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Italia: 1,4 miliardi di euro per le Fremm, 1,3 per le banche armate

Fonte: Unimondo - 04 gennaio 2006


Con una disposizione caldeggiata anche da parte dell’opposizione è stato finanziato il programma di cooperazione italo-francese per la realizzazione delle fregate europee multimissione (FREMM): si tratta di 30 milioni di euro all’anno dal 2006 al 2008 e, poi, dal 2008 fino al 2020 altri 105 milioni di euro l’anno. Il contributo complessivo dello stato per la realizzazione delle navi FREMM sarà pari a circa 1,4 miliardi di euro. "Un’altra norma della legge, introdotta dal governo, autorizza la spesa di 55 milioni di euro per 15 anni, a partire dal 2006, per un totale di 825 milioni di euro che consentiranno la qualificata partecipazione dell’industria militare italiana alla prosecuzione di programmi di coproduzione internazionale. Inoltre per prorogare le missioni militari di pace - ad esempio Iraq ed Afghanistan - è stato stanziato un miliardo di euro" - riporta Luciano Bertozzi in un dettagliato articolo su Nigrizia.

E’ da sottolineare che i notevoli stanziamenti si inseriscono in un contesto molto negativo per la finanza pubblica, in cui la stessa legge finanziaria sottrae risorse alle spese sociali. A fronte di così cospicui stanziamenti per il settore militare la finanziaria dispone degli stanziamenti irrisori - appena 30 milioni di euro per il 2006, 29 per il 2007 e 4 per il 2008 - per la partecipazione dell’Italia all’iniziativa del G8 per la cancellazione del debito dei paesi poveri. Più significativo è lo stanziamento per il contributo italiano all’International Finance Facility for Immunization (IFFM). Il contributo complessivo è di 504 milioni di euro fino al 2025, così suddiviso: 3 milioni per il 2006, 6 milioni per il 2007 e 27,5 milioni dal 2008. Naturalmente bisognerà vedere se questi fondi saranno effettivamente versati.

Intanto la Campagna di pressione alle 'banche armate' nell'annunciare il primo Convegno nazionale il prossimo 14 gennaio a Roma, rende noto che nel solo 2004 il Governo italiano ha autorizzato le banche ad operazioni di esportazioni di armi per un valore di oltre 1,3 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto alla media dei tre anni precedenti quando si attestavano attrono ai 690 milioni di euro. "Stranamente né la Relazione introduttiva della Presidenza del Consiglio, né la succinta introduzione della Relazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze (due sole pagine!), spiegano l’intensificarsi dell’attività degli Istituti di credito e dello stesso Ministero nel rilascio delle autorizzazioni" - commenta Giorgio Beretta della Campagna "banche armate" che ha reso noto un'analisi dell'attività delle banche dall'inizio della Campagna.

Dall'analisi si ricava che dal 2000 cinque istituti di credito italiani (Capitalia, S. Paolo IMI, BNL, Banca Intesa e Unicredit) si sono aggiudicati da soli ben il 75% di tutte le operazioni autorizzate dal Ministero delle Finanze. Capitalia si aggiudica nell'ultimo anno ben 107 autorizzazioni per oltre 396 milioni di euro con paesi tra cui Cina e Taiwan, India e Pakistan, Filippine, Cile, Ecuador, Messico, Egitto, Turchia, Kuwait, Malaysia, Emirati Arabi Uniti, Tunisia e Israele. Il Gruppo Capitalia afferma di aver deciso nell’aprile 2004 di "adottare nuovi e stringenti criteri che autolimitano l'assistenza finanziaria alle aziende esportatrici di armamenti", ma a tutt'oggi è il principale attore nel settore.

In una recente intervista l'amministratore delegato di Capitalia Matteo Arpe sostiene che Capitalia non è una 'banca armata' in quanto il "Comitato Etico del Gruppo già da metà del 2004 ha deliberato di non partecipare in alcun modo non solo ad alcuna esportazione, ma anche a qualsiasi finanziamento di attività che siano potenzialmente dannose alla vita umana". "Consideriamo armamento ciò che è offensivo alla vita umana" - sostiene Arpe - "non i finanziamenti per l'esportazione di tecnologia radaristica e ottica". Qualcuno però ha già fatto notare ad Arpe che la Relazione 2005 della Presidenza del Consiglio riporta che Capitalia ha ricevuto, tra l'altro, autorizzazioni per una fornitura alla Cina (verso la quale persiste l'embargo da parte dell'UE) di 15,4 milioni di euro oltre che per la fornitura alla Malaysia di 11 elicotteri A109 di tipo militare della Agusta, per un valore di 74,8 milioni di euro, che non sono proprio sistemi radaristici.

All'ammistratore delegato di Capitalia, che ha confermato la propria partecipazione al Convegno di Roma, replica don Renato Sacco: "Nel mondo delle banche quello che conta sono i numeri e non le buone intenzioni che noi apprezziamo. Sicuramente ci fa piacere vedere altre banche, compresa Capitalia, che si indignano dichiarando di non voler essere classificate “armate”, ma l'ultimo responso non è né mio, né delle intenzioni del dottor Arpe: l'ultimo responso è la relazione del Presidente del Consiglio".

In merito poi alla nota della Relazione governativa 2005 circa la decisione di “buona parte degli istituti bancari nazionali” di dotarsi di politiche di “responsabilità sociale d'impresa”, che avrebbe comportato – a detta del Governo - “notevoli difficoltà operative”, per le industrie del settore tanto da “costringerle ad operare con banche non residenti in Italia”, l’analisi smentisce l’affermazione del Governo. "Se è vero, infatti, che le banche estere vedono accrescere di molto il valore delle autorizzazioni rilasciate è altrettanto vero che buona parte di queste operazioni sono da attribuirsi alle maxi-commesse effettuate da alcuni paesi dell’Unione Europea negli ultimi anni" - nota Beretta nella sua analisi. "Ma soprattutto va sottolineato che le operazioni più a rischio come la megacommessa del 2004 di una fornitura alla Cina del valore di ben 121,2 milioni di euro vengono ora affidate dalle industrie a istituti bancari esteri come in questo caso alla Calyon–Corporate and Investment Bank, il gruppo bancario francese nato dalla fusione tra Crédit Agricole Indosuez e la divisione investimenti del Crédit Lyonnais" - sottolinea Beretta. "Che l'atteggiamento del Governo non sia suggerito dalle banche italiane che vedono perdere le lucrative "commesse di intermediazione" per queste operazioni?" - chiede l'esponente della Campagna di pressione. "E' una questione che porrò sicuramente all'On. Cossiga che ha sollevato importanti interrogativi nel dibattito parlamentare sulla Relazione del 2005" - conclude Beretta.

Intanto il gruppo Avio annuncia di aver concluso accordo con Banca Intesa, Calyon e Mediobanca per una disponibilità di credito fino a 300 milioni di euro. L'accordo, con maggior flessibilità e minori costi, prevede il rifinanziamento dell’esistente debito bancario senior erogato allo scorso 30 settembre 2003 nel quadro della transazione di acquisizione del Gruppo Avio da parte di The Carlyle Group (70%) e Finmeccanica (30%).

Note:
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