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Onu: a quando il disarmo?

Giorgio Beretta
Fonte: L'Adige/Unimondo - 24 ottobre 2005


Un triste compleanno quello dell'Onu. Dopo i casi di corruzione nel programma iracheno "Oil for food", (petrolio in cambio di cibo) che hanno fortemente intaccato l'immagine dello stesso Segretario Generale Kofi Annan, le denunce di pedofilia e di violenze sessuali sulle donne congolesi compiute dai Caschi Blu ed il fallimento della recente Assemblea Generale, le Nazioni Unite hanno davvero poco per cui far festa. L'auspicata riforma del Consiglio di Sicurezza è tuttora bloccata dagli interessi contrastanti dei governi, mentre gli Stati Uniti premono per una radicale revisione dei bilanci del Palazzo di Vetro e delle sue agenzie. Non stupisce allora che, alla vigilia del 60mo anniversario, oltre al breve messaggio del Segretario Generale, ad un succinto resoconto del recente operato dell'organizzazione e all'annuncio di un concerto della Royal Stockholm Philharmonic Orchestra, che si terrà stasera nella grande sala dell'Assemblea Generale, ben poco appaia nel programma delle celebrazioni.

Nessuna menzione della "Settimana per il disarmo" che, istituita dalla stessa Onu nel 1978, dovrebbe stimolare gli stati a comprendere "i pericoli della corsa agli armamenti, promuoverne la cessazione ed incrementare l'attenzione generale sull'urgenza del disarmo". Eppure materia su cui riflettere ce ne sarebbe. L'ultimo rapporto del SIPRI, l'autorevole Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace, documenta che le spese militari nel mondo sono tornate lo scorso anno agli ordini di grandezza dei tempi della Guerra fredda: un trilione, cioè mille miliardi, per l'esattezza 1.035 miliardi di dollari in valori correnti, pari a 841 miliardi di euro. Con un aumento del 6% rispetto all'anno precedente quando erano già cresciute dell'11%, che lo avvicina all'incremento del 6,5% del 2002: un trend in crescita costante, insomma. Che viene giustificato con la "lotta al terrorismo" e per le missioni militari in Afghanistan e Iraq alle quali solo il Pentagono ha allocato ben 238 miliardi di dollari che superano di gran lunga i 193 miliardi di dollari delle spese militari di Africa, America Latina, Asia (escludendo il Giappone, ma includendo la Cina) e del Medio Oriente messi insieme, cioè di tutti i "Paesi in via di sviluppo".

Spese militari che, nel loro insieme, rappresentano il 2,6% del prodotto interno mondiale ed ammontano a 162 dollari per ogni abitante del pianeta. Una cifra di non poco conto se si considera che per realizzare entro il 2015 gli "Obiettivi di sviluppo" definiti dall'Assemblea Onu del Millennio servirebbero complessivamente 760 miliardi di dollari da spendere in dieci anni, cioè 76 miliardi all'anno: un decimo delle spese militari dei G8 di un solo anno. Se quella che il mondo deve oggi affrontare è, nelle parole di Kofi Annan, "la triplice sfida" dello sviluppo, sicurezza e dei diritti umani, le cifre stanno a dimostrare che gli stati ricchi investono soprattutto nel secondo obiettivo.

Un fatto che preoccupa i leader dei Paesi poveri i quali, durante l'Assemblea Generale dello scorso settembre, hanno puntato l'indice contro le crescenti spese militari per chiedere che maggiori risorse vengano invece indirizzate per combattere fame, sottosviluppo e malattie endemiche che attanagliano le loro popolazioni. Il tema è stato ripreso dal Presidente Ciampi al Vertice della FAO a Roma che ha definito "società malata di egoismo e di indifferenza" quella che "spende centinaia di miliardi in armamenti e consente che ogni anno muoiano di fame cinque milioni di bambini". Un monito che - pochi analisti lo hanno colto - va rivolto anche all'Italia: sebbene da anni il fanalino di coda per gli aiuti ufficiali allo sviluppo, scesi ormai a meno dello 0,17% del PIL nazionale e che la Finanziaria intende decurtare del 25% per il prossimo anno, il nostro paese si piazza, invece, al settimo posto per spese militari con una spesa pro-capite di 484 dollari, che addirittura supera quella di Germania (411 dollari) e Giappone (332 dollari) – riporta il SIPRI.

Se il crescente riarmo viene giustificato con le esigenze di "sicurezza", lo stesso motivo dovrebbe indurre gli stati a porre maggior attenzione al commercio delle armi e particolarmente a quello delle "armi leggere" che alimentano le interminabili guerre del Sud del mondo. Paradossalmente, invece, l'amministrazione Bush ha richiesto che la proposta di "adottare uno strumento internazionale che disciplini l'identificazione e la tracciabilità, la mediazione illegale, il commercio e il trasferimento delle armi leggere" venisse cancellata dal documento finale del recente Vertice Onu. Se ne riparlerà l'anno prossimo… all'Onu.

LA SCHEDA

What/Cosa: Circa mezzo milione di bambini, donne e uomini sono uccisi ogni anno dalle armi. Oggi nel mondo ci sono circa 639 milioni di armi piccole e leggere ed ogni anno ne sono prodotte otto milioni in più. Sono così diffuse che si stima ce ne sia una per ogni 10 persone nel mondo. Dopo gli Stati Uniti è l'Italia il maggior produttore di armi leggere. Il Brasile è il paese dove le armi da fuoco provocano il maggior numero di morti all'anno: sono 38.000, oltre 100 al giorno. Le vittime sono per lo più giovani tra i 15 e i 24 anni. Ieri 122 milioni di brasiliani sono stati chiamati a votare per la proibizione della vendita a civili di armi e munizioni. Un passaggio cruciale per il paese sudamericano dove sono oltre 18 milioni le armi in commercio.

Who/Chi: Amnesty International, Oxfam e International Action Network on Small Arms (Iansa, una rete di oltre cinquecento associazioni in cento paesi) hanno lanciato nel 2003 la campagna mondiale "Control Arms", che ha per obiettivo l'adozione nel 2006 di un Trattato internazionale sul commercio di armi. In Italia la campagna è promossa da Amnesty International e dalla Rete Italiana per il Disarmo che propongono numerose iniziative in tutta la penisola e un nuovo strumento di mobilitazione: la "foto-petizione", la raccolta di 1 milione di foto di volti di persone da tutto il mondo che saranno presentate nel luglio del prossimo anno alla Conferenza Onu sul traffico illecito delle piccole armi.

Where/Dove: In ogni città è possibile partecipare ad eventi che propongono la "foto-petizione" (consultare il sito www.controlarms.it). Si è parlato di controllo del commercio di armi anche durante la Giornata missionaria mondiale: la Conferenza degli Istituti missionari italiani (Cimi) ha chiesto ai gruppi e alle parrocchie di dedicare momenti di riflessione sulla devastazione portata nel mondo dalla diffusione incontrollata degli armamenti e di promuovere la cultura del disarmo e della nonviolenza. Dal 28 al 30 ottobre 2005, inoltre, si svolgerà a Milano l'incontro di fondazione della "Rete europea dei giovani per il disarmo nucleare" organizzato da varie organizzazioni europee.

Note:

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