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Spese militari: Bertinotti risponde, il resto tace

Fonte: Unimondo - 21 settembre 2005


Il leader di Rifondazione, Fausto Bertinotti, risponde alle domande poste da un nostro editoriale sulla questione delle spese militari italiane pubblicato alla vigilia della Perugia-Assisi. L'editoriale mostrava l'alta incidenza della spesa militare italiana (attorno al 2%) rispetto ad altre voci dello stato sociale (solo il 2,7% del Pil), mentre la media europea per spese sociali è assestata sul 6,9%: di fatto la spesa militare pro-capite dell'Italia è di gran lunga superiore a quella di altre nazioni del G8 (tra cui Giappone, Germania e Canada). L'editoriale puntava quindi il dito contro "l'eccessivo numero e costo incongruo del personale militare rispetto ad altri Paesi Nato" e sulla "partecipazione ad un numero elevato di missioni di peacekeeping che non appare giustificata dal ruolo dell'Italia nello scacchiere geo-politico internazionale". Partendo da questa analisi chiedeva infine ai politici se intendono "ridimensionare il progetto di professionalizzazione delle Forze Armate e il capitolo di spesa relativo all'acquisizione di nuovi sistemi d'arma tra cui l'Eurofighter e la portaerei Cavour". Ecco come risponde Fausto Bertinotti. Restiamo in attesa delle risposte degli altri leader politici.

La risposta di Fausto Bertinotti

"Vorrei rispondere, sia pur brevemente, alle domande che Giorgio Beretta rivolge ai “politici” in merito alle spese militari. Prima di tutto vorrei ringraziare la campagna ControlArms per la preziosa attività che svolge di ricognizione del mercato delle armi e delle spese militari. Lo stesso articolo di Beretta rappresenta uno studio impressionante su come la spesa militare, troppo spesso, continui ad essere circondata da reticenze e mancanza di trasparenza nonostante incida pesantemente sul bilancio dello Stato e dunque sul portafoglio di tutti i cittadini. La ricerca mette in evidenza come sotto il governo Berlusconi le spese militari hanno subito una impennata notevole rispetto ai governi di centrosinistra. Bisogna però evidenziare -per onestà intellettuale- come tale disdicevole performance sia dovuta anche a scelte profondamente sbagliate compiute negli ultimi 15 anni (Nuovo Modello di Difesa aggressivo ; rilancio della Nato; crescita di missioni militari all’estero; riabilitazione della guerra – anche sotto l’ipocrita dicitura di “umanitaria” - come strumento della politica estera del nostro Paese etc.).

Berlusconi e il centrodestra, mettendosi in sintonia coi neocons Usa, hanno accentuato queste spinte precedenti, arrivando ad abbracciare la dottrina della guerra preventiva di Bush. Da qui la necessità per l’Unione di essere veramente una alternativa alle politiche militariste. Occorre imprimere una vera svolta nella politica estera e della difesa dell’Italia cominciando con il ritiro delle truppe dall’Iraq e da tutte quelle missioni che si pongono in contrasto con l’art.11 della Costituzione.

Occorrerà anche con coraggio promuovere una revisione del concetto strategico proprio del Nuovo Modello di Difesa e della nuova Nato (recuperando la concezione stabilita dalla Costituzione di difesa del territorio nazionale delle nostre Forze Armate, abbandonando le tentazioni di gendarmeria mondiale; no all’esercito europeo; rinegoziazione delle basi e delle servitù militari; rifiuto delle armi di distruzione di massa bandendole dal territorio nazionale).

Infine non ho alcuna difficoltà nello scrivere che le due proposte avanzate da Beretta - ridimensionamento del progetto di professionalizzazione delle FF.AA e dei capitoli di spesa per l’acquisizione dei nuovi sistemi d’arma- ci trovano pienamente in sintonia.

Potrei far parlare agevolmente i tanti emendamenti presentati, sia alla Camera che al Senato, dai nostri gruppi parlamentari durante la discussione delle varie Finanziarie, emendamenti tutti improntati alla riduzione delle spese militari. L’argomento però è di tale rilevanza che non basta solamente rivendicare la coerenza del nostro passato ma è quanto mai necessario rinnovare un impegno per il futuro. Noi siamo impegnati affinché tutta l’Unione assuma questi contenuti nel suo programma comune. Non ci nascondiamo che non sarà semplice esistendo posizioni diverse o in contrasto con la piattaforma pacifista. Ma sono convinto che, se useremo la forza dei nostri argomenti insieme alla forza del movimento per la pace, potrà essere possibile quella svolta auspicata dal popolo colorato e stupendo che ha marciato domenica 11 Settembre da Perugia ad Assisi".

Note:
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