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C'è un'industria che vola: le armi

Giorgio Beretta
Fonte: Unimondo - 18 aprile 2005

Aria di festa nell'industria militare italiana. Nel generale declino del "made in Italy" il comparto armiero - denominato "industria della difesa" - colleziona infatti nel 2004 nuove autorizzazioni all'esportazione per quasi 1,5 miliardi di euro con un incremento del 16 percento rispetto all'anno precedente. Una cifra record dell'ultimo quadriennio nel quale il settore ha accresciuto il proprio portafoglio d'ordini di ben oltre il 70 percento passando dagli 863 milioni di euro di commesse del 2001 agli oltre 1489 milioni di euro del 2004. Sono i dati ufficiali della recentissima "Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione dei materiali di armamento” resa nota nei giorni scorsi dalla Presidenza del Consiglio.

Una relazione corposa - ricca di dati, grafici e tabelle - attraverso la quale è possibile conoscere l'esportazione di armi italiane nel mondo. Sette autorizzazioni del valore complessivo di oltre 700 milioni di euro coprono quasi la metà del totale delle nuove ordinazioni. Due sono le principali: gli elicotteri NH-90 dell'Agusta destinati alla Norvegia, del valore complessivo di oltre 168 milioni, e le componenti per sistemi missilistici richieste dal Regno Unito per un valore di 170 milioni di euro di produzione della Mbda, un'azienda nata dalla compartecipazione tra la Aerospatiale Matra Missiles francese, la Matra BAe Dynamics inglese e l'italiana Alenia Marconi Systems.

Ma dove vanno le nostre armi? Quest'anno sono gli stati dell'area Nato i principali clienti che ricevono il 72 percento delle nuove commesse. Una significativa inversione di tendenza rispetto all'anno scorso quando le destinazioni dei paesi dell'Alleanza atlantica ricoprivano meno del 45 percento delle autorizzazioni. Ai primi posti figurano Regno Unito (15,5% del totale), Norvegia (13,3%), Polonia (8,9%), Portogallo (8,5%), Stati Uniti (6,5%) e Grecia (5,7%). Insomma, tutto a posto: possiamo dormire tranquilli senza temere che le armi italiane finiscano nelle mani sbagliate? Non proprio.

Se scorriamo la lista delle 690 nuove autorizzazioni troviamo, infatti, ben 65 paesi destinatari delle armi italiane. Tra questi ve ne sono alcuni segnalati dalle organizzazioni internazionali per le persistenti violazioni dei diritti umani. Come la Malaysia alla quale sono state rilasciate autorizzazioni, per elicotteri Agusta, del valore di oltre 74 milioni di euro (5% del totale) che vanno a sommarsi agli oltre 166 milioni di euro dell'anno precedente. "Un mercato di notevole interesse per la produzione italiana" - sottolinea la relazione governativa. Alquanto diverso il giudizio di Human Right Watch che, pur rilevando il recente cambio di governo nel Paese asiatico, documenta tuttora "detenzioni arbitrarie di oppositori politici, maltrattamenti e casi di tortura". Oppure come la Turchia, nazione sotto osservazione da parte dell'Unione europea per quanto riguarda il rispetto dei diritti civili, ma alla quale sono state rilasciate autorizzazioni per oltre 48 milioni di euro (il 3,2% del totale). E l'Algeria, un paese al quale è vietato l'acceso alle organizzazioni internazionali in difesa dei diritti umani e dove permangono sparizioni di oppositori politici, torture e pesanti limitazioni alla libertà di stampa, ma al quale sono autorizzate esportazioni di armi per oltre 20 milioni di euro.

Nella lista delle destinazioni, compaiono inoltre paesi fortemente indebitati che spendono per la difesa ingenti capitali: come l'India (42 milioni di euro le nuove autorizzazioni, il 2,8% del totale) e il Pakistan (13,5 milioni di euro di commesse) nonostante il paese sia l'ottavo debitore del Sud del mondo. O lo stesso Perù (oltre 23 milioni di euro, 1,4% del totale), nazione che la Banca Mondiale annovera tra gli "stati a rischio di elevato indebitamento". E ci sono addirittura nazioni verso le quali vige l'embargo di armi da parte dell'Unione europea: come la Cina che riceve nel 2004 autorizzazioni per un valore complessivo di "soli" 2 milioni di euro da sommarsi, però, ai quasi 127 milioni dell'anno precedente quando Pechino si distingueva come il terzo acquirente di armi italiane. Nell'elenco non mancano poi diversi paesi che non primeggiano nel rispetto dei diritti civili: Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Siria e Arabia Saudita, giusto per citarne alcuni.

Insomma, nonostante la relazione governativa rassicuri che fra le autorizzazioni rilasciate non ci sarebbe "alcun paese rientrante nelle categorie indicate nell'articolo 1 della legge" - che vieterebbe le suddette esportazioni - qualche preoccupazione permane. "Pecunia non olet" - dicevano i romani. E pare sia tuttora in voga.

ARMI: UN COMMERCIO SENZA LEGGI

Secondo il Rapporto 2004 del SIPRI, il prestigioso istituto di ricerche di Stoccolma, nel quinquennio 1999-2003 l'Italia è il settimo esportatore mondiale di armamenti dopo Stati Uniti, Russia, Francia, Germania, Regno Unito e Ucraina e prima di Cina e Olanda. L'export italiano di armi ricopre ormai il 3 percento del totale mondiale con un rilevante trend in crescita. In aumento anche l'esportazione di armi da parte dell'Unione europea che nel 2003 ha superato per la prima volta gli Usa. L'Ue ricopre, infatti, il 25,2% dell'esportazione mondiale di armamenti, gli Usa il 23,5% mentre al primo posto si colloca la Russia col 37%. Con quasi 300 milioni di dollari l'Italia è, inoltre, il principale esportatore europeo di armi di piccolo calibro (pistole, carabine, fucili e fucili mitragliatori) ed il secondo esportatore mondiale dopo gli Stati Uniti.

A fronte dell'imponente mercato, non esiste a livello internazionale una legislazione sul commercio delle armi e solo nel 1998 l'Unione europea si è dotata di un Codice di condotta che però non è vincolante e presenta diverse lacune. Per giungere entro il 2006 ad un "Trattato internazionale sul commercio degli armamenti", Amnesty International, Oxfam e Iansa, col sostegno di 20 premi Nobel per la pace, hanno lanciato già da un anno la campagna "Control Arms". Con una formula innovativa: oltre la firma è possibile inviare la propria foto. Tutte le informazioni sono disponibili ai siti www.disarmo.org e www.amnesty.it [G.B.]

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