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Grappoli Mortali

La proposta: una moratoria contro le cluster bomb, le micidiali armi che anche l'Italia produce
18 novembre 2004 - Gisella Lombardo
Fonte: Avvvenimenti - 12 novembre 2004

Rade Grbric è ortopedico "di guerra" da molti anni: «Ho sempre lavorato in regioni critiche, ma né io, né i miei colleghi. abbiamo mai visto ferite così terribili come quelle causate dalle munizioni cluster. Gli arti sono talmente straziati che l'unica soluzione è amputarli».
Piccole, leggere e colorate, attraggono bambini e adulti, il più delle volte si mimetizzano ai sacchetti che contengono le razioni alimentari delle Nazioni unite. Le chiamano cluster bomb: bombe a grappolo. Sono armi assolutamte legali e regolarmente usate dagli eserciti: la loro capacità di impatto è altissima.
Secondo l'associazione Human Right Watch, nell'ultima guerra di "liberazione dell'Iraq", l'esercito americano e quello inglese hanno usato un numero incalcolabile di munuzioni cluster. Le storie che arrivano da questi paesi sono migliaia, come quella di Rowand, una bambina irachena di nove mesi dilaniata da una submunizione cluster. «Rowand l'ha urtata mentre gattonava nel posto per lei più sicuro al mondo: il soggiorno di casa. L'ordigno era stato portato nell'abitazione da alcuni cuginetti, ed era rimasto sotto il tavolo per ore, forse per giorni, prima di esplodere». A raccontare la storia
della bimba irachena è Simona Beltrami, cordinatrice della Campagna italiana contro le mine: «Purtroppo le submunizioni delle bombe cluster sono armi indiscriminate - spiega - possono esplodere sia perché urtate da un carro armato, sia dal leggero tocco di tin bambino».
Dopo la messa al bando delle mine anti-uomo, considerate ormai armi obsolete, le bombe a grappolo hanno preso il sopravvento. La Campagna internazionale contro le mine ha chiesto che venga avviata una moratoria contro l'uso indiscriminato di questo tipo di armi. «Le dimensioni del problema sono ancora limitate - continua Simona Beltrami - questo dipende dal fatto che questo tipo di bombe sono state usate solo in una manciata di paesi. Una diffusione più ampia, o peggio ancora la cessione di stock antiquati e inaffidabili ad eserciti coinvolti in conflitti interni, causerebbe una tragedia umanitaria superiore a quella provocata già dalle mine».
In un dossier presentato dalla Campagna italiana contro le mine si scopre che l'Italia ha in dotazione nei propri arsenali le bombe cluster. Ma c'è di più: oltre a possedere queste armi micidiali, l'Italia è fra i trentatrè paesi produttori (undici dei quali si trovano nell'Unione europea). La notizia, però, non è nuova. Già nel marzo 2003, Human Right aveva segnalato in un memorandum distribuito alla Convenzione sulle armi convenzionali di Ginevra la presenza dell'Italia tra i paesi produttori di cluster.
Secondo il dossier, le bombe presenti negli arsenali italiani sono ad alto rischio di impatto umanitario perché una submunizione su sei rimane inesplosa. Eppure l'Aviazione militare sostiene che esse non sono mai state impiegate. Finora, almeno.
Ma, come dicevamo, il nostro paese non è solo uno dei tanti paesi che stoccano queste armi, ma è anche uno (li quei pochi che le producono.Le ditte italiane produttrici sono la Simniel Difesa e la Snia Bdp. E a questo punto che ventitrè senatori dell'opposizione e della maggioranza hanno "interrogato" il niiintro della Difesa Antonio Martino, per avere dal governo maggiori dati, sia sulla produzione. sia sullo stoccaggio. «Vogliamo sapere - dice Nuccio lovene, senatore Ds e primo firmatario dell'interrogazione parlamentare quanti, quali e da dove provengono le munizioni cluster immagazzinate nei nostri arsenali, per poterne determinare l'ammontare, perché se usate rischierebbero di causare danni irriniediabili alle popolazioni civili. Inoltre, vogliamo che il ministro ci dica qual è il ruolo che questo tipo di irìuiuzioni riveste nelle strategie militari delle forze armate italiane, e quali modelli sono prodotti. Ma la cosa più importante è sapere se l'Italia ha esportato o esporta le cluster».
Sulla scia di lovene, anche il deputato Marco Zacchera di Alleanza nazionale ha presentato alla Camera un'interrogazione analoga. «So che, almeno dal 1999, l'Italia non ha più esportato questo tipo di armi - dice Zacchera -,ma mi pongo anch'io le stesse domande del senatore Iovene. Aspetto la risposta del ministro, al quale chiedo anche un giudizio sull'utilità di questo tipo di munizioni, e sono pronto a sostenere la richiesta di moratoria promossa dalla Campagna italiana contro le mine».
Vista l'esperienza avuta nel '99, quando alcuni aerei Nato, di ritorno dal Kosovo, durante una manovra di emergenza sganciarono nell'Adriatico 235 bombe, comprese alcune cluster, e causarono il ferimento di quattro membri dell'equipaggio del peschereccio "Il profeta", l'Italia dovrebbe essere tra i paesi meno indicati alla produzione delle bombe. In quel trangente una bomba rimase impigliata nelle reti, tre giorni dopo, al largo di Venezia furono ripescate centinaia di submunizioni di bombe a grappolo. La gravità detta situazione spinse il governo a decretare il blocco della pesca e ad avviare operazioni di bonifica. Tutto questo costò al governo italiano sessanta miliardi di lire, destinanti agli indennizzi per i pescatori colpiti, più venticinque per risarcire i danni subiti da rivenditori e indotto. Le operazioni di bonifica sono andate avanti per tutto il '99 e parte del 2000. Ad oggi, pero, è ancora incerto se tutti gli ordigni siano stati effettivamente rimossi.
«Nel 2003 si è fonrmata la Coalizione contro le munizioni cluster - conclude Simona Beltrami - che mette insieme più di novanta associazioni in tutto il mondo e ha una piattaforma comune che prevede una moratoria mondiale su uso, produzione e commercio delle cluster; un incremento delle risorse destinate a chi si occupa dell'assistenza delle persone colpite; e, infine, l'accettazione da parte di quanti fanno uso di queste munizioni di una speciale responsabilità per la bonifica e per le attività necessarie ad informare la popolazione. Sappiamo che non sarà una battaglia facile, ma non abbiamo alcuna mntenzionedi rinunciare.
Nel frattempo, lo scorso 30 ottobre, il parlamento europeo ha votato una risoluzione, presentata da Luisa Morgantini, parlamentare di Rifondazione comunista, contro l'uso delle cluster bomb e delle mine anticarro.
«Questo provvedimento manda tin segnale politico importante a lutti i governi dell'Unione europea», ha detto la parlamentare Comunista. «E ora di mettere line allo stillicidio di vittime civili causate dall'uso indiscriminato di queste armi. Questa risoluzione è il primo passo verso la completa eliminazione di queste armi di ditrutione di massa ad effetto ritardato»

LA SCHEDA

Afghanistan, gli ordigni inesplosi Secondo il dossier di Human Right Watch, tra marzo e giugno del 1999. le forze armate degli Stati Uniti hanno sganciato 1765 bombe cluster, contenenti 295mila submunizioni, che hanno causato la morte del 30 per cento dei civili durante tutta la durata del conflitto, In Afghanistan il mancato funzionamento del 5 per cento delle cluster sganciate ha lasciato sul terreno più di 12.400 ordigni inesplosi.
Nella guerra in Iraq, sempre secondo Human Right, le forze di terra dell'esercito americano hanno usato le bombe a grappolo, con un tasso altissimo di errore. Durante le tre settimane di combattimento, tra marzo e aprile del 2003, l'esercito delle forze della coalizione ha sganciato circa I 3mila munizioni cluster per un totale di subniuriizioni che va da 1,8 a 2 milioni. Secondo fonti ospedaliere è dimostrato che l'uso indiscriminato di questo tipo di ordigni ha causato migliaia di morti e feriti tra la popolazione civile, soprattutto a Bagdad, Najaf e Bassora. Il tasso di mancata esplosione delle submunizioni è stimato tra il due e tre per cento, percentuale non elevatissima; ma a fare la differenza è il numero delle submunizioni. Esistono tre tipi di submunizioni: quelle che scoppiano all'impatto con I terreno, quelle che hanno un innesco a tempo e quelle con l'innesco anti-manipolazione; queste ultime sono considerate anti-uomo, proprio come le mine. g.I.

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