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Gmg: Capitalia e armi, la policy aziendale e la Relazione 2005

Dal gruppo emerge un documento interno per lo stop alle operazioni legate ad armi pesanti e paesi in conflitto. Ma la Relazione 2005 testimonia una posizione ben diversa
Benedetta Verrini
Fonte: Vita.it - 23 giugno 2005



Venerdì, 24 giugno 2005 Ore:8 7
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Gmg: Capitalia e armi, la policy aziendale e la Relazione 2005

di Benedetta Verrini (b.verrini@vita.it)

23/06/2005

Dal gruppo emerge un documento interno per lo stop alle operazioni legate ad armi pesanti e paesi in conflitto. Ma la Relazione 2005 testimonia una posizione ben diversa

Messaggio Promozionale

Il Comitato Italiano per il Sostegno Economico alla GMG ha deciso di rispondere all'appello delle riviste missionarie che supportano la Campagna Banche Armate, e che in questi giorni avevano criticato la scelta della organizzazione della Giornata Mondiale della Gioventù di appoggiarsi alla Banca di Roma.

Esprimendo “dispiacere per un'azione denigratoria che colpisce il nostro operato, che genera confusione e crea disagio nella comunità ecclesiale”, il Comitato fa sapere di aver svolto un'attenta verifica sulla posizione del gruppo, e sottolinea che Capitalia (di cui fanno parte Banca di Roma, Banca di Sicilia e Bipop-Carire), in data 17 luglio 2004 ha emanato una direttiva aziendale (la n. 21/2004), che stabilisce parametri più rigidi di quelli indicati dalla sopra citata legge.

Siamo andati a vedere i contenuti di questa direttiva. Essa dice che:

“Il Gruppo Capitalia ha deciso di adottare nuovi e stringenti criteri che autolimitano l'assistenza finanziaria alle aziende esportatrici di armamenti. Il Gruppo Capitalia non supporta le attività aziendali che hanno per oggetto strumenti di offesa, quali bombe, mine, missili, carri armati. Le attività oggetto di assistenza, quindi, si riferiscono esclusivamente ad apparati di difesa come sistemi radar, trasmissioni su reti satellitari, componentistica, cantieristica navale e carri non armati per trasporto truppe”.

A ciò si potrebbe obiettare che la “selezione” dei materiali di armamento, da parte dell'istituto bancario, non fornisce una garanzia di “bassa offensività” delle armi e dunque di ammissibilità, in senso etico, dell'assistenza finanziaria della banca. Un radar, ad esempio, può rappresentare uno strumento di violazione dei diritti umani e un'arma da guerra in senso stretto esattamente come una bomba.

Ma è la seconda parte della direttiva che stupisce ancora di più:

“Il Gruppo Capitalia, inoltre, ha tassativamente escluso qualunque forma di assistenza finanziaria ad attività che abbiano per destinatari Paesi coinvolti in operazioni belliche o ricompresi in aree geo-politiche particolarmente instabili. Il supporto del gruppo bancario è limitato unicamente ai Paesi dell'Unione Europea o a un ristretto gruppo di Paesi extra-UE (Australia, Canada, Corea del Sud, Giappone, Islanda, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Svizzera, Turchia, USA; Bulgaria e Romania)”.

Dalla Relazione 2005 all'export di armamenti, le tabelle del ministero del Tesoro relative alle transazioni bancarie citano paesi ben diversi da quelli elencati in questo documento di policy aziendale.
Per Banca di Roma, ad esempio, leggiamo che nel 2004 sono state richieste autorizzazioni per: Cina (15 milioni di euro). E per altri svariati milioni anche per: Egitto, Kuwait, Taiwan, Singapore, Malaysia, Pakistan, India, Oman, Barhain.
Bipop Carire ha richiesto un'autorizzazione per un solo paese, la Malaysia, per una fornitura di un valore di 10 milioni di dollari.
Anche Banco di Sicilia, dal canto suo, ha richiesto autorizzazioni per un solo paese: il Sud Africa.

E' dunque lecito, senza alcun intento denigratorio, domandarsi (e domandare alle banche) quale sia la verità.

Note:
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