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Finmeccanica: Guarguaglini piace anche a sinistra

Fonte: Websim.it - 25 novembre 2005


Il Centrosinistra vuole che Finmeccanica sia più presente sullo scenario europeo della difesa, senza rinunciare alle posizioni di eccellenza conquistate nel mercato americano degli armamenti. La pensano in questo modo alcuni esponenti di rilievo della coalizione che potrebbe guidare l’Italia dopo le prossime elezioni.

Marco Minniti, capogruppo dei Ds alla Commissione Difesa della Camera, ritiene che il ritorno di Finmeccanica a un ruolo più attivo sullo scacchiere europeo la rafforzerà nel suo rapporto con gli Stati Uniti ed esclude che questo tipo di scelta strategica possa tradursi in una perdita di competitività: “Una Finmeccanica più forte in Europa sarà più rispettata in America”.

Lorenzo Forcieri, anche lui Ds, vice presidente della Commissione Difesa del Senato e capo della delegazione italiano alla Nato, parla della necessità di rifocalizzare sull’Europa la politica italiana della Difesa ed esclude che questo cambio di strategia, rispetto all’attuale governo Berlusconi, debba portare a uno stravolgimento della politica industriale di Finmeccanica: “Non credo proprio che dovremo uscire dal mercato americano”.

Per i due esponenti diessini la sterzata a livello politico non si traduce nella necessità di cambiamenti ai vertici della società: il cda di Finmeccanica è stato rinnovato a luglio e resterà in carica tre anni. Poco probabili, stando ai commenti raccolti, i cambiamenti in corsa. “Il management non è un problema”, dichiara Minniti.

Il presidente Pier Francesco Guarguaglini, 68 anni, è stato nominato dall’attuale governo e nella geografia del potere viene collocato in quota Alleanza Nazionale. Guarguaglini è un personaggio di reputazione internazionale che viene tenuto in grande considerazione anche a sinistra: molto probabile che resti in carica fino alla fine del mandato. A quel punto, avendo raggiunto i 72 anni di età, toccherà al Tesoro decidere se lasciar prevalere motivazioni di natura anagrafica nella scelta del prossimo presidente.

Sulla necessità di provvedere a una rimozione dell’attuale management usa toni diversi Elettra Deiana, la deputata di Rifondazione Comunista che siede in Commissione difesa alla Camera. Deiana non esclude che si possa decidere l’arrivo ai vertici del sistema italiani della Difesa di un gruppo dirigente più in sintonia con gli obiettivi strategici della Sinistra.

All’interno dell’Unione si concorda sulla necessità di rivedere le scelte di Silvio Berlusconi in termini di appoggio alla politica americana e si ritiene che si debba rientrare con determinazione nel gruppo di testa delle nazioni che oggi stanno provando a costruire un sistema europeo di Difesa. Per tornare a contare in Europa e proporsi come protagonisti nella costruzione delle nuove forze armate confederate, servono però nuove risorse finanziarie: negli ultimi quattro anni l’attuale maggioranza ha destinato sempre meno soldi alla difesa, la spesa per il settore è scesa con l’ultima Finanziaria allo 0,85% sul Pil. Minniti ritiene che il prossimo governo troverà spazi nel bilancio per invertire il trend e si aspetta che la percentuale possa risalire sopra il punto, mantenendosi in ascesa per il resto degli anni successivi. Ipotizzando che questa richiesta arrivi in porto, per Finmeccanica ci sarebbero benefici calcolabili nell’ordine dei 300-400 milioni di euro di ricavi in più l’anno.

Forcieri mostra che i pochi soldi spesi sono destinati per il 73% al pagamento degli stipendi, il 25% per mantenimento in efficienza e investimenti: “E’ una ripartizione irrazionale: in questo modo l’esercito diventa una specie di agenzia di collocamento proprio quando l’esigenza è quella di avere meno uomini più preparati”. Per Minniti si deve procedere con urgenza verso la costruzione di una forza bilanciata dove il singolo Paese rinunci al mantenimento di una costosa struttura militare tradizionale e deleghi a un nuovo sistema europeo di difesa competenze che prima teneva sotto il proprio controllo: “Una strada che permette notevoli risparmi ed è l’unico modo per far fronte ai limiti di bilancio dei singoli Stati”.

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