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Atomica: a 60 anni da Hiroshima armi nucleari anche in Italia

A sessant‚anni esatti dallo sgancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki è in atto un riarmo nucleare che riguarda anche l'Italia: all‚aeroporto militare di Ghedi sono presenti 40 armi nucleari -denuncia l'associazione Beati i Costruttori di Pace
Giorgio Beretta
Fonte: Banca Etica - 09 agosto 2005


L'orologio segna ancora le 8:15 a Hiroshima e le 11:02 a Nagasaki. Ma la corsa al riarmo nucleare non si è fermata. E riguarda anche l'Italia. Quaranta ordigni nucleari tattici modello B-61 con una potenza distruttiva ciascuno pari a 80 volte quella della bomba sganciata su Hiroshima sono dislocati nell'aeroporto militare di Ghedi in provincia di Brescia, dove i 1500 militari italiani del Sesto Stormo vengono addestrati al loro utilizzo da un centinaio di soldati americani. "Una grave violazione del Trattato di Non-Proliferazione Nucleare ratificato dal nostro paese" - commenta don Albino Bizzotto, il sacerdote animatore dell'associazione "<http://www.beati.org/>Beati i Costruttori di Pace". Mentre altre nazioni della Nato, come Grecia, Spagna e Canada - e recentemente anche Belgio e Germania - si sono rifiutate di continuare ad ospitare queste bombe, l'Italia con l'Olanda e la Turchia continuano a mantenerle.

A denunciare la presenza di bombe atomiche a Ghedi è stato Hans Kristensen, un analista militare del "Natural Resources Defense Council" di Washington. Il Ministero della Difesa non ha voluto commentare, ma il 13 luglio scorso il ministro della Difesa Antonio Martino ne ha implicitamente riconosciuta l'esistenza affermando che "l'eventuale presenza di armi nucleari in Europa, sul territorio di paesi non detentori di armi nucleari è un aspetto essenziale del cosiddetto ombrello nucleare Nato". E ai 40 ordigni di Ghedi vanno aggiunte le 50 testate atomiche dislocate alla base Usaf di Aviano.

"In un clima di crescente incertezza come quello attuale, questa informazione non può lasciarci tranquilli" - commenta don Bizzotto. "Potrebbero essere usate in una prossima guerra. Non è questo il futuro che vogliamo. Vorremmo che Hiroshima e Nagasaki fossero una memoria già risolta, invece non è così" - sottolinea il sacerdote. "Siamo preoccupati per tante vicende che ci riguardano, ma questa del nucleare è una priorità a cui non possiamo sottrarci per la responsabilità che abbiamo di fronte all'umanità e al futuro. L'atomica è crimine" - conclude perentorio. Gli fa eco Anna Guarnieri, primo cittadino di Ghedi che con i sindaci di Castenedolo, Montirone e Borgosatollo, gli altri tre comuni confinanti con la base militare bresciana, hanno partecipano il 6 agosto alle iniziative per la messa al bando delle armi nucleari organizzate in occasione del 60° anniversario dell'olocausto atomico di Hiroshima e Nagasaki. "Non ho nulla contro i militari dell'aeroporto presente nel nostro territorio: fanno il loro lavoro e rispondono ai loro superiori. Ciò nonostante mi auguro che la Campagna per la messa al bando delle armi nucleari possa avere successo e che veramente nel 2020, come auspica il sindaco di Hiroshima, il mondo possa essere liberato dalla minaccia delle armi atomiche".

Una prospettiva che, nonostante il forte impegno della società civile mondiale, sembra allontanarsi sempre più. La VII° Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare tenutasi nel maggio scorso al Palazzo di vetro di New York è naufragata in un mare di polemiche e le rappresentanze dei 187 paesi firmatari si sono lasciate con un reciproco scambio di accuse di non rispettare l'accordo. Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina - i sedicenti "legittimi" detentori dell'atomica - hanno cercato di trasformare il vertice in un processo contro Iran e Corea del Nord che negli anni scorsi hanno acquisito materiale nucleare. Il Giappone ha accusato la comunità internazionale di sottovalutare il pericolo della Corea del Nord che, ritiratasi dal Trattato nel 2003, non ha partecipato ai lavori. I Paesi arabi hanno chiesto con forza la distruzione delle testate di Israele di cui Tel Aviv non ha mai ammesso l'esistenza. India e Pakistan, non aderendo al Trattato, non partecipavano, ma nei loro arsenali sarebbero stoccate oltre 100 testate nucleari. L'Iran aveva accettato la proposta dell'Unione Europea di una sospensione delle attività, non vietate dal Trattato se condotte a scopi civili e sotto controllo internazionale, di arricchimento dell'uranio: ma nei giorni scorsi Teheran ha ripreso il programma tanto da indurre il Consiglio di sicurezza dell'Onu a minacciare sanzioni.

Oltre alla proliferazione degli armamenti nucleari verso la quale puntano l'indice le grandi potenze, le associazioni della società civile denunciano anche l'innovazione delle tecnologie nucleari militari. Russia e Gran Bretagna stanno producendo nuovi sottomarini atomici e nuove testate, mentre gli Usa lavorano alla progettazione di bombe atomiche più maneggevoli e alle cosiddette bunker-busters capaci di penetrare in profondità nel terreno. Nonostante Hiroshima e Nagasaki, le lancette dei programmi nucleari continuano la loro folle corsa.

La scheda

Dopo il primo test del 1945 a Trinity nel deserto di Alamogordo nel New Mexico, sono stati oltre 2500 gli esprimenti nucleari effettuati nel mondo. Oggi sono oltre 38.800 gli ordigni nucleari presenti sulla terra. La maggior parte appartiene ai cinque stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu: 22.500 alla Russia, di cui 9800 tra quelli in riserva e in attesa di smantellamento, 12.070 agli Stati Uniti, 450 alla Francia, 400 alla Cina e 260 alla Gran Bretagna. Le 65 testate nucleari dell'India, le 39 del Pakistan e le 200 di Israele sono solo in parte dispiegate, ma i tre Paesi costituiscono un'ulteriore minaccia in quanto non hanno firmato il Trattato di Non-Proliferazione Nucleare (Npt).

Entrato in vigore nel 1970, il Trattato vieta a qualunque stato, al di fuori delle cinque potenze, di sviluppare armamenti nucleari, ma - allo stesso tempo - "promuove, favorisce e auspica l'acquisizione di capacità di arricchimento dell'uranio per scopi pacifici". Proprio questa ambiguità ha permesso a India, Pakistan e Israele di sviluppare i propri programmi nucleari con scopi militari.

Dopo la crisi dell'ottobre 2002, quando gli Usa accusarono la Corea del Nord di aver avviato un programma clandestino per la costruzione di armi nucleari, Pyongyang ha ritirato la firma dal Trattato, ma ha poi riconosciuto di possedere armi nucleari e, su pressione internazionale, ha successivamente accettato di condurre delle trattative con Usa, Giappone, Corea del Sud, Cina e Russia per il disarmo nucleare.

Note:
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