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Dieci chili in barre: ignota la destinazione.

Uranio per l'atomica dall'ex Urss a Rimini «Indagati i mediatori»

In quattro ammettono: «Avevamo la valigetta ma non c'era il compratore Così l'abbiamo restituita» La commissione Mitrokhin «Regia del vecchio Kgb»
Lorenza Lavosi
Fonte: Quotidiano Nazionale - 11 giugno 2005


Due cassettine con scritte in cirillico per 10 chili di uranio per confezionare una piccola atomica. L'incredibile merce radioattiva sarebbe arrivata a Rimini, nelle mani di tre romagnoli, attraverso un ucraino che l'avrebbe a sua volta avuta, a suo dire, da ex militari dell'Armata Rossa. I riminesi avrebbero avuto il compito di trovare acquirenti, ma dopo alcuni mesi di trattative andate a vuoto, la valigetta con le casssettine sarebbe stata restituita all'ucraino, che risiede in città e avrebbe già avuto qualche problema con la giustizia italiana.
E' questo il nucleo dell'inquietante indagine condotta in questi giorni dalla squadra mobile di Rimini che ha prodotto quattro indagati dalla procura - i tre riminesi più il fornitore straniero - per il presunto traffico di barre di uranio. «Una grande operazione di polizia - ha commentato Paolo Guzzanti, presidente della commissione Mitrokhin - che ha portato all'individuazione di due componenti da cinque chili di una valigetta nucleare con uranio arricchito al 90% per uso bellico».
L'inchiesta era partita da una segnalazione di Mario Scaramella, consulente della commissione.
«Ero a San Marino per indagare sulla questione dei traffici dell'ex Urss e le connessioni eventuali con il terrorismo italiano, quando da un documento ho avuto indicazione che potesse esserci a San Marino la presenza di uomini dell'ex Kgb, interessati alla vendita di materiale nucleare militare», L'uranio sarebbe stato utile per la realizzazione di una piccola bomba atomica tattica. «Inoltre -afferma Scaramella - era arrivato anche un meccanismo elettronico di puntamento, mentre i soldi erano depositati a San Marino. Il 2 giugno ho fatto una segnalzione al questore e il 2 giugno si è arrivati all'individuazione».
Avrebbero ammesso i tre riminesi, tutti pensionati, tra i quali un ex bancario e un ex dirigente d'azienda, sentiti nei giorni scorsi dagli investigatoti della mobile, presenti gli avvocati Corrado Bungiovanni e Samuele De Sio. Tutti e tre avrebbero detto di aver avuto tra le mani l'uranio. E ora gli investigatori sono alle prese con un giallo internazionale dai contorni confusi.
«Ritengo che si tratti solo di un tentativo di truffa», minimizza l'avvocato Bongiovanni. Ma gli
investigatori non hanno affatto sottovalutato la vicenda e anzi, di fronte alla fuga di notizie riguardo alla loro inhiesta, hanno reagito con un muro di silenzio nel timore di veder compromessa un'indagine durata quattro mesi.
Non è la prima volta che l'uranio approda in Riviera. Era l'agosto del '92 quando in un albergo riminese furono trovati due giovani, a loro dire agenti del Sismi, con una valigetta contenente uranio 235. La vicenda si chiuse con un patteggiamento e un'ammeda da 300mila lire

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