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Le agenzie sulla presa di posizione di Rete Disarmo sull'export italiano bellico

Fonte: Agenzie stampa - 06 aprile 2007


(ANSA) - ROMA, 6 APR - Le esportazioni italiane di armi nel
2006 ''segnano un preoccupante primato degli ultimi venti anni,
una festa per l'industria armiera nazionale e non pochi
grattacapi per il Governo Prodi, che nel suo programma si era
impegnato a un controllo piu' stringente sulle esportazioni di
armi'': cosi' la Rete Italiana Disarmo commenta i dati, resinoti
ieri, della Relazione della Presidenza del Consiglio al
Parlamento sull'export di armi per l'anno 2006.
La Rete sottolinea come le autorizzazioni all'esportazione di
armamenti superino i 2,1 miliardi di euro, con un'impennata del
61% rispetto al 2005. Ma ''brindano anche le banche, che si sono
viste autorizzare operazioni di incassi relativi al solo export
di armi per quasi 1,5 miliardi di euro, altra cifra record''.
Ne' tranquillizzano, continua la Rete, i destinatari delle
esportazioni: Stati Uniti in testa, che oltre agli elicotteri
Agusta ''acquistano dall'Italia bombe, siluri, razzi, missili,
accessori, navi da guerra, esplosivi militari e armi automatiche
per un totale di oltre 349,6 milioni di euro''. Per non parlare
di quel 20,2% di armamenti che finisce ''nelle zone 'calde' del
pianeta come Medio Oriente e Africa settentrionale''.
Inoltre, come sottolinea Giorgio Beretta, coordinatore della
campagna Banche armate, preoccupa San Paolo-Imi, che per il
secondo anno consecutivo, con 446 milioni di euro, si conferma
la banca che ha effettuato il maggior volume di transazioni in
appoggio al commercio delle armi, un dato preoccupante vista la
policy restrittiva che la banca afferma di aver adottato''.
Altrettanto preoccupante ''e' la ripresa delle operazioni di
Banca Intesa, che se con i 'soli' 163 mila euro del 2005
sembrava onorare la decisione di non partecipare al settore, nel
2006 realizza invece incassi per 46 milioni''.
''Questa impennata dell'export, affiancata alla manifestata
volonta' del Governo di non tenere in considerazione l'ipotesi
di riconversione dell'industria bellica, prevista dalla legge,
perche' non conveniente commenta Massimo Paolicelli,
presidente dell'Associazione Obiettori Nonviolenti delineano
una linea dell'esecutivo in palese contrasto con il programma
presentato agli elettori''. La Rete saluta invece positivamente
''l'esplicita volonta' del governo di incontrare le
organizzazioni che si occupano di disarmo''.(ANSA).

(ASCA) - Roma, 6 apr - E' ancora San Paolo-Imi la regina
delle ''banche armate''. Nel 2006 sui conti dell'istituto
torinese sono transitati ben 446 milioni di euro frutto di
transazioni internazionali per la compravendita di armi.
L'anno precedente erano 164 milioni. Lo rivelano i dati del
rapporto introduttivo alla Relazione della Presidenza del
Consiglio sull'export italiano di armi, diffusi in anteprima
da Altreconomia in collaborazione con ''Rete Disarmo'',
promotrici della campagna ''Banche armate''. San Paolo ha
canalizzato circa un terzo dei flussi di cassa del settore,
che nell'ultimo anno sono cresciuti del 32% circa, passando
da 1,125 a 1,492 miliardi di euro.
Preoccupa le associazioni anche la ripresa delle
autorizzazioni su Banca Intesa, che aveva annunciato un
cambio di politica negli scorsi anni ma passa da 163 mila a
46 milioni di euro, e che ora dovra' affrontare la sfida
della fusione con San Paolo-Imi. In classifica si registra
ancora uno volta la presenza della Banca popolare di Milano
(17 milioni di euro, -50% dallo scorso anno), al centro di un
dibattito che coinvolge anche Banca Etica, di cui e' socia
fondatrice e per la quale opera anche all'interno di Etica
Sgr e della gestione fondi. Scendono invece le autorizzazioni
riferite a Banca di Roma, circa 100 milioni di euro in meno
in un anno (da 133 a 36). Nel resto della classifica troviamo i
''soliti noti'': il gruppo Bnp-Paribas supera la quota
massima dello scorso anno, attestandosi sui 290 milioni di
euro. Insieme al San Paolo-IMI, da soli, coprono quasi la
meta' delle transazioni dovute a esportazioni definitive,
seguono poi Unicredit (in flessione del 15%), la Banca
nazionale del lavoro (+33%), Deutsche Bank (-14%), Banco di
Brescia (con +95%) e Commerz Bank (in crescita dell'85%).
Queste banche si piazzano in una fascia dai 74 agli 87
milioni di euro di transazioni. La Banca popolare italiana,
che passa da 14 a 60 milioni, guida il gruppo di tutte le
altre inseguitrici dai 60 milioni di euro in giu'.
Cresce il peso delle filiali di banche estere in questo
particolarissimo mercato. Negli ultimi anni le filiali in
Italia delle banche estere hanno visto crescere la propria
quota di mercato: dal 17 per cento nel 2004 al 35 nel 2005
fino al 38 nel 2006. ''In questi mesi si sono levate voci
allarmate per l'erosione della leadership italiana su questi
affari - spiega Francesco Vignarca, segretario della Rete
Disarmo -. Alcuni analisti, i produttori di armi e persino il
Governo hanno gridando alla perdita di controllo politico e
sociale causata dalla troppa pressione operata dalle campagne
e dai soggetti del mondo del disarmo''.
Pero' tra il 2005 ed il 2006 la fetta di flussi finanziari
controllata dagli istituti di credito italiani e' passata, in
termini assoluti, da 1,14 a 1,39 miliardi di euro. Nonostante
non si sia ritornati ai livelli del 2004, ''anche le banche
tricolori stanno riprendendo a fare i loro buoni affari di
transazione - continua Vignarca -. In questo caso l'aumento
della quota straniera si deve solo al fatto che ''c'e' piu'
trippa per tutti'''.

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