno al Palazzo di Vetro bisognerà vincere i «no» di Washington e di Pechino.
LA PROPOSTA
Si sta per concludere la campagna lanciata da «Control arms» L'obiettivo dei promotori è raccogliere centinaia di migliaia di «foto-petizioni» per «favorire» l'approdo ad un Trattato internazionale sul commercio illecito di pistole e fucili
LA PROPOSTA
Si sta per concludere la campagna lanciata da «Control arms» L'obiettivo dei promotori è raccogliere centinaia di migliaia di «foto-petizioni» per «favorire» l'approdo ad un Trattato internazionale sul commercio illecito di pistole e fucili
Daniele Zappalà
Fonte: Avvenire - 13 gennaio 2006
Un milione di facce umane per bloccare il potenziale uso improprio di oltre 600 milioni di armi leggere. Può sembrare l'ennesimo scontro fra Davide e Golia, e lo è per molti aspetti, come ammettono i promotori della campagna mondiale "Control arms" (Controlla le armi) che si appresta a vivere in Italia come in altri 170 Paesi il proprio sprint finale. L'obiettivo è di raccogliere in ogni continente un milione di «foto-petizioni» da presentare alla prossima Conferenza dell'Onu sui traffici illeciti di armi leggere che si terrà a New York dal 26 giugno al 7 luglio. Qui, i rappresentanti governativi esamineranno una bozza di Trattato internazionale sul commercio d'armi. Lo faranno, se la campagna "Control arms" avrà successo, sotto lo sguardo simbolico di almeno un milione di loro simili. In Italia, promuovono la campagna 30 organizzazioni legate alla Rete italiana per il disarmo - fra cui le Acli, Pax Christi, la Conferenza degli istituti missionari, la Rete di Lilliput -, ma hanno già aderito anche tante altre associazioni cattoliche e non. In Francia l'iniziativa è appoggiata anche dalla Caritas, mentre il coordinamento internazionale è curato da tre ong (Amnesty International, Oxfam, Iansa) secondo cui sono stati finora raccolti oltre 600mila ritratti fotografici. Una risposta di così ampio respiro è già una controprova delle poste in gioco cruciali del tavolo di New York. Per la prima volta, si tratterà di tentare di costruire un efficace "scudo" contro i traffici illegali di armi leggere. Le stesse che, secondo stime concordanti, uccidono un individuo al minuto soprattutto in quelle aree calde del pianeta dove neppure l'imposizione di embarghi specifici ha potuto finora frenare la proliferazione incontrollata. Le regioni africane dei Grandi Laghi, del Golfo di Guinea e quella sudanese, il Caucaso e l'America centrale rappresentano alcuni dei casi più drammatici. Nata dopo il successo della Convenzione di Ottawa sulle mine antiuomo, l'idea di un Trattato internaz ionale sul commercio d'armi ha già ricevuto il sostegno dell'Unione europea. Fra le maggiori diplomazie che a New York potrebbero storcere il naso ci sono invece gli Stati Uniti - secondo esportatore mondiale dopo la Russia, dice l'ultimo rapporto dell'Istituto di Stoccolma per la Pace - e la Cina, in testa alla lista degli importatori assieme all'India. L'ampia approvazione di un testo già la prossima estate non sarà semplice, ma il meccanismo delle ratifiche potrebbe lo stesso mettersi in marcia. Così era avvenuto in parte per la Convenzione di Ottawa, ancor oggi non ratificata da Stati Uniti, Russia, Cina e India. In effetti, la presenza a New York di quel milione di sguardi potrebbe essere estremamente utile per smuovere le acque stagnanti: «I controlli sulle armi attualmente in vigore si rivelano impotenti nel proteggere i civili innocenti», ha in proposito appena ribadito in un comunicato la piattaforma "Control arms". L'80 per cento delle armi leggere - quelle trasportabili da una singola persona o da un piccolo gruppo senza l'ausilio di motori - è messo in commercio in un quadro legale: con un controllo diretto dei governi, anche se sotto una cortina quasi sempre più che opaca. Ma molto presto, una buona parte di questo stock "ufficiale" finisce per nutrire il commercio illegale, anche grazie alla proliferazione di falsi certificati di destinatario finale: un governo prestanome, cioè, acquista ufficialmente armi per poi smerciarle a Paesi o milizie in guerra più o meno vicini e alleati. Eppure, secondo gli esperti, si potrebbero imporre già a monte - cioè alle aziende produttrici perlopiù statunitensi, europee e russe - soluzioni tecniche per la "tracciabilità" delle armi. Sarà proprio uno dei tanti delicatissimi nodi discussi a New York.
Note:
Articolo originale (con altri approfondimenti) al link
http://www.db.avvenire.it/avvenire/edizione_2006_01_13/articolo_610986.html
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http://www.db.avvenire.it/avvenire/edizione_2006_01_13/articolo_610986.html