ControllArmi

ControllArmi

RSS logo
Critiche dall'opposizione. Ma l'affondo del leader tedesco provoca anche una frattura con i verdi

Armi alla Cina, Schroeder contro tutti

Il cancelliere sfida il Parlamento. «Via l'embargo. La politica estera spetta al governo»
Paolo Valentino
Fonte: Il Corriere della Sera - 02 aprile 2005

Sulla vendita d'armi alla Cina, in Germania è Gerhard Schroeder contro tutti. Favorevole alla fine immediata dell'embargo contro Pechino, il cancelliere federale sfida sul tema perfino l'autorità del Parlamento, attirandosi non solo le critiche dell'opposizione, ma ponendo a rischio anche i già vacillanti equilibri interni alla sua maggioranza rosso-verde.
Ha suscitato proteste, preoccupazioni e soprattutto tanti malumori, anche in casa socialdemocratica, l'intervista di Schroeder a Die Zeit, in cui il cancelliere ha rivendicato piena autonomia nella decisione sull'eventuale fine dell'embargo, qualunque sia l'opinione del Bundestag in merito. «Io rispetto e prendo sul serio ogni decisione del Parlamento, ma la Costituzione dice molto chiaramente che è il governo a formulare la politica estera», ha dichiarato Schroeder, spiegando che sono ormai passati 16 anni dalla repressione di Piazza Tienanmen, quella che motivò la reazione occidentale e le sanzioni, ed è quindi tempo per la comunità internazionale di muovere «verso una posizione più liberale».
Non è un mistero per nessuno, che Gerhard Schroeder non vada molto perilsottile, quando si tratta di cogliere nuove opportunità per promuovere il «made in Germany» nel mondo. Pur di favorire l'export tedesco, il cancelliere ha sempre evitato di porre linkage troppo vincolanti e gridati con il rispetto dei diritti umani, da parte di Paesi come la Russia, la Turchia o le monarchie del Golfo. Ma, ugualmente, le sue esternazioni sulla Cina destano molte perplessità.
In primo luogo, perché svelano il profondo disaccordo interno alla maggioranza, sottoponendola aultenori e inutili tensioni. «Noi siamo di un altro parere e credo che sia anche quello prevalente», ha detto il co-presidente dei Verdi, Reinhard Butikofer, per il quale la strada maestra sarebbe quella di «un approccio comune con gli Stati Uniti», contrari all'abolizione dell'embargo e comunque molto più prudenti nell'atteggiamento verso Pechino.
Suona conferma l'opinione del portavoce socialdemocratico di politica estera, Gernot Erler, secondo cui «non è possibile al momento togliere l'embargo».
Erler ha ricordato la risoluzione, approvata dai deputati della coalizione rosso-verde nello scorso autunno, dove venivano elencate le condizioni, che la Cina avrebbe dovuto soddisfare per la fine delle sanzioni sul commercio d'armi: «E' chiaro, che ciò non sia ancora avvenuto». Secondo un calcolo approssimativo, quasi il 90 per cento dei deputati federali è contrario all'abolizione del divieto.
La loquacità del cancelliere sul tema cozza inoltre con il silenzio del suo vice e ministro degli Esteri, Joschka Fischer, già in difficoltà per la vicenda dei visti facili dall'Ucraina, il quale non può o non vuole prendere esplicitamente posizione a favore o contro la tine dell'embargo, rischiando nel primo caso lo scontro coni] suo partito, nel secondo la lealtà nei confronti del capo del governo federale.
Comprensibile sul piano istituzionale, mirata cioè a ribadire le prerogative dell'esecutivo di fronte al Parlamento, l'uscita di Schróder appare tuttavia anche puramente declaratoria e forse perfino controproducente. Non è infatti un singolo Paese, ma l'Unione europea nel suo complesso dover prendere l'eventuale decisione di porre fine alle sanzioni contro Pechino. E anche se il cancelliere, sul tema, fa come sempre squadra con il presidente francese Jacques Chirac, appare improbabile che la posizione franco-tedesca possa, a breve termine, coagulare intorno a sé una maggioranza europea. Di più, il tema non è nell'agenda dell'attuale presidenza lussemburghese, né dovrebbe esserlo in quella della Gran Bretagna, che prenderà la guida dell'Ue in luglio ed è tradizionalmente sensibilissima alle posizioni americane.
Secondo alcuni osservatori, Schróder sa benissimo di non avere alcuna chance di far passare la propria posizione, ma intende profilarsi come amico dei cinesi, in vista di vantaggi futuri per l'economia tedesca.
La controindicazione, in questo caso, è che il prezzo rischia di essere piuttosto alto. Non ultimo nei rapporti di Berlino con gli Stati Uniti, appena rimessi al bello dopo il grande freddo seguito alla guerra in Iraq. Washington infatti non gradisce per nulla l'atteggiamento unilaterale della Germania, nella vicenda dell'embargo sulle armi alla Cina.

.