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Osservatore vaticano all’ONU: per affrontare la cultura della violenza serve “volontà politica”

Fonte: Pax Christi - 02 luglio 2006


NEW YORK, domenica, 2 luglio 2006 - Pubblichiamo l’intervento pronunciato dall’Arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, mercoledì scorso alla 60ma Assemblea Generale sull’esame dei progressi relativi all’attuazione del programma d’azione per prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di armi di piccolo calibro e di armi leggere.

Signor Presidente,

Tutti noi qui abbiamo una grande responsabilità, derivante dalla consapevolezza che l’esito di questo incontro potrà avere un impatto a lungo termine su un processo che, dal 2001, ha dato un forte impulso iniziale al nuovo regime internazionale sulle armi di piccolo calibro e le armi leggere e al loro contesto legale. Questo regime sta ora prendendo forma ed è l’ultimo passo del sentiero che dovrebbe portare all’effettiva promozione dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale.

Il traffico illecito di armi di piccolo calibro ed armi leggere è una minaccia alla pace, allo sviluppo e alla sicurezza. E’ una minaccia che deriva non solo dal conflitto, ma anche dal malcontento della gente, dal crimine organizzato, dal traffico di persone, dal terrorismo e dalla povertà, e prospera in un mondo interconnesso e globalizzato. La Santa Sede, quindi, sostiene quanti chiedono un approccio comune per combattere non solo il commercio di armi illecite, ma anche le attività ad esso collegate, come il terrorismo, il crimine organizzato e il traffico illecito di droghe e pietre preziose, senza dimenticare le dimensioni etiche, sociali e umanitarie di questi flagelli.

Tra i primi a beneficiare di questo approccio comune ci saranno i Paesi poveri, che, avendo sentito tante promesse, chiedono giustamente la concreta implementazione del loro diritto allo sviluppo. In questo contesto, la mia delegazione desidera riconoscere e dare il proprio sostegno alla Dichiarazione di Ginevra sulla Violenza Armata e lo Sviluppo, adottata il 7 giugno 2006, con cui 42 Paesi si impegnano a promuovere l’integrazione del controllo delle armi di piccolo calibro nei contesti di sviluppo.

La mia delegazione vorrebbe oggi sottolineare anche alcuni aspetti del Programma d’Azione che meritano grande attenzione, iniziando dalla premessa per cui, visto lo stretto legame tra violenza ed armi, armi e distruzione, armi e odio e disintegrazione sociale, le armi non possono essere trattate come se fossero beni commerciali come gli altri.

In primo luogo, è importante che la Conferenza del 2006 decida di stabilire importanti programmi, meccanismi e linee-guida di cooperazione internazionale per promuovere parti fondamentali del Programma d’Azione, che possano includere lo stabilimento di standard adeguati per la gestione e la sicurezza delle riserve di queste armi; la definizione di criteri per l’esportazione di armi; meccanismi per raccogliere e distruggere le armi come parte dei processi di pace; il rafforzamento della capacità operativa per l’implementazione di leggi dirette al commercio di armi illecite; una migliore cooperazione regionale, inclusa una vigile attenzione al transito di armi lungo i confini porosi; controlli nazionali più regolamentati sulla produzione e sul trasferimento di armi di piccolo calibro e leggere attraverso mezzi più incisivi di responsabilità, analisi e intermediazione.

Sarebbe quindi utile considerare seriamente la negoziazione di uno strumento legalmente vincolante per affrontare il commercio illecito delle armi, come un trattato basato su principi rilevanti di diritto internazionale, inclusi quelli relativi ai diritti umani e al diritto umanitario. Perché un tale strumento aiuti a sradicare il traffico illecito delle armi, la sua negoziazione dovrebbe coinvolgere i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, i Paesi di esportazione, importazione e transito, le industrie militari, le ONG e la società civile. Gli Stati, in particolare, hanno un grande dovere in questo campo, e dovrebbero negoziare sinceramente ed applicare un accordo di questo tipo. In particolare, la Santa Sede sostiene decisamente la proposta delle Nazioni Unite di un trattato vincolante sul trasferimento delle armi convenzionali come iniziativa autonoma con meccanismi efficaci per il rafforzamento e il monitoraggio. La mia delegazione spera che questa meritevole idea sia ampiamente sostenuta dai capitali.

In secondo luogo, la mia delegazione è lieta di notare il numero di interventi che in questi giorni si concentrano – come possiamo vedere nel Piano d’Azione – sulla necessità di affrontare non solo il problema della facile disponibilità di armi, ma anche la domanda di armi, un’esigenza necessaria se gli Stati desiderano sinceramente evitare la deviazione delle armi di piccolo calibro e delle armi leggere verso il mercato illegale. Se pensiamo al costo umano delle armi di piccolo calibro e di quelle leggere e ai collegamenti, a volte sottili, a volte evidenti, tra queste e il lento progresso dello sviluppo sostenibile, le azioni volte a ridurre la domanda di armi di piccolo calibro e di armi leggere meritano un’attenzione di gran lunga maggiore. Lavorare per affrontare la domanda richiederà una solida ricerca sulle dinamiche dei conflitti, del crimine e della violenza. Informazioni così ben fondate potrebbero costituire la base per una saggia azione volta a promuovere una vera cultura della pace tra noi. Tutti devono agire responsabilmente per l’implementazione di attività educative e di consapevolezza per affrontare la cultura della violenza con una chiara dimostrazione di volontà politica. Con la Conferenza di Revisione 2006, gli Stati dovrebbero cogliere l’opportunità di riconoscere i legami esistenti tra disarmo, sviluppo e preoccupazioni umanitarie, ed impegnarsi in strategie e programmi per ridurre la domanda di armi e di violenza armata.

Infine, collegato ad accordi migliori e alla riduzione della domanda, c’è lo scandaloso impatto di questo commercio sugli elementi più deboli della società, soprattutto i bambini. La Santa Sede dà grande importanza ai bisogni speciali dei bambini coinvolti nei conflitti armati, alla riunificazione con le loro famiglie, alla reintegrazione nella società e alla loro appropriata riabilitazione. In alcuni conflitti, i bambini hanno dovuto subire un duplice male: da un lato l’esposizione al pericolo, dall’altro il fatto di essere arruolati forzatamente come bambini-soldato. Queste situazioni richiedono una reazione inequivocabile da parte della comunità internazionale, che deve necessariamente mostrare una preoccupazione particolare per i bambini in queste circostanze e fare tutto il possibile per aiutarli a tornare al normale compito di crescere in un ambiente sano e affettuoso. I provvedimenti per il disarmo, la smobilitazione e la reintegrazione prestano già attenzione alle necessità dei bambini-soldato; questo dovrebbe essere esteso oltre gli accordi di pace, dove è già comune, e considerato per l’inserimento nei progetti di peace-keeping e peace-building, così come nei programmi di sviluppo, usando un approccio basato sulla comunità.

Per raggiungere questi obiettivi, è quindi necessaria l’attiva partecipazione di tutti gli attori: i Governi che hanno la responsabilità principale del successo di questa Conferenza di Revisione, le organizzazioni internazionali, le ONG che hanno già dato un forte impulso a questo processo. La mia delegazione spera che l’esito della Conferenza 2006 guarderà con saggezza al futuro del regime internazionale delle armi di piccolo calibro e delle armi leggere, e predisporrà un seguito sia adeguato che efficace.

Grazie, signor Presidente.


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