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ECONOMIA - Aumentano le esportazioni di armi italiane

La ripresa c'è ed è esplosiva

Nel 2004 cresce il numero delle autorizzazioni e il valore. 
Dalla relazione del Governo risulta che vendiamo anche a Malaysia, Turchia, Algeria e Cina. Paesi in cui i diritti umani...
Alberto Chiara
Fonte: Famiglia Cristiana - 20 aprile 2005
L‘elmo di Scipio piace sempre di più all’estero: si piazza bene oltre confine, macina affari e non pare proprio assalito da possibili scrupoli morali. Nel corso del 2004 sono state rilasciate 948 autorizzazioni per esportare armi made in Italy; il valore complessivo di questi placet ufficiali ammonta a circa 1.490 milioni di euro: nel 2003, le autorizzazioni furono 828 e il loro controvalore in euro si fermò a quota 1.282 milioni. In dodici mesi, insomma, s’è registrato un incremento del 16,18 per cento. I dati, ufficiali, sono forniti dall’annuale relazione con cui il Governo informa il Parlamento circa le vendite, gli acquisti e i transiti di materiali di armamento. La relazione rivela che fra gli esportatori primeggia l’Agusta, seguita da Mbda Italia, Alenia Marconi Systems, Oto Melara, Avio, Fincantieri e Selenia Communications. Per quanto riguarda, invece, i Paesi dove si esporta, domina il Regno Unito (25 autorizzazioni definitive pari al 15,52 per cento del totale, del valore di 231,3 milioni di euro). Compaiono, poi, in ordine decrescente Norvegia, Polonia, Portogallo, Stati Uniti d’America, Grecia, Malaysia, Repubblica Ceca, Svezia e Turchia.
Elicotteri e missili "made in Italy"
«È triste constatare come la ripresa economica, che nessuno finora ha visto da noi, esista soltanto per l’industria bellica, la quale esporta sempre di più», riflette Giorgio Beretta, della Campagna ControllArmi. «Tra i maggiori affari approvati nel 2004 spiccano la vendita di elicotteri NH-90 dell’Agusta alla Norvegia e le esportazioni nel Regno Unito della Mbda Italia, un’azienda produttrice di missili». «La relazione», continua Giorgio Beretta, «precisa che, fra le autorizzazioni rilasciate, oltre a non esserci alcun Paese rientrante nelle categorie indicate dall’articolo 1 della legge 185 (cioè Paesi in guerra, sotto embargo internazionale, responsabili di gravi violazioni dei diritti umani o fortemente indebitati), il Governo ha mantenuto una posizione di cautela verso i Paesi in stato di tensione. Quanto dichiarato, tuttavia, contrasta con l’elenco delle nazioni verso le quali si orienta parte delle armi italiane esportate». Giorgio Beretta sfoglia una tabella allegata: «Vede? Tra i destinatari sono segnati Malaysia, Turchia, Algeria, Pakistan, Siria e Cina, tutti Stati accusati di non rispettare i diritti umani. Circa Pechino, poi, resiste l’embargo promosso dall’Unione europea». «Parallelamente all’aumento dell’export bellico cresce anche l’insofferenza verso la legge in vigore, la 185 del 1990, giudicata dagli industriali del settore troppo restrittiva», osserva Massimo Paolicelli, anch’egli della Campagna ControllArmi (sito: www.disarmo.org). Che conclude: «Alcuni Istituti di credito hanno adottato maggior severità rispondendo così, a modo loro, alla Campagna contro le "banche armate", quelle banche usate per movimentare il denaro legato all’export bellico. Per la relazione governativa questo è un problema "di alta rilevanza". All’opinione pubblica ciò dimostra soltanto che mobilitarsi serve».
Note:
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