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Disarmo

Riconvertire le industrie è possibile

Intervento di Gianni Alioti (FIM-Cisl) al convegno di Ciampino
Fonte: ANSA - 09 gennaio 2006


L'aumento delle spese militari nel mondo non ha prodotto nuova occupazione nel settore dell'industria bellica. E il futuro non si annuncia roseo neanche per le imprese, che sempre piu' subiranno un processo di concentrazione. Per questo, conviene sia alle imprese che ai sindacati convertire nel settore civile, le prime per ridurre la loro dipendenza dal settore militare e i secondi per tutelare l'occupazione. Lo ha detto Gianni Alioti (Fim-Cisl), nel corso di un convegno su armi, industrie e banche a Ciampino (Roma).
Il responsabile internazionale dei metalmeccanici Cisl ha fornito alcune cifre: in Europa (dati 2004) l'industria aerospaziale e della difesa occupa 601 mila persone con un fatturato complessivo di 104 miliardi di euro. Restringendo il campo all'aeronautica, che assorbe il 70% del settore, si scopre che i lavoratori del settore militare sono passati, negli ultimi 25 anni (1981-2004) da 382 mila a 158 mila (-60%), mentre l'occupazione nell'aeronautica civile e' cresciuta da 197 mila a 287 mila (+45%). La contrazione degli occupati nel settore militare, secondo Alioti, dipende da vari fattori: la crescita costante del fatturato per addetto (nell'aeronautica del 4% all'anno); un aumento dei costi unitari per sistema d'arma, che significa una diminuzione, a parita' di spesa, della quantita' di armi che puo' essere acquistata dalle forze Armate; l'effetto dei processi di fusione, ristrutturazione e innovazione tecnologica.
''Nei prossimi anni, quindi - ha sottolineato il sindacalista - non vi sara' un mercato sufficiente per tutti gli attuali produttori. E' facile infatti prevedere, per le imprese leader europee, un'accelerazione dei processi di concentrazione su scala europea e interatlantica''. In questa prospettiva, ''solo le imprese che si diversificheranno nei mercati civili, riducendo la dipendenza dal militare, saranno meno vulnerabili sul lato occupazionale''. E questo e' dimostrato, assicura Alioti, anche in Italia dalle vicende di industrie come Elsag, Aermacchi, Agusta, etc. che hanno attuato un processo di riconversione o di diversificazione e sono riuscite a tutelare meglio l'occupazione. ''In altri casi, dove si e' rimasti legati
solo al militare, si e' assistito a forti riduzioni di organico'' (Oto melara, Breda, etc.) o a chiusure di aziende (Oerlikon, Selin, Cosmos, etc.). In Italia, negli anni '90 - ha aggiunto - si sono persi circa 27 mila addetti (47%).

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