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Il SIPRI e i Centri di ricerca italiani presentano i dati sulle spese militari, commercio e industria degli armamenti

Sabato 9 giugno (dalle 15.30) durante il Forum nazionale per la Pace (Porta Futuro, via Galvani 108 – Roma). Incontro con i giornalisti alle 14.45 nella stessa sede
Fonte: Rete Italiana per il Disarmo - 08 giugno 2012

Nel 2011 la spesa militare mondiale è arrivata a 1.740 miliardi di dollari: rappresenta la cifra più alta dalla caduta del muro di Berlino e – nonostante la crisi economico-finanziaria che ha costretto diversi governi a rivedere i propri budget militari – mostra un incremento dello 0,3% in termini reali rispetto all’anno precedente. Questa spesa continua a trainare il commercio internazionale di armamenti convenzionali che, con quasi 30 miliardi di dollari, nel 2011 è tornato ai livelli degli anni novanta. Tutto questo mentre “le Organizzazioni multilaterali incaricate di promuovere e far rispettare le norme per la stabilità e la sicurezza continuano ad affrontare diverse difficoltà per trovare la volontà politica e le risorse finanziarie necessarie per soddisfare i loro mandati”.

Sono alcune delle note salienti che si ricavano dal SIPRI Yearbook 2012, l’ultimo rapporto dell’autorevole Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) pubblicato lo scorso lunedì 4 giugno. I risultati delle recenti analisi dell’istituto indipendente di ricerca svedese – che dal 1966 fo Sipri rnisce dati e informazioni in materia di conflitti armati, non proliferazione, spesa militare, produzione e commercio di armamenti – verranno presentati, in anteprima italiana, da Carina Solmirano (Senior Researcher del SIPRI) durante una sessione aperta al pubblico del Forum nazionale per la Pace che si terrà a Porta Futuro (via Galvani 108 – Roma) sabato 9 giugno (ore 15.30-17.30). Alla tavola rotonda parteciperanno i direttori e i ricercatori dei principali Istituti di ricerca italiani in materia di spese militari e commercio di armamenti: Giorgio Beretta (Rete Disarmo) coordinerà l’incontro che vedrà gli interventi di Massimo Paolicelli (Sbilanciamoci!), Chiara Bonaiuti (Os.C.Ar. - Osservatorio sul Commercio delle Armi di IRES Toscana), Maurizio Simoncelli (Archivio Disarmo) e Carlo Tombola (OPAL Brescia - Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere di Brescia).

I relatori saranno disponibili per i giornalisti dalle 14.45 nella stessa sede.

 

I temi salienti del SIPRI Yearbook 2012

Tra i temi rilevanti affrontati nell’ultimo SIPRI Yearbook, figurano innanzitutto le recenti sollevazioni popolari dei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente che sono spesso sfociate in diversi conflitti in cui l’intervento internazionale per la protezione dei civili è apparso più complesso e ha dovuto confrontarsi col principio della “sovranità dello stato”, ma ha anche presentato in diversi casi, come quello libico, il sostegno esterno ad una delle parti in conflitto.

A livello mondiale, Stati Uniti e Russia hanno continuato a ridurre le loro testate nucleari, soprattutto quelle più obsolete, a favore dell’ammodernamento dei loro arsenali nucleari: un processo di ammodernamento che vede impegnati anche Cina, Francia e Regno Unito. Intanto India e Pakistan hanno continuato a sviluppare nuovi sistemi in grado di trasportare armi nucleari e la loro capacità di produrre materiale fissile per scopi militari. “Nonostante il rinnovato interesse mondiale per il disarmo, nessuna delle potenze nucleari ha mostrato più di una retorica disponibilità a rinunciare al proprio arsenale nucleare. Mentre il numero complessivo di testate atomiche può essere diminuito, i programmi di modernizzazione in corso indicano che le armi nucleari sono tuttora moneta corrente di status e potere a livello internazionale” – commenta il SIPRI.

Infine, il Sipri Yearbook segnala la sostanziale stabilità della disarmo spesa militare mondiale che oggi rappresenta il 2,5% del prodotto interno lordo globale con un costo medio di 249 dollari per ogni abitante del pianeta. Gli Stati Uniti rimangono in testa alla classifica (711 miliardi di dollari, pari al 41% del totale mondiale), seguiti da Cina (143 miliardi), Russia (71,9 miliardi), Regno Unito (62,7 miliardi), Francia (62,5 miliardi), Giappone (59,3 miliardi), India (48,9 miliardi) e Arabia Saudita (48,5 miliardi).

Riguardo all’Italia, il SIPRI stima una spesa militare nel 2011 di circa 34,5 miliardi di dollari: “La spesa militare dell’Italia è meno che trasparente, nel senso che è distribuita tra i budget di diverse amministrazioni statali” – segnala il SIPRI Yearbook (p. 177). “Le spese per le missioni militari all’estero sono approvate dal Parlamento italiano in un bilancio separato da quello del Ministero della Difesa. Oltre 1 miliardo di euro di forniture militari addizionali e per ricerca e sviluppo sono ogni anno finanziate dal Ministero dello Sviluppo Economico. Come per la Grecia, le cifre della NATO riguardo all’Italia per il 2011 non erano disponibili al momento della stesura del rapporto” – aggiunge il SIPRI.

 

I centri di ricerca italiani

Il problema della poca trasparenza della spesa militare italiana è messo in luce dal recente rapporto Economia a mano armata pubblicato nei giorni scorsi dalla campagna Sbilanciamoci! che verrà presentato da Massimo Paolicelli. “Il libro bianco analizza le spese militari nazionali sotto molteplici aspetti: dagli sprechi di fondi pubblici dell’apparato della Difesa all’esemplare caso del controllo di Finmeccanica, dalle missioni italiane all’estero al protagonismo dell’industria europea e italiana nel commercio di armamenti senza tralasciare la dubbia utilità di alcuni sistemi d’arma come i cacciabombardieri F-35 in un contesto di grave crisi economica che ha visto una riduzione degli stanziamenti destinati alla spesa sociale” – commenta Paolicelli.

“Nonostante la crisi finanziaria internazionale, l’industria degli armamenti gode tuttora di una salute invidiabile a seguito di strategie che puntano sulle esportazioni di sistemi militari nelle zone di maggior tensione del pianeta” – aggiunge Chiara Bonaiuti, direttrice di Os.C.Ar.,  l’Osservatorio sul Commercio delle Armi dell’Istituto di Ricerche Economiche e Sociali - IRES Toscana, che dal 1988 pubblica studi ed analisi sui temi dell’industria militare e del commercio di armamenti con particolare attenzione ai processi di globalizzazione e alle connessioni tra settore finanziario e industria militare. “Proprio la crisi finanziaria internazionale ha messo in evidenza quanto l’informazione e la trasparenza siano valori fondamentali per la stabilità degli stati, la tenuta delle banche e delle aziende e quanto questi beni siano invece accessibili solo a pochi addetti ai lavori. Sono beni ancor più ridotti in rapporto all’attività di un settore considerato strategico come quello della produzione militare” – evidenzia Bonaiuti che al forum presenterà alcuni dei risultati dei voluminosi Annuari prodotti negli ultimi anni.

Ma non ci sono solo gli armamenti ad uso militare. “Nel mondo ci sono in circolazione circa 875 milioni di cosiddette ‘armi leggere’ e il commercio di queste armi vede l’Italia come uno dei principali produttori e protagonisti” – sottolinea Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo di Roma. “Solo nel biennio 2009-2010 l’Italia ha esportato oltre un miliardo di euro di ‘armi leggere ad uso civile’ con un rilevante aumento soprattutto verso l’Asia, ma anche il Medio Oriente e l’intero continente africano. Ma vanno segnalate anche le esportazioni di queste armi verso Paesi sottoposti a embarghi internazionali (Cina, Libano, Repubblica Democratica del Congo, Iran, Armenia e Azerbaijan), verso Paesi in cui sono in atto conflitti e in cui si riscontrano gravi violazioni dei diritti umani (la Federazione Russa, la Thailandia, le Filippine, il Pakistan, l’India, l’Afghanistan, la Colombia, Israele, Congo, Kenia, Filippine, ecc.)” – conclude Simoncelli.

Un tema, quello dell’esportazione di armi leggere, a cui è particolarmente attento anche OPAL, l’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere di Brescia. “Anche nel corso del 2011, cioè nel pieno delle rivolte delle popolazioni della cosiddetta Primavera araba – sono state esportate dalle ditte della provincia di Brescia armi e munizioni per un valore complessivo di 6,8 milioni di euro ai paesi del Nord Africa e di oltre 11 milioni di euro ai paesi del Medio Oriente” – spiega Carlo Tombola, direttore scientifico di OPAL Brescia. “E non vanno dimenticate gli olre 1 milioni di euro di queste armi esportate sempre dalle aziende bresciane in Bielorussia tra aprile e giugno 2011, cioè pochi giorni prima che l’Unione Europea decretasse l’embargo di armi verso il paese ex-sovietico a causa delle violazioni dei diritti umani e della repressione messa in atto dal regime del presidente Lukashenko. Da diversi anni segnaliamo non solo i trasferimenti autorizzati, ma anche le triangolazioni di armi prodotte e uscite dale ditte del nostro territorio come la Beretta di Gardone Val Trompia”  - conclude Tombola che al Forum presenterà il volume fresco di stampa “Affari di armi, percorsi di pace”.  

“Il confronto tra i risultati delle ricerche del SIPRI e dei nostri centri di ricerca nazionali sarà certamente arricchente e in grado di offrire un insieme di informazioni che spesso sono appannaggio di pochi esperti del settore, ma che rappresentano elementi di fondamentale importanza per promuovere effettivi ed efficaci percorsi di pace che sono l’oggetto del dibattito di queste giornate del Forum di Roma” – conclude Giorgio Beretta, analista della Rete italiana per il disarmo.

 

 

 

I siti dei centri di ricerca e loro pubblicazioni:  

 

SIPRIwww.sipri.org

Archivio Disarmo: www.archiviodisarmo.it

Os.C.Ar. – Ires Toscana: www.irestoscana.it/ricerca/edd/annuario.html

OPAL Brescia : www.opalbrescia.it

Sbilanciamoci : www.sbilanciamoci.org

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