Il big della difesa gioca all'attacco
"La fase uno è finita. Ora comincia la fase due". Con queste parole Pierfrancesco Guarguaglini ha sintetizzato al Salone aerospaziale di Le Bourget, a Parigi, il processo di trasformazione vissuto in questi anni da Finmeccanica. Che non è finito. Il 12 luglio l'assemblea dei soci nominerà il nuovo consiglio di amministrazione, decaduto due settimane fa per le dimissioni di Francesco Mazzuca. Lo stesso Guarguaglini, secondo le assicurazioni unanimi venute dal governo, riceverà il mandato per guidare il gruppo nei prossimi tre anni. Con quali obiettivi? Anzitutto la concentrazione del gruppo nel settore aerospazio, difesa e sicurezza, dove ha colto i successi più importanti degli ultimi tempi.
E complementare a questa strategia l'accelerazione del piano per lo scorporo delle attività civili, di cui si parla ormai da tempo, che potrebbero essere cedute a Fintecna entro l'anno. Le vere sfide per il futuro di Finmeccanica, infatti, riguardano quello che è ormai il suo core business, passato negli ultimi anni dal 50 a più dell'80% del fatturato complessivo.
SULLA SCIA DELL'US 101.
Il successo ottenuto da Agusta Westland con la vittoria nella gara per l'elicottero del presidente americano (23 apparecchi da consegnare a partire dal 2009 per un totale di 6,1 miliardi di dollari, con la statunitense Lockheed Martin come general contractor) potrà essere un buon viatico per altre gare a cui Finmeccanica si prepara a partecipare negli Usa. Anzitutto quella, per cui verrà proposto lo stesso Us 101, per le funzioni di combat search and rescue, il recupero di militari dispersi oltre le linee nemiche. Il governo Usa ne deve acquistare 140, per un importo complessivo che oscilla fra i
10 e i 12 miliardi di dollari.
Agusta Westland parteciperà sicuramente anche alla gara per la fornitura del Luh (Light utility helicopter), un elicottero molto più leggero di quello fornito al presidente americano (3 tonnellate contro 15). Le forze armate statunitensi ne devono acquistare almeno 200. La gara è in via di definizione, ma quasi certamente si terrà nel corso dell'anno prossimo.
IL C27J, CADILLAC DEI CIELI.
Con questo velivolo da trasporto militare, Alenia Aeronautica affronta la sfida più importante dei prossimi mesi: la gara per la fornitura di 33 velivoli all'esercito Usa. Unico concorrente, il C235 della spagnola Casa (parte del consorzio europeo Eads). In ballo, oltre ai 33 aerei della prima gara (il costo unitario di quello italiano è circa 30 milioni di dollari), ce ne sono altri 160 che costituiscono il fabbìsogno complessivo dell'esercito americano. Il C27J costa di più rispetto al velivolo spagnolo, ma è unanimemente riconosciuto come il migliore al mondo nel campo del trasporto militare. Uno dei più conosciuti analisti americani ha così descritto il rapporto fra i due modelli in lizza: «Da una parte c'è una Cadillac, dall'altra un minìvan». In autunno ci sarà la richiesta di offerte e a novembre 2006 l'assegnazione. Lo stesso velivolo verrà proposto alle forze armate canadesi, che apriranno a luglio una gara per 14 apparecchi.
Fra i fenomeni più interessanti degli ultimi tempi c'è la pioggia di ordini dalle aree più disparate (Finlandia, Corsica, India) di Atr, aereo turboelica per il trasporto civile su base regionale (costo fra i 12 e 117 milioni di dollari), che Alenia Aeronautica produce in collaborazione con Eads. Un velivolo a suo tempo considerato superato, che vive una nuova giovinezza a causa dell'esplosione delle compagnie low cost e della crescita del costo del carburante. Una grande attenzione circonda il progetto Neuron, a cui Alenia Aeronautica lavora (con una quota del 22%) insieme con le società di Francia, Svezia, Spagna, Grecia e Svizzera. Obiettivo: la creazione di un aereo senza pilota, di cui oggi dispongono al mondo solo gli Usa. Nel 2010 è atteso ii primo dimostratore, ovvero lo stadio immediatamente precedente al prototipo.
L'ELETTRONICA RIPARTE CON SELEX.
È l'iniziativa che meglio rappresenta la fase due annunciata da Guarguaglini. Si tratta di un nuovo polo dell'elettronica per la difesa chiamato Selex, nato alla fine di maggio da un accordo fra Finmeccanica e la britannica Bae System. Il gruppo italiano ha messo in un unico comparto aziende che già operavano in questo settore, come Ams e Selenia Communications, nonché una nuova società partecipata al 75% da Finmeccanica e al 25% da Bae Systems (chiamata Selex Sensors and Airbone Systems), che rappresenta il pilastro dell'operazione. All'interno di questo comparto lavorano già da oggi 14 mila dipendenti, per un fatturato di oltre 3 miliardi di curo, Gli sviluppi più interessanti dei prossimi anni potrebbero venire da qui.
LA CAMPAGNA FRANCIA
Pronto al decollo il polo con Thales
L'avventura di Finmeccanica in Francia sarebbe vicina a una svolta decisiva: stando a fonti informate, a creazione di un polo della difeso italo-francese, rivale del colosso Eads - a casa madre di Airbus che ha pero piedi d'argilla nel settore militare - potrebbe diventare realtà a fine anno. Il progetto, che prevede le nozze con Thales (i due hanno appena presentato un'offerta congiunta per il progetto Galileo), sarebbe pronto da maggio, in attesa del via libera a livello politico. Un ostacolo sarebbe però la richiesta del governo francese che la partecipazione nel gruppo elettronico di difesa (31,3%) sia pagata cash. Altre fonti sono invece più prudenti, anche peichè il futuro di Thales, leader della sistemistica, è nelle mani di un governo che non ha ancora deciso come riorganizzare il settore (lo Stato trancese è anche presente con 15% in Eads che ha attività nei sistemi elettronici di difesa). La ristrutturazione di Thales coinvolgerebbe anche i due azionisti industriali: Alcatel - alleato di Finmeccanica nello spazio che ne controlla ìl 9,5% - e Dassault con il 5%. Senza poter escludere che Eads sia fuori gioco. Un rompicapo che sta impegnando da mesi Parigi senza che finora si sia delineato un orientamento preciso. Anche se le chance di Finmeccanica di svolgere un ruolo importante sono andate aumentando negli ultimi mesi. Per il gruppo italiano l'ipotesi è di entrare in gioco solo se Parigi imbocca una soluzione «europea», che le consenta di essere - se non ai comandi - almeno alla pari con un socio francese alla guida del nuovo colosso. A fianco di Alcatel, per esempio ciascuno con il 30%, o di un altro partner industriale francese. Solo quando il problema di governance sarà risolto il progetto industriale potrà andare avanti.