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Atomica, tutte le volte che l'abbiamo scampata per un pelo

GUERRA FREDDA Dossier desecretati in Polonia e Usa Nel '79 manovre militari dell'Urss pensando a un attacco in Europa Quanto aiutò la fortuna
Siegmunf Ginzberg
Fonte: l'Unità - 30 novembre 2005


Vecchi documenti (ma non vecchissimi, di appena qualche decennio fa) tornano periodicamente a ricordarci di come il nostro inondo l'abbia spesso scampata per un pelo. Fummo fòrtunati. Ma quanto possiamo affidarci solo alla fortuna perché nessun leader prenda di fronte alla minaccia terrorixmo decisioni catastrofiche che solo la fortuna evitò si prendessero di fronte alla minaccia nucleare?
Il nuovo governo conservatore polacco ha appena deciso di pubblicare 1700 dossier dell'epoca in cui facevano parte del Patto di Varsavia. Forse per fare un dispetto alla Russia di Putin. Ma limitiamoci al contenuto: ne vienefuori che ancora nel 1979 l'Urss e i suoi alleati di allora dell'Est europeo conducevano manovre militari basate sull'ipotesi di una guerra nucleare in Europa, in cui si prevedeva un «contrattacco» sovietico con il ricorso ad armi nucleari lungo una linea dalla costa olandese a Strasburgo, con la distruzione delle città in mezzo in Belgio, Olanda e Germania, e un analogo lancio di missili nucleari Nato sulla Polonia, lungo la Vistola, per impedire il passaggio dei rinforzi dell'armata rossa verso il fronte. Il nuovo ministro della Difesa polacco, Radoslaw Sikorski ha usato i documenti per denunciare come Mosca intendesse cinicamente «sacrificare la Polonia»: «Alle forze armate polacche veniva chiesto di prendere parte ad un 'invasione che avrebbe portato alla distruzione della Polonia». Ma la cosa ancora più agghiacciante è che ora sappiamo che la distruzione nucleare di mezza Europa da parte di uno dei blocchi militari, e dell'altra metà da parte dell'altro, pur portato a termine con le migliori epiù altisonanti intenzioni -impedire l'annientamento della propria «civiltà» minacciata dall'avversarionon sarebbe servila assolutamente a nulla, avrebbe distrutto entrambi, che quello specifico conflitto, che ha pesato sul mondo per molti decenni, sarebbe stato risolto non con una guerra ma dal crollo internodi uno dei due sistemi.
Quasi negli stessi giorni, una nuova tornata di documenti desecretati sulla presidenza di Richard Nixon (dal 1969 al 1974) getta luce su quantofosse concreta la possibilità di una guerra nucleare totale. Una pagina del diario del capo di gabinetto di Nixon, H. R. Haldeman, nel giorno in cui si trovavano tutti in esercitazione a bordo di un Boeing 707 specialmente attrezzato per consentire al presidente Usa di co-
mandare una guerra nucleare restando in volo, mostra il sinora considerato maestro di cinismo Nixon profondamente turbato dalla circostanza: «Roba da far accapponare la pelle. il presidente continua a chiedere cifre sui "kill results", sul numero di morti. Ovviamente è preoccupato dalla leggerezza con cui (i suoi consiglieri militari) giostrano con i milioni (di morti)». Secondo una stima ufficiale gli Stati Uniti, anche se colpiti per primi da un attacco missilistico sovietico, avrebbero potuto lanciare una rappresaglia in grado di spazzare via 90 milioni di persone, 40% della popolazione dell'Urss di allora. Il numero di vittime sovietiche nel caso che fossero stati gli Usa ad attaccare per primi resta ancora ai giorni nostri segreto. Eppure Nixon non era uno che si andava per il sottile in Vietnam. Tra le 50.000 cartelle di documenti appena desecretati c'è un suo memorandum segreto in cui dice «Pubblicamente diciamo una cosa, difatto ne facciamo un'altra». Era ancora un momento in cui in Vietnam pensavano di potercela fare, da una parte bombardando il Nord dall' altra ricomponendo i cocci nel Sud con «procedure per una scelta politica che dia a ciascun gruppo importante un 'opportunità dipartecipare nella vita politica». C'erano state persino elezioni. Il New York limes aveva titolato: «Gli Stati Uniti incoraggiati dal voto in Vietnam: 83% di partecipazione, malgrado il terrore Vietcong» (NYT, 4 settembre 1967). Alcuni commentatori americani hanno accostato I' «imbarazzo» per la strage di Mv Lai a quello di questi tempi per Abu Ghraib. Ma il cinico Nixon aveva almeno una strategia: evitare ad ogni costo una guerra nucleare. Come l'aveva l'altrettanto cinico e maestro della «realpolitik», il suo braccio destro Henry Kissinger. Che in questi stessi documenti osserva che «avere come sola opzione ammazzare 80 milioni di persone è estremamente immorale», e se la prese con i militari, che pensano in termini di guerra nucleare totale, senza vie di mezzo, per puro calcolo economico: «Credono nella distruzione assicurata perché garantisce la minore spesa».
Un terzo documento, sempre desecretato di recente, riguarda la, presidenza Kennedy. Dalla trascrizione dei vecchi nastri sibilanti delle conversazioni alla Casa Bianca viene fuori che JFK nel maggio 1963 aveva preso in considerazione il ricorso alle atomiche per fermare i cinesi se avessero proseguito la guerra all'India. Si sente la voce dell'allora suo segretario alla Difesa, Robert McNamara, che gli spiega che «qualsiasi attacco comunista cinese di grandi proporzioni, in qualunque parte di quell'area richiederà l'uso di armi atomiche da parte degli Usa, e questa scelta è da preferirsi all'introduzione di un gran numero di soldati americani». Al che Kennedy si limita a rispondere: «Dobbiamo difendere l'india, e quindi difenderemo l'India se fosse attaccata». La cosa impressionante è che questa conversazione avviene sette mesi dopo la crisiper i missili a Cuba. McNamara, capo del Pentagono durante la guerra in Vietnam, nel frattempo è diventato uno dei critici più duri
della guerra di Bush in Iraq. Qualche mese fa, nel corso di una discussione alla National Public Radio. con diversi altri eccellenti «addetti ai lavori», sull'argomento delle «minacce nucleari passate e presenti», era emerso il tema di quanto abbia giocato la «fortuna» nell'impedire conflitti nucleari.
Fortuna sì, ma una fortuna specifica, quella nelle «decisioni politiche», aveva risposto. «il presidente
Kennedy prese una decisione fortunata. Disse che non avremmo attaccato (Cuba), malgrado questo fosse quel che gli raccomandavano i capi militari. Fu fortunato, nel senso che né lui, né io, e nessuno dei presenti allora sapeva quel che si sarebbe saputo 29 anni dopo (e cioè che a Cuba in quel momento
c'erano ben 1700 testate nucleari, 900 per i missili e 700 ordigni "tattici", e che quindi si sarebbe andati dritti ad una guerra atomica totale)... Fummo davvero fortunati...». «Fortunate», nello stesso senso, erano state anche le decisioni del repubblicano Eisenhower, quando disse di no all'uso dell'atomica per mettere fine al conflitto in Corea, e poi al culmine delle tensioni tra Cina e Taiwan negli anni '50. Così come quelle di Nixon e Ronald Reagan. Quanto possiamo contare sullo stesso tipo di «fortuna», con le nuove poste in gioco al gran tavolo della roulette planetario?

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