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Uk: cancella il debito ma quadruplica export armi

GB
Fonte: Unimondo - 14 giugno 2005


Mentre si susseguono i commenti delle ong nazionali e internazionali sull'accordo per la cancellazione del debito di 18 paesi africani raggiunto al G8 finanziario di Londra sabato scorso, il quotidiano britannico "The Guardian" rivela che negli ultimi quattro anni la vendita di armi britanniche ai paesi africani si è quadruplicata raggiungendo livelli record: tra le esportazioni di armi approvate dal Dipartimento del Commercio e dell'Industria (DTI) ve ne sono diverse a paesi poverissimi e in cui non vengono rispettati i diritti umani come Angola (oltre 30 milioni di sterline) e Malawi (3,6 milioni di sterline), paesi in conflitto come Eritrea ed Etiopia, Algeria, Sudan, Zambia, Uganda, Namibia e Somalia oltre che al Sud Africa (114 milioni di sterline) e alla Nigeria (53 milioni di sterline). Secondo i Rapporti annuali del Dipartimento del Commercio e dell'Industria (DTI), dal 2000 sono state rilasciate licenze all'esportazione di armi a paesi africani per un ammontare di oltre 631milioni di sterline, "ma gli analisti credono che la vera entità delle autorizzazioni, considerando il valore delle "licenze aperte" si aggiri attorno al miliardo di sterline" - nota il quotidiano britannico.

Paul Eavis, direttore dell'associazione pacifista britannica Saferworld, tra i promotori della Campagna internazionale per il controllo sul commercio internazionale degli armamenti "Control Arms", promossa in Italia dalla Rete Disarmo ha commentato che: "Bisogna congratularsi con il governo britannico per aver guidato la campagna per la cancellazione del debito, ma se è serio il suo impegno per aiutare l'Africa nel suo cammino di sviluppo come continente, allora credo che dovrebbe rivedere le sue politiche di vendita di armi a questi a paesi".

Polemiche sull'annuncio "storico" della cancellazione del debito di 18 Paesi del Sud del mondo anche numerose Organizzazioni non governative: "Quaranta miliardi di dollari di debiti "sono un'inezia", la decisione rischia di essere un "bluff" - ha affermato Sergio Marelli, presidente dell'Associazione delle Ong italiane che ha sottolineato come il totale del debito è superiore ai mille miliardi e che "l'unica misura urgente è la cancellazione totale, assolutamente alla portata dei Governi del G8". Più sfumato il giudizio della Comunità di Sant'Egidio che nota come "in un momento di difficoltà per l'Europa e a livello internazionale, è significativo che al G8 si sia trovato un accordo sulla cancellazione del debito multilaterale di 18 Paesi poveri, soprattutto africani". "E' un primo passo importante, dovuto da tempo ed ora è "veramente necessario il raddoppio dell'aiuto pubblico allo sviluppo e la progressiva abolizione del debito bilaterale, che è ancora un'ipoteca sullo sviluppo di molti paesi poveri". "L'intesa sul debito è una notizia molto buona per le popolazioni dei 18 paesi che ne beneficeranno immediatamente" - ha commentato Romilly Greehill di ActionAid. "Ma non farà molto per aiutare i milioni di persone in almeno altri 40 paesi che hanno bisogno della cancellazione del 100% del debito".

Va ricordato che i 18 Paesi che beneficeranno della cancellazione hanno già portato a termine il processo per raggiungere la cancellazione del cosiddetto debito "bilaterale" nei confronti di singoli governi iniziato a partire già dal 1999, quando la questione del debito venne sollevata a Colonia. L'iniziativa adottata a Londra riguarda 18 nazioni (Benin, Bolivia, Burkina Faso, Etiopia, Ghana, Guyana, Honduras, Madagascar, Mali, Mauritania, Mozambico, Nicaragua, Niger, Ruanda, Senegal, Tanzania, Uganda e Zambia). A questa si aggiungono ulteriori misure a favore di altri 9 Paesi, che beneficeranno della cancellazione nei prossimi 12-18 mesi e il ministro britannico Gordon Brown ha aggiunto che oltre a questi 27 Paesi, ve ne saranno altri 11, i quali attualmente non hanno ancora raggiunto le condizioni necessarie per la cancellazione del debito: il totale delle misure decise ammonterebbe a circa 55 miliardi di dollari di cui i Paesi del G8 si faranno carico.

Note:
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