Roma, "Industry day" promosso dalla NATO
Sicurezza e difesa, l'Europa all'inseguimento degli Usa
Il ministro Martino: "L'Italia ambisce a un'industria dell'Ue capace di competere"
Francesco Grignetti
Fonte: La Stampa - 20 settembre 2005
L'incontro, in altri tempi, avrebbe fatto la gioia di dietrologi e manifestanti no-global. Grazie anche alla massima discrezione dei partecipanti, è passato pressoché inosservato, eppure ieri mattina in un salone dell'hotel Excelsior di Roma, in via Veneto, l'Alleanza atlantica ha riunito la crema dell'industria militare mondiale. Andava di scena "l'Industry Day 2005": alti gradi della Nato, rappresentanti delle multinazionali americane e europee, alcuni ambasciatori, a porte chiuse, si sono confrontati sui massimi sistemi della sicurezza, della difesa, della tecnologia. Con un convitato di pietra, sempre presente, poco citato: l'unione Europea, il nuovo arrivato sulla scena militare, che attraverso l'Agenzia europea di Difesa sta progettando di ridisegnare l'industria militare del Vecchio Continente. Ora scende in campo anche la Nato. E lo fa con quello speciale Comando che si chiama Act (Allied Command Trasformation) che ha lo scopo di garantire l'integrazione tecnologica degli europei con gli Usa.
Quello di Roma è il secondo "lndustry Day" promosso dalla Nato, Il prossimo, già programmato, si terrà a Norfolk, in Virginia. Si fa sul serio, insomma. La Nato vuole acquistare una fisionomia più protagonista in questo campo, sviluppando una sorta di forum permanente tra militari e industriali. Ed è il famoso complesso militar-industriale che si presenta al mondo. Basta scorrere l'elenco delle industrie partecipanti: Finmeccanica, Raytheon Thalea, DynCorp International, British Telecom, K.br, Sikorsky, Boeing, Lockheed Martin, Northrop Grumman: Eads, Bae Systems, Microsoft. Si potrebbe procedere a lungo. Il tema non dichiarato, appunto, è il complesso rapporto tra industriali e militari, ma soprattutto tra europei e americani. Il ministro della Difesa, Antonio Martino, fa un breve discorso e poi se ne va: «L'Italia - dice - ambisce a un'industria europea della Difesa capace di competere con quella statunitense. Un obiettivo che, se raggiunto, non avrà alcuna influenza sulla cooperazione con gli Stati Uniti». Ma Martino, si sa, è il più filo-americano tra i politici europei. Altri la vedono diversamente.
In prospettiva non c'è l'avvio di una concorrenza che potrebbe preludere a rotture? "Sono
due processi che procedono parallelamente e non devono divergere", dice con formula curiale l'ammiraglio Mark Stanhope, della Marina britannica di Sua Maestà, padrone di casa di questa giornata di studi. "Non c'è concorrenza", sintetizza l'ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo, vice segretario generale dell'Alleanza Atlantica. Sarà. Ma intanto i colossi della Difesa si fanno già una concorrenza spietata. Si prenda il jet europeo del futuro, l'Eurofighter, che viene comunemente contrapposto al suo rivale «Jsf» di produzione americana. Ma la rivalità nell'industria aerospaziale è sotto gli occhi di tutti. La gara tra Boeing e Airbus si gioca sia nel settore civile che in quello militare.
I rappresentanti di Finmeccainca, presenti in forze al convegno, ammettono: i problemi ci sono, eccome. Racconta Giancarlo Grosso, responsabile delle Tecnologie: «L'Agenzia europea e l'omologo comando Nato, il Niag, non dialogano. Procedono l'uno ignorando l'altro. E d'altra parte, fino a qualche anno fa in ambito europeo era eresia parlare di militare. L'Unione dedicava tutte le sue attenzioni solo alla cooperazione civile. Alla fine, tocca a noi dell'industria, che siamo qua e là, far circolare le informazioni». Finmeccanica, guidata da Francesco Guarguaglini, è però un esempio virtuoso di come si possono fare soldi di qua e di là dalle due sponde dell'Atlantico: si aggiudicano con l'inglese AguataWestland l'appalto per gli elicotteri della Marina Usa che trasporteranno il Presidente; intanto costruiscono le fregate Fremm italo-francesi oppure i missili aria-aria Meteor italo-svedesi-spagnoli. E ancora: sviluppano con Lochkeed Martin il programma C27J per un aereo da trasporto italo-statunitense. «Il problema vero - dice ancora Martino - è che in passato le industrie tendevano ad essere nazionali e in larga misura aiutate dallo Stato. Oggi quel modello non regge più. L'industria della Difesa deve essere internazionale e competitiva».