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Pretoria, bloccate armi cinesi dirette al governo di Mugabe

Un cargo che trasportava 77 tonnellate di armamenti destinati al governo dello Zimbabwe, è stato respinto dall'opposizione sudafricana e costretto a passare per l'Angola
Geraldina Colotti
Fonte: Il Manifesto - 20 febbraio 2008

Un cargo cinese, lo An Yue Jiang, che trasportava mortai, fucili Ak47, granate e munizioni per 77 tonnellate destinate al ministero della difesa dello Zimbabwe, che era stato autorizzato dalla dogana sudafricana a scaricare la merce sul porto di Durban il 16 aprile scorso, ha dovuto passare per l'Angola - il secondo partner commerciale africano della Cina dopo il Sudafrica - a seguito delle proteste provocate dall'opposizione sudafricana. La notizia, divulgata dal quotidiano sudafricano in lingua afrikaner Beeld, ha provocato imbarazzo in Cina e nel governo sudafricano, in un momento in cui l'opposizione in Zimbabwe, guidata da Morgan Tsvangirai, leader del Movimento per il cambiamento democratico, che dichiara di aver vinto le elezioni, chiede al presidente sudafricano Thabo Mbeki di abbandonare il ruolo di mediatore nella crisi elettorale che attraversa lo Zimbabwe: per Tsvangirai, che ha tentato inutilmente di bloccare la riconta delle schede, in corso ad Harare, il Sudafrica avrebbe avuto un ruolo troppo passivo all'inizio della crisi elettorale, chiedendo troppo tardi la pubblicazione dei risultati. Mugabe aiutato dalla Cina
Per gli oppositori al governo di Mugabe, che guida il paese da 28 anni, il carico sarebbe stato fatto arrivare dalla Cina - che intrattiene buoni rapporti con lo Zimbabwe dagli anni '80 -, in vista di eventuali scontri legati al risultato elettorale. E anche l'opposizione sudafricana ha fatto notare che la bolla di consegna del carico era stata emessa dal governo il 1 di aprile, ossia tre giorni dopo le elezioni nello Zimbabwe; e ha chiesto al governo di «assicurarsi che le armi non servano per destabilizzare la situazione, già precaria, dello Zimbabwe». Il portavoce dello Inkatha Freedom Party, Musa Zondi, ha deplorato che «lo Zimbabwe, paese colpito da un tasso di inflazione stratosferico e da una drammatica crisi economica, scelga di acquistare armi mentre il suo popolo vive in povertà». Per il governo di Pretoria, si tratta di una normale transazione commerciale «fra due stati sovrani» in cui il Sudafrica non ha potere di intervenire. Una transazione compiuta nel rispetto delle norme internazionali, perché «non esiste embargo contro lo Zimbabwe da parte dell'Unione africana, la Sadc (Comunità di Sviluppo dell'Africa del sud), l'Ue, gli Stati uniti o l'Onu».
Mentre i paesi occidentali, nel 2002, hanno deciso di emettere sanzioni nei confronti di Mugabe che includessero un embargo sulle armi, la Cina non ha mai fatto mancare il suo sostegno, usando il suo diritto di veto al Consiglio di sicurezza dell'Onu. La stessa Cina, d'altronde, gode del sostegno sempre più evidente dei paesi africani nelle sedi internazionali: i cinesi acquistano i prodotti agricoli e minerari africani a un buon prezzo, e vendono i prodotti di consumo molto meno caro dei paesi sviluppati. Il commercio sino-africano, nel 2007, ha superato i 55 miliardi di dollari, lasciando un saldo positivo di 2,1 miliardi agli africani. Mentre la Banca mondiale e l'Fmi impiegano due anni per concedere prestiti di qualche milione di dollari e sotto condizione, Pechino fornisce miliardi all'Angola, al Sudan, alla Repubblica democratica del Congo o all'Africa del Sud, senza interessi e spesso a fondo perduto. Ha deciso di contribuire presso la Banca mondiale al fondo triennale dell'Associazione internazionale di sviluppo, che dispenserà 41,6 miliardi di dollari in aiuti o in prestiti particolarmente destinati all'Africa.
E non è più questione di ideologia - le svolte economiche avvenute in Cina negli anni '80 e '90 hanno ormai profondamente modificato i suoi rapporti con i paesi in via di sviluppo e con l'Africa in particolare - ma di ottenere sbocchi di mercato alla produzione nazionale e assicurarsi fonti di approvvigionamento di materie prime e di energia, resi impellenti dallo sviluppo del suo settore industriale e dei suoi consumi. Oltre al legname del Camerun e del Gabon (e al petrolio dell'Angola), servono il platino e i diamanti del Sudafrica e dello Zimbabwe. Le armi, sostengono le «diplomazie».

Note: Articolo al link http://www.ilmanifesto.it/argomenti-settimana/articolo_1c8391a205b805b101a144a5bff51e48.html
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