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Sbilanciamoci: dall'economia a mano armata alle azioni di pace

Fonte: Unimondo - 15 febbraio 2006

Un'analisi dettagliata, corredata da numeri e tabelle, che descrive l'affermarsi con forza di un'economia di guerra, basata sull'aumento della spesa militare ed il commercio delle armi: è la nuova edizione di Economia a mano armata di Sbilanciamoci! (la prima venne distribuita in 15 mila copie cinque anni fa) dove si può trovare materiale sulle armi di distruzione di massa e sui trattati che ne regolamentano la produzione, sul commercio di armi e le spese militari. "Crediamo che mettere in fila tante tabelle e tanti numeri in un volumetto possa essere un'operazione utile a coloro che vogliono, oltre che manifestare contro le guerre, anche documentarsi su ciò che succede dietro - nel mondo e nel nostro Paese. I numeri a volte sono noiosi ma hanno il pregio di non essere discutibili, sono lì a ricordarci quanto spendiamo per comprare e usare le armi, chi ci guadagna e chi ci perde in termini di vite umane e distruzione dell'ambiente" - scrivono gli autori.

Dal rapporto si scopre che dopo il passaggio al Senato della legge finanziaria, il bilancio della Difesa ha subìto un taglio di 1.717,9 milioni di Euro. Pertanto per il 2006 il bilancio della Difesa ammonterà a 17.782,5 milioni di Euro con una diminuzione rispetto all’anno precedente di 1.239,2 milioni di Euro, pari al 6,5% in termini monetari e di 8,1% in termini reali. In rapporto al Pil ipotizzato per l’anno 2006 dalla circolare n. 10, in data 2 novembre 2005 del Mef, pari a 1.435.404 milioni di Euro, lo stanziamento revisionale della Difesa risulta pari al 1,23% a fronte della percentuale del 1,37% registrata dal bilancio 2005.

Ma i costi delle missioni militari all’estero non vengono coperti con i fondi ordinari del Bilancio della Difesa, ma con fondi aggiuntivi. "E’ abbastanza paradossale che la funzione prevalente (rivendicata come tale anche dai responsabili delle Forze Armate e presa come pretesto per chiedere ogni anno finanziamenti crescenti per il Bilancio della Difesa) delle missioni di pace non sia finanziata attraverso i canali ordinari del Bilancio della Difesa ma con fondi extra-bilancio e che – tra l’altro - la Difesa non computa mai nel calcolo delle risorse complessive destinate alle Forze Armate" - scrive Sbilanciamoci. Per due anni consecutivi in finanziaria è stato previsto un fondo di riserva –nel 2005 di 1.200 milioni, nel 2006 di 1.000 milioni di euro- per coprire le esigenze di copertura finanziaria delle missioni. Inoltre va ricordato che dalla finanziaria del 2004, l’80% dei fondi dell’8xmille viene stornato per esigenze di finanza pubblica. Si tratta di poco più di 80 milioni di euro che come denunciato da Il Sole 24 ore la scorsa estate, vanno a finanziarie gli interventi delle missioni militari all’estero.

Il 28 giugno del 2005 sono stati approvati due decreti-legge, il 111 (“Disposizioni urgenti per la partecipazione italiana a missioni internazionali”) e il 112 (“Disposizioni urgenti per la partecipazione italiana alla missione internazionale in Iraq”) del 2005 che autorizzano la copertura della presenza militare italiana all’estero.

E sempre Sbilanciamoci! avanza alla politica italiana "Dieci buone azioni per la pace". Tra queste la riduzione delle spese militari e dell’organico delle forze armate, la riconversione dell’industria militare e la riforma del Consiglio Supremo di Difesa. Lo strumento Forze Armate è infatti assolutamente sovradimensionato rispetto alle esigenze attuali. Attualmente, a regime, si prevede un organico di 190.000 unità. L’attuale contributo italiano alle missioni di pace (o supposte attuali) è di poco più di 10.000 unità in diverse aree: Iraq, Afganistan, Kosovo, Bosnia, Timor est, Mozambico, ecc. Anche volendo prevedere un contributo massimo di 20.000 unità (cioè il doppio rispetto agli attuali soldati all’estero), un organico di 110.000 soldati è più che sufficiente per garantire la presenza nelle aree delle missioni di pace, rispettare gli impegni internazionali, il turn over, le esigenze di addestramento, i servizi generali. In più –in un contesto di crescente collaborazione europea-delle forti Forze Armate nazionali non hanno senso quando è possibile con delle buone economie di scala, effettuare forti risparmi sul personale e sui risparmi d’arma. La proposta di Sbilanciamoci! è quindi di prevedere un tetto massimo di 110.000 addetti per le Forze Armate: si stima che la riduzione del personale e delle dotazioni corrispondenti porterebbe ad un risparmio di oltre 5 miliardi di euro su un bilancio della Difesa di cui bisogna chiedere un’adeguata trasparenza:quello attuale è largamente illeggibile e si presa a molte operazioni fuori dal controllo del Parlamento.

Sbilanciamoci! propone il sostegno per iniziative di riconversione civile dell’industria bellica nazionale, con un finanziamento di almeno 200 milioni di euro e il ripristino delle norme del controllo sul commercio degli armamenti previsto dalla legge 185 del 1990 e di quella sulle tecnologie a doppio uso ( dual use ) n. 222 del 1992. E’ necessario un attento monitoraggio per l’applicazione della Licenza Globale di Progetto alle coproduzioni internazionali cui aziende italiane partecipano ed una sua applicazione attenta e prudenziale nel pieno rispetto dei divieti enunciati dall’art. 1 della legge 185/90 e delle misure di trasparenza previste dall’art. 5. E’ importante che la Relazione annuale prevista dalla legge comprenda l’elenco dei dinieghi effettuati. Devono essere fornite informazioni sulle licenze di produzione. La relazione tra informazioni relative ai programmi di coproduzione intergovernativa deve contenere informazioni minime analoghe a quelle degli allegati relative alle autorizzazioni ed alle esportazioni definitive. Lo stesso vale per le armi leggere. E’ inoltre importante colmare la lacuna relativa ai controlli sui mediatori di armi, nei casi in cui non opera la giurisdizione italiana persino se le esportazioni sono operate in violazione di embarghi internazionali o in caso di terrorismo internazionale. L’Italia è inadempiente rispetto alla posizione comune del Consiglio dell’UE 2003/468/CFSP, del 23 Giugno 2003, in particolare per quanto riguarda il caso in cui siano cittadini stranieri ad operare le mediazioni o in cui le armi non passino sul suolo italiano.

Considerata la sua importanza dal punto di vista istituzionale il Consiglio Supremo di Difesa –nel contesto di un rinnovato ruolo delle Forze Armate in missioni di pace integrate con le componenti civili e sociali del paese- deve superare la sua natura di “corpo separato” e si deve prevedere la tenuta di sedute aperte alla partecipazione dei rappresentanti del Parlamento, delle Regioni e degli Enti locali, delle Parti Sociali.

Non può esserci una politica di sicurezza senza un’attiva politica di pace delle Nazioni Unite. Chiediamo che l’Italia si attivi per la riforma e la democratizzazione delle Nazioni Unite (e del Consiglio di Sicurezza, abolendo il potere di veto su tutte le materie legate al rispetto e alla promozione dei diritti umani) e per l’applicazione della Carta dell’Onu, anche per ciò che riguarda le modalità di comando e di coordinamento delle missioni di pace e del ricorso ad azioni di “polizia internazionale” –veramente tali- sotto una direzione autenticamente sovranazionale e rispondente al Consiglio di Sicurezza. L’Italia –analogamente a quanto hanno fatto in passato altri paesi- può mettere a disposizione stand by al Consiglio di Sicurezza in modo permanente almeno 5.000 peace keepers (militari e civili).

La sicurezza e la pace possono nascere da una efficace azione di lotta alla povertà e di cooperazione allo sviluppo. Da tempo la cooperazione italiana si trova in uno stato di estrema crisi. La finanziaria del 2006 ha ulteriormente ridotto i fondi. Siamo all’ultimo posto –con lo 0,11%- dei paesi OCSE quanto a rapporto spesa per la cooperazione/PIL. Siamo lontani anche dagli obiettivi posti dal DPEF 2002-2006 che ponevano l’obiettivo dello 0,33% per il prossimo anno. La proposta è quella di un aumento di 570 milioni di euro per la cooperazione allo sviluppo, per la realizzazione degli Obiettivi del Millennio e per la realizzazione degli interventi previsti dalla legge 49 del 1987.

Note:
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