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Nucleare: cammino di disarmo con gli enti locali

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Fonte: Unimondo - 10 agosto 2005


Davanti ai cancelli della Base Usaf di Aviano si è chiusa la “cinque giorni” di iniziative voluta da Beati i Costruttori di Pace per chiedere, nel sessantesimo anniversario delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, la messa al bando delle armi nucleari. Dopo la testimonianza di Seiko Ikeda, sopravvissuta alla prima esplosione atomica, è stato effettuato un collegamento telefonico proprio con la città di Nagasaki, dove si trovavano il sindaco di Udine e il sacerdote friulano don Pierlugi Piazza, che ha riaffermato la necessità della memoria. Alla commemorazione davanti ai cancelli della base erano presenti anche sei rappresentanti di Enti locali con i loro gonfaloni. “L’impegno degli Enti locali per il disarmo nei propri territori è stata la felice sopresa di questi giorni” commenta il presidente di Beati i Costruttori di Pace don Albino Bizzotto.

In prima fila non solo gruppi e associazioni, ma anche tanti enti locali. A partire dal Comune di Padova, che ha voluto patrocinare gli appuntamenti che si sono tenuti a Padova, e da quelli bresciani toccati direttamente dalla base aerea di Ghedi, che ospita 40 bombe atomiche pronte all’uso. Davanti all’aeroporto militare bresciano ha voluto essere presente con il proprio gonfalone anche il Comune di Firenze. “Come è avvenuto con l’obiezione di coscienza dei singoli nei confronti del servizio militare – riflette don Bizzotto - così credo si apra adesso una stagione nella quale anche i responsabili di Enti locali, di fronte a illegalità gravi e permanenti degli Stati che costituiscono minaccia per le loro popolazioni e territori e per gli altri popoli, dovranno scegliere la strada dell’obiezione di coscienza istituzionale. Non ha senso garantire la sicurezza e la legalità a livello locali rimanendo senza alcuna possibilità di decidere sull’insicurezza totale e la violenza estrema che pongono le bombe atomiche su un territorio”.


statua di Sadako
A Padova, in ricordo della tragedia della bomba atomica, è stata inaugurata la statua dedicata a Sadako, la bimba di Hiroshima che aveva due anni quando la sua città fu rasa al suolo e ha rilanciato la sua speranza costruendo tante gru di carta. La toccante testimonianza di Seiko Ikeda, sopravvissuta all’esplosione nucleare del 6 agosto 1945 a Hiroshima, ha aperto i lavori del convegno internazionale "Mettere al bando le armi nucleari” con un monito alla collaborazione e al dialogo su scala mondiale: "Affinché di superstiti come noi – ha augurato - non ce ne siano più". Il ricordo delle tragiche vicende giapponesi si è mutato in occasione per fare il punto sui rischi del nucleare nel mondo e le prospettive future. Una storia lontana quella dell’atomica, che comincia dal saccheggio delle risorse del Sud del mondo con la vendita dell’uranio proveniente dai giacimenti del Congo belga, e che oggi – fenomeno tra i più preoccupanti - sta imboccando percorsi che tendono alla realizzazione di armi innovative, basate su processi di recente studio.

In Europa sono 480 le testate tattiche americane, 90 delle quali presenti in Italia (40 nell’aeroporto militare di Ghedi, a Brescia, e 50 nella base Usaf di Aviano). Una disattenzione al problema comune alle forze politiche attuali e a quelle precedenti, ha ribadito la senatrice Tana De Zulueta della Commissione Difesa, osservando tra l’altro come le armi nucleari, chimiche e biologiche vengano poste sotto lo stesso cappello generico di “armi di distruzione di massa”. Una definizione che risulta etimologicamente corretta ma che contribuisce ad attutire la piena consapevolezza delle differenze e dei rischi. "Grande attenzione dovrà nel futuro imminente essere prestata – ha spiegato la senatrice – perché i paesi europei non offrano il loro arsenale per la salvaguardia della sicurezza dell’Unione". "Il fallimento epocale della settima conferenza di revisione del trattato di non proliferazione – ha concluso Angelo Baracca – deve spingerci a trasformare questa debolezza in punto di forza. Il disarmo nucleare è un obbligo imposto dal diritto internazionale: abbiamo dunque il dovere di richiederlo, collegandoci a tutte le iniziative già in atto che si muovono nella stessa direzione".

Note:

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