All’armi, siam italiani
TENDENZE Il Congressional research service classifica il nostro Paese al secondo posto in quanto a guadagni nell’industria bellica. Deregulation della caccia, ronde leghiste e soldati n
elle città. Come avanza la cultura della violenza nello stivale.
Armi, armi e ancora armi. Basterebbero i numeri per disegnare il paradigma bellico di un Paese, il nostro, che il Congressional research service, l’autorevole centro di ricerca del Congresso Usa, colloca al secondo posto nel mondo in quanto a guadagni dal commercio di armi dall’estero. La cifra indicata, infatti, fa impallidire: 3,7 miliardi di dollari. Balziamo davanti persino a Paesi come Russia, Cina e Francia. «Ma al di là delle classifiche, a preoccupare molto è il trend commenta Francesco Vignarca, coordinatore nazionale della Rete Disarmo -. L’industria italiana si è fatta più competitiva, è diventata più forte. E i governi le hanno dato sempre più sponda, specie quelli di centrodestra».
Un’alleanza carsica, che ha tessuto e tesse tele bipartisan. Un dato che non sorprende più di tanto Mauro Bulgarelli, ex parlamentare dei Verdi, da anni impegnato al fianco dei movimenti contro la guerra. «Una previsione facilmente immaginabile, specie da quando è stata ritoccata la legge sul commercio di armi che metteva un freno alle esportazioni». Il settore, in Italia, non sa nemmeno cosa sia la recessione. Altroché. «Nessuna legge finanziaria degli ultimi anni ha attuato tagli a un comparto che vede protagonista assoluta la Finmeccanica ». I fatturati, infatti, volano: la società italiana, secondo uno studio dell’agenzia Deloitte, è entrata nel club delle aziende capaci di aumentare il proprio fatturato di oltre 2 miliardi di dollari in un solo anno. Una tendenza che trova il suo continuum nei provvedimenti cultural politici del governo destrorso di Berlusconi: le ronde leghiste, le pistole ai vigili urbani, i pattuglioni dei militari annunciati come la panacea di tutti i mali.
E un ministro (Ignazio La Russa, Difesa) che, candidamente, ha confessato che «i nostri militari hanno partecipato ad azioni anche di combattimento ». Parole. Propaganda. E affari. Un cocktail venefico, insufflato nel circo mediatico, informativo e politico. Che contamina la società. Senza che faccia più scandalo. «Sono molto preoccupato, e anche provato - confessa Bulgarelli -. In Italia sta prevalendo una cultura della violenza che passa anche attraverso l’esprimersi, come il caso Feltri dimostra. Dieci anni fa una cosa del genere non sarebbe mai accaduta». Ma l’elenco dell’imbarbarimento è lungo. Ecco i respingimenti degli immigrati, il dramma della violenza sulle donne («non ci sono mai state tante vittime come negli ultimi tre anni»), la deregulation della caccia, l’aumento degli episodi di razzismo. «Tutti fenomeni che hanno trovato un humus ideale nell’avvento del berlusconismo, che ha cambiato l’approccio di senso. Anche grazie a una tv che produce niente. Stiamo scivolando su un piano inclinato, manco il Minculpop...».
Berlusconi, però, è sceso ufficialmente in politica nel 1994. La sinistra è stata a guardare? «La verità - ribatte l’ex parlamentare - è che anche noi siamo scivolati nella trappola. Ci hanno liquefatto perché non siamo stati in grado di leggere cosa stava accadendo. Oggi non c’è più la sinistra dei diritti, la sinistra sociale. Ora bisogna ripartire dai territori, perché è lì che abbiamo perso la nostra partita. Dobbiamo ritrovare un fattore identitario: i municipalisti per eccellenza siamo stati proprio noi Verdi. Tanti anni fa». Poi, la storia ha raccontato di una politica diversa. Che ha soffiato solo sulle paure. E intriso di aggressività la vita sociale. «A quanto mi risulta, in Italia stanno aumentando le richieste di porto d’armi, specie nelle regioni della cosiddetta Padania leghista, come Veneto e Lombardia», rivela il sociologo Amato Lamberti, docente di Sociologia della devianza all’università Federico II di Napoli. «Contro questa degenerazione si fa poco. Bisognerebbe partire dall’educazione, credo poco al ruolo della repressione. E ora anche nell’informazione la violenza sta diventando costume». Qualcuno disarmi l’Italia.