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Le risorse dell'esercito

«Con i tagli missioni a rischio»

Allarme di Fraticelli: ad agosto prendiamo il comando in Bosnia, Kosovo e Afghanistan
Marco Ludovico
Fonte: Il Sole 24 Ore - 06 maggio 2005


«C'è il rischio di non riuscire a mantenere gli impegni presi in sede politica»>. 11 premier Berlusconi conferma che la missione in Irak prosegue, ma il capo di stato maggiore dell'Esercito, Giulio Fraticelli, avverte: «Sento parlare di nuovi tagli alla Difesa, ma a questo punto non è più possibile». Un tema che in effetti comincia a circolare, in vista del documento di programmazione economica e finanziaria. Mentre i soldati italiani, ricorda Fraticelli, «stanno cominciando una nuova missione in Sudan».

Generale, deve ammettere che quella dei tagli finanziari alle Forze armate è una polemica già sentita.
Non faccio polemiche, semmai sono preoccupato. Il nostro impegno è stato spinto al massimo, non a caso abbiamo raggiunto posizioni di prestigio ampiamente riconosciute.

A cosa si riferisce, in particolare?
Dal prossimo agosto i comandi di tre delle quattro missioni internazionali più importanti saranno affidati agli italiani. Parlo di Afghanistan, Kosovo e Bosnia. Rimane fuori solo l'Irak, ma è ovvio.

Un risultato che però non avremmo raggiunto se non ci fossero state le risorse professionali, umani e tecnologiche adeguate.
E' proprio questo il punto: abbiamo fatto e faremo senipre la nostra parte. Ma siamo giunti al limite.

Può fare un esempio?
Abbiamo portato la nostra forza operativa all'80% del personale: è la percentuale massima possibile.

Vuole dire che non ci sono più troppi militari che ranno i passacarte?
Ci sono i soldati della cosiddetta "forza di sostegno', ma l'abbiamo ridotta proprio al necessario.

Come tutta la Pubblica amministrazione, tuttavia, anche l'Esercito avrà le sue sacche di inefficienza: caserme inutili, strutture obsolete, centri non più strategici.
Tutto quello che potevamo razionalizzare in via amministrativa, l'abbiamo fatto. Poi aspettiamo l'ok al decreto legislativo ad hoc. Ma il nostro patrimonio immobiliare ha altri due problemi importanti e urgenti.

E cioè?
Vista l'abolizione della leva, servono fondi per ristrutturare le caserme che ora devono accogliere i volontari: non possiamo ospitarli in camerate con i letti a castello da quaranta posti, altrimenti alla fine del primo anno se ne vanno dall'Esercito. Dalla dismissione dei nostri immobili, poi, dipende una quota ingente di risorse aggiuntive: una somma che oscilla tra 900 e 1.300 milioni di curo, di cui abbiamo visto ben poco.

Torniamo alle missioni internazionali: lei parla di risorse, ma i militari italiani sono ben pagati quando vanno all'estero.
E vero. Ma è anche vero che la paga base è a volte la metà, a parità di grado, rispetto a un collega francese o inglese.

Questo riguarda le retribuzioni in Italia. Però gli organici erano cresciuti a dismisura, fino a poco tempo fa.
Negli anni Novanta l'Esercito aveva 270mila unità. Ora siamo 115mila e arriveremo in breve a 112mila, secondo il nuovo modello di Difesa. Se poi qualcuno pensa che si debba ridurre ancora, osservo che è impossibile.

Perché?
Pensiamo a un soldato che va in lrak. Di solito ci sta 4-6 mesi. Al termine, torna e fa tre periodi, sempre di quattro mesi ciascuno: "ricondizionamento, poi addestramento generale, infine addestramento specifico. Solo alora può ritornare all'estero. Non credo che qualcuno abbia il coraggio di chiedere turni più stressanti.

A meno che non si decida di rientrare da Bagdad.
Questo dipende dalle scelte politiche e anche dai risultati di sicurezza raggiunti su quel territorio, oltre alle decisioni del governo locale legittimamente eletto. Ma al di là defl'lrak, i nostri impegni internazionali sono comunque in crescita. E i nostri novemila soldati all'estero sono il perno della nostra politica internazionale, non dimentichiamocelo.

Rapporti politici, diplomatici e militari che rischiano di entrare in crisi nel caso della vicenda Calipari. Lei ha notato un cambio di atteggiamento dei suoi colleghi Usa negli ultimi colloqui?
No. La vicenda non ha prodotto modifiche nel tipo di rapporto che abbiamo con gli americani.

La missione in Irak continua, dunque, e lei teme che il taglio delle risorse possa avere effetti negativi. C'è il rischio di non essere all'altezza sotto il profilo tecnologico?
Indubbiamente ci sono sistemi da ammodernare: basti pensare agli elicotteri. Quello che mi sorprende è che si tratta di impegni, contratti o possibili investimenti che riguardano quasi esclusivamente industrie italiane: Finmeccanica, Oto Melara, Fiat Iveco. Mi pare assurdo penalizzare le nostre imprese, che hanno avuto riconoscimenti prestigiosi nel mondo.

C'è forse il rischio che i pochi fondi disponibili siano destinati in prevalenza alle forze armate a più alta intensità tecnologica, cioè Marina e Aeronautica?
Non sto dicendo questo, ognuno ha le proprie esigenze. Sostengo piuttosto che l'Esercito
rappresenta la quota maggioritaria dell'impegno internazionale e ha necessità indiscutibili di sicurezza, di aggiornamento tecnologico e di dotazione di mezzi adeguati. Se non aumentiamo le risorse, l'attuale situazione non potrà più protrarsi.

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