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Sipri: aumentano spese ed export militare nel mondo

Giorgio Beretta
Fonte: Unimondo.org - 13 luglio 2005


Un trilione, ovvero mille miliardi. Per l'esattezza 1.035 miliardi di dollari, pari a 841 miliardi di euro. Rappresenta il 2,6% del prodotto interno mondiale ed ammonta a 162 dollari per ogni abitante del pianeta. Non è la somma degli "aiuti allo sviluppo", bensì quella destinata alle spese militari nel mondo nel 2004. Una cifra in crescita del 6% rispetto all'anno precedente. Era dai tempi della Guerra fredda che non si spendeva tanto per eserciti e armi: la cosiddetta "lotta al terrorismo" e la guerra in Iraq hanno così contribuito ad assegnare al 2004 questo record storico. Sono le conclusioni del Rapporto annuale del Sipri, l'autorevole Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace, presentato nei giorni scorsi nella capitale svedese.

Al primo posto della classifica per spese militari troviamo, senza troppa sorpesa, gli Stati Uniti che con 455 miliardi di dollari da soli ricoprono 47% dell'ammontare mondiale. Al secondo posto, però, non c'è la Russia bensì la Gran Bretagna con una spesa militare che rappresenta quasi un decimo di quella americana: 47,4 miliardi di dollari. Poi la Francia (46,2 miliardi di dollari), il Giappone (42,4 miliardi), la Cina (35,4 miliardi), la Germania (33,9 miliardi). E l'Italia che, con 27,8 miliardi di dollari (erano stati 27,6 miliardi nel 2003), si piazza al settimo posto di questa classifica precedendo addirittura la Russia (19,4 miliardi di dollari) ed altre nazioni con maggiori risorse come l'Arabia Saudita (19,3 miliardi di dollari) e il Canada (10,6 miliardi di dollari).
Una spesa, quella militare, che cresce dal 2002 e che, come ha sottolineato Caroline Holmqvist presentando il Rapporto del Sipri, "entro il 2010 potrebbe addirittura raddoppiare". Eppure lo studio dell'Istituto di ricerca svedese sottolinea chiaramente che i conflitti che causano il maggior numero di morti nel mondo sono quelli in atto, tra l'indifferenza generale, da molti anni nel Sud del mondo, "Questi conflitti, proprio perché in corso da tempo o per la loro natura ricorrente, sono ben lontani da suscitare l'interesse internazionale o anche solo la visibilità necessaria di cui godono altri scenari. La grande enfasi internazionale nella prevenzione dei conflitti violenti è sicuramente positiva, ma purtroppo non sembra interessare le guerre di lungo corso" - si legge nella sintesi del rapporto pubblicata dal Sipri.

A farne le spese sono dunque i Paesi poveri, mentre a guadagnarci sono le aziende produttrici di armi: le 100 principali aziende mondiali del settore hanno infatti registrato nel 2003 un incremento medio del 25% dei loro utili rispetto all'anno precedente. Un giro d'affari imponente che equivale al prodotto interno lordo dei 61 paesi più poveri del mondo - nota il Sipri. Al primo posto delle aziende produtrici di armi c'è l'americana Lockheed Martin che nel 2003 ha realizzato utili per oltre 1000 milioni di dollari. Quindi la tedesca Northrop Grumman con utili pari a 808 milioni di dollari, la britannica BAE Systems e ancora le americane Boeing (di cui quasi la metà della produzione è dedicata al settore militare), Raytheon e General Dynamics. Seguono tre aziende europee: la francese Thales, la EADS e l'italiana Finmeccanica che, con quasi il 60% della produzione dedicato al settore militare e utili per 225 milioni di dollari, nel 2003 mantiene per il secondo anno consecutivo il decimo posto tra le maggiori aziende produttrici di armi nel mondo.

Se le aziende producono armi sono gli Stati ad esportarle. E qui i rapporti si invertono perchè, con 26,9 miliardi di dollari di armi vendute nel quadrienno 2000-2004 è la Russia il principale esportatore di armi nel mondo. Nel solo 2004 ne ha vendute per quasi 6,2 miliardi di doillari, precedendo gli Stati Uniti che nel quadriennio suddetto hanno effettuato esportazioni militari del valore complessivo di 25,9 miliardi di dollari e nel 2004 vendite per oltre 5,4 miliardi di dollari. Chi avanza velocemente in questa classifica sono alcuni stati dell'Unione Europea il cui volume d'affari nel settore si attesta ormai al terzo posto mondiale. Tra questi sopratutto la Francia il cui export di materiale bellico è passato dai 717 milioni di dollari del 2000 ad oltre 2,1 miliardi del 2004. Quindi la Germania che, dopo il calo di esportazioni militari del 2001-2, ha ripreso le vendite di armi superando nel 2003 i 1,5 miliardi di dollari. Diminuiscono invece le esportazioni militari britanniche, erano 1,1 milardo nel 2000 e sono 985 milion nel 2004, mentre si mantengono costanti attorno ai 260 milioni di dollari quelle della Svezia.

In crescita anche le vendite di armi italiane che passano dai 143 milioni del 2000 ai 261 milioni di dollari del 2004, dopo aver toccato picchi di oltre 357 milioni nel 2002 e 303 milioni nel 2003. L'Italia è il nono esportatore di armi al mondo e la domanda è in forte in crescita tanto che le autorizzazioni all'esportazione rilasciate dal Governo nel 2004 superano i 1500 milioni di euro. Armi italiane destinate anche a nazioni sotto embargo come la Cina, in zone di tensione come India, Pakistan e Medio oriente oltre che a Paesi altamente indebitati come Cile, Perù, Brasile o dove si verificano reiterate violazioni dei diritti civili come Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Siria e Arabia Saudita. Insomma la ripresa c'è ed è soprattutto militare. Per buona pace dei poveri del mondo.

Note:
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