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Le prese di posizione


una lettura moderna del Vangelo...

Il Principe della pace – Pacem in Terris, 85

Queste nostre parole, che abbiamo voluto dedicare ai problemi che più assillano l’umana famiglia, nel momento presente, e dalla cui equa soluzione dipende l’ordinato progresso della società, sono dettate da una profonda aspirazione, che sappiamo comune a tutti gli uomini di buona volontà: il consolidamento della pace nel mondo.
Come vicario - benché tanto umile ed indegno - di colui che il profetico annuncio chiama il Principe della pace, (cf. Is 9,6) abbiamo il dovere di spendere tutte le nostre energie per il rafforzamento di questo bene. Ma la pace rimane solo suono di parole, se non è fondata su quell’ordine che il presente documento ha tracciato con fiduciosa speranza: ordine fondato sulla verità, costruito secondo giustizia, vivificato e integrato dalla carità e posto in atto nella libertà.

... Per questo la nostra invocazione in questi giorni sacri sale più fervorosa a colui che ha vinto nella sua dolorosa passione e morte il peccato, elemento disgregatore e apportatore di lutti e squilibri ed ha riconciliato l’umanità col Padre celeste nel suo sangue: “Poiché egli è la nostra pace, egli che delle due ne ha fatta una sola... E venne ad evangelizzare la pace a voi, che eravate lontani, e la pace ai vicini” (Ef 3,14-17). (Pacem in terris, 90)

Sempre dalla Pacem in terris...

Disarmo
59. Ci è pure doloroso costatare come nelle comunità politiche economicamente più sviluppate si siano creati e si continuano a creare armamenti giganteschi; come a tale scopo venga assorbita una percentuale altissima di energie spirituali e di risorse economiche; gli stessi cittadini di quelle comunità politiche siano sottoposti a sacrifici non lievi; mentre altre comunità politiche vengono, di conseguenza, private di collaborazioni indispensabili al loro sviluppo economico e al loro progresso sociale.
Gli armamenti, come è noto, si sogliono giustificare adducendo il motivo che se una pace oggi è possibile, non può essere che la pace fondata sull’equilibrio delle forze. Quindi se una comunità politica si arma, le altre comunità politiche devono tenere il passo ed armarsi esse pure. E se una comunità politica produce armi atomiche, le altre devono pure produrre armi atomiche di potenza distruttiva pari.

60. In conseguenza gli esseri umani vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile. Giacché le armi ci sono; e se è difficile persuadersi che vi siano persone capaci di assumersi la responsabilità delle distruzioni e dei dolori che una guerra causerebbe, non è escluso che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la scintilla che metta in moto l’apparato bellico. Inoltre va pure tenuto presente che se anche una guerra a fondo, grazie all’efficacia deterrente delle stesse armi, non avrà luogo, è giustificato il timore che il fatto della sola continuazione degli esperimenti nucleari a scopi bellici possa avere conseguenze fatali per la vita sulla terra.
Per cui giustizia, saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi nucleari; e si pervenga finalmente al disarmo integrato da controlli efficaci. “Non si deve permettere - proclama Pio XII - che la sciagura di una guerra mondiale con le sue rovine economiche e sociali e le sue aberrazioni e perturbamenti morali si rovesci per la terza volta sull’umanità” (cf. Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1941).

61. Occorre però riconoscere che l’arresto agli armamenti a scopi bellici, la loro effettiva riduzione, e, a maggior ragione, la loro eliminazione sono impossibili o quasi, se nello stesso tempo non si procedesse ad un disarmo integrale; se cioè non si smontano anche gli spiriti, adoprandosi sinceramente a dissolvere, in essi, la psicosi bellica: il che comporta, a sua volta, che al criterio della pace che si regge sull’equilibrio degli armamenti, si sostituisca il principio che la vera pace si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia. Noi riteniamo che si tratti di un obiettivo che può essere conseguito. Giacché esso è reclamato dalla retta ragione, è desideratissimo, ed è della più alta utilità.

62. È un obiettivo reclamato dalla ragione. È evidente, o almeno dovrebbe esserlo per tutti, che i rapporti fra le comunità politiche, come quelli fra i singoli esseri umani, vanno regolati non facendo ricorso alla forza delle armi, ma nella luce della ragione; e cioè nella verità, nella giustizia, nella solidarietà operante.
È un obiettivo desideratissimo. Ed invero chi è che non desidera ardentissimamente che il pericolo della guerra sia eliminato e la pace sia salvaguardata e consolidata?

È un obiettivo della più alta utilità. Dalla pace tutti traggono vantaggi: individui, famiglie, popoli, l’intera famiglia umana. Risuonano ancora oggi severamente ammonitrici le parole di Pio XII: “Nulla è perduto con la pace. Tutto può essere perduto con la guerra” (cf. Radiomessaggio di Pio XII, 24 agosto 1939).

63. Perciò come vicario di Gesù Cristo, Salvatore del mondo e artefice della pace, e come interprete dell’anelito più profondo dell’intera famiglia umana, seguendo l’impulso del nostro animo, preso dall’ansia di bene per tutti, ci sentiamo in dovere di scongiurare gli uomini, soprattutto quelli che sono investiti di responsabilità pubbliche, a non risparmiare fatiche per imprimere alle cose un corso ragionevole ed umano.
Nelle assemblee più alte e qualificate considerino a fondo il problema della ricomposizione pacifica dei rapporti tra le comunità politiche su piano mondiale: ricomposizione fondata sulla mutua fiducia, sulla sincerità nelle trattative, sulla fedeltà agli impegni assunti. Scrutino il problema fino a individuare il punto donde è possibile iniziare l’avvio verso intese leali, durature, feconde.
Da parte nostra non cesseremo di implorare le benedizioni di Dio sulle loro fatiche, affinché apportino risultati positivi.

Gioia e speranza...

80. La guerra totale

Il progresso delle armi scientifiche ha enormemente accresciuto l’orrore e l’atrocità della guerra. Le azioni militari, infatti, se condotte con questi mezzi, possono produrre distruzioni immani e indiscriminate, che superano pertanto di gran lunga i limiti di una legittima difesa. Anzi, se mezzi di tal genere, quali ormai si trovano negli arsenali delle grandi potenze, venissero pienamente utilizzati, si avrebbe la reciproca e pressoché totale distruzione delle parti contendenti, senza considerare le molte devastazioni che ne deriverebbero nel resto del mondo e gli effetti letali che sono la conseguenza dell’uso di queste armi.

Tutte queste cose ci obbligano a considerare l’argomento della guerra con mentalità completamente nuova. Sappiano gli uomini di questa età che dovranno rendere severo conto dei loro atti di guerra, perché il corso dei tempi futuri dipenderà in gran parte dalle loro decisioni di oggi.
Avendo ben considerato tutte queste cose, questo sacro Concilio, facendo proprie le condanne della guerra totale già pronunciate dai recenti sommi Pontefici dichiara:
Ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione.

Il rischio caratteristico della guerra moderna consiste nel fatto che essa offre quasi l’occasione a coloro che posseggono le più moderne armi scientifiche di compiere tali delitti e, per una certa inesorabile concatenazione, può sospingere le volontà degli uomini alle più atroci decisioni. Affinché dunque non debba mai più accadere questo in futuro, i vescovi di tutto il mondo, ora riuniti, scongiurano tutti, in modo particolare i governanti e i supremi comandanti militari a voler continuamente considerare, davanti a Dio e davanti alla umanità intera, l’enorme peso della loro responsabilità.

81. La corsa agli armamenti

Le armi scientifiche, è vero, non vengono accumulate con l’unica intenzione di poterle usare in tempo di guerra. Poiché infatti si ritiene che la solidità della difesa di ciascuna parte dipenda dalla possibilità fulminea di rappresaglie, questo ammassamento di armi, che va aumentando di anno in anno, serve, in maniera certo paradossale, a dissuadere eventuali avversari dal compiere atti di guerra. E questo è ritenuto da molti il mezzo più efficace per assicurare oggi una certa pace tra le nazioni.
Qualunque cosa si debba pensare di questo metodo dissuasivo, si convincano gli uomini che la corsa agli armamenti, alla quale si rivolgono molte nazioni, non è una via sicura per conservare saldamente la pace, né il cosiddetto equilibrio che ne risulta può essere considerato pace vera e stabile. Le cause di guerra, anziché venire eliminate da tale corsa, minacciano piuttosto di aggravarsi gradatamente. E mentre si spendono enormi ricchezze per la preparazione di armi sempre nuove, diventa poi impossibile arrecare sufficiente rimedio alle miserie così grandi del mondo presente. Anziché guarire veramente, nel profondo, i dissensi tra i popoli, si finisce per contagiare anche altre parti del mondo. Nuove strade converrà cercare partendo dalla riforma degli spiriti, perché possa essere rimosso questo scandalo e al mondo, liberato dall’ansietà che l’opprime, possa essere restituita una pace vera.

È necessario pertanto ancora una volta dichiarare: la corsa agli armamenti è una delle piaghe più gravi dell’umanità e danneggia in modo intollerabile i poveri; e c’è molto da temere che, se tale corsa continuerà, produrrà un giorno tutte le stragi, delle quali va già preparando i mezzi.
Ammoniti dalle calamità che il genere umano ha rese possibili, cerchiamo di approfittare della tregua di cui ora godiamo e che è stata a noi concessa dall’alto, per prendere maggiormente coscienza della nostra responsabilità e trovare delle vie per comporre in maniera più degna dell’uomo le nostre controversie. La Provvidenza divina esige da noi con insistenza che liberiamo noi stessi dall’antica schiavitù della guerra.
Se poi rifiuteremo di compiere tale sforzo non sappiamo dove ci condurrà la strada perversa per la quale ci siamo incamminati.

Intervento di S.E. Mons. Celestino Migliore alla Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio Illegale di Armi Leggere e di Piccolo Calibro (New York, 11 luglio 2005)

Signor Presidente,

Il Programma di Azione, adottato nel 2001 per prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti a livello nazionale, regionale e globale, è il primo documento dell’ONU mirato ad identificare i passi che gli Stati devono compiere per affrontare questa questione. Questo incontro è una opportunità per rivedere l’applicazione del Piano di Azione e capire se rappresenta ancora la pietra angolare che dovrebbe essere come una nuova cornice legale a livello internazionale per il controllo di armi leggere e di piccolo calibro. Gli sforzi compiuti dal Gruppo di Lavoro per negoziare uno strumento internazionale che permetta agli Stati di identificare e rintracciare, in maniera tempestiva ed affidabile, le armi leggere e di piccolo calibro illegali, sembrano per il momento andare in questa direzione.

Un sistema di questo tipo è un altro passo in avanti verso la promozione effettiva sia dei diritti umani che della legge umanitaria, capace di “esaltare il rispetto della vita e la dignità della persona umana attraverso la promozione della cultura della pace”, come sottolineato dal Programma di Azione stesso. Grazie in parte al processo avviato dalle Nazioni Unite, si avverte una crescita della coscienza internazionale su questa questione complessa. A partire dal 2001, c’è stato un accumularsi di informazioni, esperienze e migliori procedure in questo campo; cosa ancora migliore, la società civile insieme a diverse ONG hanno anche giocato un ruolo importante al riguardo e continuano tuttora a farlo. Tuttavia, dato il bisogno di un approccio che sia multidimensionale e multidisciplinare, sarà necessaria una più grande cooperazione internazionale al fine di bloccare efficacemente la diffusione e la disponibilità delle suddette armi.

Questi sforzi dovrebbe essere fatti seguendo la linea delle indicazioni contenute nel rapporto del Segretario Generale “ In Larger Freedom” (In Maggiore Libertà), che esorta giustamente all’adozione di un concetto più completo di sicurezza collettiva, in grado di fronteggiare le nuove come le vecchie minacce e di affrontare i problemi di sicurezza di tutti gli Stati, poiché le minacce che ci troviamo a combattere sono chiaramente collegate fra di loro. Le minacce per il povero lasceranno indubbiamente vulnerabile anche il ricco.

Non è difficile applicare una valutazione di questo tipo alla questione imminente. Gli sforzi internazionali volti al controllo del traffico illegale delle armi leggere rientra perfettamente nella linea del giudizio del Segretario Generale, secondo cui non ci può essere “nessuno sviluppo senza sicurezza e nessuna sicurezza senza sviluppo”.

Il traffico illegale di armi leggere e di piccolo calibro è una chiara minaccia alla pace, allo sviluppo e alla sicurezza. Ed è per questa ragione che la Santa Sede unisce la propria voce agli appelli per un approccio comune, non solamente nei confronti del traffico illegale di armi di piccolo calibro ma anche di altre attività correlate, quali il terrorismo, il crimine organizzato e il traffico di persone, senza parlare del commercio illegale di droghe o di altri prodotti che portano guadagno.

Inoltre, nel considerare l’offerta illegale di armi, dobbiamo anche prestare attenzione alle dinamiche della domanda di armi. Questa parte della equazione richiede ulteriori ricerche, e necessita uno sforzo concertato e serio da parte della comunità internazionale nella promozione di una cultura della pace fra i membri delle nostre rispettive società.

Un altro aspetto ancora che la Santa Sede considera importante sono i bisogni speciali dei bambini vittime dei conflitti armati, come descritto nel Piano di Azione. I bambini devono essere considerati nei programmi di disarmo, smobilitazione e reintegrazione (DDR, acronimo in inglese ndr), nelle situazioni post-belliche, nei processi di mantenimento e costruzione della pace, nonché nei programmi di sviluppo, applicati alle comunità di base.

In questo senso, la Santa Sede appoggia le osservazioni del Segretario Generale contenute nel suo rapporto di febbraio sulle armi leggere e su quelle di piccolo calibro, dove egli suggerisce che i DDR devono anche dedicarsi ai bisogni degli ex combattenti, incluse donne e bambini, e le comunità ospitanti.

Sarà necessario sviluppare delle strategie a lungo termine, che abbiano come scopo quello di fermare il flagello della proliferazione illegale delle armi leggere e di piccolo calibro, al fine di promuovere la pace e la sicurezza, sia internamente che esternamente. La Santa Sede è convinta che l’investimento nella prevenzione, nel mantenimento e nella costruzione della pace possa salvare milioni di vite.

Infine, la comunità internazionale farebbe bene a considerare seriamente il dibattito sulla creazione di un trattato sul commercio di armi, basato sui migliori principi della legge internazionale concernente i diritti umani e il diritto umanitario. Uno strumento di questo tipo potrebbe contribuire allo sradicamento del commercio illegale di armi, e a sottolineare allo stesso tempo la responsabilità degli Stati di rinforzare il Piano di Azione in discussione oggi.

La Santa Sede all’ONU: controllo delle armi e del disarmo, “pilastri fondamentali dell’architettura della pace”.
Sintesi dell’intervento dell’Arcivescovo Celestino Migliore alle Nazioni Unite

CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 4 ottobre 2005 - Il controllo delle armi e del disarmo sono i “pilastri fondamentali dell’architettura della pace”, ha affermato il 3 ottobre l’Arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite, nel corso della 60a Sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU.

Intervenendo dinanzi al Primo Comitato sul tema “General and Complete disarmament” (item 98), il presule ha sottolineato come nei mesi scorsi la comunità internazionale abbia riposto speranza “nel fatto che le questioni relative al disarmo e alla non proliferazione sarebbero state affrontate dai leader mondiali accorsi al Summit per il 60° anniversario delle Nazioni Unite”.

“La bozza di documento preparata per il Summit esortava gli Stati ‘a perseguire e ad intensificare i negoziati in vista dell’avanzamento verso il disarmo generale e completo e del rafforzamento del regime di non proliferazione internazionale’”, ha spiegato.

Ciò, ha continuato l’Arcivescovo, li ha incoraggiati a rafforzare il Trattato di Non Proliferazione Nucleare - sottoscritto da USA, Regno Unito e Unione Sovietica il 1 luglio 1968 ed entrato in vigore il 5 marzo 1970 - e le convenzioni sulle armi chimiche e biologiche, così come sono stati suggeriti alcuni passi specifici, ma “questo linguaggio non appare nel documento finale adottato”, ha denunciato.

“Il Segretario Generale ha definito questa esclusione una ‘disgrazia’”, ha ricordato l’Osservatore Permanente vaticano, constatando che la sua ragione non va rintracciata nello scarso interesse della maggior parte dei leader e dei Governi, ma nella enorme pressione che fa in modo “che le legittime e gravi preoccupazioni di molti, soprattutto dei più deboli ed emarginati, siano spesso messe da parte”.
“E’ deludente che i principi e i progressi del disarmo siano indeboliti sia dalla riluttanza di alcuni a disarmare che dalla mancanza di volontà di altri di assumere pubblicamente come un compito tale atteggiamento”, ha osservato Migliore.

Il presule ha quindi ricordato che “la vendita di armi delle 100 principali compagnie produttrici è aumentata del 25% in un anno. Le piccole armi uccidono almeno 500.000 persone all’anno e le conferenze delle Nazioni Unite a questo riguardo non hanno ancora prodotto uno strumento legalmente vincolante”.

“Il traffico di armi legali sta aumentando e il flusso illegale di armi verso le zone del mondo in cui sono presenti conflitti è responsabile di innumerevoli morti – ha aggiunto –. Gli attacchi terroristici che utilizzano fucili d’assalto, armi automatiche, granate manuali, mine, missili da spalla e piccoli esplosivi sono sempre di più”.

Quanto alle armi nucleari, “nonostante l’apertura della Convenzione per la Soppressione degli Atti di Terrorismo Nucleare sia stata un importante passo verso la riduzione del rischio di terrorismo nucleare, resta deplorevole il fatto che la Conferenza di Revisione del Trattato di Non Proliferazione di maggio sia terminata senza un’unica decisione sostanziale”, ha affermato Migliore.
Le armi nucleari, ha denunciato il presule, stanno diventando “un aspetto permanente di alcune dottrine militari”.

Successivamente, oltre a ribadire il dovere di tutti i membri delle Nazioni Unite “di continuare a lavorare sugli elementi, tecnici, legali e politici legati all’agenda del disarmo”, l’Arcivescovo ha invitato anche a “sottolineare i benefici economici delle misure di disarmo. Le alternative al militarismo devono essere un lavoro costante di questo Comitato”.

Il Comitato, ha affermato Migliore, ha una particolare responsabilità quest’anno: quella “di riparare il più possibile all’omissione del disarmo dal documento finale del Summit. Ciò non dovrebbe essere difficile da fare perché la gran parte degli Stati vuole portare avanti la questione del disarmo in modo deciso e spedito”.

“Verranno compiuti degli sforzi per rivitalizzare il Primo Comitato e predisporre comitati speciali per affrontare la questione delle armi nucleari”. “Altri sforzi verranno compiuti per avvicinare gli Stati che la pensano nello stesso modo allo scopo di gettare le basi tecniche, legali e politiche per una Convenzione sulle Armi Nucleari”.

“Questi sono segnali che indicano che gli Stati vogliono seriamente superare gli ostacoli sulla via di un mondo libero dalle armi nucleari”, ha ribadito l’Osservatore vaticano.

“Allo stesso modo, c’è un urgente bisogno di lavorare a livello locale, nazionale, regionale e globale per sradicare le piccole armi e le armi leggere – ha continuato –. Un’azione sfaccettata che comprenda controllo delle armi, riduzione del crimine ed elementi che favoriscano la costruzione della pace aumenterà la sicurezza umana”.

“Abbiamo la responsabilità di passare dall’analisi all’azione”, ha concluso infine l’Arcivescovo Migliore.

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