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Festa della Repubblica, ma è fondata sui carri armati

Giulio Marcon e Massimo Paolicelli
Fonte: Il Manifesto - 02 giugno 2010

Fare una parata militare in tempi di crisi - spendendo 10 milioni di euro per organizzarla (cioè l'equivalente di un'indennità di disoccupazione per oltre 32.200 precari) - è un'operazione senza senso e sbagliata che il paese, al di là di qualche piccola folla di curiosi - in gran parte parenti dei militari - che fa da coreografia ai Fori Imperiali, probabilmente non capisce. Molti non capiscono una retorica militaresca che sembra appartenere ormai al secolo scorso, mentre i problemi degli italiani - soprattutto oggi - sono ben altri: il lavoro che non c'è, l'incertezza del futuro, i servizi sociali che mancano, la difficoltà di arrivare alla quarta settimana del mese. Tremonti ha tagliato alcuni sprechi e i finanziamenti a tanti enti (alcuni inutili e altri utili), ma la parata militare non si tocca: per il governo continua a essere una spesa «utile».
Il 2 giugno è la festa della Repubblica che - recita l'articolo 1- è fondata sul lavoro e non sui carri armati e le frecce tricolori (le Forze Armate hanno già la loro «festa» il 4 novembre). A maggior ragione quando migliaia di lavoratori perdono il posto di lavoro, si moltiplica la cassa integrazione e un numero crescente di giovani non trova occupazione. E mentre non ci sono i soldi per gli ammortizzatori sociali, la sanità e i servizi sociali locali, si trovano - a parte i 10 milioni di euro per una sfilata inutile - più di 24miliardi di euro (gli stessi soldi della recente manovra) per sostenere un mastodontico corpo delle forze armate di ben 180mila uomini e donne, dove i comandanti (ufficiali e sottufficiali) sono più numerosi dei comandati (i «soldati semplici»). Nello stesso tempo vengono stanziati oltre 16 miliardi di euro per produrre i cacciabombardieri d'attacco F35 che ben poco serviranno alle missioni di pace, ma molto di più alla Loocked e alla Finmeccanica che con questi pericolosi velivoli si arricchiranno per una quindicina d'anni. Solo nel 2010, l'Italia spenderà altri 5,5 miliardi (+10% rispetto al 2009) per le sue forze armate in produzione e acquisto di armi. Quanto a venderle, le armi, l'export italiano è da primato: è cresciuto di oltre il 70%. Un settore che non conosce crisi. Frecce tricolori
Tra l'altro, con i soldi per allestire le tribune della parata (700mila euro, il doppio rispetto all'anno scorso: ma non era un periodo di risparmi?) si potrebbe continuare a far vivere il Museo della Liberazione di Via Tasso cui Tremonti ha tagliato tutti i finanziamenti con l'ultima manovra finanziaria. Per ricordare le radici della Repubblica la sopravvivenza di Via Tasso è più utile delle tribune di un evento anacronistico. Forse l'unica sfilata che ci piacerebbe vedere è quella del ritiro completo e del ritorno dei soldati italiani dall'Afghanistan: eviteremmo il rischio di vederne morire altri in una guerra feroce e sbagliata e risparmieremmo 400 milioni di euro da investire nella pace, nella solidarietà internazionale e in autentiche missioni di pace (vedi nel dettaglio www.sbilanciamoci.org). Sarebbe quello un giorno di festa vera e non - come oggi - l'auto-promozione di un sistema di difesa arroccato su se stesso, burocratico e corporativo, inefficiente e costoso. Si tratta allora di porre fine a marce e a sfilate senza senso. Napolitano lo scorso 25 aprile alla Scala di Milano ha ricordato commosso - e la sua commozione era anche la nostra - la figura di Sandro Pertini che fece tante cose giuste nel suo settennato da presidente. Tra queste, la cancellazione per ben sei anni di fila della parata militare del 2 giugno.

Note: Articolo al link http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/ricerca-nel-manifesto/vedi/nocache/1/numero/20100602/pagina/05/pezzo/279509/?tx_manigiornale_pi1[showStringa]=paolicelli&cHash=03d3e2ccf5
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