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A mano armata

Il Brasile si prepara al referendum per l'abolizione del commercio di armi da fuoco
Stella Spinelli
Fonte: Peacereporter - 04 ottobre 2005


«Il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni deve essere proibito in Brasile?». È questo il quesito a cui i brasiliani sono chiamati a rispondere il 23 ottobre prossimo.
Il voto sarà elettronico: la risposta 1 equivarrà al “No, non sono favorevole a proibire il commercio”, la risposta 2 sarà invece “Sì, voglio proibirlo”. Dall’entrata in vigore della nuova Costituzione del 1988, questo è il primo referendum indetto in Brasile.
Si tratta di una vera e propria conquista per tutti i movimenti di base, le ong, i milioni di cittadini che da anni lottano per l’approvazione dello Statuto per il disarmo e del Decreto legislativo che ha portato a indire l’atteso referendum.

Nel guinnes dei primati. Centoventi milioni di persone, esattamente 122.042.825, in 5.564 città e 368.040 sezioni elettorali, saranno dunque chiamate a giocare un ruolo fondamentale nella gestione di una delle più gravi piaghe del paese sudamericano: i morti ammazzati. Secondo i dati Onu sarebbero 38mila all’anno i morti per arma da fuoco, vale a dire uno ogni 12 minuti, e 14.400 sono ragazzi fra 15 ai 24 anni. Le armi da fuoco sono la prima delle cause di morte dei giovani brasiliani. Ogni giorno tre bambini sono feriti da pallottole. Di questi due per tiri accidentali.
Il Brasile vanta così il primo posto indiscusso nella classifica degli omicidi da arma da fuoco, superando perfino paesi in guerra come l’Iraq, che dall’inizio della guerra, maggio 2003, ha registrato fra le 26.302 e le 29.625 vittime civili.
Pur essendo in pace, è l’unico paese dove si muore più per armi (30,1% delle cause non naturali) che per incidenti stradali (25,9%). Nonostante i brasiliani siano il 2,8 per cento della popolazione mondiale, l’8 per cento degli omicidi registrati nel pianeta avvengono in Brasile.

Una voce da Rio. "Inutile dire quanto sia allarmante la situazione. Siamo in vera emergenza. Ed è altrettanto superfluo dirvi che sono per la proibizione e che se potessi andare a votare il mio sarebbe sicuramente un sì", commenta Mauro Furlan, cooperante che da tempo vive a Rio, lavorando nelle varie favelas. "Sono consapevole che questo referendum sia un passo importante per il Brasile, ma non dimentichiamo che si tratta solo del primo dei tanti che servirebbero per potersi anche solo avvicinare ad arginarla, la violenza. Comunque sia, proibire che in ogni maledetto negozio di ogni più sperduto angolo del Paese si possa comprare fucili, pistole o addirittura bazooka è sicuramente una mossa decisiva. Non voglio dire che tutti coloro che comprano un’arma siano dei delinquenti, ma anche solo il possederne una incrementa indirettamente il mercato del crimine. Dato che potrebbe venire rubata, perduta o rivenduta, averla ti inserisce automaticamente in un losco giro vizioso. Secondo i dati della polizia federale nel 2003 sono addirittura 40mila le armi racimolate da furti e ruberie”.

Meno armi meno morti. A conferma di quanto il numero di morti ammazzati sia direttamente proporzionale al numero di armi in circolazione, ci sono i dati relativi all’iniziativa lanciata lo scorso anno dal governo Lula per favorire, intanto, il disarmo volontario: 400mila armi consegnate hanno determinato il 7 per cento di feriti in meno a Sao Paulo e il 10,5 a Rio de Janeiro.
Le armi da fuoco non hanno risparmiato nemmeno le donne: il 57,7 per cento delle morti non naturali nella fascia di età fra i 10 e i 19 anni sono state provocate da armi. La percentuale scende al 54 per cento per la fascia tra i 20 e 29 anni e riguarda il 49,9 delle donne uccise tra i 40 e i 49 anni.

Anteprima sui risultati. Da un’inchiesta pubblicata dalla Folha di Sao Paulo - uno dei giornali a maggior tiratura e portavoce della elite brasiliana di destra - emerge che, secondo i dati raccolti in 134 municipi su un campione di 2.110 persone, l’80 percento è per il sì, il 17 per il no, il 3 non ha risposto e il 24 percento degli intervistati non sapeva del referendum. Contro la vendita di armi da fuoco sono per l’85 per cento donne e per il 75 uomini. Tra i ragazzini fino alla terza media il 16 per cento è a favore, tra i liceali i no raggiungono il 17 e la percentuale di coloro che ritengono che sia giusto trovare pistole e simili nel negozio sotto casa sale al 22 tra gli studenti universitari.

Domande senza risposta. “Mentre vi parlo sto ascoltando la radio – riprende Furlan – che a ogni ora informa sul referendum e ricorda che votare è un obbligo e un diritto civile. Ma ormai le parole della pubblicità, come quelle dell’informazione, suonano stonate alle mie orecchie. La falsità si è insinuata dappertutto. Gli slogan stridono. Ho più dubbi che certezze, più domande che risposte. Il referendum si farà, ma il clima di Rio de Janeiro rimarrà lo stesso? Sarà sempre cupo, intriso di violenza e ingiustizia, di illegalità? La gente, ogni santa mattina, lotta per sopravvivere, gioisce di quel poco che la vita ha da offrire, ringrazia Dio per un altro giorno di vita. La violenza a Rio sta persino aumentando. Alcune favelas finora non interessate dal narcotraffico, ne sono appena state invase. Il potere parallelo aumenta e il crak, droga terribile, è arrivato anche qui. Si percepisce che la corruzione, l’illegalità, permeano tutti i livelli. Pensate che alcuni giorni fa sono scomparsi due milioni di reali dalla sede della polizia federale e non possono neanche essere bloccati perchè la polizia non li ha fotocopiati registrandone i numeri delle banconote. E questo è la normalità. Il quotidiano. Banditi come se piovessero, ragazzini che si drogano, poliziotti corrotti. Dove sono i confini della legalità? Dov’è il senso civico?
Tante persone che ho ascoltato qui soffrono, si sentono impotenti. Il referendum arriverà, ma chi arginerà il rapporto trafficanti-polizia e il traffico illecito di armi di contrabbando che arrivano dai paesi stranieri, alimentando questo circuito di morte?”

Note:
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