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Riforma delle Forze Armate: la discussione alla Camera

Fonte: Camera dei Deputati - 05 dicembre 2012

Caro Armato Parola per parola (dai resoconti stenografici della Camera dei Deputati) riportiamo di seguito quanto è stato dichiarato in Aula relativamente alla riforma dello strumento militare poi passata così come proposta dal Disegno di Legge Delega a firma del Ministro-Ammiraglio Giampaolo Di Paola (modificato al Senato - clicca qui per dettagli).

La nostra intenzione è rendere più facile conoscere le precise parole di ogni Deputato e di ogni Gruppo Parlamentare... al di là di qualsiasi slogan.

 

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Seduta di Martedì 11 Dicembre

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 3271 - Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia (Approvato dal Senato) (5569); e dell'abbinata proposta di legge: Reguzzoni ed altri (A.C. 4740) (ore 15,36).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno, già approvato dal Senato n. 5569: Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia; e dell'abbinata proposta di legge n. 4740 d'iniziativa dei deputati Reguzzoni ed altri.
Ricordo che, nella seduta del 5 dicembre 2012, si è conclusa la discussione sulle linee generali e il rappresentante del Governo è intervenuto in sede di replica, mentre i relatori vi hanno rinunciato.

(Esame degli articoli - A.C. 5569)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge. Avverto che la Presidenza, in conformità a precedenti pronunce relative ad emendamenti di identico contenuto (si vedano le sedute dell'Assemblea del 13 settembre 2011 e della Commissione bilancio del 9 settembre e del 10 dicembre 2011, nonché del 5 novembre 2012) non ritiene ammissibile l'emendamento Maurizio Turco 4.6, già dichiarato inammissibile in sede referente. Tale proposta emendativa, infatti, nel prevedere che al personale del servizio di assistenza spirituale non spetta il trattamento economico a carico dello Stato e che tale trattamento è assicurato dalla diocesi dell'ambito territoriale del comando militare, incide sullo status del predetto personale, materia oggetto d'intesa tra il Governo e la Conferenza episcopale italiana (si veda al riguardo l'articolo 11, comma 2, dell'Accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984 e reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121).

MAURIZIO TURCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, come ho già fatto presente al Presidente della Camera, il protocollo che rimandava ad un accordo con la Conferenza episcopale italiana non è stato mai siglato. Peraltro, l'otto per mille copre esattamente le stesse funzioni che dovrebbe coprire l'ordinariato militare. È veramente una duplicazione di spesa incomprensibile a fronte di un contributo dello Stato che ammonta a un miliardo di euro. L'otto per mille oggi ammonta ad un miliardo di euro di cui 330 milioni sono proprio destinati a coprire la vecchia congrua, cioè diciamo così lo stipendio che adesso viene inteso come secondo stipendio per chi invece è un ordinariato militare. Credo davvero, Presidente, che su questo non c'è la chiarezza che sarebbe necessaria. Comprendo e l'ho già fatto presente al Presidente della Camera.

PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che, in relazione al numero degli emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principio o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare. A tal fine, il gruppo Italia dei Valori è stato invitato a segnalare i nove emendamenti da porre comunque in votazione.
La Commissione I (Affari Costituzionali) ha espresso il prescritto parere, che è distribuito in fotocopia, (Vedi l'allegato A - A.C. 5569). Non risulta invece che la Commissione bilancio abbia espresso il prescritto parere. A tal proposito, ha chiesto di intervenire il presidente della Commissione Difesa, onorevole Cirielli, relatore. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione bilancio non ha ancora fornito i prescritti pareri, per Pag. 31cui dovremmo aspettare che concluda i suoi lavori. Credo che in un'oretta potrebbe fornirli.

PRESIDENTE. Quindi, se ho capito bene, chiede un'ora, presidente?

EDMONDO CIRIELLI, Relatore. Così riferisce la Commissione bilancio, dipende da loro.

PRESIDENTE. Presidente Giorgetti, un'ora è abbondante? Se è anche meno per noi va meglio.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione Bilancio. Mezz'ora!

PRESIDENTE. Penso, quindi, che alle ore 16,15 possa andare bene.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, non ho ragione per non credere alla tempistica che ci può essere data dal presidente della Commissione bilancio, però mi pare di capire che, non essendo ancora stata in grado la Ragioneria di fornire le carte necessarie affinché la Commissione esprima il parere dovuto, mi sembra difficile che, non essendo ancora arrivate le carte sullo strumento militare, alle 16,15 noi si possa ragionevolmente riprendere. Pertanto siamo di fronte ad un'alternativa. Evidentemente l'alternativa è la seguente: io non ho nulla in contrario a rinviare per il tempo che è stato chiesto, mezz'ora, però, quando riprendiamo l'Aula, nel caso in cui la Ragioneria non fosse stata in grado di dare in tempo le carte e la Commissione bilancio a pronunciarsi, è del tutto evidente che a quel punto i lavori dell'Aula potrebbero riprendere ragionevolmente a cominciare dal punto seguente, cioè dall'articolo 81 della Costituzione. Infatti, è chiaro che ci sono dei tempi anche per gli emendamenti e per i subemendamenti che vanno adeguati ed anche per il primo punto all'ordine del giorno. Quindi, riassumendo, per quanto ci riguarda possiamo prendere la mezz'ora chiesta dal relatore e dal presidente della Commissione bilancio; se ci si ritrova ancora nella stessa condizione, possiamo proseguire con il punto seguente all'ordine del giorno relativo all'articolo 81 della Costituzione.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, valuteremo allo scadere della mezz'ora e l'Aula è sovrana evidentemente.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, essendo anch'io in Commissione bilancio e avendo potuto verificare che il Governo non aveva ricevuto alcuna istruzione in merito a quegli emendamenti, non penso sia un fatto che si risolva in uno o due minuti. Pertanto secondo me sarebbe ragionevole, dato che c'è l'Aula, invertire l'ordine del giorno e partire con il provvedimento sul pareggio di bilancio, in attesa che arrivi davvero un parere articolato sugli emendamenti, che sono parecchi, per i quali si richiedeva il parere del Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, siccome anche l'inversione dell'ordine del giorno richiederebbe comunque un tempo di interruzione per la valutazione degli altri emendamenti, io credo sia ragionevole prestare fiducia ai due presidenti, i quali ci dicono che in mezz'ora potranno esprimere il parere sul provvedimento riguardante l'ordinamento militare e quindi io sospenderei la seduta e alle 16,15 valutiamo lo stato della situazione. Dopodiché prendiamo le decisioni di conseguenza.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 32

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, chiedo di tenere conto del fatto che la decisione e il nostro parere favorevole sono condizionati dall'evidenza, chiara a tutti, che la decisione alle 16,15 non riguarda semplicemente la presa d'atto, cioè il passaggio all'ordine del giorno con inversione: bisogna prendere atto già ora che, se alle 16,15 non saremo in condizione di proseguire con l'articolo 1, si procede all'inversione, salvo che vi siano contrarietà da parte di altri gruppi nell'Aula.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, lei sa meglio di me che interruzioni condizionate sono abbastanza singolari. Sospendiamo per mezz'ora e alle 16,15 mi sembra chiaro l'orientamento di tutti i gruppi: se non saremo pronti su questo provvedimento, passeremo al successivo. Mi pare che questa sia stata l'espressione generale.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16,15.

La seduta, sospesa alle 15,45, è ripresa alle 16,20.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

PRESIDENTE. Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 5569).

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 5569)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 5569).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione invita al ritiro degli emendamenti Di Stanislao 1.1, 1.2 e 1.3, mentre esprime parere contrario sugli emendamenti Di Stanislao 1.4 e Maurizio Turco 1.5.
La Commissione invita al ritiro dei successivi emendamenti Di Stanislao 1.6, 1.7, 1.8 e 1.9 e Gidoni 1.10, nonché sugli identici emendamenti Gidoni 1.11 e Di Stanislao 1.20.
La Commissione esprime parere contrario sull'articolo aggiuntivo Maurizio Turco 1.02 e invita al ritiro degli articoli aggiuntivi Maurizio Turco 1.03 e 1.01 e Di Stanislao 1.04.

PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Di Stanislao 1.4 non è segnalato e che, quindi, non verrà posto in votazione.
Il Governo?

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Signor Presidente, il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.

MAURIZIO TURCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, se posso, chiedo di depositare una nota sull'emendamento dichiarato inammissibile e di lasciarla agli atti.

PRESIDENTE. Onorevole Maurizio Turco, lei vuole innovare rispetto alla prassi. Visto che le ho dato la parola, illustri la nota.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, poiché è una nota lunga e concerne l'ordinariato militare, noi ribadiamo che non esiste alcuna intesa...

PRESIDENTE. Onorevole Maurizio Turco, lei ha cinque minuti di tempo. Prego.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, non esiste alcuna intesa tra lo Stato italiano e la CEI a tutela dell'ordinariato militare. La dichiarazione di inammissibilità del nostro emendamento, volto a porre a carico della Chiesa i costi per la paga dei Pag. 33cappellani militari e il mantenimento dell'ordinariato militare, non trova alcun conforto né giuridico né normativo.
L'ordinariato militare, fino al 9 ottobre 2010, era disciplinato da alcune norme. Il testo dell'articolo è, poi, stato modificato integralmente dal decreto legislativo del 24 febbraio 2012, che stabiliva che il servizio di assistenza spirituale alle Forze armate, istituito per assicurare l'esercizio delle pratiche di culto del personale militare di religione cattolica e disimpegnato da sacerdoti cattolici, è disciplinato dal titolo III del libro IV. In questo, il Concordato non c'entra nulla.
Quindi, noi riteniamo ancora una volta che, contrariamente alla legge e al diritto, la disciplina del trattamento economico dei cappellani militari non sia tra le questioni tutelate dal Concordato e che, quindi, non sia indirettamente elevata a norma di rango costituzionale.

PRESIDENTE. Circa i rilievi che ha sollevato testé l'onorevole Maurizio Turco in relazione alla dichiarazione di inammissibilità dell'emendamento 4.6, la Presidenza osserva quanto segue.
La proposta emendativa in questione, già dichiarata inammissibile nel corso dell'esame in sede referente, nel prevedere che al personale del servizio di assistenza spirituale non spetti alcun trattamento economico a carico dello Stato e che tale trattamento sia, invece, assicurato dalla diocesi dell'ambito territoriale del comando militare, incide in modo diretto sul complessivo status, e quindi anche sullo stato giuridico, di tale personale.
Nel merito, anche alla luce degli elementi che la Presidenza ha richiesto al presidente della Commissione difesa e che il medesimo ha fornito con lettera in data odierna, faccio presente che la disciplina dello stato giuridico degli ecclesiastici che prestano assistenza spirituale presso le Forze militari dello Stato è oggetto di specifica riserva di intesa tra il Governo e la Conferenza episcopale italiana, ai sensi dell'articolo 11, comma 2, dell'Accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984 e reso esecutivo con legge 25 marzo 1985, n. 121 e non può, quindi, essere modificata unilateralmente da parte dello Stato, ma soltanto mediante modalità pattizie.
Peraltro, l'articolo 17 del Codice dell'ordinamento militare, come da ultimo modificato dal decreto legislativo del 24 febbraio 2012, n. 20, specifica espressamente che la disciplina del servizio di assistenza spirituale alle Forze armate a cura di sacerdoti cattolici in qualità di cappellani militari opera fino all'entrata in vigore dell'intesa prevista dall'articolo 11, comma 2, del citato Accordo. Con tale precisazione il legislatore ha evidentemente voluto chiarire che la disciplina relativa allo status del personale che presta assistenza spirituale può essere modificata solo ove intercorra un'intesa con le autorità ecclesiastiche.
Al Senato, infatti, durante l'esame del presente disegno di legge delega, la Presidenza ha dichiarato inammissibile l'emendamento Perduca 4.13 di contenuto identico a quello in oggetto. Del resto, già in precedenti occasioni, sia in sede referente sia in Assemblea, sono stati dichiarati inammissibili emendamenti di identico contenuto, in quanto la materia trattata è oggetto di intesa tra lo Stato italiano e la Conferenza episcopale italiana.
A questo punto proseguiamo con i nostri lavori. Ricordo che gli emendamenti Di Stanislao 1.1, 1.2, 1.3 e 1.4 non sono stati segnalati.
Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 1.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 439
Votanti 435
Astenuti 4
Maggioranza 218
Hanno votato
25
Hanno votato
no 410).

Pag. 34

Prendo atto che i deputati Ferrari, De Girolamo e Cosenza hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Passiamo all'emendamento Di Stanislao 1.7.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, intervengo su questo emendamento e anche sugli altri, essendo stata fatta una adeguata depurazione, non da parte mia ma da parte degli uffici, perché credo che si stia sottovalutando la portata di questo provvedimento e credo che, anche rispetto ad una serie di emendamenti, che avevano la dignità di andare a correggere il tiro, di dare una traiettoria giusta e necessaria, oltre che profondità e prospettiva a tutto il comparto della difesa, lo stesso si veda, invece, in questo caso, impoverito e in qualche modo, poi, respinto senza tener conto delle esigenze che il personale ha manifestato; quando parlo di personale parlo delle rappresentanze e di tutto il CO.Ce.R. Allora, in relazione all'articolo 1, comma 3, noi proponiamo la seguente modifica, che non è un dato meramente sintattico, è un dato di sostanza forte, e cioè proponiamo di sostituire le parole: «sentiti, per le materie di competenza, il Consiglio Centrale di rappresentanza militare e le organizzazioni sindacali» con le seguenti: «d'intesa, per le materie di competenza, con il Consiglio Centrale di rappresentanza militare e le organizzazioni sindacali». Piuttosto che: «sentiti» è meglio: «d'intesa»; ormai non si fanno più contratti e rapporti e vi è la necessità di prolungare alcuni elementi di sostanza che riguardano il comparto, perché poi i Ministri passano e il comparto, il personale, rimane, anche se la gran parte vorrà essere esodato dal Ministro attuale. Evidentemente, bisogna poi intendersi, quando noi diciamo: «d'intesa», ciò sta a significare che diamo forza contrattuale a tutto l'intero comparto a partire dai CO.Ce.R.; per cui proponiamo la seguente formula: «d'intesa, per le materie di competenza, con il Consiglio Centrale di rappresentanza militare e le organizzazioni sindacali».
L'emendamento, Ministro, colleghi, e anche forze politiche che sostengono questo disegno di legge - di delega, lo ricordo, e poi approfondirò il tema della delega -, è volto a garantire che, fin dall'avvio, la riforma non penalizzi troppo il personale in servizio, facendo in modo che le modalità di riduzione effettiva dell'organico siano concordate con le rappresentanze del personale. Il CO.Ce.R. ha chiesto a più riprese, tanto al Ministro quanto in audizione in IV Commissione, ma anche al Senato, che si concretizzasse questa modalità d'intesa, che è giusta, necessaria e sacrosanta, per tutelarne i diritti, visto che questa riforma la si fa sulla pelle e sulla dignità del personale. Credo che si stia perdendo una grande occasione, da parte della politica e del Parlamento italiano, di dare forza e sostanza al CO.Ce.R. e alla sua rappresentanza. Le riforme non si fanno senza il personale. Non si fanno riforme a danno delle persone. Non si fanno riforme a danno di questo universo mondo che ha con sé competenza, esperienza, professionalità, capacità, dignità, abnegazione e che ha servito sempre e comunque la patria! Non si dà nessun futuro a queste persone e all'intero comparto. Noi abbiamo cercato di riparare al danno che era stato fatto in questo modo, perché di danno si tratta.
Allora, riparare al danno significava in questo caso, all'articolo 1, comma 3, sostituire il termine: «sentiti», con le parole: «d'intesa». Io utilizzo il termine «concertato», se a qualcuno non dà fastidio. Il tema della concertazione è un tema che rafforza fortemente non solo la dignità, ma anche la professionalità e la competenza dell'intero comparto, e finalmente fa sentire la voce, dà un volto e una volontà a tutte queste persone che oggi sono senza voce e senza volto, ma che ci hanno detto nelle Commissioni di merito che vogliono contare Pag. 35in questa riforma, piuttosto che essere messi alla porta da qui a qualche mese.
Credo che rispetto a questo dato il Parlamento poteva avere un sussulto d'orgoglio, in nome e per conto di queste persone. Parliamo di 183 mila persone che devono essere poi «rimodulate» o in parte esodate. Per cui, sono 40 mila le persone, oltre al personale civile, che devono essere messe fuori e a cui voi non state dando, se esprimete un voto diverso, nessuna dignità e nessuna possibilità di farsi valere, dopo che loro, in tutti questi anni, hanno servito la Patria in maniera silenziosa e hanno taciuto obbedendo. Credo che in questo caso non ci sia alcuna possibilità. Ricordo ai colleghi che questo voto, rispetto a questo emendamento, può essere recuperato come elemento di dignità...

PRESIDENTE. Onorevole Di Stanislao, è terminato il tempo a sua disposizione.

AUGUSTO DI STANISLAO. Concludo, signor Presidente. Allora, propongo di sostituire il termine «sentiti» con «d'intesa». Non vorrei ci fossero fraintendimenti di termini.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ascierto. Ne ha facoltà.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, in quest'Aula ho sempre sostenuto un ruolo negoziale delle rappresentanze, soprattutto quando i contratti pubblici alla Funzione pubblica imponevano comunque un dialogo tra le istituzioni e le rappresentanze. Ma questo emendamento non è accettabile, perché una questione è il contratto pubblico e altra questione sono le competenze che appartengono alle istituzioni. Il ruolo del CO.Ce.R., per norma, è quello di essere ascoltato. Non è che si deve trovare un'intesa. L'intesa viene poi nelle necessità istituzionali, ma non mi sembra che non si sia prestato ascolto alle voci della rappresentanza. Lo stesso Ministro, qui presente, ha radunato gli organismi di rappresentanza, ascoltando le loro motivazioni, ma se c'è oggi un'esigenza impellente, che è quella della revisione dello strumento militare, non è che se poi non c'è un'intesa non si possa raggiungere l'obiettivo, il progetto che è necessario oggi per poter far funzionare bene le Forze armate. Quindi, ritengo che tra «sentiti» e «d'intesa», la realtà è «sentiti» per gli aspetti normativi della rappresentanza militare.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore. Signor Presidente, colleghi, solo per lasciare anche una traccia, io voglio dire che la norma, così com'è scritta, è scritta sostanzialmente bene. È giusto che nel corso di un procedimento del genere i CO.Ce.R. siano sentiti. D'altro canto, anche i sindacati del personale dei dipendenti della difesa sono sentiti, come è logico che sia, ma voglio anche sottolineare e segnalare all'Aula che il signor Ministro si è impegnato, in maniera formale, peraltro anche con l'approvazione di un ordine del giorno, a dare ampio ascolto a quello che verrà dai CO.Ce.R. Quindi credo che, da questo punto di vista, le preoccupazioni dell'onorevole Di Stanislao trovino assolutamente condivisione da parte del signor Ministro, per cui sarebbe più opportuno che ritirasse l'emendamento.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 1.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

L'onorevole Calderisi ha votato?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 470
Votanti 467
Astenuti 3
Maggioranza 234
Hanno votato
29
Hanno votato
no 438).

Prendo atto che i deputati Cirielli, Zaccaria e Cosenza hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario. Pag. 36
Prima di procedere, saluto i docenti e gli allievi della scuola Mozzillo di Manfredonia in provincia di Foggia, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Passiamo all'emendamento Di Stanislao 1.8.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Di Stanislao 1.8 formulato dal relatore.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, non voglio insistere, voglio solo affermare le ragioni dell'intero comparto e quindi mi sembra - come dire - un'attività politica e istituzionale altamente significativa perché, visto che non si dà voce né volto alle rappresentanze, evidentemente qualcuno deve fare da megafono e mi auguro che io, in qualche modo, più o meno indegnamente, possa rappresentare in quest'Aula le disattenzioni di questo Governo e di questo Ministro rispetto alle esigenze e alle voci dell'intero comparto.
Ritorno al tema. Si torna sempre al tema del «sentiti». Noi non dobbiamo sentire, perché non siamo un reparto di otorinolaringoiatria. Che cosa bisogna «sentire»? Qui bisogna fare qualcosa di importante e dire che le cose si fanno «d'intesa» con il comparto perché, se la riforma la si fa sulla testa, sulla pelle, sulla prospettiva e sulla professionalità del personale militare, bisogna non «sentirli», ma bisogna farli «di intesa», perché solo loro possono indirizzare di più e meglio quello che è il tema di questa riforma.
E allora, se invece la riforma è tagliare il personale, è altra storia, ed evidentemente non bisogna né sentire, né ascoltare, né procedere «di intesa». Però torno al tema e dico: l'emendamento propone la sostituzione, al comma 3, delle seguenti parole: «sentiti, per le materie di competenza, il Consiglio Centrale di rappresentanza militare e le organizzazioni sindacali» con le seguenti: «acquisiti, per le materie di competenza, i pareri del Consiglio Centrale di rappresentanza militare e le organizzazioni sindacali, con conseguente motivazione scritta qualora le proposte si intendessero respinte».
Dove vuole arrivare l'emendamento? L'emendamento, che si ricollega direttamente alle cose che ci hanno detto i CO.Ce.R. - quindi non me le sto inventando, ma le abbiamo sentite in Commissione tutti quanti, mentre purtroppo non le ha sentite l'Italia, perché abbiamo fatto audizioni informali e quindi l'Italia non ha potuto sentire nemmeno il comparto che ne è rimasto fuori - è volto a garantire, fin dall'avvio, che la riforma non penalizzi troppo il personale in servizio, facendo in modo che le modalità di riduzione effettiva dell'organico avvenga con la massima chiarezza per le conseguenze future.
Torno a un tema che è molto caro al Ministro Di Paola: ma quando, all'articolo 1, in cui si parla di oggetto e modalità di esercizio della delega, si dice «al fine di realizzare un sistema nazionale di difesa efficace e sostenibile, informato alla stabilità programmatica (...)», quando si parla di puntare fortemente sulle caratteristiche del personale, e poi si va a parlare - di che cosa? - della revisione dello strumento in senso riduttivo, quindi il personale che tu vuoi esaltare lo riduci, come lo fai ad esaltare? Come lo fai a formare? Come lo puoi mettere in campo nella dimensione europea e dargli qualità, se lo cacci via?
Non funziona in questo modo, tant'è che poi arriviamo al paradosso in cui al comma 1 dell'articolo 1, alla lettera b), si dice: «delle dotazioni organiche complessive del personale militare dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare nell'ottica della valorizzazione delle relative professionalità»; e ancora, alla lettera c): «delle dotazioni organiche complessive del personale civile Pag. 37del Ministero della difesa, nell'ottica della valorizzazione delle relative professionalità».
Ma se il personale viene esodato, come dite voi, dove lo valorizzate? È questo il paradosso tutto italiano: come si fa a valorizzare il personale se poi lo mandi via? Che cosa puoi valorizzare se lo tagli in maniera indistinta, facendo dei tagli lineari sulla pelle di queste persone? Ma voi pensate veramente - lo dico al Parlamento e lo dico anche ai singoli deputati e alle forze politiche che sostengono il Governo - che, da qui a qualche mese, il comparto difesa voterà voi per questi provvedimenti?
Non abbiamo fatto alcun tipo di approfondimento che fosse degno di questo nome. Abbiamo fatto una serie di interventi tesi a ratificare le scelte volute, imposte dal Governo e anche dal Ministro, e non siamo riusciti a fare un approfondimento vero della dimensione di tutti questi articoli. Credo che noi faremo un danno enorme, non solo alle singole persone ma all'intero comparto, approvando il provvedimento e non dando una risposta a questo emendamento.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 1.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 483
Votanti 480
Astenuti 3
Maggioranza241
Hanno votato
27
Hanno votato
no 453).

Prendo atto che il deputato Distaso ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo all'emendamento Di Stanislao 1.9.
Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 1.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.

AUGUSTO DI STANISLAO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Di Stanislao, ho già dichiarato aperta la votazione quindi parlerà la volta dopo (Commenti del deputato Di Stanislao).
Onorevole Di Stanislao, se lei vuol prendere la parola lo deve segnalare alla Presidenza, non abbiamo capacità di previsione (Commenti del deputato Di Stanislao).
Onorevole Di Stanislao, la votazione è aperta.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 482
Votanti 478
Astenuti 4
Maggioranza 240
Hanno votato
67
Hanno votato
no 411).

Prendo atto che il deputato Distaso ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo all'emendamento Gidoni 1.10.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gidoni 1.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Pag. 38
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 486
Votanti 483
Astenuti 3
Maggioranza 242
Hanno votato
67
Hanno votato
no 416).

Prendo atto che il deputato Palomba ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'emendamento Gidoni 1.11.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Ricordo che l'emendamento Di Stanislao 1.20 non è stato segnalato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gidoni 1.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 487
Votanti 481
Astenuti 6
Maggioranza 241
Hanno votato
63
Hanno votato
no 418).

Prendo atto che il deputato Palomba ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'articolo 1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire perché è l'unico modo per far sentire la voce dell'intero personale e sto cercando di fare una battaglia di rappresentanza, di essere un megafono dentro e fuori il Parlamento, perché credo che sia giusto e sacrosanto affermare questi diritti e questa prerogativa.
Credo che rispetto a questo dato, l'articolo 1, così com'è configurato, fa credere e pensare che ci siano degli elementi di innovazione fortissimi che siano collegati direttamente alle esigenze di funzionalità, di efficacia e di efficienza, evidentemente, invece, risponde a finalità che - lo voglio dire ai colleghi - albergano al di fuori di questo Parlamento.
Non me ne voglia il Ministro, ma credo che l'impoverimento delle sue finalità - quando vengono espresse all'inizio dell'articolo 1 - stanno nel non avere recepito le volontà dei Co.Ce.R., di non avere recepito quegli emendamenti che avrebbero fatto fare un salto di qualità all'intero provvedimento, perché, Ministro, questo non può essere un provvedimento fatto a colpi di maggioranza. Questo provvedimento avrebbe dovuto essere dell'intero Parlamento e di tutte le forze politiche, per due ordini di motivi: perché chi vi parla è convinto che il welfare e la difesa (e la sicurezza) sono due elementi portanti di una nazione moderna, matura, emancipata e consapevole. In questo modo, facciamo un cattivo servizio a questo ramo del Parlamento, facciamo un cattivo servizio alla nazione, facciamo un cattivo servizio al comparto e non lo leghiamo, non lo allineiamo ai bisogni europei di sicurezza e difesa così come stanno maturando. Questo è un dato che è nato e muore purtroppo dentro il recinto del Governo e dentro le idee del Ministro della difesa.
Non me ne voglia, Ministro, ma lei ha rifiutato costantemente ogni volontà non di dialogo (perché l'ascolto non è dialogo). Ha rifiutato costantemente la volontà di mettere dentro ad una idea di difesa e di sicurezza, che è tutta italiana e molto, molto poco europea, quegli elementi che l'avrebbero connotata in maniera forte e distintiva, innovativa e vocazionale. Si Pag. 39sono persi tutti quegli elementi che hanno fatto del nostro comparto quell'elemento di diversità a livello internazionale anche, e forse soprattutto, attraverso le missioni internazionali.
Si è persa una grandissima occasione e il Parlamento, che poteva recuperare questo infortunio attraverso il voto in Aula rimodulando alcune esigenze attraverso gli emendamenti, non ha voluto fare questo e si è sordi a quello che succede all'esterno, si è sordi a quello che succede dentro al comparto difesa. Penso che non si stia facendo un buon servizio per quello che si vuole fare in questo dato. Ricordo che sono stati fatti alcuni miglioramenti e alcune revisioni dello strumento militare negli anni scorsi, quando era Ministro Spadolini, quando era Ministro Rognoni e quando anche ella era capo di gabinetto e ha lavorato affinché si andasse a definire di più e meglio il comparto attraverso la riduzione, in quel momento, a 190 mila unità.
Oggi abbiamo perso questa possibilità e soprattutto in questo modo si perde la dignità dell'intero comparto, perché in questo modo si fa un servizio alle esigenze che sono al di fuori di questo Parlamento, al di fuori del comparto e forse stanno dentro ad una dimensione che non ci fa onore assolutamente. Mi auguro che ci siano alcune possibilità che possano in qualche modo anche bloccare questo dato, perché è sui decreti delegati che vi sarà la grande partita.
Forse oggi stiamo facendo, o ci volevano far fare, pedagogia militare. Noi oggi stiamo facendo qualcosa di più e di diverso. Chi vi parla interpreta il bisogno di intere collettività e non solo del mondo del pacifismo, che sono tantissime associazioni, ma interpreta anche il bisogno dei singoli parlamentari che magari non si possono esprimere per spirito di partito. Ma c'è un dato: io, in questo momento, parlando in questo Parlamento, forse - non lo so più - sono minoranza in questo Parlamento e sono minoranza rispetto alle rappresentanze politiche.
Tuttavia, ho la convinzione, caro Ministro, di essere maggioranza nel Paese e sono maggioranza nel comparto difesa perché questo provvedimento è inviso alla stragrande maggioranza del personale, che non vuole questo tipo di riforma e questo tipo di intervento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rugghia. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, nel dichiarare il nostro voto favorevole su questo articolo 1, intervengo per manifestare, come gruppo del Partito Democratico, tutta la nostra considerazione che è dovuta al ruolo delle rappresentanze militare e al ruolo dei Cocer, che abbiamo ascoltato in Commissione nel corso dell'esame di questo provvedimento e che come gruppo del Partito Democratico abbiamo ulteriormente ascoltato, perché riteniamo che le loro ragioni e il loro punto di vista siano fondamentali per l'attuazione di questa riforma e sia fondamentale per fare in modo che questa riforma venga attuata definitivamente con il consenso del personale militare.
È chiaro che è una riforma che pesa molto sul personale, che determina una riduzione di 33 mila unità, che dovrà essere attuata nel periodo transitorio fino al 2024, quindi è assolutamente necessario prendere in considerazione il punto di vista di chi rappresenta le ansie, le preoccupazioni, le aspettative dei militari che sono preoccupati per le loro prospettive di carriera e sono preoccupati per la possibilità di transito in altre pubbliche amministrazioni o che comunque vorrebbero che questo avvenisse senza strappi eccessivi. Quindi, per noi è fondamentale il rapporto con i Co.Ce.R. e abbiamo chiesto che l'attuazione della riforma, che verrà realizzata attraverso i decreti successivi, i decreti delegati, debba appunto tener conto della esigenza di realizzare il massimo di convergenza possibile, per questo con un ordine del giorno abbiamo previsto, facendo riferimento alla legge sulla specificità, di considerare i Co.Ce.R. nel loro ruolo negoziale previsto dalla legge sulla specificità attraverso uno strumento di concertazione. Pag. 40
Voglio concludere dicendo che alcune delle richieste, quelle principali che sono state espresse dalle rappresentanze militari, cioè la richiesta di considerare i 150 mila uomini al netto del personale impegnato nella formazione, la richiesta di ampliare il periodo transitorio, così come quella di garantire la stabilizzazione ai volontari in ferma quadriennale, noi le abbiamo recepite e abbiamo recepito anche un'ulteriore richiesta che ci sembra assolutamente condivisibile, quella di fare in modo che questa riforma possa armonizzarsi con altri due interventi legislativi che pesano sul comparto come su tutta la pubblica amministrazione: parlo degli effetti della spending review e parlo del regolamento di armonizzazione del regime pensionistico.
Quindi, vorrei rassicurare l'Aula e vorrei rassicurare soprattutto i Cocer che per quanto ci riguarda - credo di parlare per tutto il Parlamento - noi riteniamo fondamentale, importante l'apporto ed un confronto sempre più pregnante con chi rappresenta il personale militare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, noi stiamo dando una delega a un Governo per una revisione - non una riforma - che esplicherà i suoi effetti in quindici, venti anni, in cui mettiamo su un piatto della bilancia alcune decine di migliaia di persone per fare cosa? Per risparmiare e rientrare in minima parte nel debito pubblico? No, per acquistare sistemi d'arma. E cosa dobbiamo fare di questi sistemi d'arma? È appena tornato il sottosegretario Magri dalla Libia, dobbiamo aiutare la Libia alla formazione del personale per contrastare l'immigrazione clandestina? L'abbiamo già sentita! L'abbiamo già sentita! Dobbiamo aiutare la cooperazione industriale nel settore della difesa? Questa non l'avevamo ancora sentita! È una cosa incredibile... (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, io ritengo opportuno intervenire per dichiarare il voto favorevole del nostro gruppo sull'articolo 1.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 16,55)

FRANCESCO BOSI. Voglio ricordare anche che, nel corso della discussione sulle linee generali, abbiamo tutti osservato che l'importanza dell'approvazione di questo provvedimento di riordino dello strumento militare deriva dal fatto che noi abbiamo deciso, che questo Governo ha deciso di cambiare la natura e la dimensione dello strumento militare.
È ovvio che questo deve avvenire sulla base di una attenta valutazione delle procedure che vengono fissate con delega al Governo: non sarà una semplice delega al Ministro della difesa, come dice il collega Di Stanislao, ma una delega al complesso dei Ministri a vario titolo competenti e del Consiglio centrale di rappresentanza militare che riunisce, per l'appunto, i Cocer. Dopodiché la procedura prevede che questi decreti passino all'esame delle Commissioni parlamentari. Noi abbiamo, in sede di Commissione - ed il collega Di Stanislao lo sa bene - predisposto anche un ordine del giorno che fissa i limiti a queste deleghe e alcuni indirizzi a carattere procedurale, quindi non vedo la ragione di strumentalizzare gli organismi di rappresentanza militare al fine di fare una specie di preapertura di campagna elettorale da parte di chi, peraltro - lo vedremo negli emendamenti successivi - vuole depotenziare le nostre Forze armate. Allora, qui bisogna essere coerenti: o le vogliamo depotenziare, oppure vogliamo Forze armate numericamente anche più ridotte, ma potenziate, alle quali sia garantita efficienza, funzionalità e quindi anche maggiori dotazioni sotto ogni punto di vista. Sono due filosofie diverse, quella che illustra Pag. 41il collega Di Stanislao, e quella che illustrano le forze politiche che hanno portato avanti questo provvedimento.
Ecco perché, dichiaro il voto convinto, favorevole del gruppo dell'UdC (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volpi. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, faccio un brevissimo intervento: mi rivolgo al Ministro perché lei, formalmente, Ministro, ha un problema politico in questo momento, e non da parte nostra.
Leggo un'agenzia in questo momento che dice: «Un ministro della difesa dimissionario non scriva decreti attuativi» - ovviamente si tratta di una delega - «per la riforma del sistema militare. Il Governo di centrosinistra rivedrà la questione delle spese militari. Firmato Nichi Vendola». Penso che se questa è la forma di responsabilità con la quale il centrosinistra intende rapportarsi a queste tematiche, il problema, in questo momento, è di credibilità politica del Ministro, ma probabilmente lo sarà anche in futuro di quel Governo - se ci sarà - guidato - forse, anche in questo caso - da Bersani (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Pianetta, Marini, Mondello, Negro, Laboccetta, Tanoni, Sanga, Distaso...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 480
Votanti 421
Astenuti 59
Maggioranza 211
Hanno votato
395
Hanno votato
no 26).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Maurizio Turco 1.02.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, a riprova che è un provvedimento di revisione e non di riforma, abbiamo presentato questo articolo aggiuntivo che, di tutta evidenza, è estraneo, non alla materia, è estraneo alla forma di Governo, diciamo così, che si è voluta mettere in campo rispetto allo strumento militare.
Noi abbiamo cercato di fare uno sforzo di visione verso il futuro e non di ancorarci al presente, per cercare di capitalizzare al massimo quelle che sono le incongruenze - a dir poco, le incongruenze - dell'attuale sistema. Noi proponiamo di tornare, per esempio per quanto riguarda l'Arma dei carabinieri, nell'ambito del Ministero dell'interno. Chiunque ha seguito le vicende della controriforma che portò l'Arma dei carabinieri all'interno del Ministero della difesa oggi può compitare i danni che ha comportato.
Così, signor Presidente, proponiamo, con questo articolo aggiuntivo, la smilitarizzazione del Corpo della guardia di finanza, una cosa che esiste in tutta Europa. Anzi, la militarizzazione di un Corpo di finanza esiste solo in Italia. Perché? Perché non si vuole che la guardia di finanza possa esplicare fino in fondo le proprie professionalità tecniche e deve essere, invece, subordinata indirettamente al potere politico.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Maurizio Turco.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Maurizio Turco 1.02, non accettato Pag. 42dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Speciale, Gatti, Lussana, Marini, Sanga, Vico... ancora l'onorevole Sanga... onorevoli Froner, Cesa, Vignali, Biancofiore... onorevole Vignali...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 477
Votanti 468
Astenuti 9
Maggioranza 235
Hanno votato
33
Hanno votato
no 435).

Passiamo all'articolo aggiuntivo Maurizio Turco 1.03.
Prendo atto che i presentatori dell'articolo aggiuntivo Maurizio Turco 1.03 insistono per la votazione.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Maurizio Turco 1.03, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Veltroni, Mura, Tanoni, D'Antoni, Duilio, Sanga...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 478
Votanti 470
Astenuti 8
Maggioranza 236
Hanno votato
28
Hanno votato
no 442).

Passiamo all'articolo aggiuntivo Maurizio Turco 1.01.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Maurizio Turco 1.01 insistono per la votazione.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Maurizio Turco 1.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cesa, D'Antoni, Marini, Sanga, Tanoni, Moles...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 471
Votanti 465
Astenuti 6
Maggioranza 233
Hanno votato
25
Hanno votato
no 440).

Prendo atto che i deputati Marantelli e Picierno hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 5569)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 5569).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore. Signor Presidente, esprimo il parere solo sugli emendamenti segnalati?

PRESIDENTE. Sì, onorevole Cirielli, quindi il parere da esprimere è, di fatto, solo sull'emendamento Di Stanislao 2.2.

Pag. 43

EDMONDO CIRIELLI, Relatore. Signor Presidente, La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Di Stanislao 2.2.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Di Stanislao 2.2.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, continuo a farmi carico di una serie di «disattenzioni» messe in campo all'interno del provvedimento in oggetto, talmente macroscopiche che non possono passare sotto silenzio.
Quello che mi stupisce molto è l'atteggiamento di molti colleghi che avrebbero ben donde ad intervenire, perché riuscirebbero, con competenza e precisione, a modificare, a ragione, una serie di intendimenti che ritengo maldestri all'interno del provvedimento, ma che, invece, nulla dicono rispetto a questo dato. Quando si insiste nel volerli mettere in campo - dopo aver operato un taglio degli emendamenti, così come ho fatto io, lasciando quelli che non avrebbero dato alcun tipo di fastidio, ma che in qualche modo avrebbero al più esaltato questo provvedimento e ridato dignità, fiato e anche motivazione all'intero comparto - evidentemente stiamo parlando fra sordi perché si può anche non prendere in considerazione la proposta emendativa di una persona che non viene dal mondo militare, ma quando se ne fa carico, non avendo gli stessi militari dato ascolto a questi elementi, evidentemente diventa un fatto politico ed istituzionale. Allora credo che bisogna dare non solo ascolto, ma anche svolgere un minimo di approfondimento affinché i colleghi possano votare secondo scienza e coscienza.
Chiedere di aggiungere all'articolo 2, comma 1, lettera b), dopo le parole: «territoriali e periferiche», le parole: «al fine di una ridefinizione geografica delle infrastrutture militari volta al potenziamento delle aree geopoliticamente strategiche nel Mezzogiorno d'Italia» e, conseguentemente, sostituire le parole: «sei anni» con «tre anni» significa che vi è un'urgenza di intervento affinché non si disperda questo patrimonio, ma che, anzi, si dia una finalizzazione anche a queste presenze sul territorio e si riequilibrino.
Specifico meglio che il presente emendamento è volto a rimediare ad una vistosa e alquanto dannosa stortura presente nel disegno di legge in oggetto. La razionalizzazione delle strutture esistenti messa in essere risulta dettata da logiche incomprensibili. Il previsto taglio del 30 per cento è infatti distribuito territorialmente in maniera non equilibrata; le direzioni militari infatti sono dislocate esclusivamente al centro-nord. In tal senso credo che un eventuale ulteriore ridimensionamento delle strutture presenti nelle aree meridionali del Paese, già fortemente indebolite dal problema sicurezza, rischi di trasformarsi in un concreto abbandono del Mezzogiorno da parte dello Stato.
Se questa non vi sembra un'assunzione di responsabilità che passa attraverso un emendamento che può qualificare di più e meglio e finalizzare gli intendimenti, se questi sono veri, da parte del Ministro, evidentemente vi è qualcuno che non vuole farsi carico di questo dato. Signor Ministro, ritiene che questo emendamento sia di buon senso o strumentale? Chiedo anche al collega Ascierto e al Presidente di Commissione Cirielli se questo emendamento sia di buon senso o strumentale, ideologico, demagogico o di propaganda. Ditemi voi se questo emendamento ha una sostanza forte ed importante e se si richiama direttamente alle esigenze del comparto. Non rispondete a me, prendete parola e rispondete agli italiani, al comparto, perché le riforme si fanno a partire dal personale, non contro il personale, cercando di favorirlo, di valorizzarlo, di tutelarlo e di farlo diventare finalmente all'altezza, Pag. 44adeguato ed in linea con i parametri europei, di tutto il personale europeo di cui noi ci vantiamo, di cui voi vi vantate, e che invece non riuscite né ad equipaggiare, né a formare, né a dargli sicurezza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore Signor Presidente, onorevoli colleghi, senza offesa per il collega Di Stanislao, l'emendamento in esame è inutile, perché sostanzialmente questa è una legge delega, per cui entrare minuziosamente in un intervento, che poi il Parlamento delega al Governo, è appunto assolutamente inutile.
D'altro canto in una ristrutturazione, che è prevista dalla legge, del 30 per cento delle strutture militari, la cosa logica è tenere conto della dislocazione geografica ed è evidente che già negli anni si è tenuto conto di una diversa funzionalità delle Forze armate e, quindi, di una maggiore presenza al Sud di caserme. D'altro canto ciò dipende anche dallo stato d'uso delle caserme e, quindi, dagli interventi di ristrutturazione, atteso che l'intervento complessivo è anche finalizzato a spendere meglio e, quindi, a non spendere per strutture ormai vetuste.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pugliese. Ne ha facoltà.

MARCO PUGLIESE. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la firma all'emendamento del collega dell'Italia dei Valori.
Trovo altresì ingiusta la terminologia usata dal collega Cirielli, che lo ha definito un emendamento inutile. Credo che noi parlamentari se proponiamo degli emendamenti non è perché si tratta di essere inutili o utili: abbiamo cercato di sposare delle cause giustamente provenienti dal comparto militare e quant'altro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ascierto. Ne ha facoltà.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, il presidente Cirielli ha usato un termine ovvio per quello che oggi sono le dislocazioni delle Forze armate.
Abbiamo avuto caserme e comandi, che erano posti secondo le esigenze di difesa del nostro Paese e, come tali, erano dislocati prevalentemente lungo i confini al Nord. Sono cambiati i tempi e sono cambiate le minacce. È chiaro che è già in atto una ridislocazione del sistema militare sul nostro territorio.
Inoltre noi siamo passati dalla leva al volontariato e, quindi abbiamo ridotto fortemente l'esigenza strumentale dell'organigramma del sistema militare. Non possiamo pensare che, invece di una piramide, ci sia un parallelepipedo o un qualcosa di diverso. Bisogna ridurre e fare in modo che ci sia quella piramide nelle Forze armate e che sia omogenea per lo strumento di comando. Il territorio c'è, e bisogna ridistribuire per poter rendere efficace lo strumento militare.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 2.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Marini, Lussana, Garagnani, D'Antoni, Corsini, Vico, Verducci, Capodicasa...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 489
Votanti 482
Astenuti 7
Maggioranza 242
Hanno votato
36
Hanno votato
no 446).

Passiamo alla votazione dell'articolo 2. Pag. 45
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, chiedo scusa, ma devo evidentemente intervenire, perché le buone ragioni, qualora non vengano prese in esame, quantomeno devono essere ascoltate.
Capisco anche il presidente Cirielli nella sua esternazione e, per così dire, plasticamente lo comprendo, perché evidentemente lui, in questo caso, si è sentito toccato. Ma io parlavo di Cirielli come presidente di Commissione, non come rappresentante dell'Arma. Per cui ne comprendo le ragioni e mi rendo conto che lui ritenga l'emendamento nella maniera in cui lui lo ha descritto.
Io ritengo, invece, che quell'emendamento sia assolutamente ineludibile, piuttosto che inutile. È ineludibile perché serve a riequilibrare quegli elementi che sono poi, per così dire, il senso esatto della proposta intera del Ministro attraverso la riforma o la revisione.
Non vorrei scomodare il Devoto-Oli per dire qual è la differenza tra revisione e riforma, ma evidentemente entrambi i termini hanno a che fare con degli elementi che non sono finalizzati necessariamente a cambiare tout court, hanno a che fare con qualcosa di più e meglio e anche di più profondo che ha bisogno di più tempo e di essere sedimentato. Voglio dire che non si può fare un provvedimento solo per rappresentare e rivendicare un primato. Un provvedimento lo si fa sulla base di una necessità che in questo caso non viene messa in campo. Qui manca totalmente l'analisi che ci porta a definire un provvedimento di così grande portata. Manca quell'elemento di analisi, di autocritica, di critica, manca tutto il supporto di questo disegno di legge delega, ma a chi deleghiamo se non esiste più questo Governo, chi deleghiamo a rappresentare attraverso questo disegno di legge delega?
Il tema è un altro, che tutto è nato in pochissimo tempo necessariamente per rispondere a esigenze altre, e spiegherò nella mia dichiarazione di voto quali sono le esigenze altre. Non sono, caro Ministro, caro Governo, cari rappresentanti che lo sostenete, ragioni alte, sono altre le ragioni che ci portano in maniera così spedita ad approntare questo strumento, questa riforma. Sono altre le ragioni che la impoveriscono, la immiseriscono e non ci fanno diventare più europei in termini di difesa e di sicurezza. E sapete perché? Perché in questa proposta manca quello che è il convitato di pietra, la politica italiana di difesa e sicurezza che fa il paio con il modello di difesa e sicurezza europea.
Guardate che chi vi parla in questi mesi ha lavorato affinché maturassero nella Commissione - ahimè, anche nel Parlamento che è sordo - le condizioni affinché, attraverso una rappresentazione importante, anche storicizzata, anche sul presente, si potessero proiettare delle traiettorie importanti che tenessero dentro le esigenze del comparto, e quindi del personale, con tutte le altre esigenze, che sono prioritarie, a scapito del personale, che sono rappresentate in questo disegno di legge delega.
Noi abbiamo fatto molto, abbiamo fatto anche di più, abbiamo proposto anche degli interventi legati ad un approfondimento. Abbiamo detto, ma come è possibile mettere in campo questo strumento militare rivisitato e riformato se non c'è a monte quanto meno un libro bianco che ci dica, come hanno fatto altri Paesi europei, che è necessario questo tipo di intervento? Dico ciò perché il modello italiano di difesa e di sicurezza è fragile, perché è fragile il comparto, perché va riformulato, riqualificato, riformato, perché va agganciato ad esigenze europee anche internazionali.
Nulla di tutto questo c'è. C'è un'esigenza che è maturata su due gambe: il taglio e l'acquisto. La seconda parte la dirò successivamente.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Di Stanislao, questo rende ancora più interessanti le sue argomentazioni perché a puntate. Pag. 46Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, intervengo per dire che proprio questo articolo 2 non vorrei fosse sminuito nella sua importanza dal momento che proprio in tale articolo si delinea quella che dovrà essere la struttura delle nuove Forze armate, anche attraverso l'interoperabilità, ma anche la struttura logistica. Certo è che fare un ragionamento di tipo quasi campanilistico sulla struttura logistica mi sembra davvero fuori luogo anche perché le Forze armate devono potersi collocare laddove si ritenga più opportuno. Però volevo segnalare all'attenzione dei colleghi anche l'obiettivo della standardizzazione organizzativa nella prospettiva di una politica di difesa comune europea.
Allora noi diamo l'avvio con questa riforma dello strumento militare proprio a un processo che deve portarci a Forze armate di tipo europeo.
Scusate se questo è poco, io lo ritengo molto importante ed ecco perché annuncio il voto favorevole all'articolo 2.

PRESIDENTE. Saluto la delegazione ufficiale cinese guidata dal sindaco del distretto di Nimbo, signor Huà, che è stata ricevuta ufficialmente dal Vicepresidente Leone e che sta assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Brugger, Servodio, Capodicasa...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 481
Votanti 427
Astenuti 54
Maggioranza 214
Hanno votato
395
Hanno votato
no 32).

Prendo atto che la deputata Gelmini ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole e che la deputata De Torre ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 5569)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 5569).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Molgora 3.1, Maurizio Turco 3.3, Molgora 3.20 e Gidoni 3.21. La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Maurizio Turco 3.4, Di Stanislao 3.5, Chiappori 3.6 e Molgora 3.8. Infine, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Chiappori 3.23, dove c'è anche il parere contrario della Commissione bilancio.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Molgora 3.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gidoni. Ne ha facoltà.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, intervengo solo per dire due cose. È chiaro che la Lega Nord Padania aveva presentato una propria proposta di legge, la n. 4740, che è stata abbinata al disegno di legge governativo, e uno dei punti salienti della nostra proposta di legge era che fosse possibile Pag. 47comunque ridurre le piante organiche dell'Esercito a 100 mila unità.
Tra l'altro, un valore che, anche in fase di audizione, pare sia una cosa possibile, addirittura si parla di un possibile Esercito a 90 mila. Noi comprendiamo comunque le esigenze di una riduzione a 150 mila come un primo passo, ma vogliamo lasciare traccia in questo dibattito e negli atti di questo Parlamento che, forse, il numero 100 mila tornerà in futuro in queste Aule. Infatti, siamo convinti che, comunque, un domani, in futuro, quando ci sarà data la possibilità, attraverso ad esempio il «libro bianco», questi numeri saremo destinati a rivederli.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molgora 3.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Gatti, Marini, Servodio, De Torre, Gelmini, Orlando, Verducci, Pizzolante, Faenzi, Gianfranco Conte...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 486
Votanti 475
Astenuti 11
Maggioranza 238
Hanno votato
55
Hanno votato
no 420).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 3.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vella, Mazzuca, Malgieri, Paolo Russo, Marini, De Torre, Servodio, Agostini, Mondello, Cesario, Tommaso Foti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 483
Votanti 471
Astenuti 12
Maggioranza 236
Hanno votato
66
Hanno votato
no 405).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molgora 3.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vella, Goisis, Stradella, Mura, Della Vedova, Froner, Coscia?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 487
Votanti 476
Astenuti 11
Maggioranza 239
Hanno votato
51
Hanno votato
no 425).

Prendo atto che i deputati Coscia e Zaccaria hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gidoni 3.21, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Laboccetta, Fabi, Della Vedova, Cosentino, Porcino, Servodio, Cesario, Mondello, Minardo, Porta, Realacci...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 488
Votanti 477
Astenuti 11
Maggioranza 239
Hanno votato
52
Hanno votato
no 425).

Passiamo all'emendamento Maurizio Turco 3.4. Pag. 48
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro dell'emendamento Maurizio Turco 3.4 formulato dal relatore.
Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 3.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Lehner, Stasi, Lussana, Volpi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 487
Votanti 476
Astenuti 11
Maggioranza 239
Hanno votato
12
Hanno votato
no 464).

Passiamo all'emendamento Di Stanislao 3.5.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Di Stanislao 3.5 formulato dal relatore.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, intervengo perché credo sia importante far capire che non è come pensa il collega Bosi, che abbiamo a che fare con due filosofie: una la mia e poi il resto di tutto il mondo, di tutto questo Parlamento.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17,30)

AUGUSTO DI STANISLAO. Probabilmente abbiamo a che fare con un'idea di riforma e di modifica che, in forza di un ragionamento in qualche modo ho approfondito attraverso incontri, colloqui e confronti, mi ha sostenuto in questa convinzione.
Infatti, in ordine ad alcune argomentazioni riferite dal collega - non solo il collega Bosi, che io rispetto per la sua capacità e per la sua presenza rispetto al tema, non fosse che per i suoi trascorsi e la sua competenza -, voglio dire che, in forza di alcuni ragionamenti, ho proposto questo emendamento; ve ne parlo e, poi, arriverò anche ad alcuni approfondimenti.
All'articolo 3, comma 1, lettera c), dopo la parola: «militare», si chiede di aggiungere il seguente periodo: «ferma restando la previsione della stabilizzazione al termine della ferma contratta di tutto il personale meritevole in ferma prefissata quadriennale». Specifico: l'emendamento in questione intende fare in modo che non vengano disperse risorse umane e professionali già in possesso di una formazione di base e di una significativa esperienza attraverso la stabilizzazione dei volontari in ferma quadriennale al compimento degli obblighi di leva.
Questo dato ci è stato offerto, in maniera forte e dirompente, dai Co.Ce.R., che per me, comunque sia, sono una cassa di risonanza e rappresentano l'universo mondo di quel comparto di cui noi stiamo parlando. E ho la convinzione che essi non siano in errore quando cercano di indirizzare di più e meglio le scelte del Ministro e, soprattutto, che non siano errore quando hanno cercato di rappresentare nella Commissione di merito - nella Commissione difesa - tutti quegli elementi che sfuggivano o che venivano sottratti agli approfondimenti, alla capacità di leggere di più e meglio alcune esigenze storiche ed attuali, ma che si sarebbero impoveriti e avrebbero impattato, da qui a breve, rispetto alle giuste e sacrosante ambizioni e volontà dei singoli all'interno del comparto. Chi non si vuole vedere realizzato nella prospettiva, soprattutto, in un comparto così sensibile, dove bisogna lavorare in silenzio e avere pochissime soddisfazioni di carattere pubblico?
Ricordo di aver detto in Commissione che questa è una riforma crudele, perché Pag. 49insiste e demotiva tutto il personale, non fornisce quella giusta capacità, quella giusta soddisfazione, quella giusta motivazione per andare avanti, e non ne fa un personale all'altezza delle sue convinzioni, ma ne fa un personale, in qualche modo, terrorizzato, che vive alla giornata, pensando che, da un giorno all'altro, ciò possa capitare non già ai 40 mila militari e ai 10 mila civili che sono oggetto di esodo, ma a chiunque abbia in mente di poter affermare la propria professionalità, la propria personalità, la propria competenza e la propria voglia di sfida all'interno del comparto difesa; e in questo modo se la vede completamente disattivata e disincentivata.
Voglio tornare all'articolo precedente, quando si diceva che bisogna affidarsi alle mani del Ministro rispetto ad alcuni dati, anche attraverso i decreti delegati. Bene, rispetto ai decreti delegati, voglio segnalare agli amici che già una parte di questi sono stati attivati. Parlo, per esempio, del fatto che il Ministro ha già iniziato a procedere su alcuni interventi di riordino del settore della difesa.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

AUGUSTO DI STANISLAO. Prendiamo la sanità militare, che egli ha già cominciato a prendere in esame a partire dall'agosto del 2012, quando è intervenuto con un proprio provvedimento. Quindi, il Ministro, in quel caso, ha impartito precise direttive nell'ambito del riordino della sanità militare in senso interforze; senza, peraltro, sentire la Commissione di merito, senza sentire il Parlamento, ha avocato a sé ogni prerogativa, dicendo così a noi: oggi ratificate, perché il Parlamento non ha più alcuna prerogativa in termini di indirizzo, di capacità e nemmeno di controllo, pertanto, ciò che io faccio deve essere messo in campo, deve essere votato, e non c'è più possibilità di intervenire.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Di Stanislao.

AUGUSTO DI STANISLAO. Rispetto a questo dato, posso dire che il Ministro è stato disattento? Posso dire che il Ministro non ha tenuto in considerazione il Parlamento? Posso usare un termine che non favorisce il rapporto, ma anche dà il senso forte di quello che ha messo in campo il Ministro? Ci chiede disponibilità, ci chiede di domandare la sua parola, ma, nel frattempo, il riordino lo mette in campo a partire da questa estate. Forse, si è trattato non di una disattenzione, ma di una scorrettezza politica e personale...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Di Stanislao.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 3.5 non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vella, Laboccetta, Marini, Calderisi, Cesario, Cesa, Della Vedova, Bordo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 475
Votanti 464
Astenuti 11
Maggioranza 233
Hanno votato
26
Hanno votato
no 438).

Passiamo all'emendamento Chiappori 3.6.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Chiappori 3.6 formulato dal relatore.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione del Ministro su questo comma 1, che alla lettera d) parla di revisione della disciplina in materia di reclutamento, stato giuridico e avanzamento del personale militare. È chiaro che noi avevamo proposto questo Pag. 50emendamento, che tra l'altro sappiamo già che, per la blindatura del testo, verrà bocciato alla Camera, perché comunque lascia aperta la discussione, e speriamo che il Ministro ne tenga conto poi nei decreti attuativi. Sappiamo che dopo l'abolizione della leva, dove c'erano il soldato semplice, il caporale, il caporalmaggiore e così via, oggi esistono, mi pare, diciassette livelli gerarchici all'interno dell'Esercito. Quindi, pensare ad una riduzione dei livelli gerarchici, probabilmente, sarà un passo, credo, obbligato. Tra l'altro, la seconda questione che prevedevamo è l'abbandono del cosiddetto sistema normalizzato di avanzamento per anzianità, perché se questo è un esercito che deve essere snello, che deve premiare il proprio personale, è chiaro che il sistema normalizzato in funzione dell'anzianità, al di là di non premiare i migliori, evidentemente crea anche un ingorgo ai livelli più alti; un ingorgo che sicuramente non fa bene all'Esercito.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Chiappori 3.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Lussana, Della Vedova, Marini, Villecco Calipari, Porcino...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 478
Votanti 465
Astenuti 13
Maggioranza 233
Hanno votato
52
Hanno votato
no 413).

Prendo atto che il deputato Borghesi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo all'emendamento Molgora 3.8.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Molgora 3.8 formulato dal relatore.

DANIELE MOLGORA. Signor Presidente, questo emendamento interviene su un'altra voce nei confronti della quale sarebbe possibile fare dei controlli e dei risparmi; infatti lo stipendio, oggi, è costituito, molto spesso, da alcune voci derivanti da incarichi che danno luogo a delle indennità. Ebbene, queste indennità vengono corrisposte anche quando gli incarichi sono terminati e conclusi; questo, perché manca una sorta di controllo interno su come sono costruiti gli stipendi dei militari. Questo punto fa il paio con quello delle case assegnate ai militari e che poi vengono tramandate di generazione in generazione, senza alcun controllo; c'è gente che ancora le occupa senza averne diritto. Anche qui c'è chi percepisce indennità senza averne alcun diritto.
Questo emendamento porrebbe l'obbligo al Governo di intervenire su queste voci, mettere ordine indicando uno stipendio base e poi delle specifiche voci premiali per chi effettua determinati interventi, ma limitati soltanto al periodo in cui questi incarichi vengono assegnati. Invece, oggi, assistiamo a una giungla di queste indennità, tant'è vero che non è possibile ricostruire quale sia il costo singolo di ogni categoria di militari: l'insieme e il costo degli stipendi deve essere ricostruito militare per militare perché rimangono delle voci per anni e anni, quando ormai la causa che dava luogo a queste voci è andata persa o è comunque terminata.
Questo non è sopportabile. Non è pensabile che di fronte a situazioni in cui noi dobbiamo ridurre i costi e razionalizzare il funzionamento dei nostri militari abbiamo ancora situazioni di questo tipo. Questo è il segno che l'amministrazione all'interno delle Forze armate non ha alcun collegamento e non ha alcun livello di efficienza. Questo sarebbe un motivo per cui, invece, questo livello di efficienza e di collegamento delle informazioni deve essere rapido e veloce e dare luogo a dei risparmi immediati. Questo probabilmente renderebbe Pag. 51più facile riuscire a rendere le nostre Forze armate non solo ridotte di numero, ma a mantenere una maggiore efficienza, investendo poi in manutenzioni ed investimenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la mia firma al presente emendamento, perché la distribuzione anche di compensi premiali, quando vengono distribuiti in modo non trasparente e in modo oscuro, senza una precisa regolamentazione e con ordine, significa aumentare quella spesa pubblica che è solo parassitaria ed inutile, mentre invece noi riteniamo che bisogna tagliare la spesa pubblica, soprattutto quella inutile e parassitaria che non dà efficienza alla pubblica amministrazione. Per questa ragione aggiungo la mia firma, un tassello in più per eliminare gli sprechi della casta.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molgora 3.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vella, Mazzuca, Barani, Marini, Raisi, Casini, Scilipoti, Rampelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 474
Votanti 462
Astenuti 12
Maggioranza 232
Hanno votato
56
Hanno votato
no 406).

Prendo atto che il deputato D'Alessandro ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Chiappori 3.23, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vella, Laboccetta, Lussana, Marini, Lo Monte, Villecco Calipari, De Camillis, Calderisi, De Poli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 479
Votanti 469
Astenuti 10
Maggioranza 235
Hanno votato
52
Hanno votato
no 417).

Passiamo alla votazione dell'articolo 3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, credo che ogni articolo di questo provvedimento meriti degli approfondimenti tematici, che avrebbero bisogno di giornate seminariali per capirne la portata progressiva e in prospettiva.
Perché forse, scomponendo le parti e andando a verificare e a vedere solo gli emendamenti proposti, qualcuno - per appartenenza ideologica, per richiami di propaganda, per più o meno malcelate volontà all'interno di questo Parlamento - non si riesce a rendere pienamente conto di quale sia la portata del provvedimento, soprattutto in questo caso attraverso l'articolo 3. Tutto il provvedimento, limitatamente all'articolo 3, si va a spalmare, anzi va a contrastare e schiaccia profondamente le ambizioni e la dignità dell'intero comparto.
Io penso che su questo tema dovremmo approfondire in maniera forte e importante Pag. 52in questo Parlamento per capire la vera portata del provvedimento. Prima ho detto che sarei intervenuto su alcuni aspetti che sarebbero andati ad impattare non solo e non tanto sulla spending review, non solo e non tanto sull'armonizzazione ai fini previdenziali, non solo e non tanto per mantenere il provvedimento all'interno di una logica tutta europea, ma perché evidentemente l'articolo 3 dà il senso profondo di quale sia la mira del provvedimento e quale sia l'obiettivo che si vuole cogliere. L'obiettivo che si vuole cogliere è semplice: questa grande riforma, che è stata definita di carattere epocale, va ad impattare e a schiacciarsi direttamente sul personale.
Si tratta di una riforma che va ad impattare direttamente sulle persone in carne e ossa, su professionalità consolidate, sulla voglia anche di presenza delle nuove generazioni all'interno del comparto difesa e ne va a frustrare le ambizioni, le professionalità in qualche modo acquisite, e mi riferisco anche alla possibilità di utilizzare quell'elemento di formazione che in questo provvedimento è solo delineato e non approfondito, poiché tale provvedimento, nella sua interezza, è fortemente sbilanciato in alcune parti mentre altre, che rappresentano la forma, la sostanza e il contenuto vero di una riforma, vengono poste su un livello di residualità: io credo che, sull'articolo 3, vi fosse la necessità che intervenissero anche tutti gli altri partiti, nonché chi è competente nel settore, per far sentire - come dire - le doglianze dell'intero comparto, per dare voce e volto anche a tutte quelle persone all'interno del comparto che vorrebbero dire la loro, indirizzando di più e meglio questo provvedimento.
L'articolo 3 non aiuta assolutamente le singole persone e le professionalità all'interno del comparto, non dà loro dignità, né prospettiva, non le fa diventare un tutt'uno con la volontà di diventare finalmente un comparto difesa all'altezza delle ambizioni che il nostro Ministro si vuole dare e di cui si è dotato.
Credo che, nel contesto di questo discorso, non vi siano filosofie, ma ragionamenti concreti che sono passati anche attraverso alcuni orientamenti dei CO.Ce.R. manifestati nel corso delle audizioni, ma non mi riferisco solo ai CO.Ce.R. Infatti, abbiamo ascoltato decine di rappresentanti nel corso delle nostre audizioni, decine di sigle che sono venute a rappresentarci un malcontento che è diventato anche frustrazione motivazionale, frustrazione professionale e frustrazione personale, perché non vi è più possibilità di poter riemergere da questo limbo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

AUGUSTO DI STANISLAO. Quando si è cominciato a parlare del personale, pensavo vi fosse un sussulto da parte dei colleghi, per poter dire: bene, reindirizziamo di più e meglio il provvedimento. Non basta dire che lo affidiamo ai decreti delegati, perché i decreti delegati saranno in qualche modo «riempiti» non da questo Parlamento, non sapremo da chi e sicuramente non con l'attenzione dovuta. Penso che, rispetto al personale, abbiamo perso una grande occasione per restituire dignità e credibilità e anche e soprattutto per dare prospettiva alle loro professionalità e anche e soprattutto alle loro famiglie, perché di questo anche parliamo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore. Signor Presidente, colleghi, non voglio ripercorrere quello che è stato già detto in sede di discussione sulle linee generali, però onestamente si tratta di un articolo molto delicato che interviene in maniera forte sulla parte relativa al personale, ma onestamente non ho la stessa visione del collega Di Stanislao. In realtà l'articolo è stato scritto con grande equilibrio.
Perché, se da una parte prevede, com'è logico che sia, la riduzione dello strumento militare a 150 mila unità, da conseguirsi però in 12 anni, nel 2024, è molto equilibrato nel trattare tutte le possibilità che vengono fornite al personale, anche quello che deve essere stabilizzato, quindi volontari Pag. 53in ferma breve che hanno ulteriori garanzie di legge rispetto alla stabilizzazione attuale, che peraltro non è affatto compromessa da questa norma, semmai è compromessa dall'adozione, da parte del Governo, del blocco del turn over. Auspichiamo, da questo punto di vista, che nel disegno di legge di stabilità al Senato vi siano significativi cambiamenti.
In realtà, vi sono addirittura delle possibilità maggiormente positive anche alla luce dell'armonizzazione del sistema previdenziale, così come l'introduzione dell'aspettativa di riduzione quadri consentirà a molti militari di poter tranquillamente lasciare le Forze armate senza essere costretti dalla «cappa» attualmente prevista di un allungamento a dismisura dell'età pensionabile, che peraltro è anche contraria allo spirito di questa norma. In definitiva, l'articolo 3 consente una razionalizzazione ed una efficientazione dello strumento militare, riducendosi il personale ma prevedendo ampie garanzie per il personale che in 12 anni potrà trovarsi in esubero e che quindi non verrà assolutamente né abbandonato né esposto al ridicolo di quello che ha combinato il Ministro Fornero con i famosi esodati.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vella, Calderisi, Ria, Farina Coscioni, Lo Monte, Mondello, De Torre, Mura, Nizzi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 476
Votanti 415
Astenuti 61
Maggioranza 208
Hanno votato
383
Hanno votato
no 32).

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 5569)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 5569).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Maurizio Turco 4.1.
La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Di Stanislao 4.22.
La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Maurizio Turco 4.2.
La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Di Stanislao 4.24.
La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Maurizio Turco 4.3.
La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Maurizio Turco 4.13.
La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Enzo Carra 4.20.
La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Maurizio Turco 4.7 e Maurizio Turco 4.10.
La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Maurizio Turco 4.5.
La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Maurizio Turco 4.4 e Maurizio Turco 4.12, sui quali anche la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Maurizio Turco 4.11.
La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Maurizio Turco 4.14, sul quale anche la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario. Pag. 54
La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Maurizio Turco 4.9.
La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Maurizio Turco 4.8, sul quale anche la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

PRESIDENTE. Onorevole Cirielli, aveva menzionato all'inizio l'emendamento Di Stanislao 4.21?

EDMONDO CIRIELLI, Relatore. No, signor Presidente, non avevo segnalato l'emendamento Di Stanislao 4.21. Comunque, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Di Stanislao 4.21.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Di Stanislao 4.21 formulato dal relatore.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, ricordo ai colleghi - e poi intervengo nello specifico - che le cose di cui io parlo non sono questioni personali o politiche legate alla mia persona o al mio gruppo, ma sono legate ad una serie di orientamenti, di filosofie e di ragionamenti che sono stati prodotti all'interno della Commissione.
Ricordo che noi abbiamo audito informalmente (perché formalmente l'Italia non deve sapere): il CO.Ce.R. interforze, la Confederazione italiana sindacati dei lavoratori, la Confederazione generale italiana del lavoro, l'Unione italiana del lavoro, la Federazione dei lavoratori pubblici e Funzioni pubbliche, Unione sindacale di base del pubblico impiego, Federazione UGL-Intesa funzione pubblica, Confederazione generale dei sindacati autonomi dei lavoratori, Unione nazionale sindacati autonomi difesa (Federazione CONFSAL-UNSA-Coordinamento difesa). Abbiamo sentito la Confederazione dirigenti e direttivi statali e Sindacato direttivi difesa. Abbiamo sentito l'Unione nazionale dei dirigenti dello Stato e lo Stato maggiore della difesa.
Insomma, abbiamo sentito un parterre di tutto rispetto che ci ha aperto gli occhi, ma anche la testa rispetto a questi dati, tant'è che poi a qualcuno a cui si è aperta la testa è venuto in mente di riflettere e anche di porgere alcune argomentazioni non come riflessione, ma come elemento politico e istituzionale da consegnare non a dei sordi, ma ad un'Aula del Parlamento che dovrebbe avere anche un sussulto di dignità e pensare che forse alcune cose vanno dette in un certo modo. Lo dico sempre con rispetto per tutti: parlo forse con troppa enfasi, ma per rendere pienamente e plasticamente l'istanza di un intero comparto che sta in difficoltà, che è terrorizzato da questa riforma che non porterà a nulla, ma lo spiegherò successivamente.
Ad oggi, rispetto a questo dato, per esempio con riferimento all'articolo 4, al comma 1, quando chi vi parla propone di sopprimere le parole «la flessibilità di bilancio» dice una cosa semplicissima. Dice che non si può permettere al Ministro della difesa pro tempore di poter avere le mani libere mentre altri ministeri debbono rispondere alla spending review. Perché questo Ministero e Ministro possono e debbono avere le mani libere, mentre altri sono legati direttamente alla spending review?
Da un lato in questo modo non si fa giustizia e non si dà pari dignità agli altri ministri e al Governo, dall'altro - e riguarda noi partiti e singoli rappresentanti deputati - in questo modo, attraverso questo articolo che noi vogliamo cambiare, si sottrae al Parlamento il controllo sul bilancio, così come evidenziato non da me, ma dalla Ragioneria dello Stato che ho chiamato in Commissione a rendicontare la loro posizione rispetto al bilancio della difesa. Quindi, è qualcuno che è terzo rispetto alle esigenze e che è dentro alle Pag. 55questioni dello Stato e che cerca di riparare danni che vengono fatti all'interno dei singoli ministeri.
Allora, se vi è il principio dell'invarianza della spesa, ossia vi è un risparmio rispetto agli elementi messi in campo da questo Ministero all'interno delle casse della difesa, evidentemente non gli si può dare poi una flessibilità gestionale che dà l'autorità di spendere come crede, quando crede e verso chi crede le risorse risparmiate. Tali risorse aumentano e la butto lì e la dico a spanne per i colleghi parlamentari e penso che a questo punto qualche sussulto ci debba essere: il risparmio comporterà una disponibilità nelle casse del Ministero tra i 15 e i 20 miliardi di euro, destinato verso chi? Evidentemente non verso il personale perché vengono esodati in 40-50.000 mila.

PRESIDENTE. Onorevole Di Stanislao, la prego di concludere.

AUGUSTO DI STANISLAO. Allora, in questo caso il tagliare fa rima con comprare. Spiegherò successivamente questi due elementi, però credo che questa formula non sia concessa e non debba essere concessa a nessuno soprattutto da un Parlamento che è sovrano e che deve rispondere pienamente secondo scienza e coscienza in questo caso, in termini economici e finanziari, ma anche in termini etici, all'intera Nazione e a tutti i cittadini italiani e anche al comparto difesa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, non ho compreso perché sia stato espresso parere contrario sull'emendamento che ho presentato con l'onorevole Carra.
A noi sembra sia una questione di buon senso e che tenga conto della situazione politica nella quale noi siamo, però io non capisco neanche la fretta con cui si sta procedendo; si sta procedendo con una fretta che non si è utilizzata per gli esodati e le persone in difficoltà mentre per lo strumento militare si sono accelerati i tempi, mi sembra che siamo fuori dalla logica di questo Paese (Applausi di deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo e di deputati del gruppo Partito Democratico)! Bisogna avere cura delle sofferenze della gente prima che dei bombardieri e dei militari, ma non capisco, si è proposto di spostare la data, dal 30 aprile al 30 giugno per consentire al prossimo Governo - che non so qual è, non so come sarà - di intervenire e di decidere; vi è - mi sembra - una fretta esagerata e pertanto avevamo proposto un emendamento di buon senso che viene respinto. Mi sembra che veramente vi sia qualcosa che non va e pertanto, lo dico adesso, voterò contro tutto il provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mogherini Rebesani. Ne ha facoltà.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, credo che dobbiamo dirci chiaramente in quest'Aula le cose come stanno anche per una questione di onestà intellettuale rispetto a quei pochi che ci stanno ascoltando, forse più fuori che dentro quest'Aula.
Questo provvedimento si è reso indispensabile perché per quattro anni sulla difesa si sono abbattuti dei tagli lineari che hanno inciso su tutto tranne che sul personale e questo ha determinato una situazione nella quale oggi, se vogliamo mantenere questo standard - 185 mila militari - non siamo più in condizione di farlo. Questo è il motivo per cui c'è questo provvedimento e questo è il motivo per cui c'è fretta di approvarlo.
Ho anche sentito molti dire, impropriamente, che così si finanziano gli F-35, credo che sia utile qui dirci una parola di verità: questo provvedimento con gli F-35 non ha nulla a che vedere anzi, in quello che abbiamo introdotto al Senato - perché siamo andati in tutta fretta qui alla Camera ma almeno noi del gruppo del Partito Democratico abbiamo introdotto Pag. 56 dei nostri miglioramenti al Senato - ci sono due passaggi fondamentali proprio sui sistemi d'arma, un controllo parlamentare che consente, con il parere delle Commissioni competenti, di bloccare l'acquisto di sistemi d'arma, cosa che fino ad oggi non c'è stata, e il dovere da parte del Governo di presentare ogni anno un quadro complessivo chiaro e trasparente su tutti i sistemi d'arma e su tutti gli investimenti. È un miglioramento, non un peggioramento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, vorrei apporre la mia firma su questo emendamento perché ritengo sia opportuno far slittare la scadenza del 30 aprile al 30 giugno, questo è un ritardo utile, mentre invece, signor Ministro, sarebbe più utile anticipare l'assunzione dei 1.886 carabinieri che hanno vinto un concorso e che sono stati presi in giro perché lo Stato non mantiene la parola rispetto ad un concorso bandito, dei giovani che hanno partecipato, che hanno vinto, che hanno espletato delle prove, che hanno sostenuto delle spese perché sono venuti dalla Sicilia, dalla Sardegna, da Varese, da tutto il resto d'Italia e che, dopo aver fatto una serie di test, aver superato le prove e aver visto una graduatoria che il Ministero della difesa ha pubblicato, ad un certo punto ha detto: abbiamo scherzato perché c'è la spending review. I giovani non vanno presi in giro, assumete e anticipate i tempi per l'assunzione dei 1.886 carabinieri!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pugliese. Ne ha facoltà.

MARCO PUGLIESE. Signor Presidente, anch'io vorrei apporre la mia firma su questo emendamento e credo che il diritto di un giovane che ha vinto un concorso nell'Esercito non si possa negare per poi far sì che lo Stato spenda milioni e milioni di euro per comprare gli F-35. Diamo diritto a chi ha vinto legittimamente un concorso nella pubblica amministrazione, nell'Esercito in questo caso, perché la battaglia che stiamo portata avanti da tanto tempo non finirà di certo qui.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei solo chiarire che questo emendamento non c'entra niente con gli F-35, non c'entra niente con il concorso dei carabinieri e gli altri giovani ma semplicemente mira a sopprimere la previsione della flessibilità di bilancio che, al contrario, è uno strumento nelle mani del futuro Governo proprio per intervenire su queste dinamiche e su questi errori. Ricordo che il problema dei concorsi sospesi dipende dalla spending review e quindi da tutt'altra norma e si sta correggendo questo provvedimento proprio con la legge di stabilità.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 4.21, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Lussana, Marini, Sposetti, Scilipoti, D'Antoni, Parisi, Rosato, Rampelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 472
Votanti 461
Astenuti 11
Maggioranza 231
Hanno votato
50
Hanno votato
no 411).

Pag. 57

Passiamo all'emendamento Maurizio Turco 4.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, con l'emendamento 4.1, a mia prima firma, noi chiediamo che le risorse che si recupereranno dall'attuazione di questo processo di revisione attraverso il licenziamento di personale e la vendita di alcuni beni, siano versate al bilancio dello Stato per rientrare dal debito pubblico. Ma se non vengono versate al bilancio dello Stato, queste risorse a cosa serviranno al Ministero della difesa? Ad andare in Libia? A rinforzare la potenza di Finmeccanica? Ad aiutare i mediatori che oggi sono nelle aule di tribunale per come hanno gestito i rapporti tra Finmeccanica e gli acquirenti in India, figuratevi in Libia? Su queste cose una riflessione l'avete fatta? Ce la potete dire? Quali strumenti di controllo, di prevenzione perché questo non accada più, avete messo in campo? Nessuno. Continuate a rafforzare una potenza di fuoco che non serve a nulla, anzi dovrebbe servire ai libici per fermare gli immigrati clandestini tramite le armi che gli vendiamo. Il progetto è perfetto (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Barbato ha chiesto di aggiungere la propria firma all'emendamento Maurizio Turco 4.1.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 4.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Bossa, De Torre, Lussana, Razzi, De Micheli, Scanderebech, Barbaro...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 470
Votanti 458
Astenuti 12
Maggioranza 230
Hanno votato
10
Hanno votato
no 448).

Prendo atto che il deputato Sarubbi ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Passiamo all'emendamento Di Stanislao 4.22.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Di Stanislao 4.22 formulato dal relatore.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, l'emendamento 4.22, da me sottoscritto, è necessario per un motivo semplice, ossia perché è stato bocciato l'emendamento precedente. Questo emendamento vuole inserire al comma 1, lettera c), dopo le parole: «Ministero della difesa», le seguenti: «con priorità alle spese per l'esercizio». Questo per limitare quei danni a cui si riferiva - dico, in questo caso, e mi lasci passare il termine, impropriamente - il presidente Cirielli.
Io credo che uno Stato organizzato, uno Stato che fa delle leggi il punto cardine delle sue azioni, che rispetta i principi fondanti della sua Costituzione, che rispetta le prerogative del Parlamento, non può e non deve lasciare le mani libere, come diceva Totò, «a chicchessia», con tutto il rispetto per il Ministro pro tempore, perché altrimenti sarebbe un segnale devastante, perché chiunque potrebbe recriminare una volontà di mani libere per poter utilizzare le risorse all'interno del bilancio.
Io, che sono persona che si attiene scrupolosamente alle leggi nella speranza che vengano poi rispettate pur in assenza, come dire, di quegli elementi costitutivi, che in questo caso sono i decreti delegati, almeno mi aspettavo qualcosa sul tema del principio che andava a fissare, in maniera Pag. 58precisa e puntuale, alcuni aspetti e che richiamava alla coerenza e al rispetto pedissequo dei provvedimenti che vengono posti in essere proprio dal Ministro. Evidentemente, vi era chi si aspettava qualcosa di più e di meglio, anche attraverso il riconoscimento, la votazione e l'accoglimento di quell'emendamento.
Pertanto, questo emendamento è necessario, in assenza e in carenza dell'altro, e dice che in ragione dell'emendamento precedente ripropongo questo emendamento nel tentativo di limitare le azioni e gli atti del Ministro pro tempore - non del Ministro Di Paola, che non me ne abbia, perché sa quanto lo rispetto - al quale si chiede di utilizzare prioritariamente le spese di bilancio per l'esercizio. Sembrerebbe una cosa normale, ma è evidente che laddove vi sono delle mani libere temo fortemente che se non si vanno ad ancorare ad elementi di carattere legislativo forte non basta, in un Parlamento maturo, consapevole e democraticamente rappresentante dei cittadini, poter chiudere un provvedimento con una stretta di mano e con i buoni propositi. Credo che siano necessarie le leggi e che abbiano la necessità di essere declinate in maniera precisa e puntuale, perché un disegno di legge, in questo caso di delega, ad un Governo che non c'è, che è dimissionario, è paradossale ma è tutto... italiano. Ma, in questo caso più cose noi avremmo e voi avreste fissato nel provvedimento iniziale, molte meno cose andavano, invece, nei decreti delegati e avrebbero fatto stare tranquillo il comparto e la sua prospettiva, le sue competenze, la sua professionalità e avrebbe ridato dignità e ruolo a questo Parlamento.
Signori del Parlamento, vi hanno «rubato», con questo provvedimento, le prerogative singole e di parte, a livello politico e istituzionale. Ma può essere che non riuscite a capire nemmeno questo? Ma veramente nemmeno questo si riesce a capire? Io credo che ogni provvedimento debba avere, come dire, la giustezza e la dignità di provvedimento che è conosciuto e consono per tutti, e non solo per qualcuno. Credo che in questo caso noi avremmo dovuto fare qualcosa di più e meglio. Chi vi parla non è contro la riforma, però dice questo: se una riforma bisogna farla, bisogna farla bene! In questo caso, probabilmente, visto che il Ministro è un tecnico, avrebbe dovuto farla meglio, avremmo dovuto essere noi i primi a portare il vestito del cambiamento in Europa, attraverso questo provvedimento. Invece, questo è un provvedimento che si gioca tutto dentro il recinto di casa, che non ha respiro europeo né, tanto meno, internazionale.
Io credo che questo provvedimento non ce lo meritiamo e mi sarei aspettato qualcosa di più e di meglio sicuramente dal Ministro Di Paola, perché avrebbe dovuto a noi insegnare qualcosa di meglio per farci diventare, finalmente, europei in un comparto che ci ha visto, negli ultimi tempi e prima del suo Ministero, nelle mani di qualcuno che non aveva l'idea assolutamente di come si gestisce la difesa e di come andava messa in campo la sicurezza italiana, europea e internazionale.

PRESIDENTE. Dunque, prendo atto che il presentatore dell'emendamento Di Stanislao 4.22 non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo pertanto ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 4.22, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Lussana, Baldelli, Marini, Villecco Calipari, Fioroni, De Torre, Nunzio Francesco Testa... l'onorevole De Torre ha votato... l'onorevole Nunzio Francesco Testa ancora non vota... onorevoli Duilio... gli onorevoli Bellotti e Duilio hanno votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 454
Votanti 442
Astenuti 12
Maggioranza 222
Hanno votato
21
Hanno votato
no 421).

Prendo atto che il deputato ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario. Pag. 59
Passiamo all'emendamento Maurizio Turco 4.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, anche in questo caso, quando nel corso di ciascun esercizio finanziario si fanno delle economie e restano i soldi, come vengono spesi? Alla ripartizione delle disponibilità dei fondi si provvede con decreto del Ministro della difesa, su proposta del Capo di stato maggiore della Difesa. Il Parlamento è esautorato. D'altronde, il controllo democratico sul Ministero della difesa e lo strumento militare in capo a chi è a seguito di questa revisione? Un provvedimento che, come abbiamo già detto, avrà delle ripercussioni per quindici o venti anni in termini economico-finanziari.
Avete nelle mani decine di migliaia di persone da allocare fuori dalla struttura, un capitale di immobili, al giorno d'oggi diremmo, a parte alcune persone che lo sanno, incommensurabile, che gestirete come meglio crederete. Va bene la fiducia, ma il controllo democratico e parlamentare in quale momento si situa? In questo? In questo in cui vi deleghiamo a fare la revisione, a stabilire voi le regole e noi, semplicemente, a darvi delle indicazioni di massima?
Signor Presidente, è il Parlamento che deve controllare, no il Governo che noi deleghiamo a farsi le regole anche per autolimitarsi. Purtroppo è questo che emerge da questo provvedimento in termini concreti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 4.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Murer, Lussana, Cesario, Razzi, Di Girolamo, Moroni, Porfidia...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 459
Votanti 448
Astenuti 11
Maggioranza 225
Hanno votato
9
Hanno votato
no 439).

Prendo atto che la deputata Ghizzoni ha segnalato che non è riuscita a votare.
Passiamo all'emendamento Di Stanislao 4.24.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente (Commenti)...io rispetto tutti, chi non vuole stare può uscire, non è un problema (Commenti). Voglio dire...
Chiedo scusa ai colleghi, ma questo è frutto di un lavoro di mesi. Siccome voglio lasciare traccia non mia, ma di chi, al di fuori di quest'Aula, ne ha ben donde e ha molte cose di cui farsi valere, intervengo in Aula perché credo che sia giusto rappresentare quelle istanze, perché in quest'Aula non riescono a trovare né volto, né voce, quindi non mi disturba più di tanto, grazie.
All'articolo 4 sempre, comma 1, lettera e), evidentemente bisogna sostituire le parole «tre anni» con le parole «un anno», per un motivo semplice, perché avete bocciato gli altri due emendamenti, quindi io, per recuperare questo, chiedo che si vada a limitare ad un anno almeno l'utilizzo di queste risorse che discendono dalla flessibilità di bilancio. Io credo che sia, come dire, una proposta di buonsenso che fa in modo Pag. 60che, pur avendo le mani libere, evidentemente si legano, queste mani ad un arco temporale che è di trecentosessantacinque giorni.
Credo che uno Stato serio, un Governo e un Parlamento seri che non fanno parte dello «Stato delle banane» queste cose le debba mettere in campo.
Siamo una Repubblica parlamentare che può modificare i provvedimenti, laddove ce ne fosse la necessità e dove fosse ritenuto giusto e necessario. Credo che questo dato ridà piena dignità e pieno controllo parlamentare, non solo alle Commissioni, ma anche soprattutto all'intero Parlamento. Quando si dice: «lasciamo le mani libere» - come alcuni colleghi hanno detto - «perché meglio si può operare e meglio si può fare», noi pur non essendo d'accordo, siamo andati avanti. Quindi, per stadi successivi abbiamo considerato che, se il mio emendamento 4.21 non va e il 4.22 nemmeno, con il mio emendamento 4.24, che vuole un po' andare incontro a questa esigenza ed a questa volontà di non ascoltare quello che avviene al di fuori del Parlamento, almeno si recupera dando un arco temporale di utilizzo di questa disponibilità e di questa flessibilità, che si riconduce a 365 giorni.
Credo che questo vada fatto in termini di buon senso. Rispetto a questi dati sarebbe necessario capire: qualora non vi sarà più questo Ministro pro tempore, ma arriverà qualche altro Ministro ed un nuovo Parlamento, l'atteggiamento sarà ancora questo, di disponibilità, di consapevolezza, di approfondimento, di riflessione? Io vi propongo questo all'interno del Parlamento: un'ulteriore riflessione che utilizzi di più e meglio questo strumento, che in qualche modo distorce dalle volontà dell'intero comparto, ha preso una traiettoria che confligge fortemente con la volontà di riforma e di rivisitazione dello strumento e non allinea assolutamente, né in termini di gestione, né in termini di programmazione, né in termini di cronoprogramma, questo provvedimento agli altri provvedimenti europei - e così come si fa riferimento alla Gran Bretagna, alla Spagna ed alla Francia lo dimostrerò dopo - perché, rispetto a questi dati, la tempistica che gli altri si sono dati è nettamente diversa dalla nostra, pur avendo culture in qualche modo simili.
Il provvedimento in questo modo non ci aiuta. Almeno con un emendamento di questo tipo, che riduce e comprime al massimo le mani libere, probabilmente si sarebbe ridata più dignità al Parlamento, facendo in modo che entro questo anno, entro 365 giorni, non in maniera dilatata, ma in maniera precisa, fossero state organizzate le priorità del comparto, dentro un arco temporale ben definito.
In questo modo non c'è nessun arco temporale definito, non c'è cronoprogramma, non c'è pianificazione, non c'è nessun tipo di attività che abbia a che fare con una politica della difesa e della sicurezza nazionale. È evidente che abbiamo solo a che fare con le mani libere, che possono fare qualsiasi cosa. Fino a quando avremo persone perbene, andrà bene. Quando avremo altre persone, probabilmente, che risponderanno magari non al Parlamento, ma fuori al Parlamento, evidentemente le cose andranno sempre peggio.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Stanislao 4.24, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Marini, Lussana, Sposetti, Verducci, Razzi, Bianconi, Taddei... l'onorevole Taddei ancora non riesce a votare... onorevole Cimadoro... l'onorevole Taddei ancora non riesce a votare... onorevole D'Anna... Taddei non riesce a votare... Non sfili la tessera, onorevole. È la postazione giusta quella? L'onorevole Taddei ha votato...
Dichiaro chiusa la votazione. Pag. 61
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 474
Votanti 461
Astenuti 13
Maggioranza 231
Hanno votato
27
Hanno votato
no 434).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 4.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Mazzuca... onorevole Lussana... onorevole Scilipoti... onorevole Gatti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 454
Votanti 440
Astenuti 14
Maggioranza 221
Hanno votato
8
Hanno votato
no 432).

Prendo atto che il deputato Occhiuto ha segnalato che non è riuscito a votare e che il deputato Rampelli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo all'emendamento Maurizio Turco 4.13. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Maurizio Turco 4.13 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore ed insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 4.13, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole D'Anna... onorevole Cesa... onorevole Goisis... onorevole Pugliese... onorevole Tommaso Foti... onorevole Ronchi... onorevole Marini... onorevole Scanderebech...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 474
Votanti 461
Astenuti 13
Maggioranza 231
Hanno votato
9
Hanno votato
no 452).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Enzo Carra 4.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Lussana... onorevole Patarino... onorevole Landolfi... onorevole Paglia... onorevole De Micheli... onorevole Scilipoti... onorevole Giulietti... onorevole Mondello... onorevole De Torre... onorevole Capodicasa... onorevole Antonino Foti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 476
Votanti 464
Astenuti 12
Maggioranza 233
Hanno votato
32
Hanno votato
no 432).

Prendo atto che il deputato Enzo Carra ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Pezzotta ha segnalato di essersi astenuto mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Passiamo all'emendamento Maurizio Turco 4.7. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Maurizio Turco 4.7 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore ed insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pag. 62Maurizio Turco 4.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Patarino... onorevole Della Vedova... onorevole Giammanco... onorevole Vella... onorevole Cesa... onorevole Veltroni... onorevole Orlando... onorevole Giro...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 470
Votanti 456
Astenuti 14
Maggioranza 229
Hanno votato
10
Hanno votato
no 446).

Passiamo all'emendamento Maurizio Turco 4.10. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Maurizio Turco 4.10 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore ed insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 4.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Tommaso Foti... onorevole Malgieri... onorevole Paglia... onorevole Mondello... onorevole Capodicasa...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 475
Votanti 461
Astenuti 14
Maggioranza 231
Hanno votato
11
Hanno votato
no 450).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 4.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Capodicasa... onorevole Lussana... onorevole Vella... onorevole Malgieri... onorevole Sposetti... onorevole Sbrollini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 475
Votanti 461
Astenuti 14
Maggioranza 231
Hanno votato
9
Hanno votato
no 452).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 4.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vella, Vignali, Malgieri, Marini, Capodicasa...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 474
Votanti 459
Astenuti 15
Maggioranza 230
Hanno votato
9
Hanno votato
no 450).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 4.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul Pag. 63quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Patarino, Gatti, Marini, Buonanno, Granata, Scilipoti, Mondello...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 480
Votanti 465
Astenuti 15
Maggioranza 233
Hanno votato
9
Hanno votato
no 456).

Passiamo all'emendamento Maurizio Turco 4.11.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Maurizio Turco 4.11 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 4.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Farina, Ronchi, Marini, Mondello, Scilipoti, Castellani, Malgieri, Bordo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 482
Votanti 469
Astenuti 13
Maggioranza 235
Hanno votato
9
Hanno votato
no 460).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 4.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Sbai, Bocciardo, Marini, Veltroni, Capodicasa, Cesa, Mondello...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 482
Votanti 471
Astenuti 11
Maggioranza 236
Hanno votato
9
Hanno votato
no 462).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maurizio Turco 4.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Garagnani, Toto, Miglioli, Giachetti, Mondello...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 480
Votanti 467
Astenuti 13
Maggioranza 234
Hanno votato
10
Hanno votato
no 457).

Passiamo alla votazione dell'articolo 4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, intervengo brevemente. Io credo che ormai siamo alla fase finale del provvedimento e capisco pure che non siamo tanto abituati a lavorare in quest'Aula e, quindi, evidentemente, c'è qualche problema (Commenti).
Però voglio solo rappresentare un aspetto e lo dico al Ministro, perché evidentemente Pag. 64io non esprimo una professionalità riguardo a tale settore - qualcun altro potrebbe dire nel campo - ma ho imparato una discreta competenza a trattare di questioni tra il militare e il civile e credo che un'ulteriore riflessione sull'articolo 4 faccia bene un po' a tutti quanti.
Infatti, quando noi parliamo, soprattutto in questo momento, di disposizioni in materia contabile e finanziaria, credo che dovremmo indignarci non solo e non tanto quando sentiamo parlare dell'acquisto degli F-35, che è l'ultimo dato a cui bisogna aggrapparsi e su cui bisogna andare a fare dei riferimenti anche di carattere politico e morale, ma bisogna anche parlare in che modo, in che misura, in che termini e con quale metodologia e programmazione si mettono in campo, attraverso le risorse disponibili: io ritengo indisponibili, perché vanno ad impattare con la spending review e con l'armonizzazione di carattere previdenziale; vanno ad impattare, quindi, con l'incremento dell'efficienza operativa dello strumento militare nazionale e con la flessibilità del bilancio. Pertanto, come si possa garantire, attraverso queste due gambe, il migliore utilizzo delle risorse finanziarie che ci sono in campo.
Se è vero quello che ritengono alcuni colleghi, che la disponibilità è ad utilizzare queste risorse limitatamente alle spese di esercizio, bisognerebbe capire - qui andava anche scritto - qual è la portata e qual è l'entità di queste risorse da mettere in campo, laddove bisogna allocarle per le spese di esercizio.
Non se ne parla assolutamente. E c'è un dato in più, lo dico anche ai colleghi: mentre su altri bilanci della difesa e sicurezza nazionale (parlo dell'Inghilterra, parlo della Francia, parlo della Spagna, che sono le più rappresentative) noi abbiamo dei dati aggregati facilmente comprensibili, in Italia nel comparto difesa non abbiamo questa facilità di comprensione o di lettura, perché abbiamo dei dati che in parte sono aggregati e in parte sono disaggregati e sono appostati in altri Ministeri, quali il Ministero dell'economia e il Ministero dell'università e della ricerca, che hanno risorse disponibili per la ricerca e l'innovazione e per interventi di carattere economico e finanziario, ma finalizzate, anche e soprattutto, a quegli elementi che dovrebbero, in qualche modo, caratterizzare, per qualità e quantità, la presenza del nostro comparto difesa all'interno dello scenario europeo e mondiale.
Allora credo che una riflessione su questi termini vada fatta, perché nel momento in cui ci apprestiamo, vi apprestate a licenziare l'articolo 4, che è un aggregato di questo provvedimento, bisogna tener conto che tutti questi elementi che hanno a che fare con l'economia e con la finanza rischiano di cedere, nel momento in cui non ci sono le reali disponibilità. Infatti, così come dice la Ragioneria dello Stato, c'è un impoverimento progressivo delle disponibilità e rispetto a questo non si possono fare le nozze con i fichi secchi. Io capisco qual è l'ambizione del Ministro Di Paola, ma evidentemente bisogna fare anche i conti con le disponibilità e rispetto a questo dato, in questo contesto economico e finanziario in cui versano il Paese e l'Europa, evidentemente quello che si ha in mente difficilmente lo si può concretizzare, e non vorrei che la concretizzazione avvenisse - ripeto e concludo - sulla pelle del personale, che non merita questo trattamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Giachetti, Fiano, Sisto, Abrignani, Nannicini, Duilio, Veltroni, Cesario, Nizzi, Murer...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni). Pag. 65

(Presenti 457
Votanti 396
Astenuti 61
Maggioranza 199
Hanno votato
358
Hanno votato
no 38).

(Esame dell'articolo 5 - A.C. 5569)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 5569).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Gidoni 5.20 e Chiappori 5.21, mentre formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Molgora 5.22, nonché sull'articolo aggiuntivo Di Stanislao 5.01.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Gidoni 5.20.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gidoni 5.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vella, Patarino, Pionati, Antonione, Giachetti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 459
Votanti 445
Astenuti 14
Maggioranza 223
Hanno votato
44
Hanno votato
no 401).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Chiappori 5.21, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Scilipoti, Della Vedova, Vella, Portas, Giammanco, Ronchi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 458
Votanti 446
Astenuti 12
Maggioranza 224
Hanno votato
44
Hanno votato
no 402).

Prendo atto che il deputato Razzi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'emendamento Molgora 5.22.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Molgora 5.22 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molgora 5.22, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vella, Occhiuto, Scilipoti, Saltamartini, Iannarilli, Lorenzin, Lo Monte, Mura...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni). Pag. 66

(Presenti 457
Votanti 443
Astenuti 14
Maggioranza 222
Hanno votato
49
Hanno votato
no 394).

Prendo atto che il deputato Razzi ha segnalato che non è riuscito a votare e che il deputato Lamorte ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vella, Saltamartini, Vignali, Giammanco, Barani, D'Anna, Scilipoti, Bossa, Mura...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 460
Votanti 402
Astenuti 58
Maggioranza 202
Hanno votato
377
Hanno votato
no 25).

Prendo atto che il deputato Razzi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'articolo aggiuntivo Di Stanislao 5.01.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, l'articolo aggiuntivo proposto è a conclusione del ragionamento che ho fatto con gli emendamenti presentati, quelli scartati e quelli lasciati in questa occasione. Evidentemente, in tutto questo ragionamento c'è una coerenza perché, laddove non sono riuscito a far capire le ragioni di un intero comparto, ho chiesto di mettere in campo il «male minore», cercando di andare incontro a quelle esigenze che sono state raccolte non solo negli emendamenti, ma anche attraverso degli atti e degli strumenti che fanno parte ormai dell'agire istituzionale quotidiano del Parlamento, parlo degli ordini del giorno. Tuttavia, se rispetto a questo dato c'era e c'è la volontà di andare incontro e ascoltare le istanze che vengono dall'universo mondo della difesa, evidentemente ciò avrebbe dovuto trovare forza e sostanza attraverso degli atti di carattere legislativo; evidentemente, laddove ciò non si è fatto in prima istanza con l'elemento legislativo, con il disegno di legge delega, lo si poteva riparare con gli emendamenti. La forza di un ordine del giorno non può essere equiparata alla forza di un emendamento che entra e si incardina nella legge e dà certezza e sicurezza, non solo di diritto ma di norma, a tutti quanti, e inoltre garantisce anche chi propone, perché se il Ministro pro tempore si fosse fermato un attimo prima, dicendo che questa è la proposta che lascia in eredità al Governo che verrà, al Ministro che verrà, si sarebbe fatto un percorso importante, un buon viatico, un buon approfondimento, una bella riflessione, con il coinvolgimento di tutti, con la conoscenza e coscienza dell'intero Parlamento e delle forze politiche, e saremmo arrivati a definire che cosa? Questa è l'ossatura, lo schema di lavoro che diventa pane quotidiano per noi, ma non possiamo andare oltre e dire che l'attiviamo immediatamente, nonostante i decreti delegati che verranno posticipati come dice, con tutto il rispetto, il Ministro. Allora, l'articolo aggiuntivo che proponevo e propongo è l'articolo 6, che dice una cosa semplicissima con cui tutti dovremmo essere d'accordo, soprattutto chi è a sostegno di questo Governo, perché è lapalissiana e dice che il lavoro è stato importante, è stato anche fruttuoso, dal vostro punto di vista, non dal mio, ma per attivare questo meccanismo bisogna fare una cosa semplice, approvare il seguente articolo aggiuntivo: «la presente legge entra in vigore dal 1o giugno 2013»; in che modo? Con la piena legittimazione del Governo che verrà, del Ministro che ci sarà e del Parlamento che ne disporrà, perché in tutte le democrazie parlamentari emancipate succede questo: Pag. 67il Governo propone e il Parlamento dispone, invece in questo caso si mette il carro davanti ai buoi, il Parlamento non conta nulla e anche in questo caso, dove potrebbe recuperare dignità attraverso l'intero provvedimento che ha tanti suoi momenti di cedevolezza, invece va ad abdicare alla propria prerogativa in nome e per conto di qualcosa che non si sa e soprattutto di qualcosa che non sappiamo come verrà, per quantità e anche per qualità di prestazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villecco Calipari. Ne ha facoltà.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, intervengo per dire che, purtroppo, la discussione su questo importantissimo provvedimento avviene in un momento molto delicato di questo Paese, e ciò ha spinto il Partito Democratico ad una scelta di responsabilità che è stata quella di non presentare emendamenti, pur se siamo pienamente coscienti che la delega contenuta all'interno del provvedimento è una delega molto ampia. Quindi, siamo assolutamente consapevoli che il Parlamento e il Governo che verranno avranno una grande responsabilità nell'attuare e nello svolgere questa delega. Diciamo ciò perché vogliamo ricordare che in quest'Aula, durante la discussione sulle linee generali, il Ministro Di Paola, in effetti, con grande chiarezza - ed eravamo ancora in una fase precedente, quindi in una fase di normale fine della legislatura - ha detto ai parlamentari che sarebbe avvenuto tutto dopo.
Noi siamo coscienti che ci sono delle grande criticità, in particolare per quanto attiene il personale della difesa, ed è per questo che abbiamo presentato un ordine del giorno ponendo delle condizioni che riguardano proprio l'attuazione della delega in materia di personale, ma tornerò su ciò successivamente, durante l'esame degli ordini del giorno.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Di Stanislao 5.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Della Vedova, Landolfi, Pionati, Minniti.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 448
Votanti 431
Astenuti 17
Maggioranza 216
Hanno votato
31
Hanno votato
no 400).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 5569)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 5569).
Avverto che è in distribuzione la nuova formulazione dell'ordine del giorno Laganà Fortugno n. 9/5569/3.
Nessuno chiedendo di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo ad esprimere i pareri.

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Bruno n. 9/5569/1, non accetta l'ordine del giorno Scilipoti n. 9/5569/2 e accetta gli ordini del giorno Laganà Fortugno n. 9/5569/3 (nuova formulazione) e Vico n. 9/5569/4.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Losacco n. 9/5569/5 purché l'impegno sia riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare la possibilità di armonizzare preventivamente ogni ipotesi di riorganizzazione della Marina militare sul territorio (...)» e così via. Pag. 68
Il Governo accetta l'ordine del giorno Gatti n. 9/5569/6 purché l'impegno sia riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare la possibilità di rifinanziare la legge n. 98/1971».
Inoltre, Il Governo accetta l'ordine del giorno Santelli n. 9/5569/7 e non accetta l'ordine del giorno Beltrandi n. 9/5569/8.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/5569/9 purché l'impegno sia riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo alla promozione in sede europea di una iniziativa per il rafforzamento della difesa europea con funzioni e organizzazione subordinate (...)».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Bernardini n. 9/5569/10, purché riformulato nel senso di impegnare il Governo ad adottare misure di assistenza in favore delle famiglie dei militari e a valorizzare la professionalità del personale militare, anche attraverso una adeguata revisione della progressione delle carriere dei ruoli non direttivi.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Farina Coscioni n. 9/5569/11, purché l'impegno sia riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a non emanare i decreti in premessa senza aver acquisito il parere che le organizzazioni sindacali e le rappresentanze militari saranno chiamate ad esprimere».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Villecco Calipari n. 9/5569/12.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Fiano n. 9/5569/13, purché l'impegno sia riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo ad assumere ogni iniziativa affinché l'attuazione della delega in esame sia coordinata con l'adozione di iniziative normative per l'adeguamento ordinamentale del personale delle forze di polizia (...)» e, inoltre, il successivo alinea nel seguente modo: «ad assumere ogni iniziativa affinché l'attuazione dei principi di delega concernenti l'assetto ordinamentale dell'Esercito, della Marina militare e dell'Aeronautica sia coordinato con le iniziative normative di cui al periodo precedente per tutte le forze di polizia, comprese quelle ad ordinamento militare (...)».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Gianni Farina n. 9/5569/14, purché riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare adeguate iniziative a carattere normativo affinché in caso di alienazione dell'alloggio (...)» e così via.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Rigoni n. 9/5569/15, purché l'impegno sia riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare e ad adottare conseguentemente tutte le adeguate iniziative anche a carattere normativo al fine di (...)».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Mogherini Rebesani n. 9/5569/16.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Recchia n. 9/5569/17, purché l'impegno sia riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo, al fine di valorizzare le professionalità acquisite dal personale, a valutare la possibilità di prevedere la costituzione di un ruolo unico per le carriere iniziali (...)».
Il parere del Governo sull'ordine del giorno Giacomelli n. 9/5569/18 è favorevole, con la seguente riformulazione: «impegna il Governo a valutare la possibilità e l'opportunità di escludere dalla riduzione degli organici (...)».
Il parere del Governo sull'ordine del giorno Rugghia n. 9/5569/19 è favorevole, con la seguente riformulazione: «impegna il Governo, per l'insieme delle questioni che riguardano il personale, a riconoscere agli organismi di rappresentanza del personale militare e ai sindacati del personale civile un effettivo ruolo negoziale dando luogo, per gli aspetti di competenza degli organismi citati, a una fase di interazione ai sensi di quanto disposto dall'articolo 19, comma 3 della legge 4 novembre (...)».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Garagnani n. 9/5569/20. Il parere del Governo sull'ordine del giorno Bosi n. 9/5569/21 è favorevole con la seguente riformulazione: «impegna il Governo a riconsiderare l'armonizzazione ai sensi dell'articolo 24, comma 18, a partire dal 31/12/2015 al fine di poter (...)».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Cirielli n. 9/5569/22. Il parere del Governo Pag. 69sull'ordine del giorno Di Biagio n. 9/5569/23 è favorevole con la seguente riformulazione: «impegna il Governo a valutare e adottare conseguentemente ogni opportuna iniziativa volta a garantire, in caso di procedura di alienazione dell'alloggio, il diritto alla continuità nella conduzione nell'alloggio e alla permanenza nell'alloggio stesso fino all'avvenuta alienazione alle medesime condizioni economiche praticate (...)».
Il parere del Governo sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/5569/24 è favorevole se la formulazione è del seguente tenore: «impegna il Governo a procedere all'adozione degli schemi di decreto legislativo tenendo conto di una approfondita valutazione degli effetti complessivi della riforma, della verifica della coerenza dei principi di cui ai commi 1 e 2 e della previa definizione dell'entità del blocco del turn over nel comparto sicurezza da cui dipende la possibilità di transitare (...)».
Il Governo accetta l'ordine del giorno De Angelis n. 9/5569/25. Il Governo accetta l'ordine del giorno Cossiga n. 9/5569/26. Il parere del Governo sull'ordine del giorno Gidoni n. 9/5569/27 è favorevole, con la seguente riformulazione: «impegna il Governo ad assumere ogni iniziativa affinché l'attuazione della delega in esame sia coordinata con l'adozione di iniziative normative per l'adeguamento ordinamentale del personale delle forze di polizia (...)»; al successivo alinea: «assumere ogni iniziativa affinché l'attuazione dei principi di delega concernenti l'assetto ordinamentale dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica sia coordinata con l'attuazione di iniziative normative di cui al periodo precedente per tutte le forze di polizia (...)».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Lainati n. 9/5569/28. Il parere del Governo sull'ordine del giorno Braga n. 9/5569/29 è favorevole, con la seguente riformulazione: «impegna il Governo a valutare e conseguentemente adottare tutte le possibili iniziative affinché le nuove procedure di gestione (...), l'applicazione della nuova disciplina (...), le aperture di credito (...)».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Contento n. 9/5569/30. Il parere del Governo sull'ordine del giorno Rosato n. 9/5569/31 è favorevole, con la seguente riformulazione: «impegna il Governo ad assicurare una tutela dei vincitori dei concorsi a 1.886 Carabinieri effettivi e a 490 allievi marescialli del ruolo ispettori dell'Arma dei carabinieri presenti nelle rispettive graduatorie, eventualmente anche prorogando la graduatoria».

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Bruno n. 9/5569/1, accettato dal Governo. Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Scilipoti n. 9/5569/2, non accettato dal Governo.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, il mio ordine del giorno chiedeva solo un impegno al Governo di mettere in atto dei provvedimenti legislativi - ma non immediatamente, anche fra qualche giorno - per un riconoscimento remunerativo per i militari in ferma prefissata quadriennale. Era cioè un piccolo aiuto che veniva dato a questi militari che si trovavano in condizioni particolari e in condizioni di ferma.
Io chiedo al signor Ministro se c'è la possibilità di poter rivedere il parere sul mio ordine del giorno; anche con una riformulazione a giudizio del Governo, per me andrebbe bene.
Nel caso in cui non ci dovesse essere questa disponibilità, chiederei, signor Presidente, che l'ordine del giorno a mia firma n. 9/5569/2 venisse messo ai voti.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Signor Presidente, confermo il parere contrario del Governo sull'ordine del giorno Scilipoti n. 9/5569/2.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti. Pag. 70
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Scilipoti n. 9/5569/2, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli La boccetta, Sisto, Marini, Brandolini, Cesario, Scilipoti, Duilio, Zazzera, Concia, Bobba, Stanca, Osvaldo Napoli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 412
Votanti 401
Astenuti 11
Maggioranza 201
Hanno votato
13
Hanno votato
no 388).

Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Laganà Fortugno n. 9/5569/3 (nuova formulazione), accettato dal Governo.
Onorevole Vico, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/5569/4, accettato dal Governo?

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, intervengo per ringraziare il Ministro per la sua sensibilità, perché il Piano Brin sia portato a compimento al fine di evitare la perenzione dei fondi già stabiliti, alcuni al 2014-2015. Ovviamente ne approfitto perché il Ministro sa anche che lì si pone un problema di turnover per gli arsenali, come, infine, nella gestione ordinaria e minima per le procedure in corso forse servirebbero un po' di ingegneri che da Marinarsen vadano al Genio Militare per la Marina per accelerare le procedure. Quindi, grazie, accetto la riformulazione formulata dal Governo e non insisto per la votazione dell'ordine del giorno a mia firma n. 9/5569/4.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione degli ordini del giorno Losacco n. 9/5569/5 e Gatti n. 9/5569/6, accettati dal Governo, purché riformulati.
Prendo altresì atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Santelli n. 9/5569/7, accettato dal Governo.
Prendo inoltre atto che i presentatori ritirano l'ordine del giorno Beltrandi n. 9/5569/8.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/5569/9, accettato dal Governo, purché riformulato.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, davamo per scontato che avremmo aderito a quelle che sono le discussioni in sede di Unione europea sugli strumenti militari. Cercavamo di uscire fuori un po' da quella che è la specializzazione del nostro Paese: da una parte, la violazione della legalità europea e, dall'altra, il subire le norme europee. Cercavamo di dare lo spunto per essere protagonisti in sede di Unione europea rispetto a un dibattito, quello sugli Stati Uniti d'Europa e la creazione di un esercito comune europeo che forse è qualcosa che verrà, ma è sicuramente qualcosa di necessario oggi.
Quindi, ciò sarà l'obiettivo di chi avrà il coraggio, la forza, la visione di andare oltre quelle che sono le convenienze e le aspettative, soprattutto degli altri, da parte dell'Italia, che impongono - io comprendo - di non fare alcun passo avanti, ma di essere lì ad attendere che qualche altro ci trascini in una grande azione europea.
Credo, signor Ministro, che accettare questo nostro ordine del giorno e portarlo avanti potrebbe solo dar lustro al nostro Paese e al Ministro che accettasse di farlo. Non accetto la riformulazione proposta dal Governo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pag. 71Maurizio Turco n. 9/5569/9, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Santori, Cesa, Vella, Lusetti, Marini, Verducci, Barbato, Nola, Costa, Giro...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 410
Votanti 399
Astenuti 11
Maggioranza 200
Hanno votato
12
Hanno votato
no 387).

Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione rispettivamente degli ordini del giorno Bernardini n. 9/5569/10 e Farina Coscioni n. 9/5569/11, accettati dal Governo purché riformulati.
Prendo atto che l'onorevole Villecco Calipari non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/5569/12, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione rispettivamente degli ordini del giorno Fiano n. 9/5569/13, Gianni Farina n. 9/5569/14 e Rigoni n. 9/5569/15, accettati dal Governo purché riformulati.
Prendo atto che l'onorevole Mogherini Rebesani non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/5569/16, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione rispettivamente degli ordini del giorno Recchia n. 9/5569/17, Giacomelli n. 9/5569/18 e Rugghia n. 9/5569/19, accettati dal Governo purché riformulati.
Prendo atto che l'onorevole Garagnani non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/5569/20, accettato dal Governo.
Chiedo all'onorevole Bosi se accetta la riformulazione proposta dal Governo per il suo ordine del giorno n. 9/5569/21.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, accetto la riformulazione, però per dare più forza al Governo (perché si tratta di ridefinire un decreto, quello dell'armonizzazione) chiedo che si voti in modo che sia più forte la richiesta dell'Aula.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Bosi insiste per la votazione del suo ordine del giorno, di cui ha accettato la riformulazione proposta dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bosi n. 9/5569/21, nel testo riformulato accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Granata... Onorevole Proietti Cosimi... Onorevole Nizzi... Onorevole Cesario... Onorevole Giachetti... Onorevole Orlando...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 419
Votanti 399
Astenuti 20
Maggioranza 200
Hanno votato
356
Hanno votato
no 43).

Chiedo all'onorevole Cirielli se insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/5569/22, accettato dal Governo.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, questo non è un ordine del giorno personale, ma è della Commissione. Sostanzialmente tutti i gruppi si sono detti d'accordo e credo che qualcuno voglia anche intervenire. Proprio per questo, poiché c'erano delle perplessità della Commissione, la necessità di andare spediti ci ha portato, come Commissione, a presentare Pag. 72un ordine del giorno. Sarebbe opportuno portare al voto l'ordine del giorno stesso.

FRANCO GIDONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la mia firma.

PRESIDENTE. Prendo atto che anche l'onorevole Di Stanislao aggiunge la sua firma.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cirielli n. 9/5569/22, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vella... Onorevole Calvisi... Onorevole Farina Coscioni... Onorevole Barbato... Onorevole Lusetti... Onorevole De Camillis... Onorevole Marchioni... Onorevole D'Antoni... Onorevole Genovese...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 419
Votanti 408
Astenuti 11
Maggioranza 205
Hanno votato
396
Hanno votato
no 12).

Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Biagio n. 9/5569/23, e che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/5569/24, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno De Angelis n. 9/5569/25 e Cossiga n. 9/5569/26, accettati dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Gidoni n. 9/5569/27, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Lainati n. 9/5569/28, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Braga n. 9/5569/29, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Contento n. 9/5569/30, accettato dal Governo.
Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Rosato n. 9/5569/31, accettato dal Governo, purché riformulato.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, accetto la riformulazione e voglio ringraziare il Ministro e il sottosegretario che hanno seguito. Sono 2.500 i ragazzi che hanno vinto un concorso - non sono risultati idonei - e che hanno un diritto che devono riscuotere dall'amministrazione pubblica dello Stato, quindi penso che il Ministro, che era stato accusato di non essersi occupato della vicenda, abbia fatto bene a riformulare l'ordine del giorno e ad accoglierlo così.

PRESIDENTE. Ne prendo atto.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 5569)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, provo ad argomentare le ultime riflessioni che questo provvedimento ha portato e non mi riferisco solo...

Pag. 73

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

AUGUSTO DI STANISLAO. ...alla mia idea di riforma, ma soprattutto a quella idea che hanno portato e che hanno maturato tutte quelle persone che fanno parte del comparto difesa. Io credo che comunque sia, chi vi parla e il gruppo che rappresento hanno contribuito a dare una voce diversa, ma non una voce dissonante, una voce certamente diversa che può aiutare da oggi in poi coloro i quali prenderanno in mano le sorti del Governo e del Parlamento, perché credo che poi la grande partita a questo punto dovrà essere messa nelle mani dei decreti delegati; credo inoltre che, se i decreti delegati non sono già stati scritti e non sono già pronti per essere posti all'attenzione di un Governo o di un Parlamento, che adesso non esistono più, evidentemente si dovrà trovare diversa accoglienza anche in base soprattutto agli ordini del giorno ma anche in base agli emendamenti proposti che magari troveranno diversa dignità e diversa accoglienza all'interno dei decreti delegati.
C'è qualcosa che non convince nella proposta e nell'impostazione messa in campo dal Ministro Di Paola, perché, nei ragionamenti e non nelle filosofie di chi vi parla, questo provvedimento, che è un disegno di legge delega - insisto nel dire che, essendo una delega ad un Governo che non c'è più, non andava attivato soprattutto per rispetto nei confronti di chi la propone, perché ha fatto un lavoro che lo stesso ritiene giusto e adeguato, non chi vi parla - avrebbe dovuto essere consegnato così com'è per lasciarlo nelle mani di un Governo pienamente legittimato dal voto popolare e di un Parlamento altrettanto in grado di reggere l'urto di questa sfida che è prorompente, epocale per quello che produrrà e per quello che proporrà all'intero comparto.
È un provvedimento che andrà ad impattare con la spending review, con l'armonizzazione pensionistica. Questo provvedimento, che impegna in dodici anni una somma enorme - 230 miliardi di euro - toglierà non poco ma tanto alle risorse legate alla formazione, all'addestramento, all'equipaggiamento e alla sicurezza del personale e a questo punto non porterà nessun tipo di riduzione all'interno del bilancio della difesa ma, e non paradossalmente, porterà un aumento delle spese che andranno nel versante degli armamenti.
In questa proposta il Ministro della difesa descrive apertamente, senza farne mistero, uno strumento sempre meno legato alla funzione costituzionale di difesa della patria ma sempre più aggressivo, capace di intervenire anche a distanza dal nostro territorio e questo ci pone al di fuori del dettato costituzionale dell'articolo 11 e non ci fa recuperare quella credibilità che ha fatto di noi una capacità e una forza che ha portato la pace, non mi riferisco solo all'Afghanistan ma anche al Libano e a tutti quei territori e a quegli Stati che ci hanno visti protagonisti in termini di missioni di pace.
Cosa avrebbe dovuto fare un Parlamento all'altezza di questo ruolo, soprattutto in questa fase così delicata sotto il profilo economico-finanziario, ma altrettanto delicata sotto il profilo etico, politico e istituzionale? Intanto, avrebbe dovuto sottoporre il bilancio della difesa ad un'attenta revisione, con particolare attenzione agli sprechi perché, dato che parliamo di 71 programmi di acquisti d'arma in corso e di tutte quelle misure che possono portare ad un'immediata riduzione della spesa - e di questo non abbiamo parlato assolutamente, ma abbiamo taciuto - avrebbe dovuto fare, all'interno di questo provvedimento, un'analisi aggiornata sui problemi della sicurezza dell'Italia, con particolare focalizzazione sul Mediterraneo e sui temi europei, di politica estera, politica europea, politica di sviluppo, politica di cooperazione, politica di sicurezza e politica militare, e indicare gli strumenti più appropriati per affrontarli. Evidentemente, qui siete fortemente deficitari.
E ancora un punto importante: come ridefinire coerentemente gli obiettivi dello strumento militare e incaricare i tecnici di proporre una sua riorganizzazione, anche alla luce delle necessità di contenimento Pag. 74della spesa pubblica? Credo che, rispetto a questo, non ci siano stati attenzione, accordo, riflessione, non c'è stato il necessario approfondimento perché, altrimenti, questi avrebbero dato ben altre risultanze all'interno del provvedimento.
Voglio anche dire qualcosa di più che è in linea anche con alcune aspettative che erano intraviste e generate all'interno del provvedimento: le criticità presenti nel provvedimento che sono - penso - veramente dei punti neri, dei buchi neri sono quelle legate alla mancata inclusione della riforma all'interno di un più ampio processo di riflessione sulla politica italiana di difesa. Invece di partire dagli obiettivi della nostra politica e poi commisurare, rispetto a questi, lo strumento dei necessari finanziamenti, si è partiti dai fondi disponibili, per poi «cucire» lo strumento sulla misura di questi ed è evidente che poi si dà un'idea strabica dei bisogni del comparto e dei nostri rapporti con i problemi ed i modelli di difesa europei. Evidentemente, sono questi ed altri elementi assolutamente non condivisibili, perché ci pongono una situazione in cui arranchiamo sempre di più e siamo al di fuori di un contesto che vede come protagonista la politica e le istituzioni che sono delegate. Mi riferisco ai partiti e mi riferisco al Parlamento.
Il tema della flessibilità di bilancio introduce un elemento inquietante perché dà la possibilità di operare a mani aperte ed a mani libere su uno strumento che, invece, ha la necessità di essere fortemente bloccato e irreggimentato verso una revisione della spesa che monitori costantemente l'utilizzo di queste risorse e che se ne faccia buon uso.
Poi ancora il tema che è sempre stato caro al Ministro e dal quale è partito, come incipit, con l'articolo 1 del provvedimento. Noi rispetto a questo avremmo dovuto fare una riforma certamente, non dico armonizzata, ma concordata con gli altri Paesi dell'Unione europea perché si coordinassero tutti gli interventi e tutte le azioni affinché ogni Stato sapesse cosa sta facendo e cosa sta facendo l'altro, in modo che si rendano complementari gli strumenti che vengono rivisitati o riformati in qualche modo. Credo che questo sia un passo che indebolisce fortemente la proposta del Ministro De Paola, che è venuta meno a questo dato, perché credo che, rispetto a questo dato, evidentemente avremmo bisogno di raccordarci sempre di più e di essere sempre più complementari con un'idea di difesa e di sicurezza europea, piuttosto che partire e tener conto delle esigenze del nostro territorio e della nostra situazione nazionale.
Sottolineo anche un altro aspetto, signor Ministro: ho visto sempre di più che, rispetto a questa proposta, si è ampi e anche nebulosi rispetto agli impegni che riguardano i sistemi d'arma e gli investimenti, e si è, invece, diretti e puntuali sulla declinazione per quanto riguarda il personale. Io sono giunto alla conclusione che lei conosce e che rappresento al Parlamento.
L'equazione è semplice: tagliare il personale per comprare gli F-35. Per semplificarla, dico gli F-35, così gli italiani capiscono, ma mi riferisco ai sistemi d'arma e mi riferisco a tutto ciò che può comportare un utilizzo delle risorse non nel senso delle spese di esercizio, ma un utilizzo delle risorse che stanno fortemente a indebolire il comparto, lo demotivano, lo terrorizzano, lo fanno diventare, come dire, preda e ostaggio di un qualcosa, di un destino che, invece, deve essere accompagnato, seguito e che deve trovare il modo, attraverso il Governo e attraverso il Ministro, per trovare la tutela e la valorizzazione necessaria e giusta. Infatti, vi è un dato che dovremmo sapere tutti quanti.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Di Stanislao.

AUGUSTO DI STANISLAO. Concludo, signor Presidente. Vi è un dato: quando noi parliamo dello 0,84 per cento del PIL, rispetto agli interventi che riguardano la difesa, stiamo dicendo qualcosa che non è così, perché la Ragioneria generale dello Stato - ma anche lei - ci ha detto che noi utilizziamo l'1,4 per cento del PIL rispetto Pag. 75agli interventi sulla difesa e siamo secondi in Europa, dietro la Gran Bretagna e prima della Spagna. Quindi, evidentemente vi è qualcosa che non riporta e su questo dato bisogna fare qualcosa.
Una riforma andava fatta, va fatta. Io ne sono convinto e noi ne siamo convinti. Ma, Ministro, mi creda, non in questo modo, non con questa velocità, non con questa poca attenzione al personale, se è il punto di snodo e di valorizzazione dell'intera proposta che viene messa in campo. Evidentemente, abbiamo fatto un lavoro a metà, avete fatto un lavoro a metà. Da parte mia, per quello che è stato possibile, ho dato un contributo, convinto, convinto e convinto dei miei ragionamenti e delle cose che ho sentito. La mia battaglia non finirà qui e cercherò di dare un contributo ulteriore all'interno di quelli che saranno i decreti delegati, cercando di fare vivere di più e meglio quelle esigenze e quelle istanze che in questa occasione non hanno trovato accoglimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO PAGLIA. Signor Presidente, su questo provvedimento ho ascoltato tantissimo e si è detto veramente molto. Noi della Commissione difesa siamo stati definiti dei soldatini, degli yes man al comando del Ministro Di Paola. Allora, io vorrei rispondere dicendo che magari fossi stato uno yes man. Oggi, molto probabilmente, non avrei avuto problemi di deambulazione.
Io capisco il compito e il ruolo dell'opposizione, che ha criticato aspramente questo provvedimento. Sarebbe stato bello sicuramente cercare di apportare delle migliorie, però questo avrebbe significato, per noi, affossare il provvedimento, perché mandandolo al Senato non avrebbe mai visto la luce e saremmo stati degli irresponsabili. Ma quello che più ferisce sono le critiche giunte da chi indossa l'uniforme. Alcuni di essi molto probabilmente indossano l'uniforme, ma da troppo tempo siedono dietro una scrivania e non conoscono i veri problemi che hanno le Forze armate italiane.
Io lo dico da soldato, non da deputato. Per quanto mi riguarda, preferisco avere un soldato in meno e avere l'opportunità di andare dalla mia amministrazione e dire: «Mi si è strappata la mimetica. Me ne serve una nuova!». Oppure, preferisco avere una brigata in meno e avere l'opportunità, in esercitazione, di poter sparare senza problemi (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo), indipendentemente se sono esercitazioni a fuoco o in bianco, e avere tutto il munizionamento che mi serve, non come avviene oggi. Credetemi: preferisco avere un F-35 in più, ma avere l'opportunità di intervenire a salvaguardia dei miei uomini sul terreno, quando sono sotto il fuoco nemico (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo) e dare la possibilità, ad ognuno di loro, di poter rientrare, con le proprie gambe, nelle rispettive basi e di poter tornare a casa. Ecco perché un Paese serio, leale e onesto ha il dovere sacrosanto di investire nei sistemi d'arma, perché dà la possibilità - o almeno prova - ad evitare che i nostri soldati possano rientrare dalle missioni in una bara avvolta dal tricolore.
È per questo motivo e non solo, anche per la parola data dal Ministro della difesa, il quale ha detto, in Commissione, che i decreti attuativi verranno adottati dal prossimo Governo e dal prossimo Ministro - e visto che, prima di essere un Ministro, è un ammiraglio e quando dà la parola sono convinto che la mantiene -, che Futuro e Libertà voterà convintamente a favore del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, mi rivolgo anche al Ministro, oltre che a tutti i colleghi, per dire che noi oggi portiamo in fondo un provvedimento sicuramente importante, destinato a impegnare Pag. 76il Parlamento e il Governo per molti anni. Infatti, pensiamo a questo periodo, previsto al 2024, per ristrutturare completamente il sistema delle nostre Forze armate.
Io insisto nel dire che questo progetto, pur perfettibile - ma noi abbiamo voluto non apportare modifiche proprio perché siamo a fine legislatura - richiede una grande capacità di gestione, perché la posta in gioco è davvero altissima, soprattutto tenendo conto che, dovendo ridurre il numero degli effettivi a 150 mila e contemporaneamente dovendo scontare provvedimenti quali sono quelli della spending review, la diminuzione dei turnover, dobbiamo assolutamente evitare di far calare l'efficienza e la funzionalità delle nostre Forze armate, che altrimenti andrebbero incontro, fatalmente, ad un invecchiamento che ne minerebbe alla base l'efficienza e la capacità operativa.
Allora, noi abbiamo voluto presentare anche ordini del giorno impegnativi che sono stati votati - uno quello della Commissione, elaborato all'unanimità da tutte le forze politiche, voglio in questo sottolinearne l'importanza - laddove si danno alcuni suggerimenti e, direi di più, alcune sollecitazioni, alcuni inviti, alcuni vincoli, come quello, per esempio, di non prescindere dal coinvolgimento del Consiglio centrale di rappresentanza militare, dei sindacati, cioè portare avanti un procedimento che possa garantire anche a coloro i quali già hanno una grande esperienza militare - si pensi ai volontari in ferma prefissata a quattro anni - di poter rimanere come forza viva, centrale, delle Forze armate, così come anche il non considerare negli organici, per esempio, tutto quel personale che è addetto alla formazione, ed altri punti che non sto qui a ricordare.
In modo particolare, voglio far riferimento a quell'ordine del giorno che porta la mia firma, insieme a quella del presidente Cirielli e del capogruppo del PD nella Commissione, Rugghia, che è quello di una revisione sulla quale invitiamo il Governo a questo decreto sulla armonizzazione, che in realtà non armonizza i nostri problemi di efficienza e di funzionalità operativa delle Forze armate, ma semmai li disarmonizza, perché allungando l'età pensionabile crea un invecchiamento di questa popolazione militare che non può essere superiore a quello della media europea, quello di altri Paesi, soprattutto nel mentre puntiamo a Forze armate europee, rispetto a questi Paesi che con noi dovrebbero confluire in una sinergica organizzazione militare.
Dunque, signor Ministro, colleghi, noi abbiamo dato un voto di fiducia a ciò che farà questo Governo e a quello che faranno i Governi che succederanno a questo, e allo stesso ruolo delle Commissioni parlamentari. Questo è molto importante, considerata la crucialità e la essenzialità di questo provvedimento. Vogliamo anche che siano Forze armate nelle quali i mezzi, vale a dire gli investimenti, non calino, così come siano adeguate le spese di esercizio e ritorni il costo del personale entro questa media del 50 per cento, che è tipica di una struttura militare sana.
Dunque, il voto favorevole del gruppo dell'UdC, con l'augurio che le nostre Forze armate possano, da questo provvedimento, trovare più forza, più efficienza e più capacità operativa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gidoni. Ne ha facoltà.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, se lei mi autorizza io consegnerò il testo integrale e taglio sui tempi dell'intervento.
Signor Ministro, la ringrazio. È chiaro che anche oggi abbiamo assistito ad un provvedimento lampo, nel senso che, dopo quello che avevamo già visto in Commissione, anche in Aula siamo andati con passo celere, proprio a dimostrazione dell'importanza del provvedimento.
Tante volte, facendo politica, vi è anche soddisfazione nel vedere che certe cose alla fine arrivano a compimento. Mi riferisco, ad esempio, ad un mio intervento, nel lontano giugno 2008 quando, in replica alla presentazione delle linee programmatiche del Dicastero dell'allora Ministro La Pag. 77Russa, avevo sollevato il problema di fare chiarezza sul nostro modello, di chiedere una riflessione interna ad ampio raggio - e, quindi, ad una commissione - e di arrivare ad un nuovo modello di difesa da discutere poi qua.
Devo dire che le risultanze degli studi della commissione di consulenza non ci sono mai state rese in note. Prendo atto, dopo quattro anni e mezzo, che sono state la base per questo lavoro e questo mi fa piacere, anche se ovviamente avrei gradito conoscere le risultanze di tale studio, anche perché restano sempre in sospeso alcune domande; ad esempio, quanti uomini ci servono, quante navi, quanti aerei e di che tipo.
È chiaro che a tutto ciò una risposta ancora non c'è o quantomeno non l'abbiamo dibattuta all'interno di quest'Aula, per cui ci resterà sempre il dubbio di sapere se dobbiamo costruire delle flotte di tipo oceanico per andare nel Pacifico insieme agli americani e non perdere prestigio ai loro occhi oppure se dovremo concentrarci a fare ordine a casa nostra e, quindi, con altro tipo di difesa intervenire in Africa, nel Mediterraneo o nel Medio Oriente più vicino. Questi sono dubbi che il provvedimento non ci risolve e che resteranno poi alla futura legislatura da risolvere.
Resta ancora in piedi il problema degli ex militari volontari cessati dal servizio ovvero il blocco del turnover verso le forze di sicurezza e la possibilità di transito all'interno della polizia, piuttosto che dei carabinieri o dei vigili del fuoco. Questo ovviamente è un problema che non risolviamo, anche se un timido passo è stato fatto in questo provvedimento.
Restano irrisolti i tempi lunghi, previsti fino al 2024, e resta ovviamente il timore di un invecchiamento progressivo delle nostre Forze armate e, quindi, il problema di dare sempre nuova implementazione con dei giovani al nostro strumento.
Concludo ringraziandola, signor Ministro, perché, come ha già detto il collega Paglia, lei, da ammiraglio, ha preso una parola nei confronti di questo Parlamento e, quindi, ci ha garantito che i decreti delegati non saranno varati mentre il Parlamento è sciolto o comunque in fase inattiva, e di questo le siamo grati.
Ci resta, come abbiamo già detto, l'amaro che se il dibattito fosse stato più ampio, avremmo potuto migliorare il provvedimento. Come ho già detto in sede di discussione sulle linee generali, è meglio di niente, ma si poteva fare di più. È per questo che optiamo oggi per un'astensione. È un'astensione, signor Ministro, che media tra il giudizio favorevole nei confronti degli aspetti positivi, che questo provvedimento comunque mostra, e l'obiezione concernente il metodo prescelto per condurlo in porto, che riteniamo verso questo ramo del Parlamento non sia stato molto rispettoso.
Preannunziando il nostro voto di astensione, ci auguriamo che questo sia solo il punto di partenza per un'azione più ampia ed organica che lasciamo a chi sarà qui nella prossima legislatura e possibilmente - e sottolineo «possibilmente» - sotto la responsabilità di un Governo pienamente legittimato questa volta dal voto popolare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Gidoni, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rugghia. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, signor Ministro, abbiamo condiviso le scelte di fondo che hanno portato il Governo a presentare il disegno di legge delega di revisione dello strumento militare e, come abbiamo sempre fatto per i provvedimenti del Governo Monti, abbiamo prodotto tutti gli sforzi necessari per migliorare il testo originario, correggendone parti che non ci sono sembrate condivisibili e proponendo misure che abbiamo ritenuto necessarie.
L'obiettivo fondamentale è quello della riqualificazione della spesa destinata dallo Pag. 78Stato al funzionamento delle Forze armate, sulla base delle risorse attualmente disponibili, che sono il risultato di quattro anni di tagli successivi operati dal Governo Berlusconi.
Anno 2009, per la funzione difesa in rapporto al prodotto interno lordo, meno 3,3 per cento; anno 2010, meno 4,4 per cento; anno 2011, meno 5,4 per cento. A questi tagli vanno aggiunti quelli della spending review che hanno colpito la difesa come tutta la pubblica amministrazione con una riduzione del 10 per cento sul personale da attuare entro il 2015 ed un'ulteriore compressione delle risorse per l'esercizio.
Quindi, non più soldi alla difesa, semplicemente si cerca di salvaguardare l'efficienza facendo i conti con la realtà e con la situazione che era stata lasciata in eredità dal Governo Berlusconi. Su questa pesante eredità un'inchiesta de l'Espresso del 2011 ha avuto il merito di far conoscere ad una larga parte di opinione pubblica quanto noi abbiamo sempre denunciato dall'inizio della legislatura in questa Aula e in Commissione, contestando scelte a nostro avviso irresponsabili: i due terzi della spesa impegnati solo per pagare stipendi; tagli sulla carne viva, sulla formazione, l'addestramento, la sicurezza, il dimezzamento delle ore di volo, sui pezzi di ricambio, sulla manutenzione; tagli sul mantenimento dei mezzi e dell'equipaggiamento, e persino sul carburante. Tagli che nessuno può considerare risparmi, perché producono con il progressivo deterioramento delle Forze armate una montagna di sprechi.
Inoltre, il piano di dismissione del patrimonio della difesa bloccato, nessuna caserma o infrastruttura, tra quelle considerate non più utili, è stata venduta. Nessun alloggio dei 54 mila considerati necessari per le esigenze dei militari è stato costruito. Non sono stati contrastati gli squilibri tra le diverse categorie del personale: il numero eccessivo di generali e colonnelli, il rapporto tra quadri e truppa, quello tra ufficiali e marescialli. Non è stata data alcuna risposta alle richieste del personale attraverso il piano di riordino delle carriere, con il fondo disponibile completamente svuotato per altri scopi. Sono stati, però, quelli del Governo Berlusconi, gli anni della propaganda, della retorica, degli sperperi, della «mini naja», delle ronde inutili per contrastare l'insicurezza della città, dell'aumento esponenziale del costo dei voli di Stato, della fantomatica Difesa servizi Spa costituita per privatizzare pubbliche funzioni. Con la legge delega finalmente si torna ad affrontare con serietà e responsabilità il tema del funzionamento dello strumento militare, la riorganizzazione delle strutture, l'obbiettivo di renderle moderne ed efficienti. Noi riteniamo condivisibile il fine di riqualificare la spesa attualmente sbilanciata, com'è stato ricordato, con il settore del personale che assorbe il 70 per cento delle risorse, il 12 per cento all'esercizio, il 18 per cento agli investimenti. La ripartizione che si vuole raggiungere (50-25-25) non è stata inventata dal Ministro Di Paola, corrisponde a consolidati standard di efficienza. Un'efficienza che è stata garantita fino al 2002, quando la spesa per il personale era al 48 per cento e al 26 per cento sia la spesa d'esercizio sia la spesa per investimenti. Un'efficienza che è stata fatta saltare con i Governi Berlusconi, duramente riconquistata dal Governo Prodi negli anni 2006 e 2007.
Affermare che vengono spostati soldi dal personale agli investimenti per comprare F-35 o altri armamenti non corrisponde alla realtà. Già nel prossimo 2013 la spesa per gli investimenti nei sistemi d'arma supererà il 25 per cento del totale e quindi sarà in equilibrio con gli obiettivi fissati dalla riforma. Invece la riduzione a 150 mila unità del personale militare dagli attuali 183 mila, e a 20 mila di personale civile dagli attuali 30 mila, da raggiungere gradualmente entro l'anno 2024, è la condizione dolorosa ma necessaria per salvaguardare con l'esercizio la funzionalità di Esercito, Aeronautica e Marina.
In tema di riduzione del personale è apprezzabile il taglio del 30 per cento sul numero di ufficiali, generali e ammiragli, colonnelli e capitani di vascello, perché tende Pag. 79a correggere uno squilibrio presente nelle nostre Forze armate rispetto a quello di altre nazioni. Il passaggio del Senato ha corretto il testo, lo ha migliorato con il nostro contributo. Nei criteri direttivi è stata introdotta la previsione di garantire l'interoperabilità dello strumento militare nei contesti internazionali nella prospettiva di una politica comune di difesa europea. È stata introdotta una norma che consente l'apertura a tutti i cittadini del Servizio sanitario militare.
Sono state approvate misure, anche se non del tutto risolutive, a favore del personale per agevolare il trasferimento verso altre amministrazioni, per l'assistenza alle famiglie dei militari, per il reinserimento dei volontari di truppa e la stabilizzazione dei militari in ferma quadriennale. Noi comprendiamo le preoccupazioni dei Co.Ce.R., condividiamo gran parte delle loro richieste, che potranno trovare soluzione nei decreti successivi e attraverso il ruolo negoziale che è giusto riconoscere alla rappresentanza militare.
La modifica più importante introdotta dal Senato è quella che riguarda il rapporto Governo-Parlamento in tema di acquisizione dei sistemi d'arma. È una modifica che abbiamo voluto fortemente e che recepisce le conclusioni dell'indagine conoscitiva condotta dalla IV Commissione della Camera sulla «legge Giacché». Finora il contributo del Parlamento sull'attività di controllo, indirizzo e programmazione dei sistemi d'arma si limitava all'espressione di un parere obbligatorio, ma non vincolante. Con la nuova formulazione vengono rafforzati i poteri del Parlamento, non solo quelli di controllo, fino a prevedere che il Governo non possa procedere all'acquisizione di un sistema d'arma se le Commissioni competenti esprimono, sullo schema di decreto, parere contrario a maggioranza assoluta dei componenti. Quindi, non è vero che la riforma consegna al Ministro della difesa più libertà nell'acquisto delle armi. Su questi temi, invece, si assegna al Parlamento una inedita centralità come luogo della responsabilità politica.
La legge di revisione dello strumento militare non risolve tutte le questioni da affrontare in modo organico per definire una nuova strategia di difesa nazionale nel contesto europeo e nel quadro delle alleanze del nostro Paese. Noi abbiamo proposto di impegnare l'Aula della Camera su questi temi, attraverso una specifica sessione dei lavori, quando erano già evidenti gli effetti del taglio operato sullo strumento militare. Successivamente, abbiamo chiesto di discutere, attraverso una bicamerale, gli interessi dell'Italia in termini di sicurezza, a partire dalle minacce, per definire obiettivi, tra i quali quelli di rafforzare la cooperazione e l'integrazione europee. La maggioranza PdL-Lega Nord non ha permesso un confronto su questi argomenti, così decisivi.
Non approvare questo provvedimento, che prende atto dei tagli e delle risorse destinate alla difesa per salvare dal collasso le Forze armate attraverso una più adeguata ripartizione della spesa, rappresenterebbe una fuga dalla realtà e dalle responsabilità.
Attraverso i decreti delegati sarà possibile, per il nuovo Parlamento e per il nuovo Governo, completare la riforma verificando preliminarmente l'impatto del regolamento di armonizzazione del regime previdenziale sul personale militare e gli effetti della spending review. Attraverso l'emanazione dei decreti noi siamo convinti che sarà possibile accogliere le giuste richieste che nel corso delle audizioni sono state presentate dai Co.Ce.R. e che noi sosteniamo con specifici ordini del giorno. Esprimiamo, quindi, il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Anna. Ne ha facoltà.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, rubo pochissimi minuti. Credo che l'intervento del collega che mi ha preceduto ha fatto insorgere nei parlamentari che, come me, erano abbastanza distratti, il dubbio che il Governo Berlusconi sia stato Pag. 80causa di ogni nequizia e di ogni spesa. Credo che un approfondimento sui costi della spedizione in Crimea del generale La Marmora potesse aiutare il quadro complessivo delle spese militari che diligentemente l'esponente del PD ci ha testé fatto. Una cosa, però, mi sembra di poter ricordare, che il Governo Berlusconi non è stato responsabile dei costi dei bombardamenti in Kosovo, ordinati dal Governo D'Alema. Questo mi pare pacifico, così com'è pacifico che è fallimentare ogni attività che lo Stato presume di dover gestire che comporti un costo del 60 per cento solo della spesa del personale, così come in ogni altra attività che lo Stato mette in essere, dalla sanità, al pubblico impiego, alla scuola. Per cui, non ho capito bene quale nequizia e quale colpa si voglia addossare al Governo che ci ha preceduti, che pare sia stata poi recuperata dal Governo Monti.
Senza offesa per chi mi ha preceduto, credo che si possa concludere questo mio intervento citando quella frase che dice che tra il sublime ed il ridicolo non c'è che un passo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cicu. Ne ha facoltà.

SALVATORE CICU. Signor Presidente, signor Ministro, sottosegretari e colleghi, non mi soffermo sui precedenti Governi, perché dovrei citare quello di Prodi, dove una maggioranza che non riusciva neanche a definire e a delineare una programmazione di presenza militare è implosa e implodeva soprattutto sulla questione militare. Quindi, auspico che non si arrivi ad uno di questi Governi o di questo tipo di Governi, perché con le dichiarazioni che poco fa ha fatto anche Vendola noi ci troveremmo veramente, per quanto riguarda questa riforma, ma anche per tutto il resto, con un PD che sicuramente non potrebbe delineare nessuna programmazione rispetto allo strumento militare. Dico questo giusto per rispondere al collega Rugghia, che sicuramente è stato influenzato negativamente dalla presenza del collega dell'Italia dei Valori, che in qualche modo lo ha forgiato, ma a mio giudizio stasera in maniera fortemente negativa.
Ma detto questo, io credo che su questa riforma il dato politico sia quello che debba prevalere. Il dato politico è che è una riforma che va verso l'integrazione europea, è una riforma che guarda ad una ripartizione di investimenti e che soprattutto privilegia la risorsa umana, privilegia la professionalità, privilegia la competenza e la capacità di poter stare all'interno di missioni internazionali che sempre di più diventano delicate e sempre di più hanno bisogno di un supporto di legittimazione da parte delle nazioni, dell'opinione pubblica.
Considerato il lavoro fatto in questi ultimi dieci anni e gli obiettivi conseguiti attraverso lo strumento militare, come credibilità del sistema Italia, come nazione Italia, come possibilità di essere comunque inserita in un contesto che vede le grandi nazioni protagoniste di una presenza di pace, io credo che questa riforma vada nella giusta direzione e riesca a contemperare diverse esigenze: dà un equilibrio complessivo e globale. Infatti è vero che in tempi di crisi e in tempi di razionalizzazione bisogna sicuramente cercare di tutelare e garantire un processo che in qualche modo taglia, ma credo che questa riforma nei tagli non sia andata a caso, così come è avvenuto in qualche altro contesto. In questa riforma i tagli significano vera razionalizzazione, significano vera produzione di effetti, significano miglioramento e crescita di uno strumento. Credo che in questa direzione obiettivamente bisogna guardare. Aggiungo anche che il PdL al Senato si è battuto perché venissero riconosciute soprattutto delle tutele che riguardano in qualche modo la risorsa umana e che devono sempre di più guardare, nel processo da qui al 2024, la possibilità di una garanzia sia per quanto riguarda i militari sia per quanto riguarda i civili.
Ma non possiamo assolutamente non soffermarci sull'aspetto che è centrale e che Pag. 81vede finalmente la possibilità che non vi sia più confusione rispetto alla divisione delle risorse. Le risorse hanno bisogno di essere destinate alla risorsa umana per la parte più importante, ma nello stesso tempo il nostro sistema industriale e il nostro sistema di efficienza militare ha bisogno, nel confronto di integrazione europea e nella partecipazione alle missioni internazionali a qualsiasi livello, della possibilità di essere efficiente. Abbiamo sempre parlato di linguaggio: noi abbiamo necessità che questo linguaggio si sposi e si inserisca in un contesto che sia il più produttivo possibile.
Allora, detto questo, siccome sono sollecitato anche dai colleghi, che vorrebbero che io approfondissi di più la materia, non voglio deluderli sotto questo aspetto, quindi, signor Ministro, il PdL in maniera convinta sostiene questa riforma, in maniera convinta ritiene che la delega non sia una fiducia cieca, ma sia un rapporto che deve essere costruito e, così come lei si è impegnato a dichiarare, verrà costruito anche nella fase successiva e nella successiva legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, in realtà, le ragioni e i miei dubbi li ho già esposti nella discussione sulle linee generali, pertanto, non userò questo spazio per spiegarli ulteriormente. Le chiederò soltanto di poter consegnare il mio intervento scritto e di poterlo pubblicare nel resoconto della seduta di oggi.
Detto questo, la cosa che mi suona più strana e che faccio fatica a spiegare, prima a me stesso, e poi anche ai cittadini che ce lo chiedono, è come mai una delega importante come quella fiscale sia saltata, ormai, per ciò che sta accadendo al Governo, mentre, invece, una di cui si sentiva meno la necessità, come quella militare, vada avanti. Per questi motivi, signor Presidente, annuncio il mio voto di astensione, in dissenso dal gruppo.
Signor Presidente, chiedo dunque che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Sarubbi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 5569)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 5569, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Marini, Mazzuca, Servodio, Garagnani, Capodicasa, Baretta, Rossomando, Beccalossi, Corsini, Sereni, Damiano, Zaccaria.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 3271 - «Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia» (Approvato dal Senato) (A.C. 5569):

Presenti 372
Votanti 319
Astenuti 53
Maggioranza 160
Hanno votato 294
Hanno votato no 25

(La Camera approva - Vedi votazioni).

Prendo atto che i deputati Mariani e Duilio hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Bobba ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto astenersi. Pag. 82
Dichiaro così assorbita la proposta di legge n. 4740.

 

 

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Seduta di Mercoledì 5 Dicembre

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 3271 - Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia (Approvato dal Senato) (A.C. 5569); e dell'abbinata proposta di legge: Reguzzoni ed altri (A.C. 4740).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 5569: Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia; e dell'abbinata proposta di legge d'iniziativa dei deputati Reguzzoni ed altri. Pag. 3
Ricordo che nella seduta di ieri hanno avuto luogo gli interventi dei relatori, mentre il rappresentante del Governo si è riservato di intervenire in sede di replica.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 5569)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gidoni. Ne ha facoltà.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, il provvedimento di ridimensionamento e razionalizzazione giunge a tempo di record in quest'Assemblea dopo una lunga permanenza al Senato, dove è stato approvato in prima lettura agli inizi del mese, anche con il voto favorevole della Lega.
Per noi si è trattato di una scelta politica in un certo senso obbligata; nelle sue linee guida, infatti, il suo disegno di legge è piuttosto vicino all'ispirazione di una nostra proposta di legge, che avevamo presentato qui alla Camera già ad ottobre del 2011, con l'evidente intento di offrire al Paese un'alternativa alla stretta fiscale che lo avrebbe avvinto quest'anno con gli effetti a tutti visibili sotto forma di caduta del PIL e dell'occupazione.
Però, venendo al provvedimento l'elemento di maggiore spicco è certamente la contrazione degli organici, che è sensibile. Si passa dai 190 mila effettivi previsti dalla legge vigente ai 150 mila stabiliti dal disegno di legge. Negli altri gradi si fa persino meglio, giacché si prevede di tagliare il numero degli ufficiali generali ed ammiragli del 30 per cento in sei anni, come anche noi prospettavamo con la vostra iniziativa legislativa, anche se, dopo il taglio, comunque gli ufficiali generali e gli ammiragli in servizio delle nostre Forze armate rimarranno praticamente appena un terzo in meno di quelli presenti nella difesa americana, che lei mi insegna, signor Ministro, disporre di ben altri effettivi ed avere una capacità di proiezione internazionale e mondiale ben diversa.
Ci sembrano interessanti e promettenti le disposizioni, in verità introdotte a Palazzo Madama, che all'articolo 4 conferiscono al Parlamento più penetranti poteri di controllo sul processo di acquisizione degli armamenti, oggi in realtà Pag. 4piuttosto opaco, giacché i pareri delle Commissioni sui vari programmi di procurament diventeranno obbligatori e vincolanti e non solo per la parte finanziata dalla difesa, ma anche per quella che ricade nel bilancio dello sviluppo economico.
Durante le audizioni, che dobbiamo dire essersi svolte in fretta e furia negli ultimi dieci giorni, stanti i suoi pressanti inviti a far presto, signor Ministro, abbiamo tuttavia appreso che era forse possibile fare ancora di più. Cito, ad esempio, l'audizione del direttore della rivista RID, che ha ipotizzato un modello a 90 mila uomini, ma dotato alle spalle di una seria riserva operativa. È questo un argomento del quale, in questi anni, per quanto riguarda la Lega Nord Padania, si è rilevato impossibile parlarne in modo adeguato senza pregiudizi ideologici perché, come certamente si ricorderà, una nostra proposta sulla riserva mobilitabile sollevò un clamore tale a suo tempo che, alla fine, venne accantonata.
Ci lascia poi perplessi la debolezza delle tutele accordate agli ex militari volontari cessati del servizio, che potranno vedersi negare il posto promesso nelle forze dell'ordine perché queste hanno visto, purtroppo, strozzato ad un quinto fino al 2015 il turnover dei propri organici. Questo fa venire meno il rispetto da parte dello Stato dell'obbligazione contratta con i giovani che hanno liberamente scelto di servirlo in armi, spesso in teatri ad alto rischio, come Afghanistan, Iraq o Libano. Le diciamo, purtroppo chiaramente, che abbiamo l'impressione che li stiamo tradendo.
Signor Ministro, cosa accadrà in futuro alle campagne di reclutamento, giacché viene demolita la stessa credibilità del regime di incentivi che, dal 2004, assicura il gettito dei militari volontari arruolati dalla Difesa?
Se poi a questo aggiungiamo i tempi lunghi di implementazione del ridimensionamento, che sarà completato solo nel 2024, se non più tardi, vista la possibilità di deroga e di posticipo prevista dalla legge, è reale il rischio di un sensibile invecchiamento degli effettivi, mentre pare rimanere irrisolto uno dei nodi che sono il cuore dello squilibrio della macchina militare italiana, in cui i comandanti, purtroppo, prevalgono largamente sui comandati, ossia la persistenza di un sistema di avanzamento normalizzato per anzianità che determina fatalmente l'affollamento dei ruoli dei marescialli e nei gradi Pag. 5di colonnello e tenente colonnello lasciando scoperte posizioni cruciali ai livelli inferiori. È un fenomeno negativo per lo stesso prestigio della professione militare, giacché l'inflazione negli alti gradi diminuisce il loro valore oggettivo. Non accade da noi ciò che si verifica, ad esempio, in Gran Bretagna, dove non è raro che brillanti comandanti militari lascino la carriera al grado di colonnello per diventare prestigiosi commentatori televisivi o sulla carta stampata. È una cosa su cui invitiamo anche i nostri ufficiali a riflettere, non perché siamo contro di loro, signor Ministro, ma proprio perché non vogliamo che vengano presi in giro.
Nella relazione introduttiva premessa al provvedimento originario, inoltre, il Governo ha precisato come ad orientare le scelte dell'Esecutivo sia stata la necessità di contemperare le concorrenti esigenze di tagliare le spese e mantenere comunque l'efficacia operativa dello strumento, tenendo conto dei presumibili scenari di impiego delle nostre Forze armate.
A nostro avviso, non è proprio così, signor Ministro: l'atto al nostro esame pare essere quasi esclusivamente il frutto della necessità di risparmiare un certo quantitativo predeterminato di soldi, intorno al quale è stata successivamente costruita un'ipotesi di ristrutturazione dello strumento militare. Si è fatta, in pratica, di necessità virtù. Lo ha detto lo stesso generale Abrate in audizione: se ci date 7 miliardi di euro per il personale, 150 mila sono quelli che ci possiamo permettere. Ma, allora, le chiedo: se i miliardi di euro fossero stati 14, il modello sarebbe stato a 300 mila?
È questo, signor Ministro, che maggiormente ci divide. Noi restiamo convinti che il corretto modo di procedere sarebbe dovuto essere un altro, quello per così dire a budget zero. È dall'inizio, o quasi, di questa legislatura che la Lega Nord Padania, in più occasioni, ha chiesto l'elaborazione della discussione di un nuovo modello di difesa che sia l'espressione della volontà politica del Governo, un documento che ci dica a chiare lettere quali missioni si intendano affidare in futuro alle Forze armate, quale livello di ambizione esse saranno chiamate a soddisfare e di quali capacità sarà necessario dotarle. Parliamo di qualcosa che ci faccia sapere perché, ad esempio, è necessario per noi avere due portaerei e due linee di caccia e meno soldati e meno carri armati. Può essere anche Pag. 6giusto - per carità, non siamo qui a dire che non lo sia -, ma occorre avere chiaro il perché; se è perché si pensa che dobbiamo andare ad aiutare gli statunitensi in Asia e nel Pacifico, come qualcuno sostiene alla NATO, bene, basta solo che anche gli italiani lo sappiano.
È così che si è fatto ad esempio in Francia con il Libro bianco del 2008 o in Gran Bretagna con la pubblicazione della National Security Strategy o in Germania con la pubblicazione nel 2010 del Rapporto della Commissione dell'ufficio federale del lavoro. Noi, invece, signor Ministro, tutto quello che abbiamo avuto in questa legislatura è stata la costituzione di un'Alta commissione di consulenza e studio presso il Ministero della difesa, le cui conclusioni, però, purtroppo, non sono mai state né comunicate né dibattute in queste aule.

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Questa esigenza rimane sul terreno e resta da parte nostra l'auspicio che il prossimo Governo vi dia una qualche risposta.
Dunque, lo stato d'animo con il quale ci presentiamo a questo confronto è il seguente: meglio di niente, ma si poteva fare di più.
Ci lasciano perplessi anche altri fattori, ad esempio, la chiusura a qualsiasi proposta di miglioria o di integrazione imposta in questo ramo del Parlamento per non rischiare di perdere per strada il provvedimento, sul quale incombe la tagliola dell'imminente fine della legislatura. Comprendiamo le preoccupazioni del Governo, ma il Governo comprenda anche le nostre.
Abbiamo appreso, a latere delle audizioni, che i decreti attuativi del disegno di delega sarebbero già pronti e, se consideriamo le disposizioni concernenti la tempistica stretta concessa alle Commissioni di merito per l'emanazione del prescritto parere - è previsto, lo ricordo, un termine di sessanta giorni, decorso il quale sarà comunque acquisito il placet -, l'impressione che si ricava è quella di un Governo che non solo vuole portare a casa l'approvazione della sua riforma da parte del Parlamento, ma che intende anche completarla dal punto di vista dell'esercizio della delega senza interferenze da parte delle Camere, che saranno ovviamente presto silenti perché sciolte. Si perfezionerà così, anche nel campo della politica di difesa, quella sospensione della democrazia che sembra la caratteristica essenziale di questa esperienza di tecnocrazia, che vede l'autorità conferita in base al principio di competenza in luogo di quello di rappresentatività.
Noi, a dire il vero, signor Ministro, ci abbiamo provato, ma invano, ad ottenere delle modifiche che ci garantissero rispetto a questa nuova preoccupazione e, quando abbiamo capito che la nostra presenza in Commissione era praticamente inutile, non devo nascondere che abbiamo levato il disturbo. Siamo orientati a mantenere comunque un atteggiamento simile anche oggi, optando per un'astensione che risulta dalla ponderazione tra il giudizio nei confronti degli aspetti positivi, che questo provvedimento innegabilmente ha e mostra, e le Pag. 8obiezioni concernenti il metodo prescelto per condurlo in porto, non molto rispettoso del Parlamento e meno ancora di questo ramo del potere legislativo.
Noi speriamo ardentemente che accada qualcosa in grado di farci cambiare idea nelle prossime ore. A dire il vero ci crediamo pochino, però a voi, onorevoli colleghi della maggioranza e signori membri del Governo, il compito di convincerci del contrario.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mogherini Rebesani. Ne ha facoltà.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, su una cosa sono d'accordo con il collega della Lega, cioè sul fatto che effettivamente questo provvedimento di riforma dello strumento militare avrebbe meritato di essere preceduto da un'analisi organica del quadro internazionale e da una revisione del modello del nostro sistema di difesa, ovvero da un ragionamento che, partendo dalla strategia di sicurezza nazionale, dai rischi internazionali dello scenario globale, dai rischi per il nostro Paese, dagli obiettivi di sicurezza e di azione di politica internazionale che il nostro Paese si pone in questo quadro e conseguentemente, analizzato lo scenario ed analizzati gli obiettivi nazionali, arrivasse allo strumento militare.
Vorrei, però, ricordare all'onorevole Gidoni che il Partito Democratico ha avanzato questa proposta all'inizio di questa legislatura, cinque anni fa, e in quel momento la Lega era al Governo insieme al PDL. Era stata una scelta di quel Governo, che è precedente a questo Governo - e per fortuna, è finita quell'esperienza -, che ha deciso di affidare questo tipo di ragionamento e di riflessione non ad un meccanismo parlamentare trasparente e politicamente responsabile, ma ad un meccanismo interno al Ministero della difesa, che oltretutto non ha neanche consegnato al Parlamento il suo risultato.
Soltanto un anno fa il gruppo del Partito Democratico, sia alla Camera sia al Senato, ha proposto alle altre forze parlamentari di fare un ultimo tentativo (un anno forse sarebbe stato sufficiente per farlo): una piccola bicamerale che, in tempi seppur brevi, che però comunque credevamo sufficienti, potesse far assumere al Parlamento quel ruolo di Pag. 9responsabilità che gli compete e quindi provare a procedere ad una revisione del modello di difesa degna di questo nome, così come tutti gli altri Paesi europei, e non soltanto europei, hanno fatto in questi anni, ossia ovviare all'errore della procedura dei tagli lineari che il Governo precedente ha messo in campo anche sul settore della difesa elaborando una vera e propria strategia di sicurezza nazionale.
L'Italia è l'unico Paese, a quanto io sappia, almeno in Europa, a non essere dotato di un documento elaborato dal Parlamento di strategia di sicurezza nazionale: credo che sia imperativo per il prossimo Parlamento ovviare a questa lacuna. Per quanto riguarda il gruppo del Partito Democratico - lo abbiamo sempre detto - ribadiamo il nostro impegno - non soltanto ci sarebbe piaciuto poterlo fare in questa legislatura - a riportare questa stessa proposta nella prossima legislatura.
Nel frattempo, però, dati i quattro anni di tagli lineari, che hanno inciso in modo molto pesante anche sul settore della difesa, producendo effetti del tutto irrazionali sul funzionamento dello strumento militare, non credo che in quest'anno il Governo avrebbe potuto fare altro, che non - nell'assenza della disponibilità di alcuni gruppi parlamentari, tra cui anche quelli della Lega e del PDL - procedere, comunque, ad una revisione dello strumento militare. Certo, non sarebbe stata la revisione del modello militare o l'analisi strategica di come saranno la nostra politica estera e la nostra politica di difesa nei prossimi anni o nei prossimi decenni, ma credo che il Governo non potesse certamente stare con le mani in mano ad aspettare che gli effetti irrazionali di quei tagli lineari continuassero a prodursi.
Quindi, credo che la riforma fosse urgente: infatti, il sistema, con la grandissima parte (più del 70 per cento) delle risorse del bilancio della difesa mangiate, tra virgolette, dalle spese per il personale e le spese via via decrescenti per l'esercizio, che vuol dire manutenzione, addestramento e anche sicurezza dei militari italiani, credo che non fosse più sostenibile. Non lo ritengo soltanto io - cosa che sarebbe poco rilevante -, ma credo che lo ritengano tutti coloro che abbiamo ascoltato in questi anni in Commissione e anche tutte le forze politiche che fanno parte di questo Parlamento. Pag. 10
Quale sarebbe l'alternativa, oggi, al non approvare una riforma dello strumento militare? O la paralisi totale del sistema o un aumento delle spese militari, cosa che, evidentemente, non siamo in condizione di poter fare né, probabilmente, molti di noi di voler fare.
Dunque, credo che questa riforma sia indispensabile per motivi interni di funzionamento e di efficacia dello strumento militare e, come soltanto pochi giorni fa, ci ha ricordato il Consiglio supremo della difesa, presieduto dal Presidente Napoletano, è indispensabile anche per raggiungere quell'obiettivo, che per il Partito Democratico è stato sempre prioritario - forse, per altre forze politiche no, ma per noi sì -, di procedere speditamente sulla strada di un'integrazione europea del sistema di difesa. È impossibile pensare che sistemi che dedicano non soltanto bilanci molto diversi, ma anche ripartizioni interne al bilancio molto diverse, riescano ad integrarsi. Quindi, credo che dobbiamo essere tutti consapevoli di questo. Parlare di integrazione europea della difesa senza compiere quei passi e quelle scelte che, a livello nazionale, rendono questa scelta possibile, significa sapere benissimo - a meno che non si sia in malafede - che è soltanto un richiamo retorico e non una volontà politica vera. Allora, se vogliamo veramente un'integrazione europea della difesa, il passaggio per un abbassamento delle risorse disponibili per il personale e un aumento delle risorse disponibili per l'esercizio è indispensabile.
Consapevoli del poco tempo a disposizione - perché il Senato ha iniziato a lavorare a questa riforma a giugno, se non ricordo male -, il nostro gruppo alla Camera ha lavorato fin da allora, fin da prima dell'estate, insieme al gruppo del Partito Democratico al Senato per fare in modo che le modifiche a questo provvedimento, che per noi erano prioritarie, fossero inserite nel testo già al Senato. Questo è il motivo per cui il Partito Democratico non ha presentato emendamenti alla Camera ed è il motivo per cui, alla fine - non soltanto noi voteremo convintamente a favore, ma anche il nostro gruppo al Senato ha votato all'unanimità a favore della misura -, siamo riusciti, effettivamente, ad introdurre modifiche sostanziali, per noi prioritarie, durante l'analisi del provvedimento al Senato. Pag. 11
Vorrei citare due modifiche, che penso siano fondamentali anche per una parte di opinione pubblica che sta seguendo l'analisi di questo provvedimento: in primo luogo, l'eliminazione - forse, non è piaciuta troppo al Ministro, ma per noi era un punto fondamentale - della possibilità per il Ministero della difesa di svolgere attività negoziali nella vendita di sistemi d'arma prodotti dall'industria nazionale; e, soprattutto - cosa che è sempre stata un nostro cavallo di battaglia, un nostro punto politicamente molto forte, che siamo riusciti ad introdurre in questo provvedimento credo in modo molto importante e che dovremmo valorizzare anche di più -, abbiamo rafforzato in modo molto consistente il controllo parlamentare sull'acquisto dei sistemi d'arma. Abbiamo avuto una lunga discussione, anche qui alla Camera in Commissione difesa, negli anni precedenti, sul modo di rafforzare e di rendere veramente trasparente ed efficace il controllo parlamentare sull'acquisizione dei sistemi d'arma, con un superamento della «legge Giacchè».

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In questo provvedimento, grazie a modifiche introdotte al Senato su nostra iniziativa, il controllo parlamentare sull'acquisto di sistemi d'arma è effettivamente molto rafforzato, attraverso due misure.
La prima misura consiste nella disposizione che il Governo proponga e renda disponibile al Parlamento un bilancio consolidato che, quindi, consenta al Parlamento di avere un quadro complessivo delle risorse allocate all'acquisto di sistemi d'arma: quindi, risorse facenti capo non soltanto al Ministero della difesa, ma anche al Ministero dell'economia e delle finanze, ad esempio. Uno dei problemi principali che abbiamo è avere il quadro complessivo, e non soltanto parziale, degli investimenti: cosa che rende difficile seguire nel tempo - e a volte sono tempi molto lunghi, dieci, quindici, vent'anni - i programmi di investimento.
La seconda misura, più importante, consiste nell'introduzione di un doppio parere da parte delle Commissioni competenti, le quali, a certe condizioni, con una maggioranza qualificata, possono anche portare alla sospensione dei programmi di acquisto di sistemi d'arma. Credo che il rafforzamento del ruolo del Parlamento e, quindi, del controllo democratico e trasparente di questa parte del lavoro del Ministero della difesa, sia un punto fondamentale che non ci stancheremo mai di sottolineare abbastanza.
Un ultimo punto: c'è un rischio, direi, politico. Istituzionalmente è difficile pensare che non si possa esercitare il diritto-dovere del Governo a produrre decreti attuativi, perciò c'è un rischio politico, ossia che i decreti attuativi - che veramente riempiranno di contenuto questo provvedimento, che è una delega - vengano assunti a Camere sciolte o nel periodo in cui il Parlamento non potrà esprimersi sui contenuti dei decreti attuativi stessi, per la previsione del silenzio assenso.

PRESIDENTE. Onorevole Mogherini Rebesani, la invito a concludere.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Concludo, signor Presidente. Pag. 13
Ora, il Ministro ha già riferito in Commissione - ed è a verbale - il suo impegno a non avvalersi di questa possibilità del silenzio assenso delle Camere durante il periodo di scioglimento. Credo che sia utile ribadire questo punto in quest'Aula durante la discussione sulle linee generali: per noi è fondamentale che il Parlamento abbia una parola, una voce, una decisione finale sul contenuto dei decreti attuativi, che sia questo Parlamento o, forse meglio anche perché i tempi sono anche molto stretti, il futuro Parlamento. La cosa fondamentale è che i decreti attuativi, che saranno veramente l'anima di questa riforma, passino attraverso il Parlamento, per un passaggio di democrazia e di trasparenza, e anche per chiarezza rispetto all'opinione pubblica. Credo che nella volontà del Governo (sicuramente nella nostra non c'è), non vi sia alcuna intenzione di far passare sotto banco alcune decisioni che sono così rilevanti e così cruciali per il Paese, ed anzi con questo provvedimento potremo aumentare sensibilmente il ruolo e la consapevolezza del Parlamento e anche dell'opinione pubblica sulle scelte che responsabilmente saremo tenuti a compiere.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, sarò chiaro sin dall'inizio così evitiamo fraintendimenti tra il dire e il fare e tra il predicare e il praticare, perché altrimenti non riusciremo mai a capire chi ha fatto che cosa e non avremo mai memoria storica non solo dei nostri intendimenti, ma anche delle nostre azioni e, soprattutto, delle votazioni che si mettono in campo a distanza di tempo, perché veramente io non ho la memoria a scatti, il Paese nemmeno ce l'ha, mentre forse quest'Aula delle dimenticanze ce le ha. Chiarisco subito.
Questa è una riforma necessaria, lo riteniamo anche noi, ne sono convinto anch'io, ma mi sono convinto oltremodo - in questi giorni di dibattito fatto, come dire, con il cronometro in mano - che bisogna evidentemente fare una riforma, ma non basta farla, bisogna farla bene, anzi, a questo punto e dopo tanti anni, bisogna farla meglio di un recente passato. E su questo punto assolutamente non ci siamo.
E voglio parlare anche di un altro aspetto, che a voi sfugge sicuramente, perché credo che - così impegnati a fare questo Pag. 14rush finale e a stabilire un primato - piuttosto che dare risposte durature di prospettiva, profonde e organiche, come si suol dire strutturali, siete invece impegnati a conseguire un risultato sull'immanenza, piuttosto che sulla strategia.
Allora, vi voglio ricordare un aspetto e non vorrei che magari il Ministro possa poi rappresentare nell'immaginario collettivo, ma non solo, il Bolt della difesa, colui che raggiunge un risultato stabilendo dei record; non vorrei che questo record poi non si spalmasse sui bisogni, sull'incrociare i bisogni odierni e di prospettiva dell'intero comparto e, soprattutto, del personale della difesa. Speriamo che ciò non avvenga perché piuttosto che di primati abbiamo bisogno di leggi importanti che facciano passare alla storia il Ministro e il Parlamento per le cose fatte bene, piuttosto che per le cose fatte nonostante tutto. Non vorrei che fosse una manovra fatta contro qualcuno, piuttosto che per qualcuno e per qualcosa; per qualcuno intendo il comparto difesa e per qualcosa intendo lo Stato, la nazione e l'opinione pubblica nazionale, evidentemente.
In me è maturata una convinzione e una consapevolezza; dopo questo dibattito cronometrato, ho maturato la consapevolezza e la convinzione di essere certamente e indubbiamente, purtroppo, minoranza in questo Parlamento - lo ripeto, purtroppo, visto che non si è potuto sviluppare un dibattito ampio, sereno, approfondito e con i tempi necessari visto che questa doveva essere una riforma epocale - ma di essere, certamente, maggioranza nel Paese e nell'opinione pubblica e sicuramente anche maggioranza tra il personale del comparto difesa. Non perché io debba fare il paladino di queste esigenze perché loro sono bravissimi e consapevoli nel rappresentare le loro istanze; ce lo hanno dimostrato quando sono venuti in audizione, che peraltro sono state audizioni che noi abbiamo fatto anche con poco rispetto perché mettiamo in campo audizioni formali, riconosciute, per i «big» e mettiamo in campo audizioni informali per tutto ciò che resta; non va bene, bisogna lasciare anche traccia formalmente delle cose che si dicono perché altrimenti la gente, l'opinione pubblica, il comparto stesso che ne dovrebbe beneficiare, nel bene e nel male, non riescono ad avere un'informazione diretta e corretta delle cose che si vengono a produrre sulla loro pelle e sulla Pag. 15loro testa. Credo che, rispetto ad un personale che in questo momento è terrorizzato e demotivato da questa riforma, che per molti aspetti rappresenta veramente una controriforma, ben altre dovevano essere le considerazioni messe in campo dal Ministro e anche dal suo staff.
Bisogna ripartire da alcuni elementi che fanno perno su questa legge di cornice perché poi è vero che il tema reale, profondo, la sostanza vera è nei decreti attuativi. Allora, procedendo per gradi e cercando di riallineare e ricucire un po' le cose che ho capito, gli approfondimenti che ho fatto, le cose che ho sentito, le riflessioni che ho potuto fare e maturare insieme al comparto, insieme a tante gente dentro e fuori il comparto, dentro e fuori quest'Aula, dentro e fuori le audizioni, mi limito a definire l'articolo 1 nelle sue finalità. Quando si dice che la riforma viene messa in campo «al fine di realizzare un sistema nazionale di difesa efficace e sostenibile, informato alla stabilità programmatica delle risorse finanziarie e a una maggiore flessibilità nella rimodulazione delle spese, che assicuri i necessari livelli di operatività e la piena integrabilità dello strumento militare nei contesti internazionali e nella prospettiva di una politica di difesa comune europea, per l'assolvimento dei compiti istituzionali delle Forze armate», evidentemente sono belle intenzioni, degli intenti meravigliosi ma che cedono immediatamente dopo quando si mette in campo che cosa? Il senso vero di questa riforma fatta di pochissimi articoli, quando si dice che bisogna procedere attraverso una «revisione, in senso riduttivo». È qui il cedimento forte delle finalità di questa legge, quando si dice che, per poter conseguire qualità e risultati, bisogna venir meno al potere di approvvigionarsi e alla possibilità di far riferimento a quella che è la vera forza che è il personale, il patrimonio umano e professionale, la competenza, l'esperienza, la voglia di sfide, tutte quelle cose che attraverso questo provvedimento vengono azzerate e vengono messe in un cantuccio, perché tutto il resto si gioca diversamente, e lo spiegherò dopo.

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Anche al successivo punto, la lettera a), quando si parla dell'assetto strutturale, anche con riferimento all'Arma dei carabinieri limitatamente ai compiti militari, ci vuole spiegare il Ministro quali compiti intende ridurre in questo caso? Ancora, quando si parla dell'ottica di questa finalità: come si mette insieme la valorizzazione se poi si riduce il personale? Non le sembra un paradosso dire che lei mette in campo, tra le finalità, la valorizzazione e la tutela del personale e poi dopo ottiene tali obiettivi attraverso una riduzione degli stessi e una revisione? Evidentemente, poi, si parla di strumenti quali la razionalizzazione, l'armonizzazione e l'ottimizzazione, ma tutti questi termini fanno il paio con un dato: il taglio del personale, che è l'unica voce chiara e limpida che esce fuori e che si capisce da questo provvedimento.
E poi, sui vincoli e sui pareri, non ce ne sono su quelli di sostanza, su altri sì, perché mi sembra evidente e anche il minimo che si possa fare se non rinforzare un tema che riguarda la legge Giacchè; sarebbe paradossale se non fosse così. Il controllo parlamentare sui sistemi d'Arma è una cosa normale in un Paese normale. Qui sembra un fatto straordinario che il Parlamento si interessi ed entri nel merito delle scelte. Non succede in nessuna democrazia matura e consapevole, e non parlo degli Stati Uniti: lì il Governo propone e il Parlamento dispone. È solo qui in Italia che viene fuori che quando ci si rimette in regola e si parla di normalità tutto ciò sembra straordinarietà. Questo è un dato normalissimo. E allora, quando si insiste sul fatto che bisogna mettere insieme i pareri vincolanti, come al comma 3 dell'articolo 1, e quando si chiede in che modo e in che misura gli interventi di riorganizzazione e razionalizzazione vengono messi in campo, vi è una nebulosa, perché non si riesce a capire in che modo vengano attivate queste modalità. Si parla di rimettere insieme il riordino della sanità militare, quando invece il Ministro, senza rispetto per il Parlamento, ha già avviato questo procedimento. Lo ha fatto, con una serie di interventi, per quanto riguarda il servizio di medicina militare a Firenze, nella scorsa estate. Allora, qual è il tema del rispetto del Parlamento, se già si attivano modalità che fanno parte di un'operatività che sfugge al controllo del Parlamento? Di che Pag. 17cosa parliamo? Lei, a Firenze, ha proceduto al riordino del settore della difesa con una nota del 9 agosto 2012. Quindi, se lei si è già mosso prima ancora che noi possiamo esprimere un parere, prima ancora che noi possiamo entrare nel merito, di cosa stiamo parlando? Di quale rispetto parliamo?
È pensabile e possibile che questi elementi, che sono costitutivi in un rapporto tra Governo e Parlamento, tra Commissione e Governo, vengano saputi attraverso documenti di altri? È pensabile che tutti questi elementi vengano contenuti in una serie di scenari che vedono protagonista il Parlamento? Qui, invece, non succede, e non è solo una scorrettezza, credo sia una mancanza di rapporti politici e istituzionali da cui dovrebbe trarre forza il Governo, da cui dovrebbe trarre forza il Ministro, che invece sfugge volutamente a questo dato, perché ritiene che, forse, il Parlamento, oltre che a ratificare e votare, non possa e non debba fare altro. Noi non siamo dei convitati di pietra, siamo quelli che devono decidere in nome e per conto di uno Stato su cosa bisogna fare in prospettiva. Non vorrei essere fuorviante in ciò che dico, ma ogni aspetto che metto in campo nel mio ragionamento poi viene sostenuto. Infatti, se vediamo i pareri delle Commissioni che sono stati espressi ieri, essi sono pareri vincolanti, con osservazioni e con condizioni, che dicono: attenzione, state commettendo degli errori, se continuate in questo modo.
Alcune Commissioni si riferiscono anche al tema che riguarda la pianificazione dei programmi di ammodernamento e si afferma: «parere favorevole con le seguenti condizioni». Ma di queste condizioni tenete conto oppure no? O pensate che qui stiamo facendo della pedagogia militare, come dico sempre? Questi pareri sono vincolanti per voi, e non basta dire che non farete niente fino a quando non ci sarà il nuovo Governo. Non mi accontento di questo dato, perché se ci si spinge così facilmente e senza dare ascolto alle persone, ai comparti e a tutte quelle persone che poi, di fatto, dovrebbero fare la qualità e la quantità dello strumento militare, evidentemente avete un'idea tutta vostra di come risolvere le problematiche.
I pareri vincolanti delle Commissioni vi dicono che dovete stare attenti perché, da un lato, voi incrociate e vi scontrate con la spending review e, dall'altro, vi incrociate e vi scontrate fortemente con l'armonizzazione del sistema previdenziale. Ma Pag. 18volete tener conto di queste cose che sono arrivate prima? Non vi siete posti per niente questo tipo di problema. Le condizioni e le osservazioni messe in campo dalle Commissioni sono per voi dei paletti insormontabili.
Credo che non si possa andare avanti in questo modo e credo che, anche sui sistemi d'arma, forse avete trovato un cavallo di Troia, pensando di poter superare le esigenze del Parlamento e gli indirizzi che noi vogliamo mettere in campo. Per quanto riguarda l'ultimo aspetto del provvedimento vado, come dire, «a spanne», perché il tempo non mi consente - dovrei parlare qualche giorno di seguito - di poter entrare nel merito anche delle decisioni, però credo che su alcune decisioni, quale quella di mettere in campo questo provvedimento, noi o voi avreste dovuto fare una cosa semplicissima per andare incontro alle esigenze dette da alcuni colleghi di vari schieramenti.
Se veramente pensate che il provvedimento debba anche maturare nelle prossime settimane e cogliere gli obiettivi attraverso i decreti delegati, evidentemente bisognava fare una cosa dentro lo schema di legge che voi portate, ossia prevedere, dopo l'articolo 5, l'articolo 6 e, per tranquillizzare l'universo mondo (e si poteva anche tornare al Senato, perché non ci corre dietro nessuno, sono state fatte tante di quelle cose inutili e questa è una cosa importantissima che poteva trovare spazi, tempi e modi per tornare al Senato), scrivere una cosa sola, almeno questa, per tranquillizzare il comparto, per tranquillizzare tutte le forze politiche che a mezza bocca, oppure tacendo, vogliono che si faccia questo, ossia scrivere all'articolo 6 - se era possibile, e secondo me è indispensabile - che la presente legge entra in vigore dal primo giugno 2013.
Ciò avrebbe dato tono e forza alla proposta del Ministro, nel senso di dire: bene, abbiamo messo in campo un riferimento forte e importante, oggi poi abbiamo tutto il tempo per definire i percorsi che i decreti delegati possono agire, dando sostanza e tranquillità al prossimo Parlamento. Infatti, non credo che voi oggi abbiate la legittimità necessaria per poter mettere in campo un provvedimento così importante.
Lei, signor Ministro, avrebbe dovuto mettere in campo questa modalità, ossia incrociare, incontrare, quanto più e meglio, le Commissioni e il Parlamento per poter definire nella struttura e l'architettura la legge, per poi dire: il mio compito è fatto, non c'è più fretta, a meno che - allora a questo punto Pag. 19viene fuori un pensiero cattivo (e a volte a pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca) - all'intero di questo provvedimento le prerogative del Parlamento non vorrei che venissero esautorate perché noi dobbiamo rispondere a qualcos'altro che è fuori dal Parlamento.
Se così fosse, sarebbe assolutamente grave, perché significa che gli obiettivi da raggiungere sono altri e sono tutti in barba al personale e al Parlamento. Voglio anche aggiungere alcune questioni. Noi su questo provvedimento siamo in perfetta sintonia con quanto detto dai Cocer, tant'è che probabilmente noi, oltre agli emendamenti che ripresentiamo in Aula tutti quanti interi, proporremo anche un ordine del giorno che va in quel senso. Quelle messe in campo dai Cocer, e anche dalle associazioni che abbiamo ascoltato, sono richieste sacrosante che non sono state ascoltate, sentite, ma anzi sono state in qualche modo anche messe da parte, perché non rientranti in questo schema di lavoro che è un lavoro - insisto nel dire - contro le esigenze dell'intero comparto e ancora perché, su alcuni temi che richiamano le finalità dell'articolo 1, avete anche fallito.
Infatti, gli elementi di criticità rimangono tali e quali tutti quanti interi. Come è pensabile che la riforma, che deve agire su quattro punti (la riorganizzazione del Ministero della difesa, la riduzione del personale militare e civile, la rimodulazione dei programmi di ammodernamento e rinnovamento degli armamenti e l'introduzione di misure di flessibilità nel bilancio) possa conseguire questi obiettivi, se sganciati da altri elementi che sono fondamentali per mettere in campo una legge così importante e così gravosa per l'intero comparto che può avere risultati importanti o può definire - come dire? - la morte, altrimenti, dell'intero comparto?
Allora ricordo alcuni aspetti critici. All'interno di questa riforma vi è la mancata inclusione di un più ampio processo di riflessione sulla politica italiana di difesa.

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Ciò manca assolutamente, manca assolutamente, e, invece di partire dagli obiettivi della nostra politica e poi eventualmente commisurare, rispetto a questi, lo strumento necessario ai finanziamenti, siete partiti dai fondi disponibili per poi cucire lo strumento su misura di questi. E non basta la crisi a definire questo aspetto. Non basta la crisi a definire questo aspetto perché chi vi parla è convinto che gli elementi costitutivi di una nazione moderna, di uno Stato serio, maturo e consapevole, sopratutto democratico, passino attraverso due gambe: il welfare e la difesa. In questo modo avete impoverito sicuramente la difesa nella sua struttura, togliendogli qualità e quantità, e non avete dato profondità né in senso di politica italiana di difesa né tantomeno agganciandola agli schemi di politica europea. Evidentemente poi nei decreti delegati troveremo la giusta commisurazione del rapporto tra Governo, Ministero e Parlamento, soprattutto tra Ministero e classe politica che dovrà portare avanti queste iniziative.
Credo che un altro aspetto che è mancato, e si tratta di un aspetto fortemente critico, ma quando dico critico evidentemente sto usando un eufemismo ulteriore, è che la riforma avrebbe dovuto essere in grado di essere armonizzata, se non concordata, ma con questo chiedo troppo evidentemente, con gli altri Paesi membri dell'Unione europea, al fine di coordinare gli interventi che ciascuno Stato sta attuando e renderli complementari in questo modo all'Unione europea, soprattutto per avere la capacità di guardare oltre, a un futuro dove la politica estera comune e la politica di difesa e sicurezza comune sono il punto di riferimento e la stella polare per tutte le nazioni.
Voglio anche dirvi, Ministro, Governo e amici della Commissione e del Parlamento, che chi interviene e parla in questo momento si è fatto carico di una serie di necessità e di esigenze, si è fatto carico di un silenzio assordante che viene fuori dallo stesso Ministero, anche dall'Aula e dalla Commissione. Ma c'è un dato. Oltre ad una serie di criticità evidenziate, che abbiamo messo a fuoco, che abbiamo tolto dal grigiore, dall'opacità o dal buio, abbiamo anche fatto delle iniziative importanti in tempi non sospetti, prima ancora che il Ministro arrivasse a proporre, a febbraio, il suo disegno di Pag. 21legge delega per quanto riguarda la riforma dello strumento militare. A dicembre 2011 chi vi parla ha proposto un disegno di legge che istituiva una Commissione parlamentare per l'elaborazione di un nuovo modello di difesa e di sicurezza nazionale. Cosa voglio dire con questo? Voglio dire che c'è stato un tentativo, non solo mio, ma anche di altri gruppi parlamentari, di dare un contributo prima ancora che si mettesse in campo un'idea di legge che non trovasse riscontro all'interno del comparto difesa. Era come dire di rientrare giustamente nell'alveo parlamentare di una maturazione legislativa che desse un sostegno alle prossime iniziative per quanto riguarda il Governo, che peraltro nella sua mission non aveva queste caratteristiche. A questo Governo non è stato chiesto di fare gli interventi straordinari, come abbiamo visto in queste settimane, e nemmeno questo è stato chiesto di mettere in campo. È stato chiesto di traghettare il Parlamento e una maggioranza che era agonizzante fino alle elezioni. Quindi, non sono stati chiesti assolutamente degli elementi straordinari, che cambiassero, disegnassero o stravolgessero gli assetti, e questa è una di quelle cose che non è stata chiesta assolutamente.
Allora, in quel caso, il Ministro avrebbe dovuto tener conto delle proposte in essere e cercare di capire in che modo e in che misura avessero lavorato le Commissioni, quali erano le proposte in campo, e avrebbe avuto tutto il tempo per poter avere una conoscenza approfondita, al di là delle conoscenze che ha per competenza, esperienza e professionalità. Ma non basta. Noi qui abbiamo bisogno di politica e di meno tecnicismo, perché dopo lei i voti al suo provvedimento li prende attraverso la politica. Quindi, qui mancano tutti quegli aspetti caratterizzanti un disegno di legge di profondità, di prospettiva, che sia finalmente di carattere europeo e che tenga conto di quegli aspetti che anche l'Agenzia di difesa europea ci ha chiesto e che vengono bellamente disattesi, al di là di quello che lei ci dice e ci racconta. Pertanto, credo che noi in qualche modo stiamo facendo un lavoro totalmente inutile.
Infatti, stiamo lavorando su un disegno di legge che in qualche modo rappresenta una architettura vaga sugli aspetti e sui percorsi che lei vuole intraprendere.
Dopodiché, i decreti delegati, che sono il tema centrale, sfuggono al nostro controllo e tornano nelle mani complete del Pag. 22Ministero e del Governo che può farne quello che vuole nel momento in cui non c'è più il Parlamento che può mettere in campo azioni importanti. Allora, non basta che ci siano, come dire, delle disponibilità parolaie e sono necessarie delle disponibilità in termini legislativi. Perché si fanno le leggi? Perché si fanno gli emendamenti? Perché c'è un percorso che tiene conto di una proposta e poi qualcuno cerca di migliorarla, senza tirare per la giacchetta, come magari può succedere in questo momento al Governo e al Ministero.
Non vorrei insistere sull'aspetto che ho citato prima: non vorrei che questa riforma venisse sollecitata non dall'interno del Parlamento come esigenza del comparto, ma da qualcun altro, da qualcun altro che vuole orientare le scelte e insisto anche perché in questo provvedimento due sono gli aspetti caratterizzanti al di là di quello che io ho detto. Gli aspetti caratterizzanti sono: il taglio del personale e l'utilizzo di risorse per investimenti, per gli armamenti e in questo caso evidentemente avere le mani libere per fare un salto nel vuoto attraverso gli F35.
Dico questo per semplificarlo e farmi capire dagli italiani, perché so che voi non mi ascoltate. La semplificazione dice questo: tagliare per comprare, tagliare personale per comprare gli F35. Così l'Italia intera la capisce questa cosa. Non torno sul tema dei Cocer perché saranno oggetto di miei emendamenti e, quindi, non voglio rubare tempo per questo, ma io sono totalmente d'accordo con loro. Però credo che noi non abbiamo fatto un buon lavoro quando ci costringete ad orientare le nostre riflessioni su alcuni aspetti che poi non ci vedono protagonisti, perché il tema che riguarda una nuovo, moderno, efficace ed efficiente disegno della difesa e dello strumento militare non passa attraverso i percorsi che voi avete disegnato. Non ci convince assolutamente che una moderna esigenza di uno strumento militare passi attraverso il taglio del personale. Non si fanno le guerre e la difesa con i video game. Si fanno diversamente. Allora, rispetto a questi, quando voi vi tenete le mani libere sulla flessibilità sta a significare che voi rispetto alla flessibilità, per non ripassare più dal Parlamento, volete utilizzare quelle risorse diversamente e non è vero, come lei ci ha detto (e a più riprese ce lo hanno detto anche altri), che solo lo 0,84 per cento del PIL Pag. 23viene utilizzato per la difesa. Viene utilizzato l'1,84 per cento ed è tra il tema che riguarda la Germania e quello che riguarda la Spagna.
Le risorse vengono utilizzate in questo modo e noi siamo i secondi in Europa utilizzando questo. Perché non riusciamo a capire questo dato? Perché noi siamo l'unico comparto di difesa, ma non solo forse, che abbiamo i dati disaggregati. Mentre altri, come la Germania, la Francia e la Spagna, hanno dati aggregati per cui si capisce bene, se tu vai a vedere bene nel quadro economico e finanziario come sono appostate le risorse, da noi non si capiscono, perché sfuggono al controllo e non si riesce a mettere in campo e a decifrare dove sono le risorse sono stanziate nelle poste di bilancio.
Credo che su questo dovremo fare anche una riflessione perché queste cose non le dico io, ma i documenti che vengono fuori dall'Unione europea, dall'EDA e da quant'altro dicono che noi utilizziamo queste risorse e siamo alla pari di questi, tant'è che ci dicono che la spesa è maggiore dello 0,84 per cento, ma è superiore al dato di Germania e Spagna. L'Italia è all'1,4 per cento come la Germania e più della Spagna (1,1 per cento), mentre la media NATO dei paesi europei è l'1,7 per cento, di poco superiore a quella italiana.
Poi c'è un altro aspetto: l'Italia paradossalmente, al di là delle cose che voi dite, è uno dei paesi europei che ha meno ridotto il peso delle spese militari in rapporto al PIL. Ancora: quei dati che non riusciamo a trovare aggregati per gli impegni che ci sono sapete bene che ci porteranno ad un esborso di 230 miliardi in 12 anni evidentemente per quanto riguarda la parte della difesa. In 12 anni 230 miliardi di euro, per quanto riguarda questo dato.

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Gli altri dati che ci sfuggono nel disegno, nell'impostazione del bilancio, evidentemente sono quelli legati al Fondo per le missioni internazionali ascritto al Ministero dell'economia e delle finanze, che sono 1 miliardo 640 milioni, i fondi ascritti al Ministero dello sviluppo economico per finanziare programmi ai nuovi sistemi d'arma, 2,248 miliardi di euro. Evidentemente questi messi insieme fanno volume e ci dicono che quelle risorse appartengono a questi numeri piuttosto che a quelli che ci vengono dati. Evidentemente io non posso pensare che vi siano degli errori quando ci vengono messi in campo tali numeri e penso che sia questo il dato più inquietante e penso ancora una volta che rispetto a questo dato io ho avuto modo di sentire, vedere, verificare e non è questo il Paese che ha bisogno di riarmarsi, non è questo il Paese che ha bisogno di novanta F35, questo è un Paese che ha bisogno di trovare finalmente una propria dimensione di politica di difesa nazionale ed europea stando dentro alcuni canoni che sono la modernizzazione, l'efficacia, l'efficienza e cercando di fare leva su alcuni aspetti che altri Paesi hanno già messo in campo, sulla formazione, quindi destinando risorse che qui non si vedono, sono solo descritte le disponibilità; sull'equipaggiamento; sulla sicurezza del personale; sull'utilizzo di risorse da mettere in campo per far sì che queste persone ritrovino motivazione e quella professionalità smarrita e soprattutto che si dia finalmente una possibilità...

PRESIDENTE. Onorevole Di Stanislao, la invito a concludere.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, il tempo è già finito?

PRESIDENTE. Onorevole Di Stanislao, un minuto.

AUGUSTO DI STANISLAO. Un minuto? Siamo già arrivati a trenta?

PRESIDENTE. Sì.

AUGUSTO DI STANISLAO. Perfetto, cercherò in questo ultimo minuto di fare un auspicio e un augurio, che è quello Pag. 25di poter vedere questo provvedimento riprendere la sua dimensione di concertazione, contrattazione, confronto e dibattito nella prossima legislatura, perché è quello il posto vero e di legittimazione di questo provvedimento, è quello il posto vero all'interno del quale bisogna decidere le sorti future dell'intero comparto difesa e penso - di questo me ne deve dare atto il Ministro - che l'intero comparto del personale merita ben altra considerazione, dev'essere rimotivato piuttosto che terrorizzato ed ho la convinzione che tutto questo personale rappresenta per noi il miglior auspicio, il miglior patrimonio da mettere in campo rispetto alle cose che sono state lette all'interno del disegno di legge, e penso che su questo noi potremmo giocare una partita importante e decisiva e soprattutto ridare ruolo e dignità al Parlamento che in questo momento forse è impegnato più in altre cose, quindi siete facilitati nell'approvare questo strumento.
Io darò ancora battaglia la settimana prossima attraverso gli emendamenti e cercando di convincere qualcuno all'interno del Parlamento perché quel qualcuno servirà a mettere insieme e in sintonia, riagganciarlo e incrociarlo con i bisogni dell'intera collettività nazionale che, ripeto e concludo, oggi è maggioranza con me, mentre oggi io sono minoranza in questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, io credo davvero che questo di cui noi stiamo parlando sia un provvedimento legislativo di grandissimo rilievo, soprattutto di una grande complessità. È ovvio che quando noi andiamo a riorganizzare lo strumento militare, peraltro dopo pochi anni, relativamente pochi anni, rispetto alla costituzione del modello 190 mila, per passare a questo modello 150 mila, che obbedisce ad un'esigenza di contrazione della spesa, bisogna, mantenendo l'ambizione del nostro Paese di avere Forze armate che anche nel contesto delle alleanze internazionali siano all'altezza del nostro Paese sulla base dei parametri che ci contraddistinguono, noi ci troviamo in una situazione delicatissima, difficile.
Basti citare il caso del rapporto tra la spesa del comparto militare ed il prodotto interno lordo - che ci vede allo 0,9 per Pag. 26cento, contro una media dei maggiori Paesi dell'1,6 per cento - per capire quali e quante siano le difficoltà alle quali noi siamo chiamati, in modo particolare è chiamato il Ministero della difesa. Io, che conosco e stimo il Ministro non lo invidio perché si viene a trovare in una situazione assolutamente difficile. Certo è che, essendo persona competente, cerca e ha cercato di lavorare a questo provvedimento legislativo di cui stiamo parlando, che sicuramente contiene ampie deleghe e che contiene, però, anche alcune indicazioni che riteniamo utili e condivisibili, rispetto alle quali le forze politiche ed i gruppi parlamentari che sostengono questo Governo hanno ritenuto di dover avallare e, quindi, di accorciare i tempi e assentire a questo provvedimento che noi andremo ad approvare.
È ovvio che però - come è stato ricordato dai vari colleghi, in primis dal presidente Cirielli nella sua relazione di ieri - noi non possiamo non essere preoccupati e, nello stesso tempo, non possiamo non dare delle indicazioni circa gli elementi di criticità che questo provvedimento contiene, non in quanto tale, ma in quanto collocato in una cornice di altri provvedimenti, alcuni dei quali sono venuti prima, mentre altri, tipo il regolamento sull'armonizzazione del sistema previdenziale, devono venire dopo. Tali provvedimenti sono talvolta contraddittori e comunque talvolta scollegati tra di loro perché qualcosa è scritto nella spending review, qualcosa nella riforma dei codici, qualcosa nella riforma dello strumento militare. Probabilmente, se non vi fossero state le emergenze finanziarie, si sarebbe potuto discutere con maggior cognizione di causa e con maggiori tutele e garanzie, qualora noi avessimo potuto affrontare la questione in termini meno precipitosi e soprattutto per descrivere con maggiori garanzie e maggiori particolari quello che noi vorremmo fosse uno strumento militare riformato.
Qui non discutiamo tanto del numero, cioè del passaggio dal modello dei 190 mila al modello dei 150 mila, quanto vogliamo essere garantiti sul fatto che, pur passando ad uno strumento militare già così fortemente ridotto, non si riduca la potenzialità, l'efficienza, la funzionalità, la credibilità di Pag. 27questo strumento militare, lo ripeto in una nazione che ha un'ambizione di politica estera, quale quella che noi abbiamo e che dobbiamo difendere.
Qui ci sono anche dei punti interrogativi di non poco conto. Credo che qualunque Ministro della difesa, in modo particolare uno che di difesa se ne intende, se avesse dovuto mettersi a scriversi «a tavolo imbiancato» quello che sarebbe dovuto essere, probabilmente avrebbe fatto anche cose diverse.

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Lo stesso Ministro in Commissione, con molta onestà, ha detto che noi spendiamo poco e male, nel senso che con i tagli che abbiamo avuto non siamo riusciti o non siamo in condizione di spendere bene, vale a dire di avere la possibilità di non alimentare sprechi. Quel vecchio proverbio, non so se toscano o nazionale, che dice «chi più spende meno spende» è pur sempre valido, nel senso che quando si vanno a fare determinati tagli si incide su alcuni settori di una organizzazione - e, devo dire, che lo strumento militare è una organizzazione per eccellenza - ed è ovvio che si vanno a, come dire, creare delle sacche di spreco, determinate dal fatto che non dando risorse sufficienti a certi segmenti di questa organizzazione se ne lasciano altre in decozione.
Si pensi, uno per tutti, ai tagli progressivi che hanno portato a questo sbilanciamento del 70 per cento - il costo del personale - anziché al 50, 25 e 25, che è considerato il modello classico. Questo alimenta sprechi e spesa inutile. Inoltre, disattiva e rende inefficace - inefficiente, per meglio dire - la struttura. Ho letto dei rendiconti dello Stato maggiore dell'esercito e, per esempio, nelle spese relative all'addestramento vi è stato un crollo, perché si è passati dal 100 al 15 per cento della spesa rispetto agli anni precedenti. Ma, è ovvio che quando non si fa addestramento e formazione a sufficienza si crea un disservizio, un vulnus, nella struttura organizzativa.
Ora, questo fatto che deve essere affrontato, ossia quella questione della riduzione, nel più rapido tempo possibile, diciamo, dell'organico, per rientrare nel modello «50-25-25», invece non trova alcuna garanzia, perché chi può affermare che questo personale può essere ricollocato? E dove? Con la mobilità? Presso quale altra struttura? Io, che ho un po' di esperienza, essendo sempre vissuto nella pubblica amministrazione, so che oggi nessuna amministrazione usufruisce delle questioni della mobilità, semplicemente perché tutti hanno, come dire, gli organici bloccati e quando hanno bisogno di qualche soggetto vanno a ricercare il soggetto magari più fresco, che ha una professionalità della quale non si dispone momentaneamente. Pag. 29
Quindi, le previsioni che si possono fare sono abbastanza, come dire, incerte. Io credo che, per esempio, due commi - il comma 5 dell'articolo 1 e il comma 2 dell'articolo 5 - consentano al Governo di poter prorogare determinati termini e, quindi, giostrare questa materia in modo da non doversi ritrovare, come dire, con le mani legate rispetto a queste esigenze di fondo, per dare una vera riforma allo strumento militare. È apprezzabile lo sforzo che è stato fatto in questo testo, che contiene anche alcuni elementi sicuramente di grande positività, segnalati nel dibattito in Commissione e ribaditi in Aula anche dal Presidente. Io non sto a ripeterli, ma sicuramente è apprezzabile. Io ho solo questa preoccupazione, che ci possiamo venire a trovare in questo ingorgo normativo.
Soprattutto bisogna valutare le tempistiche e se conviene far slittare i termini di queste facoltà, che il Governo si riserva in un provvedimento di delega, ad un momento in cui ci sono maggiormente chiariti tutti gli aspetti della vicenda oppure no. Ormai questa legislatura volge al termine e volge al termine anche il mandato del Governo e mi chiedo se forse non sia il caso di dare il compito a chi verrà dopo di noi, tanto in Parlamento quanto nel Governo, di dirimere alcune di queste questioni, sospendendo alcuni provvedimenti. So che ancora non è arrivato all'esame della Camera né del Senato, ma per esempio il regolamento sulla cosiddetta armonizzazione può essere veramente dirompente ed andrebbe sospeso. Rivolgo un invito al Ministro, ma tramite lui a tutto il Consiglio dei Ministri, a valutare se non sia opportuno ritirare questo regolamento sull'armonizzazione, approvato con un decreto, perché se venisse al nostro esame noi non potremmo fare altro che esprimere un parere negativo. Infatti, nel momento in cui si debbono ridurre gli organici, nel momento in cui si blocca o comunque si riduce fortemente il turn over e si allunga anche l'età pensionabile, qualunque persona di buon senso si rende conto che questi sono fatti in assoluta contraddizione fra loro. Che almeno non si abbia una visione distorta di quello che deve essere lo strumento militare o le stesse forze di polizia e le stesse forze dell'ordine. Vogliamo alimentare davvero gli sprechi, davvero un invecchiamento che fa crollare l'efficienza, la funzionalità e la potenzialità di questo strumento? Allora, noi oggi arriveremmo all'approvazione, respingendo gli emendamenti che verranno presentati, però presenteremo Pag. 30 - e siamo tutti d'accordo - un ordine del giorno nel quale saranno indicati alcuni punti fermi nell'esercizio delle deleghe, ma soprattutto faremo riferimento anche alla questione del regolamento sulla armonizzazione. Così come vogliamo andare incontro anche ad alcune, non tutte ma molte, delle questioni che sono state poste dai CoCeR, che hanno posto questioni a mio giudizio ragionevoli, che naturalmente dovrebbero essere gestite non a livello di stesura di un provvedimento legislativo, ma tenute in massima considerazione da parte del Governo - questo o quello che verrà - che dovrà gestire, attraverso i propri decreti, questo esercizio di delega. Le questioni che sono state poste hanno una valenza generale, ma hanno anche, a maggior ragione, una valenza specifica, nel momento in cui si vengono a determinare condizioni di straordinaria amministrazione, dovendosi ristrutturare così radicalmente lo strumento militare. Concludo dicendo che sicuramente devono essere tenute in conto e apprezzate anche queste esigenze di riqualificazione della spesa, che sono contenute nel testo.

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Allo stesso modo si debbono sicuramente apprezzare anche i ruoli maggiori che si intendono attribuire al Parlamento per la massima trasparenza nella gestione soprattutto in ordine alle forniture militari che sono uno degli elementi di maggiore qualificazione, e anche per una riqualificazione della spesa nella quale tanto la formazione, quanto l'addestramento, quanto gli armamenti siano punti di assoluta certezza e di assoluto riferimento. Non credo di dovere aggiungere niente di più perché questo provvedimento viene approvato e noi ci rendiamo conto che è necessitato, però non vorremmo che il nostro Paese dovesse essere troppo indebolito nel proprio strumento militare che è la conditio sine qua non per poter - questo è sempre bene dircelo chiaramente - svolgere funzioni di politica estera, di politica internazionale, a cominciare dall'Europa ma per finire poi anche in una dimensione più vasta che è quella dell'Alleanza atlantica nella quale i nostri militari stanno svolgendo missioni importanti anche dando del nostro Paese una grande immagine, un'immagine di serietà, di correttezza e anche di efficienza.
Questo è davvero uno dei fiori all'occhiello che il nostro Paese può vantare grazie alle nostre Forze armate.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Holzmann. Ne ha facoltà.

GIORGIO HOLZMANN. Signor Presidente, signor Ministro, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, negli ultimi anni le politiche dei vari Governi che si sono succeduti hanno determinato delle manovre economiche straordinarie che hanno inciso soprattutto sul fronte della riduzione della spesa pubblica, e il settore della difesa è stato uno dei più colpiti dai tagli di bilancio che sono avvenuti negli ultimi anni. Si è preferito considerare la difesa un settore non strategico evitando tagli sulla spesa sociale, ad esempio, però questa impostazione ha determinato nel tempo - come altri colleghi giustamente hanno sottolineato prima di me - uno squilibrio nel bilancio del comparto della difesa, ovvero quel famoso rapporto 50-25-25 tra spese di personale, acquisto di sistemi d'arma e addestramento si è squilibrato a favore soprattutto Pag. 32della spesa corrente per il personale, che è arrivata al 70 per cento.
Ora è chiaro che se si vuole avere un modello di efficienza si deve pensare di incidere su quella parte di spesa che in questo momento è eccedente e purtroppo è quella che riguarda il personale. Ecco perché non comprendo alcune critiche di colleghi che mi hanno preceduto che vorrebbero andare ad incidere ancora di più sulla spesa per l'acquisto dei sistemi d'arma che implicherebbe come conseguenza un ulteriore e maggiore sbilanciamento sul fronte della spesa corrente. Il riequilibrio, per quanto doloroso ma in presenza di tagli di bilancio, è necessario e quindi questo disegno di legge delega del Governo prevede appunto una profonda revisione dello strumento di difesa incidendo proprio su questa voce. È chiaro che quando si parla di riduzione del personale si debbono affrontare dei tagli dolorosi, ma sono anche convinto che attraverso l'accorpamento di reparti di strutture e di infrastrutture che è già previsto in questo disegno di legge si possa arrivare ad un risultato accettabile. Colgo l'occasione, forse anche un po' impropriamente, anche per richiamare l'attenzione del Ministro sulla situazione delle truppe alpine che sono un fiore all'occhiello delle Forze armate italiane e che sono anche largamente impiegate nei teatri internazionali, anche quelli difficili, dove siamo attualmente presenti. Le truppe alpine hanno subito drastiche riduzioni negli ultimi anni con la soppressione di due brigate (la Tridentina è una brigata che esiste soltanto a livello di quadri) quindi, insomma, io auspico che si possa a procedere anche ad un accorpamento dei supporti come era così in precedenza sotto il comando delle truppe alpine.
Mi riferisco ai reparti logistici, all'aviazione leggera dell'Esercito, alle trasmissioni che anni fa erano sotto il comando delle truppe alpine e che auspicherei potessero ritornare. Fatta questa breve parentesi, vorrei anche soffermarmi sul fatto che l'Italia, contrariamente a quanto si è detto, spende soltanto l'1 per cento del proprio PIL per la difesa, anche considerando ciò che viene dato dal Ministero dello sviluppo economico per i sistemi d'arma, contro una media europea che è dell'1,6 per cento. Siamo stati, quindi, molto parchi negli stanziamenti al settore della difesa che è, comunque, un settore strategico. Non Pag. 33si può improvvisare la difesa, non si può pensare di correre ai ripari quando è necessario La difesa, proprio per la propria struttura e tipologia, richiede investimenti e programmazioni molto lunghe; non è che ci si può procurare una nave o un aereo ordinandoli una settimana prima come si fa con un'automobile dal concessionario. Quindi, il nostro strumento deve essere ben calibrato, ma, soprattutto, pensato. Noi abbiamo la necessità di ammodernare le nostre Forze armate con i mezzi terrestri, navali ed aeronautici e questa è una scelta imprescindibile.
Il discorso dei nuovi caccia F35, che tanto appassiona i miei colleghi e scatena anche magari un po' troppo la demagogia, è un progetto che va sostenuto. Innanzitutto, dobbiamo anche dire - si dice poco - che, rispetto alla previsione iniziale di 137 velivoli, siamo a 90 e, quindi, c'è una riduzione già di un 30 per cento di questa spesa. Questo è bene che lo si dica. Inoltre, il progetto rappresenta il caccia del futuro, per i prossimi decenni. Noi siamo in uno scenario, anche come Paese, con alcune criticità; non possiamo nasconderci che alcuni Paesi non lontanissimi da noi stanno cercando di dotarsi anche di armi nucleari e, quindi, dobbiamo pure pensare di poter affrontare queste possibili future minacce partendo per tempo, anche dotando la nostra aeronautica dei mezzi più moderni. Non si può pensare di rinunciare ai sistemi d'arma supplendo a questi con l'addestramento del personale come è stato detto. Non è che possiamo far fare i corsi di volo ai piloti senza gli aerei. L'F35, tra l'altro, rappresenta una grande opportunità anche per l'Italia perché coinvolge la nostra industria, che partecipa a questo progetto, creerà nuovi posti di lavoro - si calcola circa 10 mila - e sarà un'attività che durerà nel tempo perché avremo anche la possibilità di effettuare la manutenzione di tutti questi velivoli che saranno schierati in Europa dai vari Paesi. L'Italia diventerà un punto di riferimento importante. E, soprattutto, verrà rilasciata alta tecnologia di cui siamo in questo momento sprovvisti e questo sarà sicuramente un grande beneficio per la nostra industria. Quando si parla dell'acquisizione di nuovi sistemi d'arma, quindi, bisogna tenere anche in considerazione questi aspetti che spesso vengono poco considerati e si pensa Pag. 34soltanto all'uscita di bilancio immediata, ma non si pensa sufficientemente alle positive ricadute che ci potranno essere.
Certo, sarebbe possibile risparmiare ancora di più nel bilancio della difesa e credo che il Ministro lo sappia molto bene, ma per questo ci vorrebbe una politica comune europea nel settore della difesa. Se questo fosse, allora si potrebbe pensare per tutti i Paesi ad un'ulteriore riduzione delle Forze armate, ma una politica comune della difesa è subordinata soprattutto a una politica estera comune che in questo momento non esiste. La recente posizione, a mio avviso inspiegabile, del Governo italiano sulla questione del riconoscimento dello Stato palestinese come Stato osservatore all'ONU, peraltro posizione diversa rispetto ad altri Paesi europei importanti come Francia e Germania che si sono astenuti su questa questione - tra l'altro, non eravamo neppure determinanti e, quindi, potevamo assumere una posizione molto più cauta e prudente visto che siamo nelle more anche di un importante contratto di fornitura con lo Stato di Israele -, dimostra quanta strada ancora ci sia da percorrere.

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Visto che anche nel Governo sotto questo profilo le posizioni sono abbastanza diverse, figuriamoci quando potremo avere una visione di politica estera comune a livello di Unione europea. Fino a quando questo non ci sarà, ogni Paese sarà costretto a provvedere da sé e naturalmente gli stanziamenti per la difesa devono mantenere una certa consistenza e una certa entità. Non è colpa certamente del Governo italiano, ma credo che andrebbe fatta qualche riflessione.
Credo che questo disegno di legge contenga tutti gli elementi necessari per affrontare la situazione, in vista appunto anche dei prossimi bilanci, che certamente non daranno maggiori risorse al comparto della difesa. Si possono fare ancora alcune cose. Prendo atto anche positivamente dell'accoglimento di numerosi emendamenti presentati al Senato dal gruppo del Popolo della Libertà, che mirano anche a tutelare e salvaguardare il personale in esubero: si parla di quasi 50.000 persone, in un periodo di tempo ragionevolmente lungo fortunatamente. Non sono preoccupato, perché questo Paese ha dato altre prove, ben più importanti in passato, con operazioni molto più consistenti, che hanno riguardato aziende private come la FIAT, la Telecom, o anche pubbliche, come le Ferrovie, che hanno dovuto avviare processi di ristrutturazione che hanno sacrificato decine di migliaia di posti di lavoro.
Quindi, vanno individuati certamente gli strumenti anche dal punto di vista previdenziale e in futuro ci dovrebbe essere una maggiore sinergia tra il comparto della difesa e l'industria pubblica e privata, dando anche una possibilità ai giovani italiani, che si offrono volontari per periodi più o meno brevi, di poter poi avere un reimpiego nell'industria nazionale collegata alla difesa oppure nel comparto pubblico, come in parte avviene attraverso l'arruolamento nelle forze di polizia.
Quindi, qualcosa può sicuramente essere fatto. Io non credo che il Governo sia fatto da persone irresponsabili: credo che tutti abbiano a cuore la situazione di questo personale, che deve essere valorizzato anche nell'appartenere ad un sistema che, nel suo complesso, garantisca efficienza. Se invece non dovessimo affrontare questo processo di ristrutturazione delle Forze armate, evidentemente ci troveremmo in una situazione in cui si sono trovate molte altre amministrazioni e come si Pag. 36è comportato in passato anche qualche Governo, di mantenere uno status quo a scapito dell'efficienza e non ce lo possiamo permettere.
Ci sono state delle operazioni molto ben fatte per quanto riguarda dismissioni di patrimonio non utilizzato, di strutture ed infrastrutture di proprietà dell'Esercito. Cito soltanto i casi della Val d'Aosta e quello dell'Alto Adige, che conosco molto meglio: un'operazione da 140 milioni di euro, che ha portato alla dismissione, a favore della provincia, di alcune caserme non più utilizzate e in cambio si è ottenuta la ristrutturazione delle caserme, che invece resteranno sul territorio, la costruzione di nuovi 400 nuovi alloggi di servizio, la ristrutturazione di altri 200 alloggi di servizio. Quindi, questa operazione ha garantito alle Forze armate di operare in futuro in un territorio con tutte le strutture necessarie nuove.
Spero che questo possa avvenire in futuro anche in altre zone d'Italia, anche se gli enti pubblici hanno meno disponibilità rispetto alle province e alle regioni a statuto speciale, ma certamente possono essere utilizzate anche strutture militari che non si riescono a collocare per altri usi. Penso, ad esempio, a strutture di servizio per il personale delle Forze armate, agli asili, alla creazione quindi di posti di lavoro di contorno che possono essere interessanti soprattutto per il personale che è costretto a frequenti trasferimenti per ragioni di servizio e che non sempre riesce a collocare nel mondo del lavoro il proprio coniuge. Quindi, vi sono sicuramente tante cose che possono essere pensate e fatte.
Dunque, nel complesso il mio è un giudizio positivo. Prendo anche atto delle spiegazioni dell'altro giorno in Commissione difesa del Ministro, che non intende procedere con i decreti attuativi contro l'opinione del Parlamento e delle Commissioni, quindi in sintonia con queste.
Nell'esprimere, quindi, il mio giudizio sostanzialmente positivo, anche se in maniera un po' irrituale, vorrei fare un appello affinché ci sia da parte del nostro Governo una maggiore determinazione nella risoluzione di questa vertenza, che, purtroppo, vede due nostri soldati sostanzialmente detenuti in uno Stato straniero che, fino a questo momento, non ha ancora affrontato seriamente questa situazione. Io mi auguro che, in tempi molto brevi, si possa arrivare anche alla soluzione di questo problema.

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PRESIDENTE. Saluto gli studenti della scuola media «Esopo» di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Giacomelli. Ne ha facoltà.

ANTONELLO GIACOMELLI. Signor Presidente, l'intervento del collega precedente mi obbliga a fare un inciso in apertura che non riguarda il merito del provvedimento.
A differenza di lui - e credo che vada detto in quest'Aula -, ritengo di dover esprimere un grande apprezzamento per la scelta del Governo italiano in relazione al ruolo dell'Autorità palestinese come osservatore all'ONU. Credo che questa scelta, che richiama il principio dei «due popoli, due Stati», vada nel segno della migliore politica estera italiana e credo che ne vada dato atto.
Ora ci occupiamo, invece, di una riforma rispetto alla quale faccio mia la riflessione che ieri ha svolto, in quest'Aula, il collega Garofani, non solo nei punti di apprezzamento, ma anche della segnalazione di criticità. È una riforma se non epocale, certamente, non rinviabile; una non rinviabilità che è determinata dall'incompleta attuazione di riforme precedenti - diciamo che in un decennio di transizione, tante scelte e provvedimenti non hanno, poi, prodotto interamente i loro effetti -, ma anche dalla stretta determinata dalla crisi finanziaria.
È condivisibile l'assunzione, almeno a me così pare, di due punti di riferimento nell'intervento: l'idea di migliorare la qualità della proiettabilità della forza, insistendo sulla fase formativa e, dunque, sul fattore umano, e favorire l'integrabilità europea. Così come mi sembra che l'assunzione del principio dell'efficienza della spesa per recuperare efficacia dello strumento evidentemente trovi un'attuazione compiuta.
È evidente, rispetto alla proiettabilità, che il riferimento non è all'aumento della capacità, del numero di interventi, ma, semmai, alla qualità complessiva dell'intervento stesso, all'attenzione alla fase formativa che diventa determinante per la complessità e la diversità degli scenari in cui, di volta in volta, si è chiamati ad operare.
Come dicevo, la crisi ha accelerato il provvedimento e la sua urgenza e ha lasciato aperte, evidentemente, alcune questioni che andranno inevitabilmente riprese. La prima - Pag. 38per la verità, è più un invito che devo esplicitare e altri colleghi lo hanno fatto - riguarda l'opportunità che venga qui ribadito l'impegno politico che i decreti attuativi siano affidati al confronto con le Commissioni nella prossima legislatura. La seconda, che andrà anche questa ripresa con la nuova legislatura, è l'esigenza di una riflessione complessiva sul modello di difesa.
Certo, sarebbe stato preferibile che questa riflessione avesse preceduto la riforma dello strumento. Sappiamo i motivi per cui questo non è possibile, ma ciò non toglie la necessità, l'importanza e il valore di un ragionamento complessivo sulla politica della difesa. Mi riferisco anche alla necessità che questa riflessione si svolga in un raccordo più intenso con gli altri Paesi europei, perché l'integrabilità non rimanga solo un punto di riferimento teorico, ma sia anche fatta di un concreto confronto.

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Per la verità, anche sui temi della riforma sarebbe stato ed è auspicabile - con gli altri Paesi alle prese con provvedimenti se non di questa portata, certamente analoghi quanto alle finalità - un miglior raccordo per trasformare l'integrabilità in effettiva integrazione.
Un altro punto è quello che riguarda il ruolo del nostro Paese rispetto ad una tecnologia che assume un'importanza crescente nelle politiche di difesa. Questo punto non è eliminabile, semmai credo che vada sottolineata l'esigenza che il nostro Paese si presenti sempre più come capace di protagonismo nella fase di ricerca e di produzione, e non soltanto nella fase di acquisizione. Abbiamo tradizione e know how per essere, da questo punto di vista, all'altezza anche in uno scenario internazionale.
E poi vi è l'esigenza che si rafforzi una cooperazione anche operativa tra i Paesi europei. Parallelamente all'integrazione dello strumento militare, però, credo che vada segnalata la necessità di un'accelerazione del processo politico. Un vertice politico per l'Europa, nel campo della difesa, è un'esigenza indifferibile, ma anche un potenziamento delle prerogative, dei poteri e della rappresentatività delle istituzioni democratiche, che siano il contraltare e l'effettiva sede della decisione e della scelta per le politiche di tutta la comunità.

PRESIDENZA VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 11,35)

ANTONELLO GIACOMELLI. Abbiamo visto, a proposito della finanza, quante difficoltà si sono prodotte per lo sfasamento di tempi e percorsi. È evidente che questi processi non possono che procedere parallelamente perché si abbia una progressione armonica.
Una parola, infine, va spesa - io credo - per le critiche e i dubbi espressi fuori da quest'Aula. Non mi riferisco ai tatticismi e alle furberie che ho sentito da qualche collega; mi riferisco invece alla forte contrarietà espressa da tante voci del mondo pacifista, che, mettendo in relazione stretta e in qualche modo impropria questo intervento con il programma di acquisto degli F35, hanno sollecitato tutti i colleghi a un voto contrario. Pag. 40
Io credo che sia giusto non ignorare queste voci, dare una risposta e misurarci con esse. Il nostro è un consenso a questo disegno di legge, ma non è un consenso che considera fastidiose o rilevanti le voci che si sono levate dal mondo pacifista. Non è questa la sede per riprendere il tema della necessità dell'uso della forza, per confermare la necessità che l'Italia si assuma la propria responsabilità negli organismi internazionali. Semmai, è giusto ricordare qui che questa riforma prevede, sui programmi d'arma, un controllo del Parlamento più ampio e cogente che in passato.
Ecco, io credo che stia in questo concetto, più che nel numero e nella quantità degli armamenti, il valore e l'espressione di un sentimento di attenzione alla politica e all'uso della forza come estrema ratio, nell'idea che, cioè, vi sia un controllo e un confronto del Parlamento e dei Parlamenti. Mi riferisco anche alla sede europea, in cui sarà necessario che questo principio trovi spazio e applicazione.
Tuttavia, credo che, alle voci che si sono levate, occorra prestare attenzione in questa fase, non tanto perché sia giusta la sollecitazione a opporsi a questo progetto di riforma - rispetto al quale ripeto che, come hanno già detto tanti altri colleghi, il nostro giudizio è positivo - quanto perché sono crescenti nell'opinione pubblica l'attenzione e la sensibilità rispetto a questi temi.
Allora, se per la responsabilità che abbiamo verso il nostro Paese dobbiamo compiere le scelte necessarie rispetto all'efficacia dello strumento militare, alla cooperazione con gli altri Paesi europei e alla necessità che il nostro ruolo sia all'altezza negli organismi internazionali e nelle responsabilità che abbiamo, noi non dobbiamo mai considerare irrilevante il ripetere quanto queste ragioni non solo non siano in contrasto, ma siano, per come noi lo intendiamo, a servizio di una politica effettiva di cooperazione, di pace e di aiuto a una convivenza pacifica.
In sostanza, signor Ministro, credo che questo strumento militare che abbiamo esaminato in fretta, ma non in modo superficiale, bensì in modo intenso, sia un intervento che debba trovare il nostro consenso, insieme all'avvertenza e alla nota che lasciamo una traccia importante di lavoro per la prossima legislatura, fatta dei punti ancora aperti e della Pag. 41necessità che l'intervento, oggi determinato sulla base dell'urgenza, trovi una sua compiutezza nelle scelte dei prossimi anni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Laganà Fortugno. Ne ha facoltà.

MARIA GRAZIA LAGANÀ FORTUGNO. Signor Presidente, signor Ministro, è da tanti anni che la questione riguardante la revisione dello strumento militare ha acquisito un carattere non solo di grandissima importanza, ma anche di massima urgenza, sia per gli aspetti di carattere economico-finanziario, sia per quelli attinenti alla funzionalità e all'efficacia dello strumento stesso. Questi aspetti sono correlati agli obiettivi di sicurezza e difesa nazionale e internazionale, in virtù degli accordi di alleanza sottoscritti dal nostro Paese.
L'attuazione di una idonea revisione, a fronte, da un lato, della mutata situazione geopolitica strategica e, dall'altro, dal subentrare di una situazione di crisi economica che ha pervaso, in maniera sempre più pesante, i Paesi occidentali e che fino ad ora ha visto, purtroppo, soltanto l'adozione di tagli lineari al bilancio della difesa, che ovviamente hanno avuto notevoli ripercussioni negative, è diventata ora indilazionabile per il perdurare e per l'aggravarsi della crisi stessa.
Il documento proposto dal Ministro Di Paola conferisce al Governo la delega per l'adozione di decreti legislativi finalizzati a disciplinare nel dettaglio la revisione dello strumento militare, al fine di renderlo sia più sostenibile per quanto riguarda una razionale ed equa assegnazione dei fondi, sia più rispondente agli obiettivi prefissati in termini di rapporto costo-efficacia. È prevista una più razionale organizzazione di tutto il Ministero della difesa, attraverso l'accorpamento di enti che svolgono funzioni simili in un'ottica interforze - e qui, signor Ministro, mi permetto di dirle di vigilare perché questa integrazione interforze non sia solo di facciata, ma consenta un ottimale impiego delle risorse senza duplicazioni inutili - e l'eliminazione e la riduzione di quelle componenti le cui funzioni non sono più necessarie o basilari come in passato perché non più rispondenti alle nuove esigenze.
Si prevede, anche, di operare una significativa riduzione degli organici del personale militare, che vede una notevole Pag. 42esuberanza in alcuni ruoli e in alcuni gradi; si tratta di un taglio di circa 35 mila uomini. Infine, è stabilito che si riveda sulle base delle possibili minacce e delle strategie, ma anche dei bacini di provenienza del personale militare, la dislocazione sul territorio nazionale degli enti, dei reparti e dei rispettivi supporti logistici.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIA GRAZIA LAGANÀ FORTUGNO. Mi avvio a concludere, signor Presidente. Auspico che il Governo tenga conto di tutte le questioni che non ho potuto approfondire e che garantisca al Parlamento la possibilità di svolgere la sua funzione fondamentale, stabilita, tra l'altro, dalla Costituzione (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Laganà Fortugno, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Recchia. Ne ha facoltà.

PIER FAUSTO RECCHIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, siamo chiamati, in queste ore, a discutere e a licenziare la delega al Governo per procedere alla revisione dello strumento militare. Si tratta di una delega importantissima vista la portata del provvedimento e considerati gli effetti che esso produrrà sulla struttura delle nostre Forze armate e sulla loro organizzazione.
Prima di entrare nel merito del provvedimento penso sia utile ricordare all'Aula come siamo arrivati fino a qui, perché sento, in alcuni interventi dei colleghi, la voglia di porre, oggi, al Governo questioni relative alle grandi scelte, quelle di scenario, per poter dire poi quali sono le Forze armate che servono a questo Paese.

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Sarebbe una discussione che meriterebbe di essere fatta, ma che oggi mi pare un po' fuori tempo. Non è difficile, infatti, riconoscere come questo provvedimento si sia reso necessario a partire dalla carenza delle risorse che il Governo e il Parlamento hanno inteso destinare a questo settore ben prima del manifestarsi della crisi economica che stiamo attraversando. La contabilità ci dice che le risorse destinate alla difesa sono andate decrescendo dal 2007 ad oggi, e che la percentuale sul PIL sia molto al di sotto della media europea (0,84 per cento contro 1,61). La congiuntura, invece, ci dice come questi numeri non possono crescere nell'immediato futuro; rischiano, viceversa - e noi speriamo di no - di doversi contrarre ulteriormente. Consentitemi, tuttavia, di ricordare a tutti voi, anche a quelli che oggi sembrano un po' distratti, come praticamente all'inizio della legislatura, attraverso il decreto-legge n. 112 del 2008, il Ministro Tremonti impose un taglio lineare alla difesa di tale entità che tutti - e dico tutti, compresa gran parte della maggioranza - dicemmo che tale taglio rischiava di mettere in ginocchio le Forze armate. Sto parlando del 2008, cioè, lo ripeto, prima che la crisi si manifestasse con tutta la sua sforza. Non sto qui a ricordare i numeri, oggi non avrebbe più senso, ma da quel momento in poi noi del Partito Democratico lanciammo un grido di allarme: un taglio di risorse di questa dimensione - dicemmo - produrrà degli effetti impliciti sullo strumento militare, modificandone la sua capacità operativa. «Modificherà il modello di difesa», dicemmo allora in modo un po' improprio, e manifestammo la preoccupazione di non ridurre l'efficienza delle nostre Forze armate partendo dalle risorse messe a disposizione senza che una decisione di tale portata fosse affidata ad un dibattito profondo nel Parlamento e nel Paese, che affrontasse il tema nella sua complessità. Chiedemmo, allora, che venisse rovesciata l'impostazione: facciamo come si dovrebbe fare, come fanno gli altri Paesi, quelli a noi comparabili, quando si occupano di questa materia, cioè partire dalle minacce per definire gli obiettivi, e poi vengono uomini, mezzi e risorse. Diciamo quello che secondo noi serve al nostro Paese in termini di sicurezza all'interno del contesto internazionale, della situazione geopolitica, dell'irrilevanza dei Pag. 44confini nazionali per effetto della globalizzazione. Diciamo quello che pensiamo rispetto al ruolo che vogliamo giocare sulla scena mondiale, se e come intendiamo giocare il nostro ruolo, assumerci le nostra parte di responsabilità per garantire quella sicurezza.
Diciamo quello che pensiamo del nostro rapporto con la NATO, con l'Europa, senza infingimenti, confermando la scelta di appartenere al Patto atlantico sapendo che il problema non è starci o non starci, ma come ci si sta, e anche in Europa, ponendoci come obiettivo strategico quello di rafforzare la cooperazione e l'integrazione nel campo militare, per giungere nel più breve tempo possibile alla difesa europea, certo imprescindibile. Riconoscendo, però, anche l'insufficienza e l'arretratezza di questo processo, per non far riferimento a falsi miti o inesistenti modelli di difesa europei di cui ho sentito parlare oggi, qui, nel nostro dibattito, e che non esistono, perché purtroppo - lo ripeto, purtroppo - non esistono ancora. Abbiamo detto: dateci una sessione parlamentare per discutere di questo; ma dalla maggioranza di allora non c'è stata alcuna risposta, e in quella maggioranza c'era anche la Lega Nord. Poi, ad un certo punto, il Ministro La Russa costituì la commissione di alto profilo, che mise intorno ad un tavolo vertici militari, di Governo ed esperti, per tirare fuori una riforma. Sui lavori di quella commissione si creò un'attesa, dico anche una preoccupazione per il mancato coinvolgimento del Parlamento, ma comunque un'attesa, e invece la montagna partorì il topolino. Nel corso di un'audizione di fronte alle Commissioni difesa di Camera e Senato riunite, il Ministro La Russa ci raccontò degli esiti di quel lavoro e apparve chiaro subito come le attese erano state tradite. Della riforma del modello, come si diceva allora, era rimasta una piccola riorganizzazione interna al Dicastero. L'audizione fu poi sospesa, con l'impegno del Ministro di riconvocare le Commissioni per concluderla, ma non fummo mai più convocati. Allora decidemmo di riprovarci noi, mettendo a disposizione del Parlamento uno strumento, la Bicamerale, capace di far svolgere in Parlamento quel dibattito e quel confronto sul ruolo e sulla funzione di difesa che io e che tutti noi riteniamo indispensabili per il nostro Paese, ma nulla fu fatto.
Presidente, mi sono dilungato, e me ne scuso, sul passato recente, ma l'ho fatto non solo perché penso che abbiamo Pag. 45perso un'occasione, ma perché oggi, lo ammetto, mi sorprende sentir parlare di scenari geopolitici, nuove minacce e vedere improvvisamente fiorire soluzioni alternative forse solo per poter dire che questa delega non va bene, che andrebbe fatto diversamente.
Colleghi, abbiamo avuto tutto il tempo per fare bene e nell'ordine giusto. Abbiamo avuto una legislatura a disposizione. Ora dobbiamo dire, francamente, che il tempo è scaduto. E sto alle cose che ha detto il Ministro ripetutamente e che condivido: alle condizioni date, e cioè con le risorse che lo Stato destina alla funzione difesa, e immaginando che queste non potranno crescere nei prossimi anni, noi non siamo in grado di mantenere le nostre forze armate allo stesso livello di capacità operativa. Il problema è tutto qua. È semplice ed è complicato, ma è tutto qua.
Non si tratta di una riforma del modello di difesa e noi oggi qui non siamo chiamati a discutere del livello di ambizione del Paese, che rimane quello, delle minacce degli obiettivi, che rimangono intatti, e delle nostre scelte strategiche, che ci vedono impegnati in Europa e nella Nato, oltre che con le Nazioni Unite, e che rimangono le medesime. Oggi, mantenendo fermi i compiti che affidiamo alle forze armate e con le risorse date, non possiamo non intervenire. Non possiamo, nell'immobilismo, rischiare di far perdere capacità operativa al nostro strumento militare.
Noi, signor Ministro, ci sentiamo di condividere questa impostazione ed è per questo che abbiamo lavorato sodo al Senato e, per quel che ci riguarda, insieme al Senato, per apportare alcune modifiche al testo originario, modifiche di assoluto rilievo, e lo abbiamo fatto sempre con l'impegno di completare l'iter, perché ne comprendiamo l'urgenza. Certo, sappiamo bene che ci troviamo di fronte ad una revisione consistente, una revisione che cerca di riportare in equilibrio un sistema che in equilibrio non riesce ad essere per problemi strutturali.
Il peso che il personale ha sul bilancio della difesa è evidentemente troppo pesante rispetto ad un modello di riferimento riconosciuto in ambito europeo e in cui al personale dovrebbe essere destinato il 50 per cento delle risorse. In Italia, lo sappiamo, siamo sopra di 20 punti, così come sappiamo - perché lo sappiamo da anni - che le spese di esercizio sono ormai sotto il livello di guardia e nel campo Pag. 46della difesa l'esercizio è decisivo. Senza addestramento, senza manutenzione dei mezzi e senza equipaggiamento lo strumento non funziona, anche in termini di sicurezza del personale.
È quindi necessaria la riduzione delle dotazioni organiche, necessaria quanto dolorosa. È vero che tocca al personale il sacrificio più grande di questa revisione, sia quello militare, che quello civile, e che tutto è reso più complicato - come hanno detto anche i colleghi - dalla spending review e soprattutto dalla riforma pensionistica. Non possiamo, tuttavia, non considerare quanto si è fatto nella delega e quanto si potrà fare attraverso i decreti delegati.
Noi ci apprestiamo ad indicare le linee guida di una riforma che si articolerà nel tempo, un tempo che ci appare congruo (si realizza nel 2024), ma che contiene una norma, una sorta di clausola di salvaguardia, che consente di allungare il termine più avanti, venendo incontro a molte delle preoccupazioni espresse dai militari coinvolti e rappresentata con forza dai Cocer. La cornice è sufficiente, quindi, e flessibile per consentire l'emanazione di provvedimenti che diano sostanza alla specificità del comparto, cercando di ridurre al minimo gli effetti negativi sul personale attraverso i decreti delegati.
Ed è proprio sui decreti delegati che vorrei dire una cosa sul punto relativo al rapporto tra il Governo e il Parlamento, al quale il Ministro non si è mai sottratto. Noi prendiamo atto delle parole che il Ministro ha voluto ribadire, una volta in più, in Commissione durante la discussione di questo provvedimento, confermando l'intenzione del Governo di non procedere ai decreti senza avere acquisito il parere delle Commissioni competenti. Questo impegno ci porta al di fuori dal rischio di applicare le regole del silenzio-assenso. Se non saremo noi a dare il parere, sarà il prossimo Parlamento.
Fatemi dire un'ultima cosa sul tema degli investimenti e dei programmi d'arma che ha suscitato diverse polemiche. Questa delega contiene una novità di rilievo, diretta conseguenza dell'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma che abbiamo condotto in Commissione difesa qui alla Camera in questa legislatura. Il Senato, infatti, ha approvato una norma che modifica di fatto la legge Giacché, rafforzando il ruolo di controllo del Parlamento sui sistemi d'arma, prevedendo il doppio parere obbligatorio delle Commissioni competenti e consentendo che la maggioranza qualificata possa determinare Pag. 47la sospensione del programma. Anche questa è un'innovazione di assoluto rilievo. Noi pensiamo sia stato fatto un buon lavoro.
Certo, tutto si può migliorare e questo vale sempre, ma il passaggio è obbligato. Il resto lo faremo insieme, con i decreti che discenderanno dalla delega. Chiudo, signor Presidente, con una speranza, un auspicio: che prima o poi anche qui da noi, in Italia, come avviene in altri Paesi a noi comparabili per impegno e assunzione di responsabilità, riusciremo a dedicare a questo settore di importanza fondamentale per lo Stato lo spazio che merita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, parto da lontano: due anni e mezzo fa, Savino Pezzotta ed io presentammo una mozione, che chiamammo mozione Colomba e che arrivò in quest'Aula il 28 marzo scorso. La mozione approvata - poi, in realtà, divenuta risoluzione per qualche inghippo procedurale, però il senso rimane quello - era un po' più morbida di quella inizialmente presentata, ma ci sembrò comunque un bel passo in avanti perché impegnava il Governo - leggo testualmente - a «subordinare qualunque decisione relativa all'assunzione di impegni per nuove acquisizioni nel settore dei sistemi d'arma al processo di ridefinizione degli assetti organici, operativi e organizzativi dello strumento militare italiano». Per dirla con le parole della «Tavola della pace», della «Rete disarmo» e di tutte le associazioni che invitavano in quei giorni il Parlamento a resistere alla tentazione di giocare a risiko con i cacciabombardieri, prima discutiamo compiti e obiettivi delle nostre Forze armate e poi decidiamo gli acquisti di cui abbiamo bisogno.
Oggi, in teoria, dovrebbe essere una bella giornata: è il giorno in cui, appunto, discutiamo tutti insieme compiti e obiettivi delle nostre Forze armate. La realtà è invece diversa. Innanzitutto, per quanto non ignori la richiesta del Consiglio supremo di difesa, formulata pochi giorni fa, di approvare questa riforma entro fine legislatura, mi riesce molto difficile spiegare ai miei quattro elettori, e anche a me stesso, come mai questo Parlamento riesca a marciare così veloce quando si tratta di spese militari e poi si impantani sulle riforme più attese. Inoltre, ed è questa la mia critica principale, io davvero pensavo che avremmo discusso il modello di difesa tutti insieme. Tutti insieme: lei, signor Ministro ammiraglio, ed io, obiettore di coscienza a mani nude, provvisoriamente deputato della Repubblica. Non avevo capito, perché non c'era scritto da nessuna parte, che il Parlamento avrebbe firmato una carta quasi in bianco - e se non è proprio in bianco il merito è del Pag. 49Partito Democratico - al Ministro della difesa, quando ormai la legislatura sta per finire, e che gli avremmo detto di pensarci lui. No, non era questo che noi intendevamo quando parlavamo di revisione dello strumento militare.
Come gli addetti ai lavori ricorderanno e come tutto il mondo pacifista sa bene, la proposta iniziale del PD, più di un anno fa, era quella di formare addirittura una «bicameralina». La revisione dello strumento militare è una cosa seria e quindi bisognava farla bene, affidando al Parlamento il compito di procedere ad una revisione complessiva del modello militare, partendo dagli scenari internazionali e dai nostri obiettivi strategici. Perché il Parlamento rappresenta tutta la nazione, tutte le sensibilità che, in modo particolare sulla difesa, nell'opinione pubblica sono davvero variegate. L'idea della «bicameralina» è purtroppo saltata per colpa di chi qua dentro è ancora maggioranza, fortunatamente ancora per poco, ma non viene meno l'esigenza che sia appunto il Parlamento a riscrivere una strategia di sicurezza nazionale. E dovrà avvenire nella prossima legislatura.
Non solo il Parlamento qui rischia di non toccare palla, ma all'inizio questa revisione dello strumento militare assomigliava terribilmente a un blitz, che per fortuna al Senato è stato ridimensionato. Mi riferisco alla possibilità di acquistare armi da parte del Ministero della difesa. Inizialmente si pensava a un parere solo consultivo delle Commissioni parlamentari, ora - e di questo ringrazio davvero i miei colleghi senatori che ci hanno lavorato - si dà la possibilità al Parlamento di bloccare un programma d'acquisto deciso dal Governo, se questo programma non convince. Finalmente arriva un po' di trasparenza, anche se la maggioranza richiesta è qualificata e anche se, come ho cercato di argomentare finora, mi sarebbe piaciuto che questo criterio valesse per tutto il contenuto del provvedimento, per tutta la revisione dello strumento militare.
L'ultimo punto di grande preoccupazione, da parte mia, riguarda la tempistica. Non voglio sminuire il ruolo del Governo - anche se ha una data di scadenza prossima, è un Governo nella pienezza dei poteri - ma mi pare una leggerezza la previsione del silenzio-assenso, il fatto, cioè, che prima il Ministro uscente scriva da solo i decreti attuativi e Pag. 50poi, nel momento in cui le Camere si sciolgono, questi decreti attuativi entrino in vigore perché il Parlamento è stato zitto. So che il Ministro si è impegnato ad accogliere un ordine del giorno del Partito Democratico che lo impegna a non avvalersi di questo silenzio-assenso, ma un ordine del giorno, come sappiamo, è cosa diversa da un testo di legge. E in ogni caso, per quanto mi riguarda, rimane un motivo di opportunità. Con un Governo e una legislatura ormai agli sgoccioli, con una maggioranza - e, dunque, mi auguro, anche una linea politica - che è in procinto di cambiare, noi mettiamo mano oggi allo strumento militare, rischiando poi di dover ricominciare da capo tra qualche mese. Ha senso tutto questo, in un momento così difficile per l'Italia? Secondo me no, signor Presidente e signor Ministro, e per questo motivo - pur riconoscendo davvero al mio partito un ruolo importante nel miglioramento del testo - sto pensando seriamente di non votare questo provvedimento.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 5569)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori, onorevoli Cirielli e Garofani, rinunziano alla replica.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Signor Presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio per i vostri interventi e per i vostri commenti, che ho ascoltato con estrema attenzione. Questo disegno di legge, che è oggi in Aula e che auspico possa trovare l'approvazione dell'Assemblea, è un provvedimento di estrema importanza. Credo che le cose che ha ricordato l'onorevole Recchia inquadrino esattamente la natura del programma. Però, prima di fare dei commenti e rispondere alle osservazioni che sono state fatte, vorrei ringraziare i due relatori: l'onorevole Cirielli, presidente della IV Commissione (Difesa), e l'onorevole Garofani che è stato correlatore per il lavoro importante che hanno fatto. Pag. 51
È vero che è stato un lavoro condotto in tempi contratti, però è stato approfondito e sono state fatte notevoli obiezioni. Non dobbiamo dimenticare, al di là della sovranità ovviamente di ciascun ramo del Parlamento, il grande lavoro di interazione che c'è stato durante la discussione in Senato. Il provvedimento, se verrà approvato anche da quest'Aula, non sarà il frutto soltanto del dibattito che è avvenuto in Commissione difesa alla Camera e che sta avvenendo in quest'Aula, ma è anche il risultato del grande lavoro che è stato fatto in Commissione difesa prima e in Aula dopo al Senato. Credo che questo non dobbiamo dimenticarlo.
Perché ora, perché questo modello, perché questa riforma? Questa non è una revisione del modello. Io ho sempre detto che sono sempre stato favorevole all'attuazione di un libro bianco, che però è un qualcosa che fanno il Parlamento e il Governo. Non è un qualcosa che fa il Ministro della difesa, non è un documento del Ministro della difesa, ma è un documento di massima del Governo e del Parlamento e, se non ci sono state le condizioni, me ne rammarico come italiano e come Ministro, ma credo di non potermene assumere la responsabilità.
Questa è una revisione dello strumento che tiene conto del modello che il Parlamento ha approvato con i suoi compiti e, fin quando non ci saranno un nuovo modello e nuovi compiti, per me, come Ministro della difesa, sono in vigore e validi i compiti e le realtà che sono nella legge attuale. A proposito dell'articolo 1, vorrei rispondere all'onorevole Di Stanislao, che ha messo in dubbio il fatto che si voglia costruire uno strumento più efficace e che anzi il disegno di legge sia contraddittorio; vorrei dire che questa riforma tiene esattamente conto dei compiti dell'attuale legge istitutiva del modello di difesa da 190 mila, che premette compiti e responsabilità (e, quindi, funzioni), con le risorse che questo Parlamento, e i parlamenti che l'hanno preceduto (perché questo è un trend che dura da almeno un decennio o giù di lì) gli hanno destinato. Cerca, quindi, di portare in coerenza, in efficienza e in efficacia,, il sistema con i compiti che questo Parlamento sovrano ha affidato alle forze armate.
Si parla molto e giustamente di riferimento europeo e transatlantico. Non mi risulta che questi riferimenti concettuali Pag. 52siano cambiati. Anzi, sono tuttora validi, ma posso assicurare che quando io vado in Europa o sempre a Bruxelles o alla NATO, i riferimenti che ci vengono dati sono relativi all'avere delle forze armate che siano in grado di operare con gli altri strumenti europei. Gli strumenti europei, che sono lo strumento francese, inglese, tedesco, olandese, norvegese, sono strumenti che si stanno muovendo in questa direzione, cioè in una direzione di coerenza e di qualità della spesa militare.
Se oggi abbiamo questa riforma, se voi la approverete e se ne arriverà naturalmente all'attuazione con i decreti delegati, è perché ci vogliamo proprio collocare in questo quadro di integrazione dentro l'Unione europea.

Pag. 53

Il Presidente Monti tra due giorni sarà a Bruxelles, al Consiglio europeo; certo il Consiglio europeo avrà centrali altri temi - i temi della finanza ed i temi dell'economia - però questa volta e per la prima volta al Consiglio europeo - ho davanti a me le bozze, la proposta di quello che sarà il testo approvato poi dai presidenti e non credo che avrà, almeno su questo aspetto, profondi cambiamenti - si parla e ci sono tre pagine dedicate alla difesa, alle capacità di difesa europee, alla necessità di rafforzare le capacità di difesa europee. Quando si parla di capacità militari - lo dico con il massimo rispetto all'onorevole Sarubbi - si parla di capacità militari, si parla di capacità operative per l'oggi e per il domani, si parla quindi di quelle capacità che richiedono tecnologia, richiedono investimenti e richiedono quindi anche strumenti militari efficaci, e quando giustamente è stato ricordato - credo dall'onorevole Giacomelli - che la forza è l'ultima ratio, certamente la forza è l'ultima ratio, ma quando quella ratio viene decisa dal Parlamento la forza ci deve essere, la forza non si va a comprare in quel momento al supermercato, la forza è il risultato di una programmazione di lungo termine, di una programmazione che richiede chiarezza di indizi e chiarezza e stabilità di risorse.
È questo che si cerca di fare, un provvedimento che cerca di portare, in coerenza, lo strumento militare italiano di domani, perché qui nel piano c'è lo strumento militare di domani, non quello di oggi, così come oggi, se noi - come è stato riconosciuto da tanti onorevoli qui presenti - siamo in grado di fare dignitosamente la nostra parte insieme agli alleati europei ed atlantici è perché dieci o quindici anni fa sono state fatti le scelte e gli investimenti che hanno permesso oggi di fare questo, ma nessuno più di me - nessuno più di me - ricorda e ritiene la risorsa umana - lo dico all'onorevole Di Stanislao - come fondamentale, ma la risorsa umana è fondamentale non per i numeri, è fondamentale se quella risorsa che ho e che posso sostenere la formo, la educo, la addestro e le dò i mezzi per poterlo fare. Se oggi in Afghanistan o ieri in Libia certe cose - sopra la Libia - sono state fatte è perché quegli uomini che hanno volato quegli aerei o quegli uomini che oggi sono in Afghanistan e conducono Pag. 54quelle missioni lo fanno perché sono stati addestrati, sono stati formati, ci sono delle risorse anche per il loro benessere e ci sono i mezzi perché loro possano operare con gli altri. Senza tutto questo possiamo avere pure 300 mila uomini o 400 mila, non servirebbe a niente. Quindi io dico, partiamo proprio da quegli uomini a cui noi tanto teniamo e che sono la nostra risorsa, mettiamoli in condizione di essere risorsa, e non soltanto una presenza fisica. Questo è quello che stanno facendo gli altri Paesi europei come la Francia; certo sono orgoglioso che la Francia abbia fatto un libro bianco, io non lo nego, ma la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, l'Olanda su queste linee si stanno muovendo, quindi diciamo che non mi arrogo nessun merito, forse sono soltanto uno che guarda, sente e sa giudicare laddove gli altri Paesi prima di noi e meglio di noi la direzione l'hanno presa.
Dico questo perché questo è il senso profondo del provvedimento. Questo è il senso profondo del provvedimento: portare in coerenza ciò che noi abbiamo, ciò che possiamo permetterci con le grosse linee di sviluppo europee ed atlantiche. Io riconosco che il personale richiede l'attenzione, ma è proprio perché io voglio essere attento a quel personale che domani sarà il cuore delle nostre Forze armate che ritengo questa riforma necessaria.
Sono state apportate modifiche importanti nel dibattito in Senato, gli emendamenti fatti e che l'Aula ha approvato e ricordo con piacere che l'Aula ha approvato a grande maggioranza questo provvedimento.
Certamente, il controllo sui programmi di investimento. A volte sento dire che il Governo si vuole sottrarre, che il Governo vuole avere mano libera e vuole fare quello che vuole, ma io non credo - certamente parlo per questo Governo - che sia così. Fino a ieri, anzi fino ad oggi, c'è una legge, la legge Giacché, che peraltro è stata approvata da questo Parlamento, e al quale i programmi venivano portati, perché non ci sono mai state acquisizioni di nascosto e sotto il tavolo. I programmi sono sempre stati portati all'attenzione del Parlamento nell'ambito e nelle forme che la legge fino ad oggi consente. Questo vale per me e per tutti i Ministri ed i Governi che mi hanno preceduto.
Con l'assunzione di maggiore controllo ed incisività io sono favorevole e dico anche - ma questa è un'ovvietà - che questo Parlamento, nell'assumere, giustamente, una maggiore intensità Pag. 55di controllo, ne assume anche una maggiore responsabilità perché c'è corresponsabilità anche nell'assunzione di scelte difficili su sistemi che a volte possono sembrare inutili, ma che sono importanti per lo strumento militare di un Paese come l'Italia. Noi non siamo - e lo dico con il massimo rispetto - né il Liechtenstein, né l'Andorra, né nella NATO, e cito Paesi che non appartengono all'Unione europea, così non tocco la suscettibilità di nessuno. Noi siamo l'Italia, siamo uno dei Paesi fondatori dell'Unione, siamo uno dei grandi Paesi dell'Unione, siamo un Paese che ha anche una sua tradizione e una sua storia di operatività militare. Questo comporta anche scelte che, a volte, possono sembrare non popolari, ma che vanno nel solco di queste esigenze di questa intensità. Quindi, ben venga un più ampio controllo del Parlamento, ben venga, con una correlativa consapevolezza maggiore su scelte che, a volte, possono risultare non facilmente popolari.
Così come ben venga la flessibilità, che peraltro - devo dire almeno questo - era già inserita nella proposta del Governo ed è stata rafforzata in Parlamento. Mi riferisco alla flessibilità nella programmazione temporale di questo provvedimento. Nessuno può pensare, da qui a dieci anni, esattamente quali saranno le dinamiche che coinvolgeranno il nostro personale, in termini di uscita, di persone che volontariamente chiederanno di lasciare le Forze armate, che per altri motivi saranno costrette a lasciare o che magari sceglieranno altri tipi di lavoro. Quindi, ci sono dinamiche, nell'arco di dodici anni, non prevedibili a parte - e giustamente apprezzo quello che hanno detto gli onorevoli Bosi e Mogherini sul fatto che ci sono provvedimenti che sono intervenuti, quali non tanto la spending review, che ha - tutto sommato - una sua coerenza, quanto il provvedimento sull'armonizzazione, o i provvedimenti sul turnover, che creano delle dinamiche di interrelazione. Quindi, la flessibilità è necessaria.
Su questi punti vorrei ricordare che, per il turnover, il Governo si è adoperato e nel disegno di legge di stabilità - perlomeno nella versione approvata - è stata inserita una modifica al Senato, che consente di allentare la durezza della norma del turnover, che era nel provvedimento sulla spending review, e questo grazie all'intervento di tanti onorevoli e senatori che hanno lavorato e grazie all'azione del Governo e di questo Ministro che vi parla. Pag. 56
Quanto al provvedimento di armonizzazione, questo deve ancora passare: è un regolamento che questo Parlamento ha disposto che venisse preparato - lo sapete meglio di me - dai Ministri competenti, è un regolamento sul quale ci siamo confrontati anche nell'ambito del Governo, è un regolamento che adesso va all'attenzione - passato il Consiglio di Stato - alle Commissioni e voi avrete in quella sede l'occasione di esprimere le vostre valutazioni e il Governo, nella sua totalità, farà le sue valutazioni.
Ma proprio perché c'è anche questo provvedimento che ancora non è finito, che ancora è in apertura, è giusto che ci sia nel disegno di legge di delega una flessibilità, proprio per tenere conto di quelle che potranno essere le eventuali incidenze e implicazioni.
E lo dico con chiarezza, e lo dico, in particolare, all'onorevole Di Stanislao, a cui mi lega un grande rispetto, anche quando abbiamo dissenso nelle idee: lui abbia usato una parola che, se mi permette - lo so, forse gli è scappata -, mi ha leggermente toccato. Io non sono un parolaio! Io posso dare la parola, la mia parola può essere creduta o meno, ma io non sono un parolaio e la mia parola l'ho data in Commissione e la do in quest'Aula, che i provvedimenti, i decreti, non saranno da me proposti in assenza delle Camere e, quindi, approfittando del silenzio assenso. Questo non avverrà mai e se non avverrà con me inevitabilmente avverrà con un altro Governo e, quindi, su questo punto di vista non vi può essere dubbio.
Detto questo, noi ci stiamo adoperando molto, come Governo, per cercare di portare avanti una maggiore integrazione europea. Però, l'integrazione europea è un percorso che nel campo della difesa, al di là delle dichiarazioni, è un percorso ancora all'inizio. È un percorso che richiederà il lavoro dei Parlamenti nazionali, il lavoro dei Governi e la volontà di tutti quanti gli europei, di ricostruire una realtà di difesa europea, ma, una realtà di difesa europea, come vale, non si costruisce se non vi è una più grande realtà politica, perché nel momento in cui vi fosse una difesa europea, intesa come una difesa dell'Europa, allora vorrà dire che vi sarà un'autorità politica, un Parlamento europeo che decide l'uso o il non uso della forza. Oggi, in questo momento, i percorsi della dimensione della sicurezza e della difesa sono ancora percorsi intergovernativi, intergovernativi! Quindi, i percorsi Pag. 57che bisogna portare insieme a fusione sono la volontà, il sentire e le differenze di 27 - diconsi 27 Paesi -, che hanno storie e visioni non sempre coincidenti.
L'Italia è sulla linea del fronte della spinta a una dimensione europea, in un quadro di forte legame transatlantico. Oggi questo strumento, mentre si realizza questo percorso politico - se e quando si realizzerà -, cosa tende a fare? Tende a creare le condizioni perché, quando vi sarà questo percorso politico, gli strumenti militari siano sufficientemente omogenei per poter allora facilmente arrivare all'integrazione. Quindi, questo disegno di legge, che io sottopongo alla vostra attenzione, è in questa direzione , questo intende perseguire. Vi ringrazio (Applausi).

PRESIDENTE. Secondo quanto precisato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, il seguito dell'esame del provvedimento sarà iscritto all'ordine del giorno della seduta di martedì prossimo, 11 dicembre, con priorità rispetto agli altri argomenti.
Dovremmo sospendere, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 15, con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata e alle ore 16. per l'esame del decreto-legge recante disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali.

Sull'ordine dei lavori (ore 12,18).

ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, signor Ministro, approfitto di questa precisazione, che mi è data dalla possibilità di intervenire sull'ordine dei lavori, per dirle una cosa, signor Ministro. Io sono molto soddisfatto, noi siamo molto soddisfatti del lavoro fatto sullo sblocco del turnover. Però, vorrei ricordare che lo sblocco del turnover è passato in quest'Aula con il parere contrario del Governo. Quindi, sarebbe utile, veramente utile, per riuscire a far sì che lo sblocco del turnover sia efficace ed effettivo, che al Senato vi sia una collaborazione da parte del Governo. Pag. 58
So che lei si era impegnato personalmente e di questo bisogna darle atto. Tuttavia, auspico che, nella collegialità, il Governo esprima una valutazione positiva e che questo ci consenta di assumere tanti ragazzi che, come lei ben sa e come ha bene ricordato nel suo intervento, hanno diritto ad avere l'assunzione, anche perché vincitori di concorso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

 

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Seduta di Martedì 4 Dicembre

Discussione del disegno di legge: S. 3271 - Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia (Approvato dal Senato) (A.C. 5569); e dell'abbinata proposta di legge Reguzzoni ed altri: Modifica all'articolo 583 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in materia di oneri per le consistenze dei volontari in ferma prefissata e in rafferma, nonché delega al Governo per la riduzione degli organici delle Forze armate e altre disposizioni per il contenimento delle spese destinate alla difesa e all'invio di contingenti militari all'estero (A.C. 4740) (ore 19,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già Pag. 95approvato dal Senato: Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia; e dell'abbinata proposta di legge d'iniziativa dei deputati Reguzzoni ed altri: Modifica all'articolo 583 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in materia di oneri per le consistenze dei volontari in ferma prefissata e in rafferma, nonché delega al Governo per la riduzione degli organici delle Forze armate e altre disposizioni per il contenimento delle spese destinate alla difesa e all'invio di contingenti militari all'estero.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5569)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Lega Nord Padania ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la IV Commissione (Difesa) si intende autorizzata a riferire oralmente. Il relatore, presidente della IV Commissione (Difesa), onorevole Cirielli, ha facoltà di svolgere la relazione.

EDMONDO CIRIELLI, Relatore. Signor Presidente, innanzitutto volevo dire - sul piano dei lavori - che abbiamo due relatori e quindi farà un intervento anche il collega, vicepresidente della Commissione, onorevole Garofani. Signor Presidente, colleghi, signor Ministro, come è noto, il disegno di legge in esame reca una delega al Governo per realizzare un ampio programma di riforma nel settore della difesa.
La delega dovrà essere esercitata entro 12 mesi, sebbene ci sia la facoltà di disposizioni correttive nei due anni seguenti. È necessario un parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia. La delega è una delega importante, che inciderà ampiamente sulle strutture organizzative, su quelle logistiche e sul personale delle Forze armate. Siamo di fronte ad una vera e propria riforma epocale.
La IV Commissione, a larga maggioranza, ha deciso di non apportare alcuna modifica al disegno di legge che era stato trasmesso dal Senato e questo non certo per rinunciare alla capacità e alla necessaria autonomia della Camera, ma perché innanzitutto il testo, nella sua larga parte, era ampiamente condivisibile, le modifiche - che pure noi avevamo immaginato di apportare - non erano modifiche sostanziali e soprattutto riteniamo che il Governo possa, in sede di attuazione, ampiamente ascoltare quello che ha detto la Commissione difesa, ma anche le altre Commissioni.
D'altro canto, la ristrettezza dei tempi - visto che ormai siamo in coda a questa legislatura - ci ha spinto ad approvare il provvedimento senza modifiche, ed è la cosa che auspichiamo che avvenga anche qui, in quest'Aula.
D'altro canto, è una riforma che non appare in alcun modo più rinviabile, per le motivazioni che dirò, sebbene, come ho detto, ci siano profili di criticità.
Vorrei fare due considerazioni di carattere generale. La prima è che ovviamente occorre modificare profondamente gli assetti attuali dello strumento militare, proprio perché il nostro strumento, soprattutto il nostro personale, ormai è chiamato sempre più a sfide epocali, sfide difficili, scenari di guerra nel contesto di missioni dell'ONU, insieme alla cornice delle nostre alleanze dell'Unione europea, e soprattutto della NATO. Si tratta di una riforma alla luce del contesto internazionale, alla luce delle riforme assegnate alle Forze armate, alla luce delle risorse sempre più esigue.
Voglio dire che già oggi il nostro strumento è capace e sta svolgendo il proprio lavoro con grande efficacia. I nostri uomini e le nostre donne, in tutti gli scenari, a cominciare da quelli più rischiosi come l'Iraq e l'Afghanistan, hanno dimostrato di Pag. 96avere una grande capacità. Ma gli ultimi anni hanno visto sempre più una serie di squilibri nei bilanci complessivi, non soltanto per una riduzione delle risorse, ma anche per la concomitanza di una serie di altre norme che hanno sempre più fatto aumentare la spesa per il personale in maniera tale da compromettere gravemente ormai la funzionalità, soprattutto per quanto riguarda la riduzione delle spese degli investimenti e la riduzione delle spese di esercizio.
Per tali ragioni è una scelta obbligata quella di riqualificare la spesa, in linea con quello che avviene a livello internazionale, con quello che tutti gli osservatori ritengono sia un dato ottimale, ossia quello di dare il 50 per cento delle risorse al personale e il 25 per cento alle spese di esercizio e di investimento. È necessaria quindi una ristrutturazione, atteso che sicuramente nel breve periodo non è ipotizzabile nessun altra forma di aumento delle risorse. La ristrutturazione chiaramente deve essere coerente con le risorse disponibili, ma soprattutto coerente con gli obiettivi assegnati alle Forze armate. In questo riteniamo che il lavoro fatto dal Governo, soprattutto grazie all'impegno dei colleghi del Senato, è stato un lavoro importante, che è durato tanti mesi e soprattutto vi sono stati tanti interventi, tante discussioni e anche tanti cambiamenti.
La contrazione strutturale complessiva in questo momento deve essere non inferiore al 30 per cento entro sei anni. La riduzione delle dotazioni organiche è stata stabilita in 150 mila unità complessive da assegnare al personale militare e solo 20 mila per il personale civile. L'obiettivo va raggiunto entro il 2024, ma con proroghe che il Governo dovrà poter attuare, ma ne parleremo in maniera più precisa dopo. Le principali direttive del provvedimento riguardano appunto la razionalizzazione delle spese, orientando i risparmi verso settori ritenuti più strategici secondo quel trinomio che ho appena accennato: 50, 25, 25.
Voglio segnalare, come ho già fatto come parlamentare, ma voglio farlo anche come presidente della Commissione, che ci sono sicuramente dei problemi di coordinamento con la spending review. La legge n. 95 del 2012 vanifica una parte di questi interventi, perché spinge verso altre finalità i risparmi conseguenti al taglio del personale, almeno fino al 2015. Crediamo che su questo il Governo, ma mi auguro il futuro Parlamento, possano mettere mano perché è giusto che la riforma delle Forze armate non venga fatta a danno delle Forze armate, ma venga fatta per migliorare lo strumento militare.
Il provvedimento introduce delle forme di flessibilità gestionale di bilancio e consente al Ministero della difesa un ristoro per i servizi resi, sia per quanto riguarda le prestazioni sanitarie sia per quanto riguarda le attività di protezione civile. Il provvedimento introduce notevoli novità nel settore della trasparenza e della gestione delle risorse, ed è una cosa che abbiamo particolarmente apprezzato in Commissione. La trasparenza viene realizzata innanzitutto tramite un più efficace coinvolgimento degli organi parlamentari.
C'è l'impegno da parte del Governo a trasmettere alle Camere, sotto forma di bilancio consolidato, un documento recante tutte le spese relative alla funzione difesa affinché il Parlamento - e soprattutto la nazione - possano avere elementi conoscitivi reali sulle dimensioni effettive delle spese destinate a tale settore.
La cosa che ci ha colpito in maniera particolarmente positiva è una nuova disciplina riferita ai programmi d'arma, rispetto ai quali la Commissione difesa aveva tenuto un'indagine conoscitiva a trent'anni dalla legge Giacché e le conclusioni sono state ampiamente accolte nel testo licenziato dal Senato, giacché avremo una vera e propria capacità di intervenire sul parere che potrà addirittura diventare un potere di veto, cosa che mancava assolutamente per il passato. Per quanto riguarda la contrazione strutturale, abbiamo già detto che ci dovrà essere almeno il 30 per cento in sei anni.
A questo scopo, verranno rafforzati i poteri del Capo di Stato maggiore della Difesa, proprio per dare una maggiore unitarietà di comando alle Forze armate. Ci sarà un'ampia ristrutturazione organizzativa Pag. 97del servizio sanitario militare interforze e ci sarà una revisione della procedura per la valorizzazione, la dismissione e la permuta degli immobili militari compresi gli alloggi stessi.
Per quanto riguarda la riduzione degli organici, ho accennato che verranno ridotti fino a 150 mila entro il 2024. Ci sono però due fattori sopravvenuti che noi segnaliamo in maniera assai negativa come Commissione. Il primo appunto è quello del taglio del personale del decreto-legge spending review n. 95 del 2012, che porta da 190 mila a 170 mila unità, in mancanza di un coordinamento con l'attuale norma. Ma la cosa che ci preoccupa di più è il nuovo regime pensionistico.
Infatti, il Consiglio dei ministri ha già approvato lo scorso mese di ottobre uno schema di regolamento che gradualmente incrementa i requisiti richiesti per l'accesso al sistema pensionistico del personale militare, sia per quanto riguarda la pensione di vecchiaia che per quanto riguarda l'accesso alla pensione anticipata. Questo produrrà da un lato uno slittamento del conseguimento dell'obiettivo finale e, combinato con il blocco del turn over, sicuramente un invecchiamento dello strumento militare, con grande difficoltà di attuazione proprio dei decreti che il Governo dovrà emanare.
D'altro canto, potrà verificarsi, come abbiamo già avuto modo di dire sia in Commissione difesa che in Commissione lavoro - purtroppo con scarsa capacità di ascolto da parte del Ministro Foriero -, che anche l'intervento formale sull'aspetto previdenziale comporti il rischio di una demotivazione del personale militare; si tratta di persone alle quali noi chiediamo di andare a rischiare la vita quotidianamente in mezzo alle strade per difendere la nostra sicurezza (purtroppo abbiamo avuto caduti in Iraq e in Afghanistan) e che devono avere un trattamento diverso rispetto agli altri. Costringerli, minacciando sanzioni economiche a rimanere in servizio fino a 59 anni, appare veramente contro la storia e il buonsenso. Paesi come gli Stati Uniti, che non hanno sistema previdenziale, assegnano la previdenza solo ai militari che addirittura a quarant'anni possono andare in pensione. È evidente che il Governo tecnico, che pure ha fatto bene in questo decreto di revisione dello strumento militare, a volte ha persone molto lontane dalla realtà quotidiana, che evidentemente non comprendono perché non lo frequentano.
Da questo punto di vista, c'è un forte appello al Governo affinché sia dato ascolto non soltanto alla Commissione difesa, ma anche alla Commissione lavoro. Le eccedenze non devono essere trattate combinando un altro guaio come quello relativo alla vicenda degli esodati. Da questo punto di vista, la norma predisposta dal Ministro della difesa ci sembra adeguata, da una parte perché si prevede la possibilità di accedere al personale civile del Ministero della difesa o ad altre amministrazioni pubbliche, dall'altro perché si ricorrerà in maniera volontaria ad una mobilità all'interno delle pubbliche amministrazioni, al collocamento in aspettativa per riduzione quadri. Oltretutto verranno aumentate le riserve dei posti dei concorsi in altre pubbliche amministrazioni.
È un dato particolarmente positivo l'introduzione della norma relativa al riconoscimento ai volontari di truppa congedati, con i requisiti positivi, della possibilità di accedere ad altre professionalità come guardie giurate, addetti ai servizi di controllo per le attività di intrattenimento e di spettacolo, così come a strutture di sicurezza, immaginiamo aeroporti, stazioni. Riteniamo che sia una cosa fondamentale per mantenere lo strumento militare attrattivo per i giovani che vogliano svolgere i volontari in ferma prefissata. Saranno previste anche delle forme temporanee di sostegno al reddito per le persone che non transiteranno ad un servizio permanente. Per quanto riguarda il personale civile, si ricorrerà a mobilità interna, al part-time, al lavoro a distanza e mobilità presso altre amministrazioni, sempre su base volontaria.
La Commissione, come ho detto, ha avuto modo di discutere molto perché ci sono stati dei punti di perplessità, in primo luogo i tempi entro cui conseguire la riduzione delle dotazioni organiche. Pag. 98Riteniamo che il termine del 2024 possa essere un termine troppo stringente, sappiamo che il Governo ha la possibilità di avvalersi dello strumento di flessibilità nel termine previsto dall'articolo 5 comma 2, ma noi chiediamo un impegno preciso in tal senso da parte del Governo qualora ci sia difficoltà, soprattutto per quanto riguarda il personale.
Rispetto alle 150 mila unità, sostanzialmente possiamo essere anche d'accordo, anche se non condividiamo il fatto che ci sia stato un numero così rigido, si poteva avere anche qui una quota più flessibile, ma se c'è un impegno a mantenere la vecchia normativa del vecchio modello professionale, il modello a 199 unità, che gli allievi delle scuole militari delle accademie e il personale addetto alla formazione non rientri in questo conteggio, riteniamo che si raggiunga un compromesso positivo per l'efficienza dello strumento militare e con i diritti e le aspettative del personale.
L'altro aspetto che non abbiamo condiviso è che nel testo, attesa l'importanza epocale della riforma, che impatta fortemente sul personale, non sia stato preso in considerazione a pieno il ruolo del Cocer, apprezziamo il fatto che il Ministro e il Governo abbiano sentito più volte il Cocer, ma noi pensavamo che questa era l'occasione per dare attuazione all'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, che ha sancito la specificità del personale del comparto difesa e sicurezza e prevede che il Cocer partecipi alle attività negoziali svolte per le finalità di cui al medesimo articolo e la cui disciplina attuativa doveva essere già definita con provvedimenti legislativi. Questa era l'occasione per farlo ed è stata un'occasione persa, ma da questo punto di vista ci aspettiamo che il Governo in quest'Aula prenda assoluti e specifici impegni affinché il Cocer possa partecipare attivamente al confronto per la redazione dei decreti legislativi attuativi.
L'altro aspetto importante e che ci preoccupa è sempre quello legato al personale, in maniera particolare - l'ho già detto prima - la stabilizzazione del personale in ferma prefissata quadriennale. Voglio ricordare al Presidente del Consiglio Monti che molti dei caduti in Afghanistan erano ragazzi precari, volontari in ferma breve che stavano servendo la patria in una condizione di precariato. Allora, credo che quando ci si assume la responsabilità, sebbene per nobili fini, sebbene per la sicurezza della Patria, per la lotta al terrorismo internazionale, per la pace nel mondo, di esporre i nostri figli al rischio di perdere la vita, credo bisogna avere il rispetto di considerare con attenzione il dovere e il servizio a cui sottoponiamo questi giovani. Per cui riteniamo che questa debba essere una priorità assoluta, non solo del Ministro della difesa, ma dell'intero Governo e del Capo dello Stato; i giovani precari delle Forze armate devono avere il diritto ad un inserimento dignitoso nella vita civile, pubblica e militare di questo Stato, altrimenti questo non è uno Stato che è degno di chiamarsi Stato in sé. Rispetto a ciò, siamo preoccupati per la disciplina stringente del turnover.
Siamo preoccupati della riduzione degli organici delle forze di polizia, che avrebbero, nel modello di professionalizzazione, assorbito la totalità dei volontari che, al termine dei quattro anni, risultavano idonei.
L'ultimo aspetto, ma come si dice «ultimo, ma non per ultimo» è quello legato all'imminente scioglimento delle Camere, che rischia di pregiudicare l'effettiva possibilità delle Commissioni di esprimersi su questi importanti provvedimenti. In questo senso, è stata rivolta al Ministro la richiesta di assumere l'impegno politico di non avvalersi della facoltà di adottarli senza attendere il parere parlamentare, soprattutto dopo che sia decorso il termine dei sessanta giorni, che potrebbe cadere durante il periodo della prorogatio delle Camere o durante le elezioni.
Le altre Commissioni, nei pareri, hanno anche espresso molte perplessità e penso che sia giusto, per il rispetto del lavoro di quei colleghi, riportare brevemente anche perché la Commissione difesa, per le motivazioni che ho detto prima, cioè per la Pag. 99necessità di approvare comunque la riforma, non ha potuto tener conto di questi pareri.
In maniera particolare, le Commissioni X e XI hanno espresso perplessità sull'attuazione delle norme contenute nel provvedimento, che mancano di un coordinamento con le altre norme approvate da questo Governo - e ci risiamo - come la spending review, l'armonizzazione previdenziale, le norme che riguardano il taglio del personale degli organici delle altre pubbliche amministrazioni. Insomma, sembra un po' come se il resto del Governo non si sia reso conto che al Senato si stava approvando questa norma.
Ovviamente, nelle disposizioni di coordinamento che dipenderanno dal Ministro, questo potrà ampiamente essere soddisfatto. La Commissione lavoro, in maniera particolare, ha posto l'accento sulle preoccupazioni, che ho citato, del turnover e dell'armonizzazione previdenziale. D'altro canto, anche il Comitato per la legislazione ha dato una serie di suggerimenti, che noi riteniamo condivisibili per il miglioramento della formulazione delle disposizioni. Però, per la stessa motivazione, per la paura di non concludere l'iter del provvedimento prima della fine della legislatura, abbiamo deciso di soprassedere.
Quindi, concludendo, ritengo che il provvedimento vada approvato in tempi rapidi, ma anche che il Governo debba prendere una serie di impegni importanti per garantire la coerenza complessiva del provvedimento.

PRESIDENTE. Il relatore, onorevole Garofani, ha facoltà di svolgere la relazione.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, Relatore. Signor Presidente, faccio riferimento a quanto illustrato dal Presidente Cirielli, nel merito della delega presentata al Governo.
La mia riflessione si concentrerà, invece, su alcuni punti generali e su alcune criticità emerse nella discussione in Commissione durante i nostri lavori.
Come ho detto, il disegno di legge, che conferisce al Governo una delega per l'adozione di due o più decreti legislativi per disciplinare la revisione dello strumento militare, approda alla Camera dopo l'approvazione da parte del Senato in questo convulso finale di legislatura. Si tratta di un provvedimento importante, urgente, sollecitato dall'improrogabile necessità - come è stato ricordato - di dare certezza ad un comparto, quello della difesa, rispetto al quale, negli ultimi anni, con rarissime eccezioni, le risorse pubbliche dedicate sono andate costantemente diminuendo.
Non è questa la sede per riproporre confronti e comparazioni tra la situazione italiana e quella di altri Paesi a noi omogenei per livelli di responsabilità e peso politico nel contesto internazionale. Del resto, questi dati sono largamente illustrati nella relazione che accompagna il provvedimento e sono puntualmente emersi anche nei lavori di approfondimento nelle diverse audizioni che abbiamo svolto in Commissione. La domanda che invece ci interpella direttamente ed alla quale credo sia doveroso dare una risposta è quale tipo di strumento militare possiamo delineare a partire dalle risorse disponibili, immaginando che tali risorse non potranno certamente essere aumentate né oggi, né in un prossimo futuro. Dare questa risposta non è stato e non è facile.
Non si tratta solo di numeri, di stabilire quanti, uomini e donne in divisa, possiamo permetterci con le risorse a disposizione. Se fosse così basterebbe un calcolatore. Dobbiamo tener conto di molte e diverse variabili. La prima riguarda, come ho detto, il livello della nostra responsabilità nel contesto internazionale ed il contributo che il Paese deve e può dare alla costruzione della pace e della sicurezza globale. L'Italia ha un ruolo di primo piano nelle istituzioni sovranazionali. È Paese fondatore della Comunità europea. Partecipa da protagonista all'Alleanza atlantica con ruoli di responsabilità. Come tutti sappiamo, sempre di più, la dimensione militare si collega a quella di politica estera, fino a diventarne strumento essenziale, come accade anche attraverso il coinvolgimento dell'Italia in tante missioni internazionali. Pag. 100
Molte volte si usa dire che la partecipazione italiana a queste missioni serve a misurare il livello delle nostre ambizioni sulla scena internazionale. A pesare, si dice, è il ruolo e il prestigio del nostro Paese nel mondo. È una lettura fuorviante che personalmente non condivido, anche dal punto di vista terminologico. Credo che sarebbe più giusto e corretto dire che è la nostra partecipazione alle istituzioni sovranazionali, cioè la nostra adesione al tentativo di dare un governo democratico ai grandi processi della globalizzazione, che ci impone un dovere e una responsabilità alle quali sarebbe impossibile sottrarsi senza rischiare di indebolire quella prospettiva. Questa, dunque, è la prima decisiva variabile che ci deve guidare: definire e costruire uno strumento militare efficiente, utile alla nostra politica estera e funzionale al nostro impegno per la pace e per la sicurezza nel mondo.
L'altra variabile, non meno importante, è quella che in linguaggio tecnico chiamiamo la specificità militare, ne ha parlato il presidente Cirielli. Sotto questo capitolo vi è la grande e drammatica questione della riduzione del personale, che è il tema più delicato e difficile che questo provvedimento affronta. Ognuno di noi, in questi giorni, in queste ore, è stato raggiunto da messaggi, più o meno allarmati e talvolta anche severi, nei nostri confronti, che chiedono di non approvare queste norme, poiché a pagarne il prezzo sarebbe, soprattutto e prima di tutto, il personale.
In Commissione abbiamo ascoltato le ragioni e le preoccupazioni delle rappresentanze militari e civili e abbiamo registrato le loro proposte. Credo si debba dire, a questo proposito, che la delega che si conferisce al Governo indica le linee guida di una riforma che si articolerà, nel tempo, lungo un orizzonte che, come è stato ricordato, è fissato nel 2024, ma che potrebbe essere anche più lungo, come è previsto dal comma 2 dell'articolo 5, che stabilisce una sorta di clausola di salvaguardia che implicitamente risponde a molte delle preoccupazioni espresse dai Cocer sui tempi. Questa cornice è sufficientemente flessibile per consentire e contenere tutti quei provvedimenti a tutela del personale che consentano di dare senso e concretezza alla richiamata specificità, al fine di rendere più indolore possibile l'azione di ridimensionamento dello strumento.
Certo, in questo senso la strada è stretta e, forse, anche impervia. Non agevola la sovrapposizione, che con questa riforma si è realizzata, con il decreto-legge n. 95 del 2012, la cosiddetta spending review, che ha effettuato, come è stato detto, una riduzione del personale della difesa in misura non inferiore al 10 per cento, destinando i risparmi al miglioramento dei saldi pubblici. Soprattutto, però, preoccupa la cosiddetta armonizzazione previdenziale, che non sembra cogliere la reale portata del tema della specificità militare, con la conseguenza e il rischio di rendere più difficile l'esodo di personale, per il quale si allontana la prospettiva del pensionamento. E, tuttavia, questa del personale, militare e civile, è una partita che può trovare risposte positive proprio in quella flessibilità che la delega contiene e che può consentire, attraverso i decreti legislativi che seguiranno, di riequilibrare le misure riguardanti il personale, anche alla luce delle evoluzioni del più generale quadro legislativo e anche a costo, come detto, di diluire i tempi della riforma o di riconsiderare la ripartizione delle risorse tra i diversi capitoli del bilancio della difesa. In questo senso dovrà essere la politica, dovrà essere il Parlamento a indicare le priorità da salvaguardare nell'attuazione della riforma.
A questo proposito, si deve anche dire che è del tutto infondata la polemica che strumentalmente afferma che questa delega taglia il personale per aumentare gli investimenti di programmi d'arma. L'obiettivo delle riforma, come si sa, è riequilibrare il bilancio della difesa, riproporzionando tra personale, esercizio e investimenti. Dunque, non si aumenteranno le risorse, ma si riequilibrerà la sproporzione oggi esistente tra il personale ed esercizio, fermo restando l'attuale livello di spesa per gli investimenti. Bisogna sapere che parlare di esercizio significa Pag. 101parlare di operatività, di equipaggiamenti, di addestramento e, dunque, soprattutto di sicurezza del personale impegnato nelle missioni. Infatti, è soprattutto in relazione a questa voce che si misura l'efficienza dello strumento militare e si interviene per scongiurare quei rischi di decadimento verticale della operatività e della funzionalità, che è stato più volte denunciato dai vertici militari in conseguenza della politica dei tagli lineari che è stata adottata negli ultimi anni.
Di più. Proprio sui programmi d'arma il provvedimento al nostro esame contiene una innovazione politicamente rilevantissima, che è diretta conseguenza dell'indagine conoscitiva che abbiamo condotto, proprio noi della Commissione difesa della Camera, su questo tema.
Il Senato, come è stato ricordato, ha introdotto una norma che riguarda gli investimenti sui sistemi d'arma, modificando la cosiddetta legge Giacchè. In particolare, per quanto riguarda i sistemi d'arma si rafforza il ruolo del controllo parlamentare, con la previsione di un doppio parere delle Commissioni competenti che possono determinare, con maggioranza qualificata, la sospensione del programma. Ancora una volta sarà la politica a dover decidere, anche su temi spinosi, difficili, talvolta impopolari, come quelli legati all'acquisto di sistemi d'arma, compreso il capitolo delicatissimo e molto discusso degli F35. Ma è giusto dire e ripetere che la delega non ipoteca in nulla il potere decisionale del Governo e dei Parlamenti che verranno, ma al contrario amplia in modo rilevantissimo il controllo delle Camere così come mai era accaduto prima.
L'ultima osservazione è sui tempi che la Commissione ha dedicato al provvedimento e alla decisione della maggioranza di non apportare emendamenti. Tutti sappiamo che emendare questo testo avrebbe significato decretarne l'affossamento, considerati i tempi strettissimi della legislatura. Quanto alla fretta, è francamente ingiusto - credo - insistere sulla polemica sulla velocità dei nostri lavori, anche perché sulla stessa materia la Commissione difesa è impegnata da diversi mesi in una indagine conoscitiva che ha indagato, a dieci anni dalla riforma della leva, sullo stato e sui limiti del nostro strumento militare. Abbiamo fatto decine di audizioni, molte delle quali con gli stessi interlocutori che oggi sollecitano la riforma, sottolineandone l'assoluta urgenza. Da molte di queste audizioni, che inevitabilmente hanno incrociato la questione della riforma, sono venute valutazioni convergenti, che potrebbero essere riassunte in una duplice e forte richiesta alla politica. La prima: non dimenticare mai che il patrimonio più prezioso delle Forze armate sono gli uomini e le donne che hanno scelto di servire la patria indossando una divisa. La seconda: dare certezza sulle risorse disponibili. Credo che si possa e si debba riconoscere che queste istanze abbiano rappresentato la bussola che abbiamo cercato di seguire con il nostro lavoro in Commissione (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

FILIPPO MILONE, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo della discussione.

PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse, interrompiamo a questo punto la discussione del provvedimento, che riprenderà nella seduta di domani, a partire dalle ore 10.

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