Al via il fulmine di guerra Dal Pentagono su ali italiane
Il governo sigla l'accordo per produrre i micidiali bombardieri F-35: reagiscono vescovi, società civile e parlamentari. Primo appuntamento a Vicenza il 17 febbraio per impedirne la produzione a Novara Discontinuità L'Italia firma a Washington l'intesa per il caccia F-35
Emanuele Giordana
Fonte: Il Manifesto - 08 febbraio 2007
Il Sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri firma al Pentagono il protocollo d'intesa su produzione, supporto e sviluppo del caccia Joint Strike Fighter noto come Jsf o F-35. Sigle che sembrano innocue ma che in Italia hanno già scatenato una bufera, prima ancora che Forcieri apponesse la sua firma a nome del governo.
Il tam tam data dal 1998 con la stesura di un primo memorandum tra governo italiano e americano. Poi, mentre si alternavano i governi, si è andata costruendo - ricordano alla Rete italiana per il disarmo - la tappa decisiva del giungo scorso che ha visto il generale Leonardo Tricarico, capo di Stato Maggiore dell'aeronautica, sottoscrivere il programma. Ieri la firma del rappresentante del governo che fa «volare» i Jsf anche in Italia. Gli F-35 sono caccia di ultima generazione che possono portare anche ordigni nucleari. Armi micidiali insomma. Che potranno essere prodotte anche in Italia, in provincia di Novara. Ma benché la cosa si sapesse da tempo e si stesse per arrivare alla firma, in realtà, tutto è passato piuttosto inosservato. Ci hanno pensato due vescovi a dare la ribalta alla vicenda.
Sul sito di Pax Christi Fernando Charrier, vescovo di Alessandria e Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara e presidente di Pax Christi Italia, hanno scritto un comunicato che, dietro le parole soft, parla chiaro. Citano la dottrina sociale della chiesa, il Concilio Vaticano II e anche il pontefice, per «riaffermare, come comunità cristiana, la necessità di opporsi alla produzione e alla commercializzazione di strumenti concepiti per la guerra...» e criticano il possibile «avvio dell'assemblaggio finale di velivoli da combattimento da effettuarsi nel sito aeronautico di Cameri», provincia di Novara, dove i membri del «Tavolo di lavoro contro gli F-35» hanno già aderito alla manifestazione in programma a Vicenza il prossimo 17 febbraio contro l'ampliamento della base Usa. Si parlerà anche degli F-35.
Per i presuli la produzione di armamenti non si può «considerare alla stregua di quella di beni economici qualsiasi» e si chiedono «quale cammino di pace sarà mai possibile se si continua a investire nella produzione di armi e nella ricerca applicata a svilupparne di nuove?». Anche don Albino Bizzotto dei Beati costruttori di pace ha qualcosa da aggiungere: «Noto che il mondo cambia ma i governi sembrano non accorgersi di quel che pensa la gente. Non si vede mai un segnale se non qualche ritocco e si va avanti sulle logiche di sempre. Mi accontenterei - conclude - che si rispettasse la lettera della Costituzione».
In un momento difficile delle relazioni transatlantiche, Forcieri ne ha ieri evidenziato la tenuta proprio grazie all'accordo sugli F-35. E' proprio quello che non piace alla Campagna Sbilanciamoci! «Una tempistica migliore non poteva esserci, non sono passate neanche 24 ore dal vertice di maggioranza sulla politica estera, concluso con un pieno sostegno alla politica estera e di difesa del governo - dice Giulio Marcon - che un altro strappo viene fatto dall'esecutivo». Eppure, ricorda Massimo Paolicelli, nel suo programma «l'Unione si era impegnata a sostenere una politica che consenta la riduzione delle spese per armamenti» mentre «il progetto del JSF affossa la cooperazione europea e fa esplodere le spese militari». Forcieri però assicura che «notevoli saranno i ritorni industriali e occupazionali del progetto. In termini economici e finanziari l'acquisizione dei velivoli comporterà per l'Italia un impegno stimato in circa 11 miliardi di US$, a fronte del quale si mira a ritorni industriali in misura pari al 100% e a incrementi occupazionali proporzionali ai volumi in gioco. Per la sola produzione delle ali del velivolo, già a partire dal 2008 e fino al 2014 - precisa il sottosegretario - si prevedono attività che potrebbero sviluppare un volume di risorse dirette crescenti fino a circa 2000 posti di lavoro, con un esteso coinvolgimento di piccole e medie imprese».
Ma non tutti hanno questa certezza. Severino Galante (Pdci) chiede in un'interrogazione al ministro della Difesa «come sia possibile che i costi unitari dei velivoli rimangano uguali a quelli stabiliti inizialmente e come sia possibile che gli aumenti siano assorbiti unicamente dagli Usa» e vuole dunque sapere «quali siano i termini effettivi dell'accordo...e quelli relativi al trasferimento delle tecnologie tra la Lockheed Martin e le aziende italiane impegnate nel progetto». Domande sui costi che si fa anche il senatore del Prc Francesco Martone «e sui quali forse la Corte dei conti dovrebbe pronunciarsi come ha fatto quella olandese (che ha bocciato il governo ndr)». Ma Martone va più in là. «Deve essere ben chiaro che questi sono caccia in grado di portare ordigni nucleari». Fino a prova contraria il nostro esercito non dovrebbe averne bisogno.
Note:
Articolo originale al link
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/08-Febbraio-2007/art25.html
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