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Vendite di armi che potrebbero ritorcersi contro gli USA

I recenti imponenti contratti per la vendita di armi ad alcuni paesi del Golfo, stipulati dagli USA, hanno suscitato perplessità e preoccupazioni presso istituti ed esperti del settore
Thalif Deen
Fonte: MedArabNews - 18 novembre 2010

Quando lo scià dell’Iran, un fervente alleato degli Stati Uniti, venne deposto dalla Rivoluzione islamica del 1979, il regime apertamente anti-americano dell’Ayatollah Khomeini che prese il potere ereditò una ricchezza militare del valore di miliardi di dollari in armi di ultima generazione provenienti dagli Stati uniti.

L’equipaggiamento dell’arsenale militare iraniano a quel tempo era composto da alcuni dei caccia e degli aerei da ricognizione più avanzati di quella generazione: F-4D e F-4E Phantoms della McDonnell Douglas, F-14A Tomcats della Grumman, P-3F Orions della Lockheed, oltre a missili Sidewinder e Harpoon e a carri armati M47 Patton e M60. Armi arabia saudita

La decisione presa dall’amministrazione americana lo scorso mese di vendere armi per un valore di miliardi di dollari a stati potenzialmente instabili nel Golfo – tra cui l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti (UAE), l’Oman, il Kuwait, il Qatar e il Bahrain – ha scatenato timori riguardo a possibili rischi per gli Stati Uniti, nel caso in cui la storia dovesse ripetersi.

La più grande singola vendita di armi all’Arabia Saudita, del valore di 60 miliardi di dollari, è stata descritta come la più imponente nella storia degli Stati uniti.

Secondo il Government Accountability Office (GAO), il braccio investigativo indipendente del Congresso americano, trasferimenti di armi del valore di circa 40 miliardi di dollari sono stati autorizzati tra il 2005 e il 2009 a favore dei sei paesi del Golfo, e l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sono stati i principali beneficiari.

Pieter Wezeman, responsabile di ricerca dell’Arms Transfers Programme presso lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), ha dichiarato all’IPS che vi sono molte preoccupazioni, soprattutto riguardo all’Arabia Saudita. Egli ha affermato: “è difficile valutare in maniera accurata il rischio di un possibile rovesciamento del regime saudita e dell’eventualità che un governo anti-americano o anti-occidentale possa prendere il potere”.

Tuttavia – egli ha aggiunto – la questione è importante, come dimostra l’esempio dell’Iran e forse anche quello dell’Iraq in futuro.

Wezeman ha affermato che “l’Iran utilizza ancora gli equipaggiamenti forniti dagli Stati Uniti quali spina dorsale delle sue forze armate”.

Nel caso dell’Iran, le grandi e costose forniture di armi da parte degli Stati Uniti erano divenute il simbolo del sostegno americano al regime oppressivo dello scià, e ciò poté essere utilizzato contro di lui dai suoi oppositori, ha aggiunto Wezeman. “Resta la questione riguardante la percezione della popolazione nei confronti di investimenti significativi in armi”.

Nonostante il proprio ruolo di importanti fornitori di armi all’Iraq negli anni ‘80, si è visto che paesi come la Francia e la Russia non hanno avuto grande influenza sul presidente iracheno Saddam Hussein nel 1990.

Secondo alcuni analisti, l’assenza di influenza politica ha smentito una delle argomentazioni abitualmente utilizzate per giustificare la vendita di armi, e cioè il fatto che i fornitori di armi possono esercitare pressioni rifiutandosi di fornire pezzi di ricambio e assistenza.

Natalie J. Goldring, responsabile di ricerca al Center for Peace and Security Studies dell’Edmund A. Walsh School of Foreign Service alla Georgetown University , ha affermato all’IPS che la prosecuzione della corsa agli armamenti nella regione del Golfo presenta numerosi rischi. “Una questione sempre importante è la stabilità del regno saudita. Se cade il governo, si rischia che gli avversari abbiano accesso al sofisticato arsenale americano”.

Goldring si è mostrata anche critica nei confronti della serie di nuovi contratti per la difesa stipulati con gli stati del Medio Oriente, compreso Israele. “L’amministrazione Obama sembra fare un passo avanti e due passi indietro nella vendita di armi”, ha affermato la Goldring.

L’anno scorso l’amministrazione ha annunciato l’intenzione di partecipare ai negoziati per il Trattato sul Commercio di Armi finalizzato a definire gli standard internazionali per la vendita di armi. Goldring ha messo in evidenza come si è trattato di un rovesciamento atteso della politica dell’amministrazione di George W. Bush.

Ma ora all’Arabia Saudita è stata offerta l’opportunità di acquistare aerei da guerra ed elicotteri militari di ultima generazione per un valore di 60 miliardi di dollari, insieme a molti missili, bombe e altre munizioni. Questo annuncio invia esattamente il messaggio sbagliato alla regione – essa ha affermato. “Questo pacchetto dice che si tratta di un proseguimento della solita situazione in Medio Oriente, cosa che alimenta una nuova fase nella corsa regionale agli armamenti”.

La vendita proposta all’Arabia Saudita ha ricevuto molta attenzione da parte dei mezzi di informazione, forse in parte date le sue enormi dimensioni. Invece, sembra che sia stata rivolta molta meno attenzione – sostiene Goldring – al contratto recentemente firmato dal governo israeliano per il nuovo F-35 Joint Strike Fighter. Questo contratto vale meno di 3 miliardi di dollari, una somma di denaro relativamente piccola se confrontata con la proposta fatta ai sauditi. Tuttavia, l’F-35 rappresenta una nuova generazione di aerei da combattimento e al momento non è ancora stato messo in campo neanche dalle stesse forze americane.

Se vale quello che è successo in passato, ha affermato Goldring, il fatto di fornire a Israele l’F-35 nel momento stesso in cui esso viene schierato dalle forze americane produrrà delle pressioni per la progettazione di aerei da combattimento della prossima generazione, alimentando così i continui aumenti nella spesa militare e la corsa agli armamenti nella regione mediorientale.

Il dottor Wezeman del SIPRI ha dichiarato all’IPS che le ingenti somme di denaro spese da numerosi stati del Golfo rendono ovviamente forte il rischio di ingenti sprechi. Egli ha affermato che queste spese dovrebbero essere accompagnate da adeguati meccanismi di controllo al fine di determinare se e come le spese sono legate a obiettivi chiaramente definiti: evitare che il denaro venga speso in equipaggiamenti non necessari, assicurarsi che altri settori non vengano trascurati, e ostacolare la corruzione. Tuttavia, secondo Wezeman il problema è che non vi è praticamente alcuna trasparenza nelle commesse di armi a livello regionale.

Nel concludere queste importanti vendite di armi, gli Stati uniti hanno accennato al fatto che il loro obiettivo è principalmente quello di rafforzare le difese contro un vicino potenzialmente dotato dell’arma nucleare: l’Iran.

Wezeman ha affermato che l’interrogativo centrale riguarda il modo in cui gli stati fornitori di armi hanno fatto le proprie valutazioni in merito ai rischi associati alla vendita di armi agli stati del Golfo.

I rischi comprendono il possibile uso improprio di armi all’interno di questi stati o tra stati differenti, gli effetti di elevate spese militari sull’opinione pubblica nella regione del Golfo, l’allontanamento delle risorse da altri settori e la previsione di ciò che l’Iran potrebbe fare sotto la pressione delle continue forniture di armi ai suoi vicini.

Secondo Wezeman, ciò potrebbe avere un effetto di deterrenza su Teheran, ma l’Iran potrebbe anche convincersi sempre più di una minaccia proveniente dagli Stati uniti e dai suoi alleati del Golfo, e di conseguenza potrebbe far confluire sempre più risorse nel settore militare per difendersi.

Goldring ha affermato che il GAO ha recentemente espresso le proprie preoccupazioni di rilievo per quanto concerne la supervisione dei trasferimenti di armi effettuati dagli Stati Uniti. Né il Dipartimento di stato americano né il Dipartimento della difesa (DOD) hanno documentato in maniera coerente in quale modo i trasferimenti di armi ai paesi del Golfo hanno permesso di promuovere gli obiettivi della politica estera e della sicurezza nazionale americana.

Il fatto di aver annunciato queste importanti vendite prima di aver dato risposta a queste preoccupazioni è un’altra indicazione del fatto che l’amministrazione Obama non sta prestando sufficiente attenzione ai costi di breve e lungo termine che potrebbero scaturire dalla vendita di armi per quanto riguarda la corsa agli armamenti e l’instabilità regionale. Secondo Goldring, “quello del ‘business as usual’ è un approccio sbagliato”.

Note: Thalif Deen è direttore degli uffici dell’Inter Press Service presso l’ONU

Articolo al link http://www.medarabnews.com/2010/11/18/vendite-di-armi-che-potrebbero-ritorcersi-contro-gli-usa/
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