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Riforma della legge italiana sulla legittima difesa. Un nuovo genere di Spaghetti-Western ?

Claudio Gramizzi
Fonte: GRIP Bruxelles - 26 gennaio 2006


La riforma della legge sulla legittima difesa introdotta dal deputato On. Luciano Dussin[1] é stata approvata in forma definitiva dal Parlamento italiano il 24 gennaio scorso.

La nuova formulazione dell’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio, autorizza il ricorso ad un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere :
a) la propria o altrui incolumità ;
b) i beni propri o altrui, quando non vi é desistenza e vi é pericolo d’aggressione.
Tale disposizione si applica anche all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale[2].

Una prima tappa era già stata raggiunta il 6 luglio 2005, giorno dell’approvazione del provvedimento da parte del Senato della Repubblica, quasi due anni dopo la presentazione del testo al Parlamento. Il voto favorevole ottenuto dalla Camera dei Deputati[3] sancisce l’integrazione del nuovo testo nell’arsenale giuridico italiano, non senza qualche polemica.

Inutile sottolineare a che punto le reazioni dei due principali schieramenti politici italiani, già impegnati negli esercizi di riscaldamento per la prossima campagna elettorale, siano discordanti.
Come lo sottolineano le dichiarazioni rilasciate dopo il voto del Palazzo di Montecitorio, l’entusiasmo più acceso é stato riscontrato soprtattutto nelle file della Lega Nord, partito da cui ha preso forma la proposta di riforma.
Appoggiati da tutti gli schieramenti membri della Casa delle Libertà, ministri e deputati leghisti si congratulano per il « riconoscimento del diritto dell’aggredito di difendersi »[4].
Gli osservatori della cronaca politica italiana non se ne stupiranno oltremodo. Per quanto distratti, si ricordano certamente delle dichiarazioni che il ministro delle Riforme istituzionali, Calderoli, anch’egli membro del Carroccio, si lasció scappare nel novembre 2004. All’occasione dell’uccisione di un benzinaio di Lecco annunció infatti di voler « instaurare una taglia sugli assassini » per incitare i cittadini a collaborare con più veemenza alle indagini[5].
Il ministro della Giustizia, Castelli, rassicuró chi si diceva preoccupato per il futuro dello Stato di diritto definendo la dichiarazione del collega di partito « un atto legittimo e meritorio »[6].

Nonostante la soddisfazione dello schieramento al Governo, numerose voci si sono alzate per criticare la pertinenza del testo approvato dalla Camera. Non solo nei ranghi del centro-sinistra, ma ugualmente presso i rappresentanti del mondo della Giustizia[7], ancora una volta in contrasto diretto con le posizioni difese dal loro ministro di tutela.

I. Quali le implicazioni

Introducendo un concetto di leggittima difesa cosí vasto – le minacce dirette alla proprietà dei beni materiali figurano ormai tra i fattori che giustificano l’uso di un’arma – la nuova norma sconvolge, di fatto, il rapporto di proporzione tra difesa ed offesa, considerandola presunta in ogni caso.
In altri termini, ammette che la reazione al pericolo di un’aggressione possa non essere direttamente proporzionata alla minaccia che verrebbe da un’aggressione potenziale.
Prima della ‘legge Dussin’, le disposizioni penali in vigore attribuivano all’individuo vittima dell’offesa il diritto di difendere la propria incolumità, tuttavia soltanto attraverso una risposta che fosse proporzionata all’offesa subita.

Da una prima lettura del provvedimento emerge inoltre l’evidenza del fatto che la formulazione del testo apre inevitabilmente lo spazio ad una larga seria di situazioni potenzialmente litigiose.
La percezione del pericolo é difficile da regolamentare e da definire in maniera univoca.
Qualsiasi cittadino che si ritrovi direttamente confrontato ad una presenza improvvisa, indesiderata e minacciosa nel suo domicilio o nel suo negozio é certamente chiamato ad affrontare una situazione che esce dall’ordinario e che genera uno stato emotivo inusuale. É pertanto impossibile escludere a priori che la sua percezione del pericolo non sia viziata ed eccessiva rispetto alla minaccia reale.
La seconda condizione che determina la legalità del ricorso ad una reazione armata suscita altri interrogativi ed osservazioni analoghe.
Com’é possibile pretendere che i gesti di un ladro sorpreso in flagrante siano interpretati correttamente dal proprietario che subisce il furto e impugna l’arma ?
La necessità di decidere nell’immediatezza ed in uno stato di tensione emotiva del tutto particolare e, perché no, della paura, non genera forse dei rischi di errore nell’apprezzamento che potrebbero essere eccessivi ?

Approfondendo leggermente l’analisi sembra anche pertinente interrogarsi sulla compatibilità di questa nuova legge con la Costituzione italiana ; questa stabilisce infatti che « La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo »[8].
Permettendo che i cittadini ricorrano ad una forma di giustizia immediata, armata e potenzialemente intaccata d’arbitrario, lo Stato repubblicano garantisce davvero il primo dei diritti fondamentali, quello alla vita[9] ?

Infine, questa norma fortemente voluta dal Governo dispensa lo Stato dall’esercizio di un suo dovere fondamentale, quello di garantire la sicurezza e la giustizia, dando mandato al cittadino di assicurare con i propri mezzi, non solo la sua propria incolumità, ma anche quella dei propri beni materiali.
Il cantonamento della sicurezza ad una dimensione puramente individuale é una scelta politica pesante. Certamente opinabile se si giudica tenendo in conto i risultati poco brillanti ottenuti nei paesi che hanno adottato una strategia simile.

II. La strana definizione di ‘sicurezza’ usata dal Governo Berlusconi

Da quando ha comnciato ad esercitare il suo mandato, il Governo Berlusconi si sforza a ricordare regolarmente ai cittadini italiani i vari progressi conseguiti.
Tra i meriti che il Governo si attribuisce fieramente ritroviamo quello di aver contribuito a migliorare la sicurezza del Paese.
Non siamo in possesso di dati statistici sufficientemente consistenti per confermare o confutare tale conclusione. Restiamo quanto meno volontariamente e particolarmente prudenti sulla pertinenza di un tale proposito.
Senza che questo sia da interpretare come un pregiudizio nei confronti della squadra di Berlusconi, siamo nell’impossibilità di condividere la definizione, piuttosto variabile, che i ministri italiani sembrano aver addottato della nozione di ‘sicurezza’.
Questa stessa prudenza ci era già stata suggerita nel 2002, nel corso di una conferenza stampa dell’allora ministro dell’Interno Scajola[10]. Stabilendo il bilancio del primo anno di lavoro del Governo Berlusconi, Scajola affermó in quell’occasione che l’Italia era diventata un ‘Paese più sicuro’.
Seguendo il ragionamento del ministro si era cosí portati a misurare il livello di sicurezza del Paese non tanto in funzione del numero degli atti criminali commessi nel corso dell’ultimo anno, ma piuttosto contabilizzando il numero di casi risolti dalla Giustizia.
Entrambi i numeri erano in aumento rispetto all’anno precedente, secondo quanto ammesso dallo stesso ministro.

Oggi, la stessa coalizione di Governo si congratula dei risultati annoverati nel campo della sicurezza pubblica utilizzando altri indicatori, in contraddizione con i precedenti, come la diminuzione del numero di delitti, misurati sulla base del numero delle procedure giudiziarie che ne sono scaturite. Omettendo di ricordare che alcune delle attività considerate precedentemente come illegali sono state nel frattempo rimosse dal codice penale[11].
Autorizzando il ricorso ad un’arma da parte dei cittadini che sono vittime di una violazione di domicilio e di un tentativo di furto, anche per la sola difesa di beni materiali, il Parlamento contribuisce certamente a ridurre ulteriormente il numero di casi che saranno sottoposti alle autorità giudiziarie : tutti quelli che porterebbero sulla verifica dell’eventuale eccesso di difesa da parte di chi subisce l’offesa.
Un passo ulteriore verso una più grande ‘sicurezza’, secondo i criteri di giudizio del Governo…

III. Conclusione

Stabilendo il diritto alla legittima difesa armata, benché in condizioni del tutto particolari, e riducendo le responsabilità dello Stato nel campo della sicurezza individuale, il Governo italiano consegna un messaggio politico che potrebbe essere interpretato dal cittadino comune come un invito a procurarsi un’arma.
Senza contare che certi criminali, da parte loro, sapendo di esporsi a rischi crescenti, pottrebbero decidere di operare più sistematicamente accompagnati da un’arma, dando il via ad una ‘corsa all’armamento’ più o meno generalizzata.

É certamente troppo presto per determinare se questa nuova norma contribuirà, a lungo termine, a modificare l’atteggiamento degli italiani nei confronti delle armi da fuoco ed a indurre un aumento del tasso di detenzione di armi a domicilio.
Se tale dovesse essere il caso, considerati i rischi che la disponibilià immediata di armi puó generare, é da temere che il numero di omicidi accidentali e non intezionali, di suicidi con arma da fuoco e dei casi di violenza domestica che finiscono in assassinii subisca la stessa tendenza.
Cosí come, forse, il numero di vendette mafiose a domicilio …

Note:

NOTE

[1] Deputato leghista.

[2] In corsivo il testo della norma approvata dal Parlamento.
Il testo integrale é disponibile su Internet, per esempio su : http://www.cittadinolex.kataweb.it/article_view.jsp?idArt=31466&idCat=75

[3] Durante il voto alla Camera dei Deputati, il provvedimento presentato dalla Lega ha ottenuto 244 voti a favore e 175 voti contro.

[4] Dichiarazione del ministro della Giustizia Castelli, trascritta in vari quotidiani italiani all’indomani del voto alla Camera. Per esempio « Castelli : un passo dalla parte di Abele. L’opposizione : una legge da Far West », 24 gennaio 2006, Il Corriere della Sera.

[5] Un benzinaio di Lecco fu ucciso da un colpo sparato durante un tentativo di rapina a mano armata. Gli aggressori, due giovani di 17 e 18 anni, si sono costituiti ai Carabinieri in dicembre 2004.
Numerosi articoli di stampa si sono soffermati su quest’episodio di cronaca nera e sulle polemiche che ne sono scaturite.

[6] Per più ampi dettagli sulle dichiarazioni del mondo politico, vedasi, ad esempio, « Castelli : Taglia un atto legittimo. I cittadini si ribellino », 27 novembre 2004, La Repubblica.

[7] Tra le organizzazioni che si sono pronunciate negativamente sulla nuova norma possiamo citare l’Unione della Camere Penali e l’Associazione nazionale dei magistrati. Per commenti ulteriori, vedasi « In casa e ufficio vale qualsiasi difesa », D. Stasio, 25 gennaio 2005, Il Sole 24 Ore.

[8] Articolo 2° della Constituzione della Repubblica italiana, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 7 dicembre 1947.
La legge italiana prevede la possibilità di sottoporre l’esame della costituzionalità delle leggi alla Corte costituzionale. Per lanciare una tale procedura, é necessario che un giudice, chiamato a sentenziare sulla legge stessa, sollevi la questione costituzionale innanzi alla Corte costituzionale.

[9] Articolo 3° della Dichiarazione universale dei diritti umani.
La Dichiarazione é disponibile in lingua italiana su Internet, per esempio su : http://www.unhchr.ch/udhr/lang/itn.htm

[10] Scajola, attuale ministro della Attività produttive, é stato ministro dell’Interno tra giugno 2001 ed inizio luglio 2002.

[11] Questo meccanismo ha peraltro permesso al Presidente del Consiglio di evitare a sottoporsi ad alcuni processi presso la Procura di Milano che lo vedevano personalmente implicato.

Articolo originale al link

http://www.grip.org/bdg/g4594.html
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