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Preoccupa l’impennata nelle autorizzazioni alla vendita di armi italiane: il record in vent’anni

Usciti i dati relativi all’export bellico italiano del 2006
Fonte: Rete Italiana per il Disarmo - 06 aprile 2006


“Le esportazioni italiane di armi del 2006 segnano un preoccupante primato degli ultimi venti anni, una festa per l’industria armiera nazionale e non pochi grattacapi per il Governo Prodi che nel suo programma si era impegnato ad un controllo più stringente sulle esportazioni di armi”. E’ quanto dichiara la Rete Italiana Disarmo a commento dei dati della relazione della Presidenza del Consiglio al Parlamento sull’export di armi per l’anno 2006.
Superano infatti i 2,1 miliardi di euro le autorizzazioni all’esportazioni di armamento nel 2006 con un’impennata del 61% rispetto al 2005 e sfiorano il miliardo di euro anche le consegne (970,4 milioni) effettuate nel 2006. Ma brindano anche le banche, che sempre nel 2006, si sono viste autorizzare operazioni di incassi relativi al solo export di armi per quasi 1,5 miliardi di euro, altra cifra record, con relativi compensi di intermediazione per oltre 32,6 milioni di euro.
“Non ci tranquillizzano affatto i destinatari delle esportazioni”, prosegue la Rete Italiana Disarmo. Al primo posto ritornano infatti gli Stati Uniti che, oltre alla flotta di elicotteri presidenziali dell’Agusta, (è in corso un’inchiesta negli USA nei confronti dell’ex deputato repubblicano Curt Weldon, il principale sponsor politico dell’operazione), acquistano dall’Italia bombe, siluri, razzi, missili, accessori, navi da guerra, esplosivi militari ed armi automatiche di tutti i calibri per un totale di oltre 349,6 milioni di euro. Seguiti a ruota da un paese che nei rapporti di Humans Right Watch e Amnesty International si distingue per vessazioni nei confronti delle organizzazioni per la tutela dei diritti umani: gli Emirati Arabi Uniti ai quali il Governo ha autorizzato la vendita di armi per 338,2 milioni di euro. Salgono le vendite a paesi extra Ue e della Nato arrivando al 44,2% e più del 20,2% dei sistemi d’arma finisce nelle zone calde del pianeta come Medio Oriente ed Africa settentrionale al quale sono destinate armi per un valore complessivo di 442,8 milioni di euro. Spiccano poi paesi come la Nigeria che riceve armi per 74,4 milioni di euro e l’India (66,3 milioni di euro), la Malesya (51,4 milioni di euro), il Pakistan (37,9 milioni di euro) e la Libia (14,9 milioni di euro).

“Per il secondo anno consecutivo – dichiara Giorgio Beretta, coordinatore della campagna ‘Banche armate’ – San Paolo-Imi, con 446 milioni di euro si conferma come la banca che ha effettuato il maggio volume di transizioni in appoggio al commercio delle armi. Un dato preoccupante vista la policy restrittiva che la banca afferma di aver adottato. Altrettanto preoccupante è la ripresa delle operazioni di Banca Intesa che con i ‘soli’ 163 mila euro del 2005 sembrava onorare la decisione di non partecipare al settore, nel 2006 realizza invece incassi per 46 milioni”.
“Questa impennata dell’export, affiancata alla manifestata volontà del Governo di non tenere in considerazione l’ipotesi di riconversione dell’industria bellica, prevista dalla legge, perchè non conveniente – commenta Massimo Paolicelli – presidente dell’Associazione Obiettori Nonviolenti – delineano una linea dell’esecutivo preoccupante, in palese contrasto con il programma presentato agli elettori. Con l’aumento delle spese militari dell’11%, e l’adesione dell’Italia ai progetti americani del nuovo caccia JSF ed allo scudo stellare si avvia per l’Italia una preoccupante e pericolosa corsa al riarmo a spese del contribuente italiano”.
“Altro aspetto allarmante – dichiara Riccardo Troisi della Rete di Lilliput – è che mentre il nostro paese riempie gli arsenali di tutto il mondo, dall’altra parte destina all’Aiuto Pubblico allo Sviluppo a favore dei paesi poveri solo 2 miliardi e 900 milioni di euro (dati OCSE-DAC) ossia lo 0,20% del P.I.L., che in realtà è lo 0,11% sottraendo le risorse per la cancellazione del debito. Come al solito i poveri del Sud del mondo sono destinati ad essere vittime della povertà endemica e della ferocia delle armi”.

“E’ urgente mettere a punto una disciplina sui mediatori di armi - è quanto afferma Maurizio Simoncelli dell’Archivio Disarmo – questo aspetto costituisce una grave lacuna non ancora colmata per frenare i trasferimenti illeciti a paesi sotto embargo, gruppi terroristici ed alla criminalità organizzata”.
“Salutiamo invece positivamente – commenta Chiara Bonaiuti di Oscar – che nel rapporto ci sia un riferimento esplicito alla volontà del Governo di incontrare le organizzazioni non governative che si occupano di disarmo. Crediamo che solo così possa essere valorizzata al meglio la grande anima di trasparenza presente nella nostra legislazione”.

Note:

Per maggiori informazioni vedi la sezione
http://www.disarmo.org/rete/indices/index_1932.html

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