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II rapporto del Sipri: Iraq e Afghanistan hanno fatto aumentare per il sesto anno consecutivo le spese militari

Mille miliardi di dollari per le guerre. L'Italia è settima

Più di Mosca eTelAviv Roma brucia in armamenti più soldi di Russia e Israele
Michelangelo Cocco
Fonte: Il Manifesto - 08 giugno 2005


L'esercito israeliano è impegnato nell'occupazione dei Territori palestinesi dal 1967, i soldati russi combattono i guerriglieri ceceni da oltre dieci anni. L'Italia però per gli armamenti spende più di Tel Aviv e di Mosca e si piazza al settimo posto nella classifica che si può estrapolare dal rapporto annuale dell'istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace (Sipri) pubblicato ieri. Del resto il documento della prestigiosa istituzione svedese parla chiaro: a far schizzare l'anno scorso le spese militari nel mondo a 1.035 miliardi di dollari - cifra inferiore solo al record stabilito nel 1987-1988, negli ultimi anni della Guerra fredda - sono state le campagne in Iraq e Afghanistan, «missioni» alle quali il governo italiano partecipa con entusiasmo e contingenti militari nutriti e ben armati. 27,8 miliardi di dollari spesi dal nostro paese nel 2004, contro i 27, 6 dell'anno precedente. Ma sono i numeri complessivi del rapporto del Sipri - considerato uno dei più autorevoli nella materia - a dare i brividi. Le quantità di denaro bruciato in giro per il pianete per fare la guerra è cresciuta anco-
ra, per il sesto anno consecutivo. Rispetto al picco dell"87-'88 le spese militari del 2004 sono state inferiori soltanto del 6% e la spesa in armamenti «per abitante» del pianeta è pari a 162 dollari.
La parte del leone la fanno gli Stati uniti, con il il 47% dei costi complessivi, ovvero 455 miliardi di
dollari. Nordamenica, Gran bretagna, Francia, Giappone e Cina rappresentano assieme il 64% del totale mondiale. Secondo i dati del Sipri le spese americane hanno subìto un'impennata tra il 2002 e il 2004, a causa degli ingenti stanziamenti per la cosiddetta «guerra al terrorismo», in particolare le occupazioni dell'Afghanistan e dell'Iraq. A questo proposito basta ricordare che, grazie al clima di patriottismo post-li settembre che negli States ancora influenza molte scelte politiche ed economiche, Bush ha recentemente chiesto e ottenuto dal Congresso americano ulteriori fondi - per l'anno fiscale 2005 - pari a 82 miliardi di dollari. Biglietti verdi destinati agli eserciti che incidono pesantemente sui bilanci: le spese militari Usa, ad esempio, hanno rappresentato lo scorso anno il 3.9% del prodotto
interno lordo. Cifre che sembrano ormai insostenibili: non a caso il progetto di riorganizzazione e nidispiegamento dell'armata più potente del mondo recentemente presentato dal ministro della guer-
ra statunitense, Donald Rumsfeld, risponde, oltre che a un'ideologia che preferisce ad armate «pesanti
eserciti agili e flessibili, anche alla logica del risparmio.
Tornando alle cifre sciorinate ieri dal Sipri, un paragone rende più di qualsiasi parola: i profitti dei cento principali produttori di armi equivalgono al prodotto interno lordo (Pil, la ricchezza annuale, calcolata in beni e servizi prodotti da uno stato) dei 61 paesi più poveri del mondo. Quindi il dossier svedese, dopo aver messo in guardia sul fatto che, entro il 2010, la spesa globale in armamenti potrebbe raddoppiare, spiega che la durata e il ripetersi di molti conflitti (si pensi a Iraq, Afghanistan, ma anche Cecenia, Palestina, Nepal, Uganda e altri stati affetti da guerre «croniche») «può paradossalmente renderli meno visibili sulla scena internazionale».
Quanto agli altri grandi paesi, il rapporto cita una crescita delle spese cinesi del 7% (complessivamente 35 miliardi di dollari), rispetto all'li% medio annuale degli ultimi dieci anni, mentre la Russia ha speso 19 milioni di dollari con un aumento del 5%. E Mosca si conferma un concorrente agguerrito degli Usa, avendo superato Washington come fornitore di armi convenzionali che finiscono soprattutto nei nuovi mercati di Cina e India.

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