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È iniziata ieri la consegna delle armi annunciata dal leader della milizia sciita. Ma i dubbi restano

Pochi kalashnikov, tanti vecchi fucili lo strano disarmo dell'esercito di Sadr

Americani delusi dal primo dei cinque giorni previsti per lo smantellamento
Renato Caprile
Fonte: La Repubblica - 12 ottobre 2004

Poca roba, per ora, per non sospettare che sia l'ennesimo bluff di Moqtada al Sadr. I suoi fedelissimi iniziano a consegnare le armi - qualche lanciagranate a spalla, qualche proiettile di mortaio, un po' di mine anticarro e fucili d'assalto - ma lo fanno al rallentatore. Un centinaio di pezzi in tutto, gocce nel mare della potenza di fuoco di cui senz'altro dispone la grande armata del sayed di Najaf. Comunque un gesto di buona volontà che cade giusto nel giorno dell'ennesimo orrore: la decapitazione di un imprenditore turco e del suo interprete curdo da parte dei terroristi dell'Esercito di Ansar al Sunna.
Maher Kemal, rapito quattro giorni fa sull'autostrada tra Mosule Bagdad, prima diessere ucciso ha dovuto confessare di avere un contratto con le forze Usa per progetti alla base aerea di al Bakr, a nord della capitale irachena. Di Lukman Hussein, il curdo, gli assassini non hanno reso note eventuali colpe». L'hanno ammazzato e basta. L'ennesima conferma che l'odio continua a regnare sovrano in Iraq nonostante qualche timido segnale di ragionevolezza. Ma c'è poi dafidarsi o piuttosto anche questo fa parte del gioco?
Sta di fatto che da Sadr City gli americani ieri si aspettavano qualcosa di più. Ma il feudo dell'imam ribelle va preso con le molle era e rimane una delle più insidiose tappe sulla strada della normalizzazione. Tre milioni di abitanti, poverissimi per lo più, che non hanno nulla da perdere e che hanno già dimostrato di saper combattere e morire. Non ci può quindi essere pace in Iraq senza venire in qualche modo a patti con la gente e i leader di questa specie di Stato nello Stato. Anche se si chiamano Moqtada al Sadr e oggi dicono una cosa e domani l'esatto opposto.
In fondo, a voler essere ottimisti, si tratta soltanto del primo dei cinque giorni di tempo che i miliziani del Mahdi hanno a disposizione per imboccare la strada della resa. Altrimenti non arriveranno i 500 milioni di dollari promessi per ricostruire quanto è stato distrutto, e soprattutto potrebbero incappare in una punizione esemplare. Di tempo non ne rimane più tanto e se si vuole votare, Stati Uniti e
governo provvisorio iracheno hanno l'imperativo categorico di mettere prima in riga le città della guerriglia. Tocca sperare, dunque, che il disarmo in sedicesimo inscenato ieri nell'ex Saddam Citynon sia una manovra diversiva. Un semplice prendere tempo nella speranza che accada chissà cosa.
E dire che per ciascun pezzo reso si incassavano ben 50 dollari. Ma alle dieci di ieri ad al Nasser, in uno dei tre luoghi di raccolta, c'era soltanto un vecchio kalashnikov. E' andata meglio ad Habibiya, dove qualcuno ha contato una dozzina di armi automatiche, 12 obici di mortaio, 38 lanciagranate e un fucile d'assalto. Domani (oggi per chi legge), potrebbe andare meglio, ma non è detto se hanno ragione quei poliziotti di Sadr City intervistati ieri da una televisione araba. "E' una colossale presa in giro. Le armi se le terranno e come, perché continuano a non fidarsi né degli americani ne del governo provvisorio".
A Mosul, 400 chilometri a nord di Bagdad, non è che le cose vadano molto meglio. Lì nel mirino continuano a esserci i cristiani, quotidianamente vessati da bande di integralisti islamici, e i mezzi americani. Proprio ieri a Mosul un marine è rimasto ucciso e nove altri feriti da un'autobomba esplosa al passaggio di un convoglio militare. Nello stesso attentato hanno perso la vita anche due iracheni e altri 18 sono rimasti feriti.
Si combatte anche ad Hit, cittadina non lontana da Ramadi, ultimo fronte del triangolo sunnita, dove ieri una moschea è stata semidistrutta nel corso di pesarttibombardamentiamencani nella zona. Attaccati da un centinaio di insorti asserragliati in un minareto, i marines dopo uno scontro a fuoco durato circa un'ora, hanno chiestol'intervento dell'aviazione.
Saddam Hussein non aveva armi distruzione di massa, ma un gruppo della guerriglia stava seriamente provando a dotarsene. Lo si legge nel rappporto che ha sbugiardato Bush, di cui ha riferito ieri ilFinancial Times. Il gruppo in questione - Al Abud - non ci sarebbe per fortuna riuscito. Anche se non è escluso che gente come al Zarqawi ci stia pensando. Forse la liberazione più volte richieste delle due Signore del progetto di morte biologica del rals, serviva proprio a questo.

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